Capitolo 141

Peter, Alex, Dorothy e Somber ammiravano l'immensità dell'oceano che si stagliava di fronte a loro, dall'intensa superficie blu infinita nella sua vastità. Le onde che si susseguivano, sovrapponendosi l'una all'altra su quella tavola piatta, schermavano i loro occhi sferzati dal vento ricolmo di iodio e salsedine.

Con le braccia poggiate al parapetto, tutti e quattro si godevano quel momento di relax precedente allo sbarco sul Continente occidentale, ormai più che vicino.

Poche ore prima, Amber li aveva avvertiti che in breve sarebbero giunti a destinazione, come testimoniava l'avvicinarsi di stormi d'uccelli nei pressi della nave, oltre alla profondità degli abissi sottostanti che andava diminuendo per gradi.

Durante tutto il viaggio, né Connor né Satyria si erano fatti vivi, o erano stati trovati. Ma le informazioni che recavano con loro, sconvolgenti quanto preziose, erano state divulgate da Ater Shade, e avevano scosso ognuno, donando al contempo una speranza.

Se fossero riusciti a portare a termine il piano che quell'uomo, il tutore defunto di Connor, aveva ideato, se l'avessero perfezionato, forse ci sarebbe stato un modo per fermare Vallkai.

E magari salvare il loro maestro, Fujiwara Taiyo.

L'ansia e il timore iniziavano già a impadronirsi delle loro menti, dei muscoli e delle ossa, acuendosi vistosamente a ogni lega percorsa in direzione del loro obiettivo. Ma erano anche pronti ad affrontare ogni intemperie.

Insieme, come avevano sempre fatto.

"Ci siamo. Il Continente occidentale." annunciò Dorothy, mentre lontani lembi di terra, isolotti precedenti al traguardo sparsi per la superficie turchese del mare, prendevano forma oltre la foschia all'orizzonte.

I tre compagni assunsero espressioni gravi ma determinate, decisi a compiere la loro missione, forse la più importante fino a quel giorno.

Peter strinse i pugni, i muscoli degli avambracci si inspessirono e i tricipiti si tesero.

"È laggiù che si trova il maestro Fujiwara. Il nostro obiettivo è lì, oltre il mare."

"Chissà cosa nasconde il Continente occidentale, finora era sempre stato inesplorato." soggiunse Alex. "Sapere che saremo i primi a metterci piede in un certo senso mi riempie di entusiasmo, nonostante le circostanze... È come se entrassimo ufficialmente nella storia!"

"Anche se la nostra è una spedizione segreta, a differenza di quella del Continente orientale." gli ricordò Somber, sporgendosi appena dal parapetto per guardarlo oltre la figura di Peter, che era al suo fianco. "È probabile che rimarrà in sordina."

"Ma se avrà successo e torneremo con informazioni e notizie importanti insieme al maestro Fujiwara, forse decideranno di divulgarle e allora sì che ci aspetterà una bella fama!" Gli occhi di Dorothy divennero delle autentiche spirali sognanti da cui trasparivano i gloriosi scenari che in quel momento occupavano la sua fantasia sfrenata. "Faremmo un sacco di soldi!"

"Ecco, lo sapevo..." mugolò Peter sottovoce, mentre Alex ridacchiava.

Dopotutto, non erano cambiate poi così tante cose, pensarono entrambi.

Sebbene avessero intrapreso cammini spesso divergenti, inseguito obiettivi diversi e agito secondo ideali e ragionamenti opposti, il legame e le interazioni che condividevano quando erano insieme rimanevano sempre gli stessi.

Erano persone diverse, pur essendo grandi amici, ma alla fine potevano affermare di non essere mai davvero soli, anche quando la distanza che li separava era immensa.

Perché certe amicizie, certi rapporti, una volta creati e consolidati in determinate circostanze resistevano in eterno, senza spezzarsi mai. E lo dimostrava il modo in cui erano lì, tutti e quattro, a parlare e ridere ognuno a proprio agio.

"Ragazzi! Ecco dov'eravate allora, voi pesti." Alle loro spalle sopraggiunse la voce raschiata dalla stanchezza di Amber.

La sua postura nella divisa ufficiale da capitano dell'equipaggio e la pettinatura con l'elegante coda di cavallo però erano impeccabili e professionali come sempre. Così come gli occhi verdi e scintillanti avvolti da una perpetua concentrazione.

"Amber, cosa c'è?" la accolse Dorothy, ancora un po' in soggezione in sua presenza, anche se il sorriso solare che l'altra le rivolse contribuì a rassicurarla un po'.

"Volevo solo avvertirvi che abbiamo avvistato terra, non dovrebbe volerci più di un'ora all'attracco. Inoltre, pare ci sia... qualcosa di strano intorno alla posizione dove sorge l'isola maggiore. Un'insolita energia molto intensa, che distorce l'atmosfera nel raggio di chilometri." rivelò la navigatrice, apprensiva.

Gli sguardi dei quattro amici divennero interrogativi.

"Di cosa potrebbe trattarsi?" fece Peter.

"Distorce l'atmosfera... Che sia Energia Oscura? Ma come sarebbe possibile, laggiù?" chiese Alex. "Forse sarà opera del maestro..."

"Non lo sapremo finché non lo vedremo coi nostri occhi." disse Somber in tono cinico. "Attendiamo di arrivare sul posto per valutare."

Dorothy annuì. "Già, inutile fare vaghe supposizioni adesso. Teniamoci pronti ad affrontare qualsiasi cosa troveremo laggiù. Anche la più assurda."

Quando la nave della compagnia commerciale Santos&Co. si fu avvicinata quanto bastava perché la misteriosa terra del Continente occidentale fosse visibile a occhio nudo, Peter e gli altri, insieme ad Amber, scorsero l'anomalia che la giovane donna aveva descritto loro, e che influiva fortemente sull'atmosfera attorno.

Tutti i presenti ne rimasero sconvolti.

L'isola mastodontica e gremita di fitta vegetazione tropicale dove sarebbero dovuti sbarcare era inaccessibile a causa di un ostacolo che nessuno si sarebbe mai aspettato di trovare lì, intorno a essa.

"Quella è..." sussurrò Alex, stupefatto.

Non c'era dubbio, il vibrante ronzio che veniva emesso nell'ambiente, sommato al senso di pesantezza alla testa e spossatezza corporea che era trasmesso loro man mano che si approcciavano, rendevano chiari la natura di quel fenomeno.

La barriera d'un tenue arancione che circondava per intero il Continente era senz'altro composta d'Energia Oscura.

"È una barriera!" esclamò un'incredula Dorothy.

"Già." confermò Amber. "E pare a tutti gli effetti Energia Oscura. Ma come sia finita qui, in questo luogo inesplorato da tutti, non me lo spiego..."

"Potrebbe essere stato il maestro Fujiwara?" ipotizzò Peter, grattandosi i capelli arruffati con indolenza.

Somber si tastò il mento, come se avesse appena avuto un'intuizione, o se un ricordo vago fosse stato sbloccato nei meccanismi della sua mente.

"Nel periodo in cui ero nell'Esercito Guerrigliero, Soyo mi raccontò di come insieme a Kojiro aveva raggiunto il Continente orientale per siglare la sua alleanza con i nativi del posto."

Si fermò per un istante, emettendo un breve sospiro.

Menzionare Soyo ancora gli procurava dolore nel petto. Il ricordo del suo viso gli faceva male e, nonostante tentasse, non riusciva a seppellire quei sentimenti bui dentro sé stesso com'era abituato a fare. Come Soyo lo aveva abituato a evitare.

Insieme a lei era riuscito a esternare più sensazioni di quanto non avesse mai fatto nella sua intera vita.

Dorothy si accorse della sua difficoltà e gli sfiorò una spalla con le dita, delicata. Con un accennato sorriso pieno di benevolenza, lo rassicurò un po', e il ragazzo ritrovò la compostezza per continuare a parlare.

"Quando Kojiro e gli altri raggiunsero il Continente orientale, io non ero con loro. Ma so per certo che era circondato da una barriera uguale a questa, poiché il presidente Joshua Faraday l'aveva eretta davanti ai miei occhi, per fuggire da re Yùn con i membri di quella vecchia spedizione." proseguì. "Per riuscire a raggiungere l'isola, quindi, Kojiro usò il suo potere legato all'Energia Oscura dimensionale per trasportare altrove quella barriera, e liberare l'accesso." Lo spadaccino si concesse un attimo di pausa, ma a quel punto tutti avevano già intuito dove volesse arrivare col suo discorso.

"Quindi, credi che quella barriera eretta da Faraday anni fa, e teletrasportata altrove da Kojiro, sia la stessa che ora si erge davanti a noi?" intuì Alex.

Un breve silenzio seguì le parole del ragazzo, attimi pregni di stupore e sgomento. Era un'ipotesi a dir poco pazzesca, ma anche perfettamente plausibile.

"Ma com'è possibile, se il presidente è deceduto durante la battaglia di Haru?" chiese Dorothy. "La barriera non dovrebbe scomparire alla sua morte?"

"È probabile che Faraday avesse posto la condizione che la barriera rimanesse attiva anche dopo il suo eventuale decesso." dedusse Alex. "Questo spiegherebbe perché non si sia mai rivolto a un utilizzatore di Creation Kaika per riottenere il braccio perso contro quel re Yùn. Magari era proprio il prezzo per mantenere intonsa la barriera."

"A ogni modo, non serve a nulla divagare. Peter.." Amber indicò il ragazzo con l'indice, fissandolo nei suoi straniti occhi blu. "Sei in grado di spostarla o annullarla? Sei l'unico qui in grado di usare l'Energia Oscura dimensionale."

Di primo acchito, il ragazzo parve scomporsi per un secondo.

"Oh, ecco... sì, suppongo di poter provare. Nel caso, Alex potrebbe annullarla con la sua Energia Oscura sigillante, se non vi disturba aspettare un po'."

"È meglio risparmiare più tempo possibile, secondo me." controbatté il biondo. "Sposta questa barriera e non pensiamoci più." Gli sorrise, complice.

Peter replicò a sua volta con uno sguardo d'intesa, che poi si scambiò con Dorothy e Somber.

Entrambi annuirono, d'accordo con la proposta di Amber.

"Bene, ti faccio calare una scialuppa, allora. Mentre ti prepari, io vado a chiamare il resto dei partecipanti alla spedizione negli alloggi. Appena hai fatto, attracchiamo." disse Amber, prima di voltarsi e raggiungere le scale sulla destra di quella zona di ponte dell'imbarazione, sparendo oltre la parete di legno ad ampie falcate.

Peter si sgranchì le braccia con un po' di stretching e fece schioccare le dita, entusiasta e pronto all'azione come suo solito.

"Ehi, Pete. Perché non la fai finire attorno alla prigione dov'è rinchiuso Kojiro?" scherzò Dorothy, indicando la barriera.

Lui ridacchiò. "È una buona idea! Giusto per assicurarci che quel bastardo non veda più il sole."

"Non credo sia necessario... È rinchiuso per bene in una cella di galena." farfugliò Alex, con un ghignetto condiscendente.

"Beh, la prudenza non è mai troppa." mormorò, secco, Somber.

Quest'ultimo fissò poi la barriera eretta intorno al mastodontico Continente. Nella sua testa ripercorse il giorno in cui aveva perso conoscenza, proprio a causa di quel potere allora a lui del tutto sconosciuto, che tutto sommato non aveva mai appreso, e che l'aveva lasciato in stato vegetativo per mesi.

Erano stati i resti Kaika di quella ragazza, Midoru Mingtian, a concretizzare quel suo stato, già latente a causa dei numerosi dubbi e delle perplessità che al tempo sciamavano nella sua mente come un alveare gremito di api.

Forse, rifletté Somber, averla accolta dentro di sé, insieme a parte della maledizione che l'aveva condotta alla sua fine, era stato uno degli eventi che più l'aveva aiutato a crescere. Dopotutto, non tutto il male veniva per nuocere, spesso era solo una fase da superare per trovare il proprio equilibrio.

Adesso, tuttavia, avrebbe utilizzato ogni fibra del suo essere, anche i residui del Kaika maledetto di Mingtian che ancora risiedevano dentro lui, per liberare il suo maestro.

Perché Fujiwara a sua volta l'aveva salvato, accogliendo quella disperazione di nuovo in sé.

"Perfetto, auguratemi buona fortuna." Il tono confidente di Peter lo riportò alla realtà.

Somber si accorse che Dorothy lo stava fissando un po' apprensiva.

Con quelle grandi e splendenti iridi dorate sembrava quasi chiedergli: va tutto bene?

Doveva essersi accorta del suo stato pensieroso. Come sempre, riusciva a leggergli il cuore meglio di chiunque altro.

Per tranquillizzarla, le sorrise, e lei parve acquietarsi, ricambiando con affetto.

Peter si calò con un agile balzo sulla scialuppa che Amber aveva fatto posizionare in prossimità dello scafo, e Alex lo accompagnò per offrigli supporto, salutando gli altri due con un rapido cenno.

Ormai era giunto il momento.

Entro pochi minuti, avrebbero messo piede nel luogo in cui era segregato il loro maestro, assieme a tutto il dolore che gravava sulle sue spalle. E che aveva gravato su innumerevoli altre vittime, nel corso dei secoli.

Bastò appena un tocco a Peter per far sparire la barriera altrove, in un punto indefinito dell'immenso oceano, come se non fosse mai esistita.

Ormai, aveva constatato Alex con meraviglia e malcelata ammirazione, aveva imparato a padroneggiare quel potere, sebbene già un solo utilizzo avesse comunque consumato una considerevole quantità delle sue energie, procurandogli un gran fiatone.

Anche se non possedeva più il Kaika, e per usarlo aveva bisogno di una sessione di condivisione dell'energia di Karen nel suo corpo, sapeva comunque rendersi utile e rappresentava una sicurezza per chi lo circondava, come aveva sempre fatto. Alex aveva compreso con sollievo che quello era un lato del suo carattere più presente che mai, un pregio che definiva la sua calda, rassicurante essenza.

Il suo migliore amico sarebbe sempre stato un faro.

In seguito allo spostamento della barriera, la nave poté ormeggiare nei pressi della spiaggia enorme che si estendeva per metri e metri lungo il perimetro della grande isola che consisteva nell'oscuro Continente occidentale.

Tutti i membri dell'equipaggio e i Guardians d'élite partecipanti alla spedizione si calarono su delle scialuppe, poiché non c'era un molo presso cui far sostare l'imbarcazione, e una volta raggiunta la sabbia bianca iniziarono a mettere insieme un grande accampamento con tendoni, sacchi a pelo e legna per il fuoco.

Amber, Karen e Sybil cominciarono a scaricare insieme all'equipaggio le merci e i viveri nelle casse presenti a bordo, mentre Emily e Ater si occupavano di montare delle tende a distanza simmetrica nell'accampamento.

Saito, invece, si limitò ad affilare la sua lama in solitudine, pronto all'azione. Aveva passato il viaggio per la maggior parte del tempo chiuso nella sua cabina, a riflettere e prepararsi.

Ancora non c'era traccia, invece, di Connor o Satyria e questo cominciava a instillare una certa apprensione nei presenti.

Peter, accanto ai suoi compagni, studiò la conformazione dell'ambiente con attenzione, cercando di cogliere magari già i primi indizi su dove recarsi per cercare di rintracciare il maestro Fujiwara. Pur tenendo attivo il Vision Kaika, nessuno era in grado di avvertire la sua aura da nessuna parte, tantomeno una diversa, che avrebbe rappresentato con ogni probabilità quella dell'entità che albergava in lui. Vallkai.

Tutto ciò che era visibile dalla spiaggia era un ampio bosco dalla vegetazione fittissima composta perlopiù di alte pinete che si stagliavano fino ai cieli, come a voler intimidire chi si trovasse al loro cospetto.

Aguzzando la vista, Peter notò che al di là delle chiome degli alberi era appena visibile una vetta rocciosa. Evidentemente, si trattava di un grande monte che dominava sul paesaggio, situato diversi chilometri oltre la foresta. Forse il punto da raggiungere per iniziare a cercare era quello, la zona centrale dell'isola. Anche se prima avrebbero dovuto affrontare l'ignoto che si dipanava loro di fronte.

"Ehi, Somber, non ti ricorda la nostra spedizione? Speriamo che stavolta non incontriamo dei nativi incazzati." Dorothy fece spallucce accanto al cupo amico, catturando l'attenzione di Peter.

"Oppure qualche membro dei Vulture." scherzò lo spadaccino, secco.

Dorothy rise. "Esatto, che avventura fu quella! Ma stavolta siamo ancora più forti di allora."

Ed era vero. Persino il loro aspetto, come quello di Peter e Alex, era più maturo, ricolmo di confidenza scaturita dalle esperienze affrontate negli anni. Denotava una consapevolezza che conferiva a tutti e quattro un'energia quasi divina. Una suggestiva sicurezza che veniva infusa in chi li ammirava.

E in quel momento, mentre scherzavano e ridevano insieme con spensieratezza nonostante la situazione tutt'altro che serena o semplice, Saito osservava le loro schiene erette, qualche metro più indietro.

La veste nera e aderente di Somber, il giaccone bianco e lungo fin quasi alle ginocchia di Dorothy, le maglie sportive che mostravano i fisici tonici di Peter e Alex. Anche quegli abiti iconici sembravano mettere in risalto il valore dei quattro.

I nuovi allievi di Fujiwara Taiyo.

Gli occhi di giada di Saito si assottigliarono in una smorfia di velata nostalgia a quell'eterea visione. Per un attimo, gli sembrò quasi di rivedere, sovrapposte a quelle dei ragazzi, le figure dei suoi vecchi compagni.

Takeshi, Karasu, Antonio.

E lui. L'unico rimasto.

Portatore di un'eredità che adesso era passata ai giovani guerrieri di fronte a sé. Sapeva che prima o poi sarebbe successo, ma non poteva fare a meno di essere scosso dalla malinconia, tormentato da lancinanti fitte interiori.

"È tutto nelle vostre mani, ragazzi. Ora tocca a voi." pensò, chiudendo gli occhi per imprimere per l'ultima volta nella memoria l'immagine dei suoi amici ormai perduti. "Salvate il maestro."

Dorothy e Alex avanzavano nel fitto della foresta che percorreva gran parte dell'isola su cui erano sbarcati da appena un giorno, e che già cominciava a suggestionarli con gli ambienti particolari nei quali i due si stavano imbattendo durante la traversata.

Amber aveva stabilito i gruppi di esplorazione e le mansioni di ognuno la sera precedente, in una riunione tenuta da tutti i partecipanti alla spedizione nell'accampamento sulla spiaggia, prima di andare a dormire nelle tende e nei sacchi a pelo che costellavano la zona. Era stato così stabilito che all'inizio tre gruppi da due persone si sarebbero recati in direzioni diverse per cercare indizi su dove si potesse trovare Fujiwara Taiyo.

Peter e Somber si erano incamminati verso nord, in direzione della misteriosa e svettante montagna che spuntava tra gli innumerevoli alberi.

Karen e Saito erano stati inviati a oriente, dove la vegetazione pareva divenire un po' più rada, e infine proprio Dorothy e Alex si erano diretti verso ovest, nella parte più fitta della natura, dove si nascondevano i più astuti esemplari della fauna del posto e le piante assumevano le peculiarità più uniche.

Il resto dei presenti avrebbe supervisionato l'accampamento, per poi alternarsi con gli esploratori.

Attualmente, dunque, i due compagni nella zona occidentale osservavano ammirati le altissime chiome di esotici alberi che non avevano mai visto prima, alcune dalle tonalità che sfumavano addirittura nell'azzurrino, simbolo che all'interno delle loro foglie, delle radici, dei tronchi, scorresse una considerevole quantità di Kaika puro.

"Questo posto è incredibile... sembra quasi avere un'atmosfera da fiaba." commentò Alex, mentre i passi felpati suoi e di Dorothy ammantavano i loro respiri sovrapposti.

Era estasiato da quel paesaggio nuovo e dal raro fascino in cui stava passeggiando, come testimoniava il luccichio nei suoi grandi occhi azzurri.

Dorothy sospirò, a metà tra il divertito e l'esasperato per la sua sensibilità.

"È vero, è un luogo bellissimo." Anche lei ne era ammaliata, ma ciò era smorzato dal senso del dovere e l'ansia che le opprimevano il petto. "Però ricorda che abbiamo uno scopo preciso, non siamo qui per una passeggiata di piacere." lo ammonì, sollevando un dito. "Il maestro Fujiwara conta su di noi."

"Guarda che lo so! Sono concentrato. Stavo solo constatando la bellezza del momento. Penso sia importante poterlo fare, soprattutto in situazioni dure come la nostra." Il suo sguardo captò il nervosismo che aleggiava sulla ragazza al suo fianco, che teneva il capo inclinato in avanti e scrollava le spalle a intervalli brevi. Era a dir poco inquieta, e riusciva a capire perché.

Dorothy era sempre stata tipo da sentirsi schiacciata dalle responsabilità, dal non sentirsi all'altezza di fare ciò che a detta sua ci si aspettava da lei, soprattutto se aveva a che fare con la protezione dei suoi legami o la salvaguardia del loro benessere. Nell'ultimo periodo non aveva fatto altro che dubitare di sé e chiedersi se sarebbe stata abbastanza per riuscire a salvare una persona che amava, e che le aveva dato tanto.

Se non fosse riuscita a ricambiarlo con il suo aiuto si sarebbe sentita una nullità, e avrebbe avvertito un vuoto nel petto, colmato in seguito da una schiacciante disperazione.

Era una ragazza drastica e insicura, nonostante le apparenze. Questo ormai Alex l'aveva intuito.

Eppure, a causa di quella sua mancanza d'autostima, spesso Dorothy si dimenticava della sua forza e dei suoi valori, che erano quelli per cui il giovane al suo fianco si era innamorato di lei, e per i quali la ammirava tantissimo.

Per questo, decise di provare a rassicurarla ricorrendo alla sua empatia.

"Cerchiamo di fare del nostro meglio, Dorothy. Anch'io avverto un enorme peso schiacciarmi da dentro, una paura che grava sulle mie spalle e mi priva delle energie. Ma ricorda che ci siamo tutti e tre a sostenerti: io, Peter e Somber. Non devi affrontare tutto questo da sola. Nessuno di noi deve." Le sorrise, con la genuinità che solo lui sapeva sfoderare e che la fece arrossire violentemente. Aveva un modo tutto suo di toccarle le corde del cuore con poche parole o gesti.

Dorothy ricambiò il suo sorriso e alzò un pollice con aria sicura.

"Hai ragione, Al. Dobbiamo essere forti." affermò. "Spero solo di riuscire a ritrovare presto il maestro, quest'isola è immensa e non avverto il suo Kaika... ma allo stesso modo ne percepisco una quantità enorme in tutto ciò che ci circonda."

"Provo anch'io la stessa sensazione... È come se tutto il paesaggio fosse straripante di Kaika. Pare che su questo continente ce ne sia molto più del normale accumulato dappertutto, e mi chiedo perché." rifletté ad alta voce Alex. "Forse c'è una fonte pura di Kaika da qualche parte che influenza l'ambiente tramite una continua emanazione, o magari gli elementi stessi dell'ecosistema hanno natura diversa da quella che conosciamo noi... In questo caso sarebbe interessante analizzarla e-"

"Frena, frena, professore, stai divagando!" lo interruppe, divertita, Dorothy. "Ho solo fatto notare una cosa, non è il momento di mettersi a scrivere un trattato di alchimia!" Rise.

Le piaceva quando Alex si lasciava andare a quelle rimuginazioni ad alta voce, lo trovava allo stesso tempo tenero nella sua curiosità e affascinante nella sua capacità di esporre.

"Sai, ora che ci penso, saresti un buon insegnante, tu. Quando ci saremo lasciati alle spalle tutto questo magari potrai diventare tu stesso come il maestro Fujiwara!" sghignazzò con aria sarcastica.

Rivedere quella positività in lei accese di nuovo una speranza in Alex per la loro missione, così come per il loro futuro. Era bello poter sognare una vita insieme a lei e gli altri, tranquilla e felice nella quotidianità. Immaginarla gli donava forza e convinzione per avanzare in quel momento pieno di difficoltà e incognite.

"Ma smettila..." farfugliò. "Certo, non sarebbe mica male come lavoro, credo che potrebbe piacermi. Non per forza come insegnante di Kaika, ma anche in una scuola. E poi, se vorrai, potremmo... vivere in una casa nella natura insieme, o cose del genere."

Dorothy sgranò gli occhi, stordita dal realismo che d'un tratto quello scenario idilliaco, quel semplice e innocente sogno, aveva iniziato ad acquisire nella sua testa. Riusciva a vederlo, era capace di immaginarlo con nitidezza.

Il suo futuro felice forse esisteva.

Anche se non osava ancora crederci fino in fondo. Dopotutto, troppo spesso lei era stata vittima della disillusione.

"Sarebbe... veramente bello, già." Si concesse di concordare, per poi allungare le dita morbide verso quelle lisce e affusolate di Alex.

Per stringerle, e legarsi a una realtà che non voleva abbandonare, per quanto sembrasse un sogno.

E così era anche per lui.

In fin dei conti, rifletté il ragazzo, negli ultimi tempi era riuscito a raggiungere quella fiducia in sé stesso che gli era sempre mancata, a cui in passato aveva sopperito tramite la figura forte e luminosa di Peter. Grazie a tutti i suoi legami e risultati ottenuti negli anni da quando aveva lasciato l'orfanotrofio, casa sua, sentiva di possedere finalmente una confidenza autentica, che gli apparteneva.

Aveva anche smesso di mostrare quel suo lato oscuro e violento che più volte l'aveva aiutato nei momenti di pericolo. Forse anche quel suo problema era sparito grazie ai suoi amici e alla forza che aveva ottenuto.

"Ehi, Al. Hai sentito...?"

All'improvviso, un Kaika familiare alle loro spalle destò l'attenzione di entrambi.

Alex si voltò di scatto, riconoscendo all'istante quell'aura cospicua e potente quanto sinistra e lugubre.

La presenza di un killer.

Vide la sua sagoma, inconfondibile, avvicinarsi tra gli alberi attornianti, quel ghigno odioso e sottile si fece strada sul suo viso allungato.

"Così ti sei mostrato. Temevo che avessi in mente qualcosa di losco, anche in un momento come questo." disse Alex, duro.

"Quante parole baldanzose. Non c'è dubbio: sei proprio cresciuto. Ora sei pronto."

Nonostante fossero passati tutti quegli anni, la presenza omicida di Connor Gray era ancora terrificante agli occhi del ragazzo.

"Chiudiamo il nostro conticino in sospeso, Alex?"

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