Capitolo 144
La spiaggia su cui era situato l'accampamento era finalmente tranquilla, affrancata dal fracasso fino a qualche ora prima assordante per i preparativi e l'organizzazione dell'accampamento. Le tende e gli alloggi punteggiavano la zona, contaminando la bianca purezza della sabbia, accogliendo i raggi del sole con i loro tessuti opachi. In quell'ambiente momentaneamente pacifico, gli occhi color cielo di Emily perscrutavano la foresta che si estendeva per miglia e miglia dinanzi a lei, lo sguardo apprensivo che era lo specchio della sua preoccupazione.
Prima dell'addentrarsi nella vegetazione da parte dei gruppi di esplorazione designati da Amber, un ragazzo che ormai lei conosceva bene, al pari dei suoi amici d'infanzia, Peter e Alex, le si era avvicinato con aria urgente e un'espressione che lasciava trapelare tutto il suo disagio.
Somber.
Emily ricordava ancora in quel momento, mentre le sue iridi erano perse nel punto in cui era sparito con Peter, le parole che le aveva rivolto, parole di scusa. Parole che non si sarebbe mai aspettata, non da lui. Soprattutto se non erano necessarie.
La morte di Soyo e Takao non era certo stata colpa sua, così come quella di abbandonare i ribelli era stata una sua scelta ponderata, su cui non avrebbe potuto esprimersi, e a cui opporsi sarebbe stato inopportuno. Avrebbe voluto dirgli queste parole, ma come spesso accadeva, Emily non era riuscita a dar voce alla sua logica, seppur innata, a causa dei suoi sovrastanti sentimenti.
Era una lotta continua e violenta, quella tra ragione e cuore dentro di lei. Una confusione che spesso la portava a esprimere a gesti impulsivi ciò che pensava, il frutto dei suoi tormentati processi mentali.
Così, d'impulso, l'aveva abbracciato.
Sentire l'iniziale rigidità di Somber sfociare quasi in morbidezza nel momento in cui aveva ricambiato le aveva riempito il cuore di quel calore di cui necessitava sempre. Era un affetto goffo quello che mostrava il cupo spadaccino, ma proprio per questo le era sembrato spontaneo. Andava bene così.
Avrebbe voluto dirgli quanto gli volesse ancora bene, di non convincersi mai del contrario, ma alla fine erano stati quegli intensi eppure fugaci secondi a parlare per entrambi. Ora Emily sentiva che andava tutto bene con lui, che la sua vita poteva ricominciare senza questioni in sospeso, dopo la spedizione.
"Ehi, avete sentito? Qualcosa si avvicina..."
La voce vicina di Ater catturò la sua attenzione. Quando si voltò, il lampo di paura nei suoi occhi sconvolse in un attimo completamente il suo stato d'animo. La calma e la speranza di prima furono distrutti in una frazione di secondo.
Soprattutto quando attivò a sua volta il Vision Kaika, e lo percepì.
Quel potere assoluto. Puro. Terrificante.
Proveniva dai boschi, e si avvicinava lentamente, eppure inesorabilmente. Ineluttabile.
"L-lui... è lui..." balbettò la ragazza.
In breve, Sybil le fu accanto, assieme ad Ater, a guardare insieme il punto centrale nei boschi da cui proveniva quell'energia.
Amber uscì dalla tenda principale in cui sostava e rivolse un'occhiata carica di tensione verso quella direzione, stringendo il pugno con vigore. Senza batter ciglio, cominciò a ordinare a gran voce a tutti i membri dell'equipaggio incapaci di combattere di evacuare il luogo, e raggiungere la nave ormeggiata a riva con le scialuppe d'emergenza.
"Non sento il Kaika degli altri. Alex, Somber... nessuno." disse Sybil, tremante.
"No. Ci sono, ma debolissimi. Sono stati sconfitti." la corresse Ater. "E ora sta venendo qui. Vāllkai." Il suo stesso nome era una promessa di morte.
Come l'aura ancestrale e immensa che si avvicinava sempre più, quasi a scandire ogni pesante passo dell'entità nel corpo del guerriero più forte al mondo.
Come la paura che dominava gli occhi di Emily, impressa fin nelle profondità del suo cuore, delle sue vene, delle ossa.
La paura di quell'essere legato alla vita, ma che colmava solamente del suo opposto i cuori di ognuno sul litorale.
Lo videro sopraggiungere dalle ultime lontane file di alberi, tanto brillante nell'aura della stessa tonalità verde del kimono da far sembrare che emettesse luce propria. La katana penzolava dalla sua mano lungo il fianco destro, avvolta da un involucro di fiamme color smeraldo, una brace scintillante col potere di devastare ogni cosa.
Al suo cospetto, Emily tremò. Si convinse in un lampo del fatto di star vivendo i suoi ultimi attimi.
"Preparatevi a combattere!" La voce di Amber soggiunse alle sue spalle.
Si voltò a guardarla e i suoi occhi lucenti e penetranti carichi di spirito combattivo le donarono nuovo coraggio. La paura era celata in maniera impeccabile al loro interno, tanto da instillare la stessa forza d'animo negli altri.
Anche Sybil divaricò le gambe e si mise in posizione, seria, così come Ater, che non aveva battuto ciglio di suo esteriormente, sebbene provasse la loro stessa soggezione.
Tutti erano preparati a battersi contro quella minaccia dalla portata inimmaginabile. Non era certo la loro prima volta. Anche se lo era con un tale nemico.
Persino l'aura di re Yùn impallidiva al confronto, agli occhi di Amber.
Vāllkai si fermò per un momento, schermando con gli occhi i volti determinati dei suoi avversari. La sua espressione divenne sbeffeggiante, mentre un ghigno mellifluo si allargava su di lui.
"Sciocchi e illusi, dal primo all'ultimo." Eseguì un tondo a velocità tale da risultare quasi invisibile a ognuno. "Bruciate nelle fiamme del dolore che voi stessi avete alimentato."
Un flusso rovente ricoprì tutta l'area e fu scagliato verso i nemici. Forse sarebbe stato meglio definirlo un mare di fiamme.
Il calore distorse l'atmosfera, bruciò ogni particella d'ossigeno nel circondario. L'aria stessa divenne irrespirabile, un inferno puro e assoluto.
Emily osservò impotente il fuoco avvicinarsi, non sapendo affatto come reagire. "Troppo... È semplicemente troppo..." pensò, affranta, demoralizzata. Persa.
Ma un'onda nera la avvolse all'improvviso, privandola per un attimo della visuale. Era stata ricoperta da uno strato spesso e gelatinoso di una strana sostanza oscura, simile a pece ma gelida.
Le fiamme si scontrarono contro gli involucri d'ombra che Ater aveva sovrapposto a ognuno, lui compreso. Il flusso non si mitigò, devastando ogni cosa attorno a quei bozzoli lugubri e contorti, ma non li oltrepassarono. La sabbia arse, le tende furono rase al suolo, il cielo stesso si tinse di verde intenso.
I quattro guerrieri, però, scamparono al pericolo grazie alla difesa improvvisa di Ater Shade.
Quando furono di nuovo liberi dalla protettiva e fredda morsa dell'ombra, ogni cosa attorno a loro era in rovina. Il calore dominava la zona.
"Bel lavoro, Ater, cerchiamo di contrattaccare subito! Attacchiamolo insieme!" Amber, dopo quelle parole, si scagliò in avanti, aumentando a dismisura le dimensioni del suo corpo tramite il Reinforcement ma senza ricoprirsi di paglia, il viso una maschera deforme di determinazione.
"Prendi!" esclamò, tentando di anticipare la mossa dell'avversario con un attacco lampo, sostenuta all'istante da Sybil.
"Si lancia contro di lui nonostante la sua potenza e il suo elemento inutilizzabile, avverso al fuoco..." Emily ammirò profondamente Amber per la sua enorme tenacia. Per questo, in lei scattò qualcosa, una molla improvvisa e violenta, e si unì subito a lei e Sybil, affiancando la possente Amber sulla sinistra. "Eccomi, ragazze! Resistiamo fino all'arrivo dei rinforzi!" gridò, combattiva.
Se non Peter e gli altri, almeno Karen e Saito avrebbero dovuto avvertire i loro Kaika durante la battaglia. Dovevano resistere al meglio delle loro possibilità. Anche se alla fine fossero dovuti scappare dal continente, avrebbero dovuto farlo tutti insieme, senza lasciare nessuno indietro. Per questo era necessario respingere almeno in via temporanea il nemico, magari immobilizzarlo in qualche modo per poi potersi organizzare.
"Ater, coprici!" gridò Sybil, lanciandosi in avanti con un'opaca e densa polvere di litio.
Il ragazzo rimase indietro, per dare sostegno coi suoi versatili poteri d'ombra e la sua ampia visione.
Il pugno verso il basso scagliato da Amber calò sul nemico, che però con gran sorpresa dell'altra lo bloccò solo con una mano, aumentata per massa al punto da superare di molto le dimensioni della nemica. Oltre a questo, era anche ricoperta di fiamme, il che costrinse l'avversaria a tornare subito alle dimensioni normali per sfuggirgli e non rimanere bruciata viva.
"Cavolo... è in grado di usare sia il Release che il Reinforcement Kaika? Mi chiedo se non sappia utilizzare tutte e quattro le specialità. Taiyo ne usava solo tre di base." Amber, al suolo, appariva determinata come non mai, nonostante il terribile nemico che aveva davanti. Doveva quantomeno prendere tempo. Gli altri sapevano come sconfiggerlo o sigillarlo, se avevano parlato con Connor e Satyria.
Mentre si rialzava per provare una controffensiva, Emily e Sybil attaccarono da entrambi i lati Vāllkai, in una mossa combinata.
La prima cosparse tutto il suo corpo di Kaika offensivo come in una vera e propria armatura densa, gli occhi azzurri intensi come la posa mostrata dalla sua silhouette atletica. Caricò dunque il dorso e con una rotazione repentina diresse un montante con tutta la sua forza sul volto del samurai.
Al contempo, Sybil puntò entrambe le mani sul bersaglio a mezz'aria, stringendo i denti, ed emise una gran quantità di polvere grigiastra, composta di litio altamente tossico. Il frastuono dei granelli che si susseguivano riempì tutta la zona come fossero una pioggia di cristalli appuntiti.
L'attacco a tenaglia risultava devastante anche alla sola vista, ma fu completato dall'intervento di Ater.
Dalla sua stessa ombra, creò una serie di corde oblunghe e contorte che avanzarono silenti, senza emettere un solo suono, fino agli arti superiori di Vāllkai, attorcigliandosi attorno a essi per impedirgli di reagire. Amber si rialzò, e con urlo selvaggio si unì all'assalto disperato con un diretto potentissimo attraverso il braccio aumentato di massa.
Non servì a nulla.
Sebbene non potesse muovere braccia e spada, dal corpo di Fujiwara fu comunque sprigionato un Kaika infuocato verde che si espanse intorno a lui fino a investire le guerriere che gli erano più vicine.
La cupola infuocata che si formò bruciò ogni cosa nei dintorni, senza via di scampo. Sybil riuscì a sbalzarsi all'indietro col proprio flusso di litio, solo la sua mano destra collise col fuoco di Vāllkai per un istante, le sue dita furono ustionate all'istante e divennero nere come ll carbone di Emily. La giovane urlò di dolore, prima di lanciarsi di spalle col litio e atterrare in malo modo sulla sabbia di schiena.
Emily si ritrovò coinvolta in pieno tra le fiamme.
Amber chiamò il suo nome, terrorizzata mentre si allontanava con una giravolta all'indietro dall'impatto. Eppure, invece di assistere alla danza macabra di chi viene arso vivo, assistette a qualcosa di singolare da parte sua, un'abilità sorprendente.
"Coal Body: Graphitization."
Le parole di Emily precedettero il cambiamento del suo corpo, il cui strato di carbone nero fu alterato fino a diventare grafite grigiastra, in modo da consentirle di resistere al calore immane propagato dall'essere quasi divino.
Gli occhi azzurri di Emily, i suoi capelli corvini che come fruste volteggiavano dal suo capo immerso nello strato di Kaika, il ginocchio a terra e il capo rialzato che le conferivano un'aria risoluta, facevano apparire anche lei come una sorta di dea agli occhi di Amber.
Lo sguardo della ex ribelle schermò con rabbia quello di Vāllkai, strappandogli un sorriso ironico.
"Impressionante. Giochiamo un po'?" affermò questo.
In mezzo a quell'inferno, Emily si scagliò su di lui, tentando un calcio alto al suo collo.
Vāllkai riuscì a bloccarlo con il palmo della mano ingrandito, le dita infuocate simili agli artigli di un drago, per poi dirigere un montante di katana dal basso per trafiggerle il collo e mozzarle la testa, ma Emily unì entrambe le braccia rafforzate dal solido strato di grafite e resistette al colpo, non senza barcollare all'indietro.
Con un grugnito, pestò un piede al suolo e ne alterò le proprietà, rendendo la sabbia un mare di carboni ardenti così da ustionare i piedi dell'avversario prima che potesse cospargerli di fuoco. Sfortunatamente, quest'ultimo non batté ciglio nemmeno al contatto dei piedi nudi con la superficie bollente. Il calore non aveva alcun effetto su di lui, che controllava fiamme ancestrali.
"Cos'è, indistruttibile? Muori e basta!" gridò Emily, tentando in uno scatto rapido di fiondarsi in avanti, il pugno serrato proteso verso la sua gola. Con un gioco di gambe elegante verso destra, Vāllkai la mandò a vuoto, e le sferrò una tremenda ginocchiata allo stomaco carica di Hardening Kaika e di uno spesso strato di fuoco verdastro. La ragazza strabuzzò gli occhi, avvertendo un dolore lancinante farsi strada sino alle profondità del suo corpo, deformandone le interiora.
Sputò sangue sul terreno, sentì le forze venirle meno finché non riuscì più a mantenere la trasformazione attiva. Tornò alla normalità, le palpebre dischiuse in uno stato confusionario.
Fu allora che il gomito di Vāllkai piombò in picchiata sulle sue scapole, schiantandola al suolo con un tonfo sordo. Una piccola voragine si formò sul terreno all'impatto. Emily perse i sensi, la sofferenza dipinta sul volto.
"Non sei affatto male, ragazza, ma sei stata stupida a sfidare me." sentenziò lo spadaccino, statuario nella sua postura.
"Emily!" Sybil fu sopra il nemico in un baleno, grazie alla poderosa spinta che si era data con le ginocchia in un salto a dir poco atletico. "Dannato mostro!" gridò, mentre lanciava dai palmi due spessi cocci di litio appuntiti, completando con una tallonata dall'alto diretta al cranio di Vāllkai, che non si scompose per nulla.
"Hai un'ottima esplosività fisica, ma se è tutto qui..." mormorò l'entità.
Un rapido ondeggiare della curva lama tagliò a metà i cocci, e l'avambraccio bloccò il piede della guerriera in modo da attutire l'impatto. Subito dopo, emise un'esplosiva fiammata che centrò in pieno Sybil e la spedì al punto di partenza, facendola urlare di dolore. L'impatto al suolo fu duro, la sua nuca batté sulla sabbia e un forte colpo di frusta la immobilizzò. Era incapace di muoversi, fitte intense le scuotevano tutto il corpo e avvertiva il capo pesantissimo.
"Non riesco... a tenere gli occhi aperti..." Batteva le palpebre a intermittenza, ma i dolori dappertutto erano troppo duri da sopportare. Anche lei svenne nel giro di pochi secondi.
"Arrendetevi al vostro destino, guerrieri. Riconosco i vostri sforzi, ma sono e saranno vani, perché io sono lo stadio supremo, il punto di non ritorno a cui voi stessi siete giunti. Sono inarrivabile. Io farò di voi-" le sue parole furono smorzate da un grugnito di dolore provocato da un devastante gancio pregno d'aura che Amber le aveva scagliato sul fianco sinistro.
L'aveva colto di sorpresa, dunque Vallkai subì al completo l'impatto e tutta l'immane forza fisica della donna. Lo scricchiolio delle costole spezzate fu musica per le orecchie della navigatrice.
"Chiudi quella cazzo di fogna, spiritello megalomane." Sorrise, euforica. "Non sottovalutare noi guerrieri inferiori."
"Oh...?" Un ghigno interessato nacque sul viso dell'essere quasi divino. La veste nel punto dove Amber l'aveva attaccato era strappata, e la carne era diventata di un orrido violaceo a macchie nere.
Eppure, sotto gli occhi stupefatti di Amber, in pochi secondi la pelle iniziò a tornare al colorito normale e il gonfiore diminuì fino a scomparire. L'effetto fu del tutto annullato.
"Rigenerazione...? Anche quella?!" pensò, afflitta. "Sei davvero imbattibile?!" ringhiò. Furono le ultime parole che riuscì a pronunciare.
"Sì, lo sono." Dopo questa affermazione, Vallkai piantò la katana nel suo ventre con un affondo a velocità più che supersonica, impossibile da anticipare. Le fiamme si innalzarono dalla lama distorta, costringendo Amber a tentare di ritrarsi, e bruciandola viva in quel sanguinoso falò nel giro di pochi istanti. Non riuscì nemmeno a urlare.
L'unica cosa che fu in grado di fare fu rivolgere un ultimo, dolce, pensiero all'immagine dell'uomo che aveva amato e perduto. E che, forse, stava per ritrovare. Riusciva quasi a vedere la sua schiena larga in una banchina portuale, di quelle affollate che avevano visto insieme a centinaia negli anni. Magari era solo suggestione per la morte imminente.
Ma in quel momento non le importava.
Cadde al suolo quasi docilmente, il corpo annerito, troppo leggero, irriconoscibile alla vista per le ustioni che le ricoprivano ogni lembo di pelle.
"No!" Ater, poco più indietro, rimase scioccato da quell'orrenda visione, nonostante nella vita avesse visto e provocato tanta morte.
Disperato, tentò la fuga tramite delle spirali appuntite che compose a partire dall'ombra stessa di Vāllkai, trafiggendogli dal basso entrambe le spalle da cui uscirono fiotti di sangue, e immobilizzandolo così per pochi secondi da sfruttare per dileguarsi.
In quella situazione disperata, trovò la lucidità per notare che, nonostante la sua potenza, il nemico non avesse ucciso Sybil ed Emily, mentre Amber sì. Che l'influenza di Fujiwara fosse ancora vivida dentro di lui, e riuscisse ad arginarlo, anche se solo a intervalli sporadici? Poteva essere un punto debole da sfruttare per abbatterlo? Doveva trovare qualcuno dei superstiti e provare a elaborare una strategia a partire da quell'informazione. Per sconfiggerlo. Se non quel giorno, magari in futuro, dopo essere ritornati nel Continente centrale.
"Oh, povero corpo di questo tenace mortale, distrutto di continuo dai suoi simili e ricomposto da me." Vāllkai rigenerò all'istante le ferite, e prese ad avanzare piano verso l'ex Vulture.
Ater sentì la paura impadronirsi di lui come ghiaccio che scorreva nelle vene. Ma non perse la lucidità.
Si ricoprì del tutto da un densissimo strato ombroso che emanava un fumo nero intenso. Una sorta di armatura composta d'ombra, di buio.
La fiammata che partì rapida come una saetta verso di lui gli passò attraverso senza scalfirlo nemmeno. Ogni cosa scivolava via come gocce d'acqua su quella seconda pelle oscura. Scappava via tra le fiamme in direzione del fitto del bosco sulla sinistra, come fosse stato una rondine in contrasto con un caldo tramonto. I suoi occhi impenetrabili erano colmi di determinazione nata dalla volontà di sopravvivere.
Fece saettare miriadi di lunghe lame curve che creò intorno a sé tramite il suo elemento, dando loro origine direttamente dal rivestimento intorno al corpo. Si sparpagliarono veloci in ogni direzione, senza emettere alcun suono, furtive e letali. Alcune tra esse trapassarono il ventre di Vāllkai producendo un disgustoso rumore di carne trafitta. Tentava ogni sotterfugio per guadagnare tempo e sfuggire alla percezione dell'avversario.
Mentre la rigenerazione era già in atto, lo spadaccino approfittò del momento in cui Ater era più lontano, più fiducioso di poter riuscire ad andarsene, e formò un portale dimensionale davanti a lui attraverso l'Energia Oscura di Taiyo. Introdusse la katana al suo interno, imprimendola con una spropositata quantità di Hardening Kaika, tanto da rendere i suoi margini di un luminescente scarlatto vicino al colore del sangue.
Ater non vide nemmeno arrivare l'affondo.
La potenza suprema immessa da Vāllkai nell'arma contribuì a spezzare la sua difesa perfetta. La forza pura era l'unico punto debole di quella tecnica, nonostante ne servisse comunque tantissima. E lui l'aveva intuito dopo appena una trentina di secondi di osservazione. Era un mostro per davvero.
Un dio della morte che parlava di vita.
Ater sentì il calore del sangue inondargli la pelle, e un freddo vuoto colmargli lo stomaco. Il dolore giunse solo quando ormai già era in ginocchio. Solo quando guardò in basso e la vista già gli si offuscava, causandogli emicrania e capogiri, vide il foro che la spada del rivale gli aveva aperto nella pancia. Sentì il soffio gelido della morte accarezzargli le palpebre socchiuse, mentre distingueva, confuso, il dritto e terribile samurai avanzare verso di lui, l'arma pendente lungo il fianco per finirlo.
Non sarebbe nemmeno stato necessario, nelle sue condizioni.
Come non lo fu l'intervento delle due familiari sagome che piombarono dinanzi ai suoi occhi in un lampo.
Un uomo con una corta katana dall'elsa cremisi e una ragazza circondata da fiamme scarlatte attaccarono all'unisono, con uno squarcio al fianco seguito da un calcio infuocato sulla mandibola, che scaraventò Vāllkai vari metri alla sinistra di Ater.
Entrambi i nuovi arrivati sul campo di battaglia, notò il ragazzo ormai in fin di vita, avevano lucenti chiome rosse baciate dal sole.
Karen rivolse subito l'attenzione ad Ater, ferito a morte e disteso sulla sabbia, mentre Saito teneva lo sguardo fisso sul punto tra gli alberi a ovest in cui Vāllkai era stato scaraventato.
"A-Ater!" La ragazza rossa si fiondò su di lui e tentò di sorreggerlo, di valutare le sue condizioni. Ma le bastò una sola occhiata per capire che lo squarcio nella pancia dell'amico era troppo profondo, e non c'era nessuno nei paraggi in grado di curarlo.
Pensò con dolore ai momenti che avevano vissuto insieme, a quell'avventura a Northfield di anni prima, dove ognuno era alla ricerca di qualcosa. Dove si erano sostenuti a vicenda, pur non conoscendosi.
Karen non poté fare a meno di piangere per lui, bagnandogli le guance pallide con le sue lacrime calde. Mentre la mano di Ater, in stato confusionale, le sfioravano il volto flebilmente. Un ultimo lampo di vita.
Ater non riuscì a dir nulla, se non un ultimo nome, pronunciato forse con rimpianto, o con la vana speranza di rincontrare la sua portatrice dopo la morte. Il nome di Candidus.
Dopo che il compagno ebbe esalato il suo ultimo respiro in pace, Karen si alzò, il capo basso, e si guardò attorno. Vide Saito fissarla addolorato, vicino al corpo esanime di Amber. Un altro colpo al cuore.
Ma Karen aveva esaurito le lacrime. Ora restava solo la rabbia ad alimentarla.
L'unico piccolo sollievo proveniva dalle figure a terra di Sybil ed Emily, ai poli opposti della spiaggia, ancora in vita sebbene in stato di incoscienza. Però non bastava affatto a placare l'ira che divampava nelle sue viscere.
Per questo, quando Vāllkai tornò a passo lento di fronte a lei e Saito, lo guardò con tutto l'odio che possedesse dentro lei. Non era nemmeno un essere vivente per quanto la riguardava. Era un bersaglio da uccidere.
"Resta lucida, Karen. Non possiamo batterlo facendoci guidare dai sentimenti." la avvertì Saito, al suo fianco.
Vāllkai sogghignò, sguainando ancora la spada, vincente. "Potevi fermare anche prima la frase, allievo di Fujiwara Taiyo. Voi non potete battermi e basta. Arrendetevi ora, e sarò rapido. Non ho interesse nel farvi soffrire."
"Sta' zitto."
Gli occhi verdi dell'essere andarono verso la ragazza che aveva osato rivolgergli quelle parole. Le riservò un'espressione tra l'interessato e il divertito.
"Quale sarebbe il tuo interesse allora, eh? Uccidere tutti gli umani? Distruggere questo mondo?" continuò la guerriera, furibonda.
"Far rinascere questo mondo. Liberarlo dal dolore che tutti voi nel corso dei millenni avete provocato, sempre negli stessi modi, sempre coi medesimi errori. Non sono nient'altro che una vostra creazione, la calamità naturale sviluppata da voi stessi, l'arma più micidiale che abbiate creato, attraverso i più potenti mezzi di cui disponete. La paura, la rabbia, l'odio, il rancore. La guerra. Sono tutto questo, e non esisterei senza voi. Sarei ancora energia, pura e neutra, se non fossi entrato in contatto con gli esseri umani. Accettatelo e basta, sono l'incarnazione del dolore di migliaia d'anni, e sarete estirpati, per favorire qualcosa di nuovo. Forse di migliore, forse no. Dopotutto, la vita è caos."
"Ho sentito abbastanza." Karen si sfilò in un baleno il bracciale di galena al polso ed emise un immane bagliore azzurro che inondò tutta l'atmosfera fino ai cieli, costringendo perfino Vāllkai a coprirsi con un braccio.
Divenne composta da cima a fondo di fiamme di zaffiro, splendenti come una stella, i tratti del viso abbozzati sotto la patina di fuoco che lo ricopriva e i capelli un mare di lingue roventi lunghe fino al terreno. L'aria stessa attorno a lei era distorta dal calore.
"Quando si dice combattere il fuoco col fuoco!" esclamò Vallkai. Un attimo prima che Saito gli fu addosso.
Due lame, quella originale dello spadaccino e un'altra rossa, composta dal sangue di un taglietto che si era autoprocurato, cozzarono contro la sua katana, piazzata appena in tempo davanti ai suoi occhi per parare il doppio fendente.
D'un tratto, la lama di sangue fu deformata e divenne una serie di corde vermiglio che scivolarono come serpi lungo le gambe e le caviglie del nemico, inchiodandolo al suolo in una morsa ferrea.
Nello stesso momento, Karen protese entrambe le mani verso di lui e si preparò a scagliare una fiammata di sontuose dimensioni.
Vāllkai sgranò le palpebre. C'era più potenza di quanto si aspettasse in quella ragazza. Forse il corpo non avrebbe retto.
"Cosa c'è, non dirmi che hai paura?" lo schernì Saito, sorridente.
In un moto di rabbia, Vallkai gli sferrò una testata al mento, facendolo barcollare, per poi aggredirlo tramite un doppio fendente di katana, dalla traiettoria a forma di croce, seguito da altri due uguali.
Saito grugnì, mentre il sangue fuoriusciva dalle ferite. Lo condensò all'istante per dargli la forma di tanti shuriken appuntiti e dirigerli con un gesto sul suo maestro.
Un diretto al torace lo scaraventò lontanissimo nello stesso momento in cui gli shuriken colpivano il petto di Vāllkai.
Nel frattempo, Karen attaccò.
"Ultimate Burner!" urlò una voce opacizzata dall'alone di fuoco.
Il flusso avanzò dritto verso di lui, bruciando ogni particella con cui entrava in contatto. La temperatura raggiunse livelli pressoché insostenibili, tanto che Saito decise di non avvicinarsi di nuovo alla zona.
Karen fu sicura di aver centrato il bersaglio. Ma questo non apparve subito ai suoi occhi.
Bensì, lo fece pochi secondi dopo, quando sollevò il capo al cielo.
Vāllkai era in volo grazie alla propulsione di fiammate verdi dai suoi piedi. Un'ombra di narcisismo colorava il suo viso e puntava la katana verso di lei.
"Sei una sorpresa, ragazzina. Sarà soddisfacente scaricare il mio potere su di te. Vediamo se davvero ne sei degna."
Disegnò una circonferenza con la lama.
Un gesto divino, impercettibile per chiunque. La sua rapidità trascendeva la concezione stessa di velocità che aveva Karen.
Da quel cerchio creato in un lasso di tempo infinitesimale, si formò un gigantesco ammasso circolare di fiamme verdi. Una vera supernova in miniatura.
Karen comprese solo in quel momento il divario incolmabile tra lei e quell'essere. Era infinitamente superiore a anche a quello che ci sarebbe già stato tra lei e Fujiwara Taiyo. Non aveva speranze. Eppur provò.
"Dispera." ordinò Vāllkai.
La sfera verde avanzò inesorabile verso Karen, e verso la terra.
"Questa energia... se toccasse il suolo non oso immaginare che danni causerebbe." sussurrò la guerriera.
Inspirò a fondo. Chiuse gli occhi nascosti in parte dallo strato di fuoco azzurro. Poi li riaprì, più determinata di prima.
Volò con un urlo che sembrò un ruggito verso la supernova, impattandone la superficie con le mani per fermarla. Per tentare di assorbirla in parte e magari scagliarla via.
Usò tutto il suo fiato, tutto il suo Kaika, tutta sé stessa. La sua sagoma azzurra e brillante che collideva con quella verde e fluorescente della sfera era uno spettacolo sconvolgente dal basso. Saito si sentì come una formica di fronte a quelle energie anormali.
La sfera avanzò, trascinando man mano Karen nei pressi della sabbia, ma lei non demorse. La supernova continuava a ridursi, assieme alle forze residue della giovane, che continuava a gridare stremata, le cavità oculari aperte al massimo. Il suo fuoco iniziava a spegnersi e metà del suo corpo tornava alla normalità, rischiando di sgretolarsi sotto quell'energia.
Con uno sforzo finale, Karen scagliò un pugno contro la circonferenza ormai ridotta.
L'esplosione che ne scaturì la scagliò violentemente al suolo. La minaccia, forse globale, era sventata. Ma il suo corpo iniziava a cedere.
Karen si mise in ginocchio, mentre osservava il suo braccio sinistro annerito. Granelli sottili precipitavano verso il basso. Si stava riducendo man mano in cenere.
Vāllkai, in alto, non aveva un graffio.
"Allora. Vogliamo rifarlo?" Sorrise, tornando al suolo con la spada sguainata.
La ragazza non riusciva nemmeno a parlare. O a muoversi. Ogni sua particella stava decadendo per lo sforzo sovrumano che aveva appena sostenuto. Era sul punto di spegnersi dopo aver rilasciato tutta la sua energia, come una stella nell'universo.
Si sentiva atterrita, ma in un certo senso soddisfatta di aver fatto la sua parte.
Per questo, fu contenta nel momento in cui quelle quattro figure a lei così note atterrarono come fulmini all'unisono tra lei e Vāllkai. Potevano vederla spegnersi, dopo che aveva brillato al massimo. Potevano ammirarla.
I suoi amici.
"Karen...?" La voce calda di quel ragazzo che tanto amava sembrava lontanissima, mentre la stringeva in ginocchio.
"Per quanto mi sforzi, non otterrò mai qualcosa che amerò così tanto da condurmi a bruciare la mia stessa esistenza..."
Karen schiuse le palpebre, perdendosi negli occhi blu di Peter. Per quelli avrebbe fatto di tutto. Sarebbe anche sparita per dar loro una possibilità di vivere.
"O almeno così credevo un tempo!"
Sorrise, poggiando la fronte sul petto del ragazzo. Riposando. La parte destra del corpo non la sentiva già più.
"Eh eh... Peter...! Mi hai vista?"
Non aggiunse altro. Non lo fece mai più. Le palpebre si chiusero in serenità, un sorriso beato sul volto. Le braccia di Peter la scuotevano, invano. Non le sentiva nemmeno.
"Karen!"
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