Capitolo 145
I quattro allievi si distesero sul prato del dojo in cui vivevano, immerso nel verde della natura e illuminato dai più lucenti raggi solari del mattino. Esausti com'erano, la morbidezza dell'erba era una sensazione paradisiaca, gli steli solleticavano loro la pelle del collo e delle guance.
"Niente da fare, maestro Fujiwara! Non siamo riusciti a colpirla nemmeno una volta!" Dorothy si mise a sedere in uno slancio atletico, sudaticcia ma appagata per l'allenamento appena eseguito. Amava sentire i miglioramenti dentro di lei, la sensazione di starsi impegnando per qualcosa di produttivo.
"Solo perché Alex ha esitato nell'unico momento in cui era scoperto chissà per quale congiunzione astrale!" sovvenne Peter, sorridendo e grattandosi gli arruffatissimi capelli castani. "Quel tenerone non concepisce nemmeno l'idea di colpire un suo caro."
"Non mi sembrava giusto colpirlo alle spalle, accidenti... Avrei voluto vedere voi al mio posto." Il ragazzo dalla bionda chioma mise il broncio, a braccia conserte.
La mano di Somber sulla sua spalla lo fece voltare di spalle.
"Mi spiace deluderti, amico, ma probabilmente avrei colpito più forte che potevo proprio perché ne avevo l'occasione per miracolo." affermò, con aria trasognata.
Un paio di rapidi colpetti di mano e una calda risata catturarono l'attenzione dei giovani apprendisti del Kaika, che contemplarono l'alta e rassicurante figura immersa nella penombra della luce che calava su di lui come fosse su un palcoscenico. Il loro maestro brillava sempre più di ogni altra cosa durante quelle giornate passate a conoscersi meglio l'un l'altro tramite l'addestramento in quell'affascinante, misteriosa energia che li intrigava così tanto.
Era tutto merito suo se potevano migliorarsi, limare le proprie potenzialità. Dimostrare il loro valore, nonostante nessuno ci avesse mai creduto così a fondo. Fujiwara Taiyo era un faro in un mare di tenebre.
"Suvvia, suvvia! Non è certo una colpa essere troppo gentili! Anche se qualora dovessi trovarti in battaglia, Alex, dovrai saper mettere da parte questa tua indole buona e attaccare per ferire. Anche se si trattasse di qualcuno che un tempo conoscevi." spiegò il tutore dal crine di miele.
"Ecco, appunto! Sii meno mollaccione!" borbottò Dorothy, fissando Alex con una sguardo volutamente sbeffeggiante.
"Ma chiudi il becco, scemunita." rimbeccò lui.
"Scemunita a chi?! Vieni a dirmelo in faccia, microbo!"
Peter sospirò alla scena bizzarra del duo. "Ci risiamo con quei due..."
Dal canto suo, Taiyo ridacchiò. "Comunque sia, Alex non è certo stato l'unico problema del vostro assetto offensivo. Dorothy, tu continuavi a puntare troppo sulla tua velocità aerea con le propulsioni di luce. Alla lunga le tue traiettorie diventano prevedibili, e avendo carenza nella forza, diventa semplice neutralizzarti."
La ragazza arrossì e abbassò il capo, colta nel segno.
"Peter, al contrario, confida troppo nella forza fisica e attacca direttamente e senza fronzoli con coi suoi due elementi. Va bene essere sicuri, ma verrà il giorno in cui ti ritroverai davanti un guerriero più fisico di te, e allora dovrai avere valide alternative." continuò l'insegnante nel verde kimono impolverato. "E infine, Somber, tu sei troppo prudente. Riconoscendo la superiorità di un nemico, giri al largo e non metti mai davvero te stesso negli attacchi, perché già stai pensando a come fuggire dai suoi colpi. Così non migliorerai mai. Di sicuro è saggio conoscere i propri limiti e fuggire di fronte ad avversari superiori, ma quando questo non sarà possibile, e sarai messo alle strette, è meglio che tu abbia un asso nella manica pronto."
I due ragazzi annuirono, tastandosi la nuca con indolenza e balbettando qualche parola di scusa ad Alex, che ancora tentava di sfuggire ai letali pizzicotti alle guance di Dorothy.
"Grazie, maestro Fujiwara." disse alla fine Peter, quando tutti si furono calmati e allineati di nuovo. "Insomma, per i consigli e tutto... Nessun orfano si aspetterebbe di essere trattato con tanta unicità da un adulto..."
"Già! Lei è il migliore!" Sorrise di cuore Dorothy, luminosa come un girasole.
"Ci sta facendo raggiungere livelli davvero elevati. Si tratta di un privilegio." Alex gli rivolse uno sguardo dolce, gli occhi azzurri intrisi di affetto genuino.
Persino Somber si limitò ad annuire con convinzione alle parole dei compagni.
Udendole, Taiyo rivolse loro un'espressione intenerita, e poggiò le mani sulle teste di Peter e Dorothy, arruffando loro le chiome.
"Non c'è bisogno che mi ringraziate. Un giorno capirete anche voi cosa significa fare qualcosa per vocazione. Dare un proprio senso personale alla vita. Sapete, per quanto possa sembrare il contrario, noi abbiamo sempre un motivo per andare avanti e impegnarci. Mettiamo radici ovunque, nei cuori delle persone, nei luoghi, negli ideali in cui crediamo. Diamo loro importanza, ed è quello a spingerci sempre, giorno dopo giorno." Gli occhi chiari dell'uomo passarono in rassegna ognuno dei quattro allievi, e una luce parve rinnovarsi dentro di essi, un fuoco vivido che si ostinava a scacciare le tenebre. "Per questo, nonostante i vincoli che le tormentano, le persone sono più libere di quanto pensino."
Nessuno seppe cosa rispondere, ma nei loro occhi Taiyo era certo di aver trovato una nuova forza per resistere, e proseguire.
Nello sguardo ammirato di Dorothy, in quello cinico e profondo di Somber, negli occhi gentili e riflessivi di Alex e in quelli determinati del coraggioso Peter.
Il vento gli scosse la chioma, così come quelle dei suoi giovanissimi apprendisti. Non poté far altro che sentirsi felice di essere vivo, con lo scopo di essere il loro maestro.
"Karen! Rispondimi, ti prego!"
La ragazza era immobile tra le braccia di Peter, il capo appoggiato sul suo petto, i setosi capelli rosso fuoco accesi dal sole. Al contrario dei suoi occhi.
"Mi hai vista...?" Era stata la domanda che gli aveva posto, senza aggiungere nient'altro, con quel ghignetto stampato sul volto che era presente solo quando sapeva di averlo reso fiero. Di avergli dato motivi per ammirarla.
Come se ce ne fosse stato bisogno.
Altro che ammirarla, lui la amava. Così tanto che il solo pensiero di poterla perdere distruggeva la sua mente.
Alex, Dorothy e Somber guardavano lo scenario, sconvolti.
Il corpo di Karen era per metà sgretolato, il suo braccio destro e parte del busto e del viso si stavano riducendo in polvere gradualmente. Era come se fosse andata in sovraccarico e ora avesse esaurito persino la forza vitale, che aveva sostituito il Kaika stesso nel suo immane sforzo. Il volto era rigido, senza espressioni.
Karen si stava spegnendo come una fiamma dopo aver divampato al massimo e diffuso il suo bagliore dappertutto.
"Ti prego... ti prego, no. Per favore..." Peter continuava a cullarla a sé, come se avesse potuto svegliarsi da un momento all'altro. "Dorothy... Dorothy, fa' qualcosa! Ti scongiuro!"
La ragazza non resse lo sguardo implorante dell'amico. Le faceva troppo male vederlo così, lui che sorrideva sempre. Che era forza pura trasmessa negli altri con semplici gesti. E ancor di più la feriva non poter fare nulla per lui. Per Karen.
Gli occhi di Alex erano lucidi, traumatizzati dalla visione della sua compagna in quello stato, del suo migliore amico in lacrime. E di Amber. Oltre che Sybil ed Emily in condizioni pietose, e Saito scaraventato lontano, incapace di battersi ancora.
Guardò Vāllkai. Il corpo del suo maestro, colui che l'aveva formato e trattato quasi come un figlio. E sentì montare la rabbia dentro le sue viscere, fino ad arrossargli gli occhi e fargli tremare il labbro inferiore, per l'essere che l'aveva usurpato.
"La pagherai." sussurrò, a denti stretti, sfregati fino a scricchiolare. "Ti toglieremo di mezzo una volta per tutte, hai finito di causare dolore!"
"Oh? ma che parole ardite da qualcuno che è stato sconfitto in un attimo. Che c'è, la ragazza della luce vi ha curati e siete qui per chiudere la questione? Non c'è niente da chiudere, stupidi pazzi, siete semplicemente inferiori a me. Non potete fermarmi, in alcun modo."
"Ne sei sicuro? Eppure, poco fa avevi paura, con Connor e Satyria. O era una mia impressione?" Somber si affiancò ad Alex, tenendo stretta la Mugenyoru nella mano destra. Le striature verdi lungo la sua lama rilucevano contro la luce solare.
Somber era rimasto cosciente durante quella scena a cui aveva assistito. Il pugnale di Connor era quasi riuscito a sconfiggere Vāllkai, a sigillarlo dentro di sé. Forse c'era un modo per vincere. Un'ultima occasione.
Anche Dorothy si posizionò accanto ai due, le dita tamburellate a ripetizione sul manico delle pistole nelle fondine. Anche lei ricordava in maniera vaga gli eventi di qualche ora prima, nel boschetto. Oltre alla dipartita dei due complici, al loro vano tentativo che donava speranza, aveva salda nella mente un'altra immagine e delle parole sfocate, ma che era sicura di non aver sognato.
Vāllkai, davanti ai loro corpi inermi al suolo, aveva esitato. Nonostante la katana fosse pronta a terminare le loro vite con una vampata verdastra, Il suo corpo si era come opposto. E, alla fine, aveva mormorato qualcosa tra sé e sé, che aveva cullato il sonno di Dorothy finché non si era risvegliata a fatica.
"Dopo tutto questo tempo, conservi ancora la tua volontà, mio ostinato ospitante?"
Un fruscio lieve fece voltare la giovane guerriera alla sua destra. Peter era accanto a lei, i pugni chiusi, lo sguardo acceso come una marea di fulmini.
Karen giaceva sulla sabbia, serenamente assopita sul manto soffice su cui Peter l'aveva lasciata con delicatezza. Dopo averle rivolto un silenzioso addio.
"Preparati." Si rivolse a Vāllkai, i muscoli tesi come corde di violino. Eppur controllati nella loro possenza. "Ti distruggerò."
La lama del nemico ondeggiò, e l'uomo sorrise ai quattro ragazzi in posizione di fronte a lui, come un tempo faceva il volto del corpo che possedeva, anche se in modo diverso.
Così, lo scontro tra allievi e maestro iniziò.
I primi a partire all'attacco furono Peter e Dorothy. Entrambi sfruttarono la loro aerodinamicità per fiondarsi in avanti con getti di vento e di luce, e si spinsero fin sopra il loro nemico, pronti a colpirlo all'unisono con un attacco a tenaglia. Il pugno elettrico di Peter, che si sospingeva a mezz'aria con il flusso di vento negli arti sinistri del corpo, si unì alla tallonata aerea della compagna, sospesa grazie alle propulsioni lucenti emanate dalle sue pistole.
Una potente spazzata da cui scaturì una gran fiammata verde però neutralizzò entrambi i loro attacchi come se nulla fossero, il nemico aveva previsto le loro mosse e reagito con grande anticipo, riuscendo ad allontanarli.
Dorothy constatò con ansia di provare un rovente formicolio alla gamba destra, e posando lo sguardo su di essa, mentra risaliva in alto per mettersi in salvo, vide il rossore che già pervadeva la caviglia scoperta, oltre il pantalone strappato. Temeva quel dolore, lo sentiva ancora sulla pelle, dentro le ossa, per come duramente le era stato inferto nel primo scontro con Vāllkai.
Alex e Somber, a ogni modo, erano già intervenuti per dar loro supporto via terra, attaccando su entrambi i lati mentre l'avversario era scoperto. Un doppio fendente d'ascia ghiacciata e un tondo della Mugenyoru, intrisa d'aura nero-verde, furono diretti ai suoi fianchi, mentre i Kaika dei due guerrieri rilucevano con le loro cromature quasi opposte.
L'avevano colto di sorpresa con un assalto a quattro combinato, non poteva uscirne del tutto intonso. Nemmeno lui.
Almeno questo fu ciò che pensarono.
Il colpo col manico della spada giunse allo stomaco di Alex con una velocità e violenza che a stento riuscì a concepire, costringendolo a piegarsi in due dal dolore. Al contempo, la lama fu ruotata verso gli occhi di Somber, che all'ultimo istante fu capace di coprirsi con un accennato velo oscuro, il quale fu trapassato dal tondo roverso ma riuscì a evitargli un taglio letale che l'avrebbe accecato. Solo un fiotto di sangue sgorgò dalle sopracciglia, la sua vista fu annebbiata e fu costretto ad allontanarsi di getto.
Alex ne approfittò per poggiare una mano sul piede di Vāllkai e formare uno strato di ghiaccio che fece poi propagare lungo tutta la gamba, con l'obiettivo di ibernarlo. Ma una vampata scaturita dal corpo del samurai lo liquefece come se nulla fosse, e scagliò il ragazzo a distanza, sulla sinistra.
"Tornado!"
"Dark Breaker!"
I flussi d'energia di Dorothy e Peter si fusero dall'alto e divennero un tempestoso ammasso grigio-oro diretto verso il maestro, che si limitò a schermarlo con la bollente superficie del dorso della katana, simile a una brace per quanto calore emettesse. I raggi collisero con il fuoco che la attorniava, scatenando un'assordante esplosione che riempì l'aria di fumo.
Vāllkai si guardò per qualche attimo attorno. Attivò il Vision Kaika per localizzare i quattro, ma si erano immediatamente mimetizzati nell'ambiente e avevano azzerato le loro aure, celati dal gas.
"Attaccate come iene contro un leone, ma siete tenaci, ve lo concedo." pronunciò, mellifluo.
Sentì all'ultimo momento la vibrazione del Kaika oscuro di Somber alle sue spalle. La katana fiammeggiante cozzò contro la Mugenyoru prima che potesse trapassargli il collo in orizzontale, una scia verde si mescolò a quella nera proveniente dal ragazzo, espandendosi nell'aria.
"Parli troppo." sbottò lo spadaccino oscuro. Delle catene nere presero forma dalla sua arma, attorcigliandosi attorno al rivale e stringendo, torcendo, per assorbire la sua energia.
Vāllkai si rese conto con apprensione che ne risucchiava una quantità considerevole. Eccessiva. Anche per un utilizzatore di Kaika oscuro potente come lui.
"Cosa... Quella spada contiene... il mio stesso Kaika?" si chiese, apprensivo forse per la prima volta. "Dentro quell'oggetto è racchiuso parte di me, come se una frazione del mio potere fosse rinchiusa al suo interno. Sarà per il periodo in cui ero dentro lui? Devo fare attenzione."
Allo stesso modo, Somber, immerso nel canale di Kaika fluorescente che lo collegava all'essere, si rese conto di una cosa sconvolgente.
La Mugenyoru non stava assorbendo solo solo l'energia nel corpo del maestro Fujiwara. Stava risucchiando anche la sua. E non solo. Anche la sua forza vitale, ogni briciolo d'energia che possedeva. Lo stava annichilendo insieme a Vāllkai. Perché quel Kaika appartenente a Mingtian, e poi a tutti gli altri prescelti precedenti era così in simbiosi con lui che ormai non poteva abbandonarlo senza trascinarlo con sé.
Somber trasalì, terrificato. All'istante, ritrasse le catene e interruppe l'assorbimento.
"Questo significa che non posso sigillare Vāllkai, senza che io..."
Rimase immobile, attonito e incredulo. Sopraffatto da quella crudele rivelazione.
Ma ci pensarono i suoi tre compagni a risvegliarlo dal torpore,
Peter e Dorothy erano già atterrati atleticamente sulla sabbia alle spalle del nemico, le mani appoggiate al suolo per bilanciarsi, il busto inclinato in avanti per darsi la spinta.
"Vai, Pete!" urlò la guerriera.
Aggredirono insieme il bersaglio. Dorothy formò una patina di luce davanti a Peter che schermò l'emissione di fuoco che Vāllkai riuscì a lanciargli contro nonostante lo stordimento, così da permettergli di sferrare un violentissimo gancio elettrico ricoperto d'aura ventosa che centrò in pieno la guancia del samurai. La pelle si deformò, grinze dovute all'impatto gli storpiarono il volto.
Seguì subito un montante elettrico sotto al mento e infine scagliò contro il suo petto una sfera d'aria condensata ricoperta di fulmini, che lo lanciò all'indietro con un acuto riverbero ronzante.
Un muro d'acqua rallentò il volo dello spadaccino del fuoco, ma solo per venir alterato e trasformato in ghiaccio, e intrappolarlo al suo interno.
"Colpisci, Dorothy!" la invitò Alex, piegato su un ginocchio sulla sinistra, una mano rivolta verso l'alto dopo aver eretto quella parete.
A quel punto, Dorothy intervenne a mezz'aria con entrambe le pistole puntate contro Vāllkai nel muro celeste, cariche di Kaika lucente pronto a esplodere.
"Dark Breaker: Full Shot!"
Il raggio dorato di immense proporzioni avanzò inesorabile, accecando l'avversario, il quale non distinse altro che un alone infinito di luce pura.
Quando il fumo si fu diradato, il corpo di Fujiwara era privo di un braccio e metà del corpo era una massa informe sanguinolenta. Il suo volto era per metà sfigurato, e una cicatrice che si espandeva dal lato destro del labbro gli conferiva un forzato ghigno dall'aspetto lugubre.
Sebbene i suoi occhi testimoniassero tutta la rabbia che provava. E la rigenerazione fosse già in atto, tanto rapida nel ricomporre tessuti, inspessire ossa e riassemblare muscoli da atterrire i quattro ragazzi.
"Bel gioco di squadra. Ma è tutto qua." disse.
Peter schioccò la lingua. "Merda. Non possiamo batterlo alla vecchia maniera. Dobbiamo sigillarlo, come ci ha spiegato Ater. Ma prima Somber mi è sembrato strano..."
"Non ci resta che continuare ad attaccare finché non sarà inerme e potremo usare la Mugenyoru." Dorothy, atterrata al suo fianco, assunse un'aria preoccupata, ma la ferocia non la abbandonò. "Prepariamoci a ricominciare, arriva."
Caricò tutta la sua energia e attivò la sua tecnica infallibile, Web of Light.
Peter, Alex e Somber si allinearono, pronti a ripartire assieme col loro piano.
"Tutto bene, Somber?" chiese Alex, titubante. "Prima tu..."
"Tutto ok." ribatté, secco, lui. C'era qualcosa nel suo sguardo, un'ombra celata che toccò le corde emotive dell'amico, per motivi che non comprese. "Procediamo, dovremo dare tutto."
Il guerriero dell'acqua inarcò le sopracciglia, ma non controbatté, nonostante l'inquietudine che lo ammantava. Vāllkai stava già tornando all'attacco, del tutto ristabilito in nemmeno trenta secondi, mentre loro riprendevano fiato.
Non era ancora finita, ma sebbene l'epilogo di quello scontro provocasse un'ansia aggressiva in tutti loro, non potevano far altro che proseguire, dando fondo a ogni loro risorsa.
Peter batté un pugno sul palmo della mano, determinato.
"Andiamo, ragazzi!" esclamò.
"Sì!" fecero in coro gli altri tre, per poi fiondarsi insieme in avanti.
Durante l'avanzata, i quattro amici si divisero rapidissimi, tentando di non dare riferimenti allo sfidante e assaltarlo da più punti con imprevedibilità.
Avrebbero usato il massimo della loro forza.
Come al solito, Dorothy e Peter furono quelli che attaccarono in modo più diretto, una per via aerea e l'altro da terra.
La ragazza fece subito utilizzo del massimo della sua potenza. L'aura attorno a lei sfumò dall'oro a un bianco baluginante, così come la sua chioma, che quasi parve divenire luce stessa. I suoi occhi erano costantemente illuminati da un bagliore divino.
Sferrò un calcio laterale a mezz'altezza, mirando al collo, ma un affondo tanto improvviso quanto assurdamente rapido la anticipò. Se con la sua tecnica i processi cognitivi non fossero stati accelerati in maniera disumana, le avrebbe trapassato l'occhio, oltre al cranio di netto da parte a parte. Invece. Guardò di sottecchi la lama passargli a centimetri dalla guancia, le scintille che la circondavano le bruciacchiarono la pelle e alcune ciocche canute.
"Dorothy, continui ad affidarti troppo alla tua velocità con le propulsioni aeree della luce. Alla lunga diventa facile prevedere le tue traiettorie, avendo carenza di forza."
La giovane strabuzzò le palpebre. Quelle parole erano così dannatamente familiari... come osava pronunciarle? Accedere a quei ricordi preziosi per studiarli e destabilizzarli? Invadere il loro maestro?
"Stadio Finale: Lightgod!"
Dorothy fece subito ricorso a tutta sé stessa, e sparì alla vista dell'uomo alla velocità della luce. Lei stessa lo era diventata. Pura energia devastante.
Vāllkai sentì le fitte solo dopo che Dorothy fu apparsa di nuovo di fronte a lui, inferocita. L'aveva colpito almeno venti volte in tutto il corpo, ma in un lasso di tempo che sfiorava il mezzo secondo.
"Restituiscici il maestro Fujiwara!" esclamò lei, ritornando a essere luce.
Ma prima che lo raggiungesse, nonostante ci avesse impiegato un tempo infinitesimale, successe qualcosa di incredibile.
Vāllkai disegnò una circonferenza con la spada.
E la velocità di quel gesto superò quella di Dorothy. Della luce.
La sfera di fuoco stava per inghiottirla, mentre, tornata materiale, sgranava gli occhi.
Fu l'onda di vento e fulmini a impedire che quell'accumulo catastrofico d'energia bruciante la divorasse. L'essere fu centrato e spostato di alcuni metri, sebbene avesse semplicemente bloccato con un riflesso il raggio con la mano libera.
Peter, una mano poggiata sull'avambraccio con cui aveva attaccato, sospirò con fastidio. "Ma di cosa cazzo è fatto quel coso?" sbottò. Dorothy era stata così veloce che lui e gli altri avevano tratto solo dopo tutta la sua lotta del vantaggio che aveva creato, ma lui continuava a resistere imperterrito.
Nel frattempo, Somber era apparso direttamente alle spalle di Vāllkai da un portale dimensionale aperto da Peter, così come Alex, diversi metri a sinistra, nel punto cieco del nemico.
Le catene scaturite dalla Mugenyoru si intricarono in un tintinnio metallico, ascendendo al cielo fino a formare una gigantesca sfera nera macchiata di verde. L'alone di Kaika che la circondava, inoltre, era di un tenebroso grigiastro, un'aura che pareva sfidare la realtà stessa.
"Stadio Finale: Egress."
La catena sferica calò su Vāllkai per cancellarlo dall'esistenza attraverso il potere supremo del Creation Kaika.
L'altro balzò all'indietro come un felino e riuscì a evitarla prima che si schiantasse al suolo, creando una voragine profondissima nel punto di spiaggia che aveva neutralizzato per sempre.
"Somber, non dobbiamo distruggere il suo corpo!" lo ammonì Peter. C'era qualcosa di strano nella frenesia del compagno. Come se avesse paura di qualcosa, o stesse faticando ad accettarla, così rispondeva cacciando fuori tutto ciò che possedeva. Come se farlo potesse cancellare tutto.
Vāllkai ritrovò il perfetto equilibrio e allontanò Somber con una violenta fiammata che lo costrinse a fuggire.
Ma Alex, nel suo punto cieco, era già pronto a usare la tecnica che aveva preparato nel frattempo.
"Glacial Domain."
Il gelo si espanse dal terreno sotto i suoi piedi e inchiodò temporaneamente Vallkai al suolo, ricoprendo una zona vastissima con una disposizione circolare di ghiaccio. Dopodiché, con un gesto secco Alex formò un'ondata d'acqua da quella superficie, alterandola fino a liquefarla. Il samurai si ritrovò circondato da una violentissima corrente.
"Sempre tattico e controllato, eh, Alex? Dovresti imparare ad attaccare per ferire... anche se si tratta del tuo maestro." Vāllkai rivolse anche al giovane Guardian quelle ammalianti parole familiari. Il suo sorriso vincente sembrava quasi affermare che avesse tutto sotto controllo, nonostante le loro distruttive combinazioni.
"Ora, Peter!" L'utilizzatore del gelo lo ignorò e chiamò l'amico a gran voce.
Quest'ultimo giunse dall'alto con un pugno elettrico in picchiata, rivolto verso il mare in tempesta creato da Alex.
"Ora ti friggo un pochino, che dici?" ghignò, quasi indemoniato.
L'impatto tra fulmine e acqua creò un riverbero elettrico acutissimo che colmò del tutto l'aria, assordando chiunque, anche Somber e Dorothy che si erano allontanati dal luogo pericoloso.
Peter e Alex, così come i loro compagni, furono convinti di aver quantomeno invalidato l'avversario. Ma non potevano avere certezza più erronea.
Quando lo videro fuoriuscire da quel mare tempestoso, avvolto da una barriera di fuoco circolare, e soprattutto illeso, la speranza minacciò di svanire del tutto dai loro animi. D'un tratto, i muscoli si fecero più pesanti di pari passo con la motivazione che calava vertiginosamente.
Tutti quegli sforzi, e non era servito a niente.
Non era nemmeno ferito.
"Non si può sconfiggere, è imbattibile..." mormorò Alex, afflitto.
Con una leggera spazzata del braccio, Vāllkai trasformò la barriera in un getto bruciante che fece roteare attorno alla sua sagoma, e lo sprigionò proprio sul ragazzo dagli occhi azzurri.
Alex riuscì a formare in fretta e furia un muro di ghiaccio, che venne sciolto dalla terribile vampata. Dei detriti lo colpirono fino a farlo crollare sulla sabbia, esausto.
Ci pensò Peter a prestargli soccorso, assalendo tramite un balzo aereo il maestro, un pugno tempestoso caricato e pronto a scatenare la sua energia su di lui. Era apparso dal nulla. La distanza era stata coperta in lampo grazie alla tecnica di teletrasporto dell'Energia Oscura dimensionale.
Il suo avambraccio fu afferrato così com'era, ancora avvolto dal Kaika, da un'enorme mano fiammeggiante dalle unghie simili ad artigli draconici. Reinforcement Kaika, capì Peter, grugnendo di dolore mentre penzolava dalla mano nemica che lo teneva sospeso per l'arto. Quell'essere sapeva davvero fare di tutto.
"Attacchi troppo direttamente, puntando sui tuoi due elementi, Peter. Cosa farai contro un avversario più fisico di te?"
"Non parlare come lui, mostro!" ruggì il guerriero, le gengive quasi sanguinanti da quanto stringeva i denti per la furia che provava.
Provò a centrarlo con una scarica di vento, ma l'altro lo schiantò a terra, per poi gettarlo via come se non avesse peso.
Non ebbe il tempo di raddrizzarsi che sentì il fianco venire squarciato da dietro, e poco dopo vide Somber passargli di fianco come un'ombra, la Mugenyoru in pugno.
Lo spadaccino oscuro si allontanò subito per uscire dalla portata dei suoi attacchi, ma non vide il portale dimensionale che era stato aperto alle sue spalle, e dal quale fuoriuscì un getto infuocato verde che a stento riuscì a bloccare con un velo d'ombra creato all'ultimo istante. L'esplosione d'aura lo gettò comunque malamente all'indietro, vicino ad Alex, ancora in ripresa.
"E tu, Somber, sei troppo prudente. Riconoscendo la superiorità di un nemico, giri al largo e non metti mai davvero te stesso negli attacchi, perché già stai pensando a come fuggire dai suoi colpi. Sebbene sia saggio conoscere i propri limiti e fuggire di fronte ad avversari superiori, quando questo non sarà possibile, è meglio che tu abbia un asso nella manica pronto."
"Mi hai stufata!" La voce di Dorothy sopraggiunse alle sue spalle, in veloce avanzata pochi metri dietro di lui.
Divenne ancora una volta luce, fiondandosi verso di lui sotto forma di energia dorata.
La circonferenza però fu ancora una volta disegnata dalla katana di Vāllkai. Ancora una volta più veloce di lei.
Dorothy si ritrovò a un palmo di muso dalla punta della lama, dove già il Kaika fiammeggiante stava acquisendo una forma circolare.
"Cazzo, questo attacco dovremmo vietarlo!" urlò a denti stretti, facendo subito dietro front alla stessa velocità di prima.
La sfera di fuoco color smeraldo già avanzava verso di lei. Il calore che emetteva era insopportabile persino dalla distanza, l'atmosfera sembrava piegarsi e distorcersi al suo passaggio. La superficie era calda e devastante come una vera stella in miniatura.
E avanzava anche rapidissima.
"Le mie energie si stanno esaurendo... devo provare a fermarla ora, con tutto il Kaika che mi resta." Dorothy si voltò a mezz'altezza, e puntò entrambe le pistole sulla supernova.
Schiuse le palpebre innevate, gelida come una notte d'inverno
"Dark Breaker: Sphere!"
Le due sfere, verde e oro, collisero in un vero e proprio cataclisma d'aura che espanse Kaika in ogni dove. Raggi erano sbalzati intorno, devastando la zona.
Ma la luce di Dorothy diveniva sempre più fioca.
"Non ce la faccio... È troppo, è semplicemente troppo..." La ragazza continuò a tendere i muscoli, a indirizzare ogni fibra d'energia che le rimaneva contro il nemico per resistere. Per non arrendersi, per credere ancora nel suo futuro felice, nella calma dopo la disperazione. Ora, purtroppo, le sembrava più lontano che mai, quell'idillio con le persone che amava.
Almeno finché non se le ritrovò tutte e tre accanto, a sostenerla nel suo sforzo.
Insieme a loro, avvertì il peso della sfera ormai vicinissima diminuire, così come la sua pressione, prima insostenibile.
Le mani coperte da uno strato ghiacciato di Alex, i fulmini e il vento emessi da Peter, l'aura oscura che cospargeva la spada di Somber. Avvertì con chiarezza le loro forze fondersi alla sua luce, rendendo ogni fibra del suo corpo più potente.
"Siamo qui! Andiamo, ragazzi!" tuonò Peter, trascinando con sé gli altri.
Tutti e quattro si sforzarono al massimo, gridando, lottando con tutti loro stessi uno al fianco dell'altro.
La supernova si avvicinò lievemente alla sponda avversaria, ma non proseguì. Già la direzione si stava invertendo a un semplice, netto, aumento di Kaika applicato da Vāllkai. Non era abbastanza.
Le energie iniziarono ad abbandonare gli oppositori. Era troppo. Quella volta le loro abilità non sarebbero bastate, non avrebbero mai colmato la differenza tra loro e quella raccapricciante entità.
"Morite, esseri incoscienti." mormorò, inesorabile, Vallkai. "L'inevitabilità della vostra fine è scritta nel destino stess-" si fermò in un baleno, piegandosi in avanti, incredulo. Qualcosa che lo terrorizzò accadde in un attimo, qualcosa che mai avrebbe creduto possibile.
Il corpo non gli rispondeva più.
Era imomobile, la schiena piegata in avanti, le mani sul petto e uno sguardo attonito negli occhi sgranati. Il loro colore non era più quello delle gemme di giada nel buio. Era quello del miele in un barattolo esposto al sole estivo.
Il suo Kaika si ridusse a velocità esponenziale, come testimoniava il fatto che la sfera di fuoco stesse desistendo sotto la pressione dei suoi allievi.
"Testardo maledetto... sta' al tuo dannato posto...!" Quasi rigurgitò quelle parole, sforzandosi per tenere lontano quell'uomo così ferreo di volontà. Quel samurai che non si era mai davvero piegato al peso che gravava sulle sue spalle, sempre più gravoso e insopportabile ogni giorno che passava. Quell'umano che non si era mai arreso a lui, continuando a vivere.
Proprio come i quattro che si ritrovò davanti, pronti ad attaccarlo insieme. I loro occhi parvero brillare di luce autonoma sotto la penombra del sole.
"Ora!" esclamò Peter.
Ed era quasi come se fosse stato il maestro Fujiwara stesso a ordinarlo a tutti loro. Nell'unico momento in cui aveva ripreso il controllo di sé.
L'entità urlò, prima di essere colpita da quattro direzioni differenti.
La Mugenyoru si era fatta strada lungo il suo fianco destro, parallela alle asce di Alex piantate sul sinistro. Assieme al doppio calcio di Dorothy allo stomaco l'attacco combinato si suggellò con il poderoso pugno tonante di Peter dall'alto, una vera tempesta che investì il nemico da capo a fondo, finché non si schiantò al suolo con un tonfo roboante.
Vāllkai si ritrovò disteso, le braccia aperte, incapace di muoversi per la lotta per il controllo che ancora imperversava dentro di sé. Un'espressione indemoniata risiedeva sul suo viso brutalmente deformato, in fase di rigenerazione.
Peter, in ginocchio dopo essere atterrato, guardò i compagni, esausti e col fiatone. accasciati come lui.
"Questa è la nostra unica occasione... Dobbiamo porre fine a tutto." sentenziò, duro.
"Ma.. come possiamo fare? Il pugnale di Isaac è andato distrutto." Ansimò Alex, le guance arrossate per la fatica.
Somber sospirò. "Un modo c'è." Sapeva che era una decisione terribile, estrema forse. Ma sapeva anche che probabilmente non ce n'erano altre.
"Posso usare la Mugenyoru per sigillare Vāllkai. In essa è presente parte del Kaika di MIngtian, della sua maledizione, e quindi dell'energia di ogni prescelto del passato prima di lei. Prima, ho avvertito chiaramente l'aura di Vāllkai fluire al suo interno, come attratta."
"M-ma è fantastico! Questo porterà indietro il maestro Fujiwara e neutralizzerà Vallkai, vero? E forse anche tu tornerai normale, senza quel colorito verdastro!" Dorothy sorrise di gioia pura. Sentimento che fu subito calpestato in modo spietato nel momento in cui vide l'espressione sofferente sul viso del suo più vecchio amico. "R-risolverà tutto, vero?" ripeté, stavolta più grave.
"Dorothy... io sono troppo legato a quel Kaika, a Mingtian e la maledizione. Nel momento in cui ho avvertito il Kaika di Vāllkai venire prosciugato dalla spada... ho sentito lo stesso anche per il mio. E per tutte le mie energie. La mia forza vitale." spiegò Somber, il capo basso.
"Quindi, stai dicendo che-" Alex non riusciva nemmeno a esprimere quel concetto senza avvertire un groppo torturargli la gola. Senza negare quella realtà, le lacrime che rischiavano di rompere ogni suo argine.
"Che se sigillassi Vāllkai le tue energie vitali verrebbero prosciugate." continuò Peter. "E moriresti, così come il maestro."
"No! Troveremo un altro modo, vedrete!" Dorothy scattò in piedi. "Alex potrebbe... P-Peter si inventerà qualcos-" ma lo sguardo basso di entrambi le gelarono il sangue nelle vene.
Peter a sua volta abbassò la testa. La frustrazione si impadronì delle sue membra, sentì la rabbia montare in lui, la volontà di prendere a pugni l'aria, il mondo, per quanto fosse inutile. Sentì una profonda, ineluttabile tristezza impadronirsi del suo animo.
Alex, invece, non sapeva cosa dirle. Si limitava a guardare lei e poi Somber con occhi disperati e il cuore infranto.
Non c'era altro modo. Non esisteva un altro oggetto in cui sigillare quel mostro.
"Mi dispiace, ragazzi. Devo farlo, finché siamo in tempo. Fujiwara ci ha dato un'opportunità e dobbiamo sfruttarla." disse Somber, alzandosi e impugnando la sua spada. La Mugenyoru. Non si era mai accorto di quanto racchiudesse quell'arma. Di quanto della sua vita risiedesse al suo interno. Le risate, i pomeriggi con i suoi compagni ad allenarsi, le avventure, il sangue, le morti, le cadute e le rinascite.
Era tutta lì, la sua vita.
Insieme ai ricordi delle persone che amava.
"Somber, senza di te io..." La voce di Dorothy si spezzò, e lo abbracciò da dietro, piangendo. Le sue lacrime inducevano anche lui a versarne, a lasciar scorrere via tutto.
Adesso forse poteva.
"Siamo con te, amico mio." Peter era alla sua sinistra e gli cingeva le spalle con un braccio.
"Ti vogliamo bene, Somber." La voce di Alex sulla destra era gentile e rilassante come sempre,
Sollevò la Mugenyoru e la capovolse, tenendola per l'elsa nera.
Le mani di Peter, Dorothy e Alex si unirono alla sua, salde sul manico della spada, l'una sovrapposta all'altra.
Erano pronti a calare la lama nel petto del corpo ancora inerme del loro maestro.
Avrebbero posto fine a tutto. Insieme. Erano con lui, come era sempre stato.
Per un istante a ognuno parve quasi che il viso del maestro Fujiwara fosse percorso da uno sei suoi calorosi sorrisi. Come se li stesse invitando a non avere esitazioni. Come se li stesse rassicurando.
Così, quando la lama fu calata da ognuno, tra le lacrime e i sussulti di qualcuno tra loro, i loro cuori erano più leggeri. Anche quello di Somber. Si trovava coi suoi amici. Era lì che voleva essere.
Questo pensò, mentre l'immensa energia verde fluorescente cospargeva completamente l'atmosfera, illuminando ogni cosa nel paesaggio, spargendo scintille ovunque in un meraviglioso spettacolo cromatico, e tingendo vestiti e capelli presenti di vitalità.
Prima che venisse risucchiata nella lama come fosse un gorgo. Insieme alla sua aura. Il suo Kaika. La sua vita.
Udì chiamare il suo nome, ma non seppe distinguere da chi. Era solo certo di sentirsi bene, tra loro. Di amarli, ed essere amato.
Non avvertì nemmeno la sua chioma sbiadire fino a diventare candida, la pelle raggrinzirsi per poi sgretolarsi via via, la sua sagoma dissolversi.
Semplicemente, svanì.
Senza provare dolore. Seguito dall'anima pura di Fujiwara Taiyo.
Peter, Alex e Dorothy rimasero li, fermi. Le mani tese nel punto in cui la Mugenyoru era scivolata via dalle loro dita, assieme a Somber. Assieme al loro maestro.
La battaglia era finita.
Adesso, non restava loro altro che abbracciarsi l'un l'altro. Piangere,
E, poco alla volta, ricominciare a vivere. Insieme.
Non so perché viviamo. Non lo so nemmeno ora che la vita mi abbandona.
È un processo naturale, qualcosa che ci appartiene, senza il bisogno che abbia un senso o uno scopo preciso. Senza il bisogno che abbia una direzione, o che perlomeno la comprendiamo.
Semplicemente, viviamo. E va bene così.
C'è chi lo fa per un ideale, chi per aiutare le persone, chi per essere circondato da esse, ottenendo così il loro aiuto. Ognuno ricerca la felicità, e dovrebbe avere la libertà di farlo tramite ciò che ama.
Come ho fatto io. Come hanno fatto quei quattro. Come fanno tutti.
Nonostante il dolore, l'odio, la negatività, la morte che governa il mondo nel tempo senza che si possa far nulla, questa resta la cosa più preziosa di cui disponiamo.
La vita.
Mettiamo radici nei cuori degli altri, nei luoghi che amiamo e sebbene il senso di tutto questo ci sfugga, e forse sia inesistente, di sicuro fuori dal nostro controllo, riusciamo a sentirci pieni, in questo vuoto.
Dopotutto, nonostante i vincoli che le incatenano, le persone sono più libere di quanto pensino.
Saga del Continente occidentale - Fine.
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