Capitolo 23

Bonny soffriva terribilmente il mal d'auto.

Per questo, il viaggio nel furgoncino di Cornelius, il suo partner di lavoro, di certo non era dei più gradevoli. Ma in fondo non lo era mai in nessuno dei loro lavori insieme in quanto Guardians.

Mentre procedevano sulla strada per il molo in modo da prendere parte alla spedizione, tra un conato di vomito e un altro, controllava spesso il cellulare per vedere se ci fossero altri messaggi di buona fortuna. Cornelius non ne aveva ricevuto quasi nessuno ma lui era un tipo burbero, solo con lei sapeva aprirsi un po', anche se raramente.

"Uffa, che noia e che nausea! Corn, accelera un po', dai, così arriviamo prima e finisce questo viaggio di inferno!"

"La smetti di cinguettare? Non voglio fare incidenti."

"Cinguettare? Ma come ti permetti... sei proprio rude, lo sai?"

Cornelius non rispose e continuò a tenere le mani fisse sul volante, e lo sguardo sulla strada, deserta e inondata dalle saltuarie luci dei lampioni.

Bonny mise il broncio. "Che antipatico." pensò. Afferrò di nuovo il cellulare: non erano presenti nuovi messaggi, ma lei andò a leggere ancora quello che le scaldava di più il cuore.

Era da parte dei suoi anziani genitori che vivevano in campagna, ai confini della città. "Congratulazioni, scimmietta, siamo fieri di te". Questo era ciò che recitava il messaggio, accompagnato da una loro foto mentre le rivolgevano il segno della vittoria, sorridendole.

Bonny sorrise a sua volta calorosamente, guardando il testo seguito dall'immagine, e si strinse il telefono al petto con foga.

Cornelius rise, osservando la scena con la coda dell'occhio.

"Che tenerona." incalzò.

"Sta' zitto." rispose lei, arrossendo.

Il molo di Gloomport Town era ormai vicino, e li attendeva insieme alle insidie che stavano per invaderlo.

Ater era arrivato nel luogo in cui si trovava il resto dei Vulture, il cortile pieno di erbacce di un dojo abbandonato vicino al porto, mentre Danny e Masami nello stesso istante erano nel luogo dove avevano assaltato la navetta, e si stavano mimetizzando tra i fantocci d'ombra creati da lui per infiltrarsi sulla nave.

"Essendo i più giovani e gli ultimi a essersi uniti ai Vulture, Danny e Masami saranno più difficili da riconoscere." Questo era ciò che aveva detto Karasu, quando gli aveva comunicato il piano. Ora restava da attuare la parte finale, una in cui lui aveva ancora una volta un ruolo cruciale. Non che sentisse particolarmente la pressione: Ater era sempre stato un tipo tranquillo e distaccato.

L'esatto opposto di Candidus, che tendeva a infervorarsi subito e a farsi prendere dalle emozioni.

Satyria era infatti un'ottima mediatrice tra i due, con il suo senso critico ed equilibrio mentale. Ciò la rendeva un perfetto leader per loro, che la rispettavano più di chiunque altro, eccetto Karasu, probabilmente. Era vicina alla figura di una sorella maggiore per i due ragazzi appena diciannovenni.

"Eccoti, Ater." lo salutò proprio Satyria, una volta che lui si fu unito al resto del gruppo.

"Ciao, capo."

Karasu lo scrutò, interrogativo. Un suo semplice sguardo era sufficiente per capire cosa gli stesse chiedendo. Voleva conoscere l'esito della missione appena conclusa.

"È andato tutto a buon fine." lo tranquillizzò lui, capendo al volo.

"Bel lavoro, Ater. Ora possiamo passare alla prossima fase." Un sorriso agghiacciante si formò sul volto di Karasu, come spesso accadeva quando ideava un piano. "Assalteremo il molo." disse in tono mellifluo. "Fate in modo che il governo Guardians si allarmi e invii rinforzi. Crederanno di metterci in fuga, e sarà lì che attueremo la vera fase finale. Avete il permesso di uccidere tutti coloro che incontrerete al porto, tranne Isao Takeshi. Lui è mio." concluse con durezza.

Jansen ravvivò la scena, ridendo di gusto. "Era proprio questo che aspettavo!"

Kirai lo guardò, infastidito. Peste Nera, invece, restò in silenzio, ma dall'inclinazione dei suoi occhi si poteva pensare che stesse sogghignando.

Ater pensò che mettesse i brividi, come gli capitava ogni volta che indugiava sulla sua misteriosa e lugubre figura spigolosa.

Tutti si prepararono dunque per l'assalto. Il ragazzo dal ciuffo scuro decise di approfittarne per provare a parlare con Candidus, sembrava serena in quel momento e aveva appena finito di conversare allegramente con Satyria riguardo il prossimo assalto.

"Ehi, Candidus. Facciamo del nostro meglio, mi raccomando." tentò di avvicinarsi con gentilezza.

Lei lo squadrò con disprezzo e si voltò dall'altro lato. L'ennesimo netto rifiuto.

Ater ne rimase deluso, ma provò comunque a insistere: "Dai, Candidus, dimmi qualcosa..." Non era da lui parlare in quel modo, forzare così tanto qualcuno o anche solo iniziare una conversazione, ma lei era la sua amica d'infanzia. In un certo senso, sentiva di essere in dovere di provare a chiarire le cose.

La giovane si voltò verso di lui con un'espressione acida. "Limitati a non rovinare tutto di nuovo." gli rispose, fredda, andandosene via a passo cadenzato.

"Va tutto bene, Ater?" Satyria subentrò per sincerarsi delle sue condizioni ancora prima che potesse deprimersi. Ater vagliò l'idea di raccontarle la faccenda, ma decise che sarebbe stato inutile. Non voleva darle futili pensieri in più.

Lei era una persona empatica e dallo spiccato intuito, quindi qualcosa l'aveva già intuita di certo, ma il Vulture non intendeva mescolare il dovere con le sue faccende personali. Nonostante sapeva che Satyria avrebbe capito.

"Sì, capo, tranquilla."

Satyria parve studiarlo, poco convinta, come prevedibile. "D'accordo." demorse, poi. "Fate del vostro meglio, ragazzi, conto su di voi." aggiunse, sorridendogli.

"Certo." assicurò Ater, ricambiando il sorriso con poca partecipazione. Dopodiché, si mise in viaggio anche lui verso il molo di Gloomport Town insieme agli altri.

"Limitati a non rovinare tutto di nuovo." Candidus gli aveva rivolto queste parole.

"Di nuovo."

Quell'espressione che lei aveva usato era strana, ora che ci pensava bene.

"A cosa si riferiva?" sussurrò tra sé e sé.

"Ehi, Masami, sei sicuro che questi fantocci di Ater funzioneranno a dovere?" Danny cominciava a essere nervoso. Si avvicinavano alla nave e aveva paura che i presenti al molo potessero riconoscerli.

"E che vuoi che ne sappia, io? A detta sua si comporteranno in modo naturale, come se fossero davvero le persone di cui hanno l'aspetto, anche se in realtà sono solo impulsi di Kaika a muoverli." spiegò Masami, i capelli neri a caschetto che oscillavano lievemente sotto il cappuccio, indossato per precauzione.

"Mah, speriamo bene." borbottò Danny. "Mi dispiace solo che non possiamo unirci alle danze quando i nostri attaccheranno il molo."

"Già, che palle, usare proprio noi per testare l'efficacia di questi stupidi fantocci..." concordò Masami. "Mi sa che dovremo goderci lo spettacolo dall'interno."

Danny Wolf e Ishii Masami erano i membri della squadra di Kirai, nonché i più giovani e casinisti tra i Vulture. I loro caratteri erano agli antipodi rispetto a quello del loro capo, sempre calmo e freddo come il ghiaccio, ma lui sapeva come tenerli a bada e loro lo rispettavano e ammiravano per le sue abilità. Avevano sempre riconosciuto la sua forza, e in molti tra i Vulture pensavano che fosse addirittura allo stesso livello di Karasu, anche se Kirai sembrava non interessarsi affatto alla questione. Era come se niente lo scalfisse, come se avesse sempre un chiodo fisso in testa che gli vietasse di pensare ad altro.

Danny e Masami giunsero al molo, circondati dai fantocci in divisa. Riconobbero subito Antonio Santos. E quei due mocciosi che parlavano con lui, uno con i capelli arruffati e castani, l'altro dalla chioma ordinata e bionda, non erano forse quelli che avevano partecipato al torneo della South Arena? Gli allievi di Fujiwara?

Santos guardò passare i due intrusi tra i falsi membri dell'equipaggio, facendo un cenno di saluto e indicando l'ingresso della nave. Non aveva sospettato nulla.

"I fantocci di Ater sono incredibili." sussurrò Danny, sospirando di sollievo internamente.

"L'hai detto, amico." convenne Masami, battendogli il cinque in sordina. Ci erano riusciti. Ormai si erano introdotti a bordo.

Peter aveva avuto una strana sensazione nel momento in cui erano passati i membri del personale della compagnia, come se ci fosse qualcosa di innaturale. I loro movimenti gli erano sembrati quasi meccanici, troppo perfetti. Ma pensò che si trattasse solo di disciplina in quanto membri di un equipaggio. I suoi dubbi comunque furono subito scacciati via dall'arrivo al molo di un furgoncino, pochi minuti dopo, da cui scesero due Guardians che si sarebbero uniti a loro: una ragazza sul metro e settantacinque dal viso delicato, capelli castani e occhi di un colorito vicino all'argento, accompagnata da un uomo alto con capelli corti e biondi e occhi blu scuro, e dal volto piuttosto squadrato.

Quasi nello stesso momento, erano arrivati a piedi gli ultimi due della lista dei partecipanti alla spedizione.

Antonio si avvicinò a loro. "Bene, dunque, vedo che siete arrivati tutti. Ma lasciatemi comunque fare un breve appello: Bonny Jordan e Cornelius Grimm."

I due arrivati col furgoncino si fecero avanti. "Eccoci!" rispose allegra Bonny, i capelli scossi dal forte vento.

Peter incrociò il suo sguardo e lei gli rivolse un'occhiolino, facendolo arrossire in un istante.

"Questa qui mi è simpatica già a prima vista!" pensò il giovane.

Antonio continuò. "E voi due, invece, siete Koyomi Murai e Summer Oshino, suppongo."

"Esatto, siamo noi." rispose la ragazza che doveva essere Summer Oshino, con un ghigno. Era giovane e snella con capelli arancioni legati in una treccia che le ricadeva sulla spalla sinistra, e occhi bronzei. Il ragazzo che era arrivato con lei, Koyomi Murai, era un tipo dal fisico asciutto e dall'aria indolente. Il suo liscio crine nero incorniciava un paio di taglienti occhi rosso scuro.

"Salve a tutti." si presentò stancamente.

In quel momento, Amber uscì dalla nave insieme a Dorothy e Somber, che si unirono a loro, completando del tutto il gruppo di Guardians partecipanti alla spedizione.

"Caspita, Amber, quella nave è fantastica!" stava esclamando Dorothy, saltellante e allegra.

Amber azzardò un sorrisetto fiero a quelle parole della ragazza. "Vero? Che ti avevo detto? E aspetta che prenda il largo! Sentirai che senso di libertà dona la brezza dell'oceano!"

"Venite tutti qui, devo parlarvi di una cosa urgente." li interruppe Antonio. Parlò quindi rapidamente ai nuovi arrivati del potenziale imminente attacco dei Vulture e di come dovessero prepararsi a difendersi insieme.

"Fantastico, pensavo di dover sopportare uno stupido viaggio noioso, e invece c'è subito dell'azione!" esclamò Bonny.

"Ci faremo trovare pronti." rassicurò in tono duro Cornelius, di fianco a lei.

Koyomi dal canto suo si fece scuro in volto. "Personalmente avrei preferito evitare uno scontro aperto."

"Sono d'accordo, è una notizia pessima. Dobbiamo fare molta attenzione, anzi, ci farebbe comodo qualche aiuto in più se devo dirla tutta." gli fece eco Summer. "Quelli lì sono terroristi pericolosissimi e non comuni delinquentelli di strada." rivolse uno sguardo quasi di rimprovero a Bonny per la sua indole spericolata, ma questa si limitò a tenere il punto, fissandola con aria di sfida.

"Ho già informato il governo, manderanno rinforzi al più presto." la tranquillizzò Antonio. "Nel frattempo, se si faranno vivi, dovremo vedercela da soli."

Peter intervenne, esaltato e determinato al contempo. "Noi siamo pronti. Se è per difendere Dorothy e Somber e la loro spedizione, combatteremo con tutte le nostre forze."

"Sì, assolutamente." sottoscrisse Alex. Sebbene il pensiero di affrontare veri criminali lo impensierisse non poco. Aveva già visto di cosa fossero capaci mostri come Connor e Lux, al torneo. Lontani dalle mura sicure di una manifestazione ufficiale, la loro vita sarebbe stata in serio pericolo, e così anche quella dei suoi cari.

"Ragazzi..." mormorò Dorothy, commossa dal sostegno dei suoi amici.

"Come se ne avessimo bisogno." punzecchiò invece Somber, come suo solito.

Peter lo guardò storto. "Non sai proprio cosa sia la gentilezza, eh?" gli rinfacciò. "Bellimbusto."

"Ma sta' zitto, imbecille!"

Bonny avvolse improvvisamente le spalle di Peter col braccio. "E bravo, ragazzo! Tu mi piaci molto, lo sai? Anch'io all'inizio della mia carriera ero proprio come te. Volenterosa, mi esaltavo spesso quando si parlava di battaglie..."

"Non che sia cambiato molto." mormorò Cornelius, sarcastico.

"Ma smettila..." ridacchiò lei, con una linguaccia ironica.

Peter si fece timido al contatto con quella affascinante e briosa guerriera. "A-anche lei mi è molto simpatica, s-signorina..." balbettò, sghignazzando indeciso.

"Cosa sono queste formalità?! Chiamami pure sorellona!"

"D-d'accordo, allora... sorellona!"

"Così si fa, bravo."

"Già hanno fatto amicizia..." balbettò Alex, allibito.

Summer intanto si avvicinò a Dorothy. Un'espressione curiosa e urgente le adornava il viso levigato dalla brezza della sera in arrivo. "Tu sei Dorothy Goover, giusto? Hai partecipato al torneo." si rivolse a lei con un sorriso un po' enigmatico, come se qualcosa le premesse l'animo.

"Sì, sono io, perché?" Chiese Dorothy, dubbiosa, notando quell'atteggiamento sospetto.

La donna parve essere titubante sul da farsi per qualche secondo. "Io..." tentennò, ma infine sospirò, come consapevole che arrivata a quel punto potesse solo concludere la frase. "Io conoscevo i tuoi genitori. Potrà sembrarti affrettato da parte mia dirtelo in questa situazione, dopo averti appena incontrata, ma pensavo ti facesse piacere saperlo."

A Dorothy mancò il respiro. Anche Peter e gli altri erano piuttosto sorpresi. "T-tu li conoscevi? E com'erano?"

Summer la guardò con tenerezza. "Ero una ragazzina quando li conoscevo, ma i miei genitori erano loro amici e io ricordo quando andavamo a trovarli. Tu eri una bambina piccola. Giocavo sempre con te, sai?"

Gli occhi di Dorothy diventarono enormi mentre ascoltava emozionata ogni parola riguardante il suo passato, quei ricordi felici che aveva perduto col passare degli anni. Che le erano stati sottratti di prepotenza dal mondo.

"Davvero? Stai dicendo la verità?" chiese, quasi incredula.

Summer sorrise. "Certo, perché dovrei mentirti su questo? So che i Goover erano amati da tutti, quando qualcuno aveva un problema si rivolgeva sempre a loro, erano davvero brave persone e tu eri una bambina stupenda. Dopo averti vista tra i partecipanti alla South Arena in televisione, e aver saputo che avresti partecipato a questo viaggio, ho pensato che il destino mi avesse ricondotta da te. Sono felice che nonostante abbia perso la tua famiglia, tu sia così forte e determinata, Dorothy."

La ragazzina trattenne le lacrime, inondata all'improvviso da fortissime emozioni. "G-grazie... grazie per queste parole, ti sono davvero grata..." riuscì solo a dire, con voce rotta è il capo chino.

"Ma figurati, mi sentivo in dovere di riferirtelo, e durante il viaggio potrò parlartene tutto il tempo che vuoi."

"Sì, volentieri!"

Il viso allegro di Dorothy, tuttavia, cambiò in un istante espressione quando sentì un enorme flusso di Kaika avvicinarsi a bruciapelo alla zona.

In un attimo, erano atterrati tutti sul molo, di fronte a loro. Riempivano completamente la parte al di là della banchina, contrapposta a quella dove i Guardians risiedevano: le tetre sagome in penombra che erano piombate sul porto dall'alto appartenevano ai membri dei Vulture.

"Buonasera." esordì, sarcastico, l'uomo dai capelli corvini e ondulati al centro, che a Dorothy sembrò il loro leader. "C'è posto a bordo?"

Antonio si irrigidì, mettendosi sulla difensiva. "State tutti pronti." raccomandò, senza aggiungere altro.

"Dorothy, c'è un'altra cosa che devo dirti." La informò Summer, seria in volto. Guardava fisso una persona sola tra gli intrusi. Una che la pistolera individuò, seguendo il filo invisibile composto dallo sguardo della collega più anziana. "Vedi quell'uomo massiccio tra di loro?"

"Certo, come mai me lo chiedi?" domandò Dorothy, studiando il gigante di almeno due metri d'altezza tra i nemici, una feroce e istintiva apprensione a torcerle le interiora come se decine di serpi avessero iniziato a strisciare dentro il suo corpo.

Summer strinse le palpebre, truce. "Lui è Jansen Dolberg. Ed è la causa della morte dei tuoi genitori." 

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