Capitolo 127

Peter osservò con attenzione il ragazzo che accompagnava Dorothy nel giardino di casa sua. Quello con cui aveva condiviso anni di allenamenti, miglioramenti, avventure ed esperienze varie. Quello che aveva sempre considerato come suo rivale, soprattutto quando erano ancora ragazzini, e con il quale innumerevoli volte si era punzecchiato a causa dei loro caratteri entrambi forti, ma divergenti.

Si avvicinò di qualche passo, mentre Somber inarcava le sopracciglia nella solita espressione torva che solo con lui si acuiva in quella maniera così netta. Le suole delle scarpe sradicavano steli d'erba a ogni vibrante passo.

Dorothy fissava entrambi con aria interrogativa ed eccitata al contempo.

Giunto a un palmo di muso dal ragazzo dai capelli neri sfumati di verde, Peter si scambiò con lui un lungo sguardo carico di tensione, come se un cavo elettrico stesse collegando i loro occhi.

Poi, d'un tratto, l'atmosfera attorno ai due fu smossa da un innalzamento d'aria improvviso e rapido quanto una saetta caduta dal cielo.

Le nocche chiuse e indurite di Peter erano premute contro il palmo della mano di Somber, a pochi centimetri dal suo volto. Sia il diretto che la parata erano stati gesti velocissimi, tanto che Dorothy, non aspettandoselo, era a stento riuscita a seguirli, e adesso osservava con stupore la scena.

Dopo qualche altro secondo in cui i due continuarono a fissarsi l'un l'altro con i visi a pochi centimetri, Peter accennò un mezzo sorriso, che Somber ricambiò appena.

"Per fortuna non ti sei rammollito nell'Esercito Guerrigliero, mezzo spadaccino." provocò, sogghignante, il primo.

"Stavo pensando lo stesso di te, testa dura." disse Somber, inclinando di poco il capo all'indietro.

"È bello rivederti. Spero tu abbia finalmente smesso di cercare non so nemmeno cosa." Peter la chiuse con una scrollata di spalle, prima di voltarsi e invitare con la gestualità del corpo i due compagni a seguirlo in un luogo più confortevole per parlare.

"Cielo." mugugnò Dorothy, bonaria. "Quei due sono sempre gli stessi quando sono insieme."

I tre compagni si avviarono insieme ai margini del giardino di Peter, imboccando un breve sentiero sterrato nel cuore della vegetazione attorniante, finché non giunsero, dopo una cinquantina di metri, presso uno stagno quieto al centro di una radura solitaria.

Intorno, le fronde degli alberi erano penetrate da pallidi spicchi di sole che tingeva a chiazze i capelli dei ragazzi. Il canto saltuario di svariate specie di volatili incorniciava la loro rimpatriata con una gaia melodia, e il vento sospingeva con sé un profumo di foglie e terra piuttosto acre.

L'atmosfera era distesa e vellutata come i cuori degli amici che si guardavano negli occhi con una nota d'allegria.

"Quindi, hai deciso di ritornare con noi o cosa?" chiese Peter senza mezzi termini, rivolto a Somber.

"Di certo non per combattere. Io non parteciperò alla battaglia di New Spring, né ad altri conflitti. L'unica cosa che mi preoccupa al momento è Kojiro, lui è troppo pericoloso e la sua ambizione non conosce limiti. Una persona del suo tipo non può salire al potere, non porterebbe a nulla di buono." spiegò lo spadaccino.

"Capisco, ma tu gli sei stato vicino, giusto? Saprai qualcosa sul suo conto. Un punto debole, o roba del genere." insistette Peter.

Somber parve rifletterci. Ogni volta che lo aveva guardato o studiato non era riuscito a leggere altro che pericolo, misto a un forte disagio che non riusciva a spiegarsi da dove provenisse. Era una sorta di pressione schiacciante, qualcosa che Kojiro trasmetteva agli altri ma al contempo sembrava provare lui stesso. Era tutto ciò che il ragazzo era riuscito a decifrare dell'enigma che costituiva il leader dei ribelli.

"Al livello combattivo, la cosa certa è che quella sua tecnica di distorsione spaziale non è Kaika, bensì Energia Oscura. Inoltre, pare debba passare un breve intervallo tra un utilizzo e un altro, forse perché consuma tante forze. Ma tu lo saprai meglio di me, conoscendo a tua volta l'Energia Oscura." Decise di concentrarsi su ciò che sapeva al livello pratico su di lui.

"È giusto, e io stesso ho appreso quella tecnica, ma posso disporre solo di utilizzi limitati. Pensare che lui ne possa eseguire di infiniti semplicemente a intervalli regolari... rende difficile anche per me pensare di batterlo." ammise Peter.

"Ma non conosciamo il suo Kaika, giusto? Almeno, Somber non l'ha mai potuto notare. E se non possedesse una specialità, magari per colpa di un'inibizione innata?" ipotizzò Dorothy. "In quel caso si spiegherebbe perché sia così potente solo nell'Energia Oscura. Si sarebbe allenato solo a migliorare quella per tutta la vita."

"È una buona teoria, ma non possiamo esserne certi, non ci metterei la mano sul fuoco." replicò Somber.

Peter si grattò la nuca con aria indolente. "Che ne dite, coinvolgiamo Alex nella conversazione? Lui di certo ipotizzerebbe qualcosa di sensato. Posso condurlo qui con un portale, così completiamo anche il quartetto dopo tanto tempo." propose, allegro.

Il viso di Dorothy si illuminò di colpo. "Sì! Sarebbe stupendo riunirci tutti!"

"Nulla in contrario. Mi è mancato un po', quel tipetto." si limitò ad assentire Somber con una scrollata di spalle.

Peter si sgranchì le braccia e le spalle. "Bene, allora, non dovrebbe essere troppo distante da New Spring adesso, si stava recando proprio lì per la prossima battaglia..." Si concentrò dunque a fondo e, dopo un ronzio sommesso, sommato a una distorsione spaziale, all'improvviso sparì.

Era proprio come faceva Kojiro, notò Somber. Si scambiò un'occhiata tra l'allibito e il paziente con Dorothy, che ricambiò con un sorrisetto accennato.

"Sa il fatto suo, Pete." ridacchiò la ragazza.

"Mah..." sbuffò l'altro.

Pochi secondi dopo, una seconda distorsione nell'ambiente circostante preannunciò il ritorno di Peter, che con sgomento degli altri due teneva per il colletto un indignato Alex, intento a protestare.

"Ma insomma, Pete, ti sembra il caso di irrompere nella mia stanza così all'improvviso e portarmi via senza dire nulla? E se stessi facendo qualcosa di importante?" continuava a lamentarsi.

"Tranquillo, non dirò a nessuno che stavi abbracciando quel cuscino sussurrando: mi manca Dorothy."

"Non è vero! Te lo stai inventando, specie di degenerato!" urlò Alex, a dir poco allarmato. Poi, i suoi occhi azzurri ruotarono apprensivi proprio in direzione di una divertita Dorothy, accanto alla quale il biondo fu stupito di vedere il volto di Somber fissarlo con un'espressione tra l'accigliato e l'attonito.

"T-tu...?" Riuscì a dirgli.

"Ciao, Alex. È bello rivederti." salutò Somber, in tono sarcastico.

Dopo che i tre ebbero spiegato la situazione riguardo Somber ad Alex, oltre alla faccenda di Kojiro, l'alteratore dell'acqua passò qualche secondo a riflettere con aria assorta, preso in controtempo da quella pioggia di informazioni. Un attimo prima se ne stava comodo nel suo alloggio all'accampamento di New Spring, e subito dopo era lì, accanto ai suoi amici al completo per la prima volta dopo almeno tre anni.

La cosa l'aveva alquanto spiazzato, ma allo stesso modo si sentiva felice, colto da un dolce sollievo alla vista del quartetto che considerava una famiglia tutto riunito. Entro pochi giorni ci sarebbe stata una battaglia violentissima in cui avrebbe rischiato la vita, e quell'evento insperato era riuscito ad alzargli il morale in maniera vertiginosa.

"Da ciò che mi avete descritto, e ripensando a quanto ho visto a Greywatch, sembrerebbe che Kojiro possieda una capacità quasi impossibile da contrastare, ma io credo ci sia almeno un punto debole da tenere in considerazione." iniziò ad analizzare. La sua parlantina diventava rapida e chiara come quella di uno speaker radiofonico solo in occasioni come quella.

"Vale a dire?" chiese Somber.

"Dopo un utilizzo devono passare alcuni secondi, giusto? Quindi spreca diversa energia che lo porta inesorabilmente a usare con meno efficacia le sue abilità, compreso il Kaika. Con ogni probabilità, Kojiro fa troppo affidamento su quel suo potere, perché crede sia incontrastabile e che lo porti a vincere ogni battaglia in poco tempo. Ma non sopporterebbe di certo uno scontro prolungato, in cui continuerebbe a perdere energie su energie." proseguì Alex, il dito sollevato con fare esplicativo e gli occhi che parevano brillare di luce propria per com'erano intensi durante il suo monologo.

"Quindi, ciò che stai dicendo è che se trovassimo un modo per costringerlo a tirare uno scontro per le lunghe, finirebbe in una situazione di svantaggio?" evinse Dorothy.

"Esatto." confermò Alex. "Almeno, questa è la mia ipotesi.

"Grandioso, Al. Sapevo che ci saresti stato utile!" Peter gli assestò delle amichevoli pacche dietro la schiena, mentre il compagno ridacchiava con imbarazzo.

"Ma no, ma no... Ci avevo già riflettuto da solo a lungo." farfugliò quest'ultimo.

"Non fai altro che pensare, in effetti, a qualcosa almeno serve." lo schernì con affetto Somber. "Dobbiamo solo capire come andrebbe affrontato. Peter potrebbe tenerlo occupato tramite l'Energia Oscura dimensionale, o Dorothy con la sua tecnica Lightgod che le permette di raggiungere la velocità della luce. E al momento giusto, potrei colpirlo con Egress, così da cancellarlo per sempre."

"Hai deciso di partecipare alla battaglia, dunque? Anche... anche se ci sarà Soyo?" Dorothy guardò Somber con aria grave e un po' preoccupata.

Somber sospirò, amaro. "Ci devo pensare qualche ora. Kojiro va fermato, ma le ho promesso di non affrontare lei né gli altri sul campo di battaglia. Inoltre, non so se mi sarà consentito partecipare, dato che ero dall'altra parte fino a poco fa."

"Conservi ancora la tua licenza Guardian, no? Potremmo testimoniare a tuo favore, spiegando che eri un infiltrato sotto copertura." propose Alex. "Se chiedessimo al maestro Fujiwara di sottoscrivere, non ci saranno problemi."

"Bell'idea! Può funzionare!" esclamò Dorothy, euforica.

"Lasciamolo decidere in pace, comunque. È una scelta che spetta solo a lui." concluse Peter, fissando Somber negli occhi con aria condiscendente. Capiva bene la sua titubanza a schierarsi senza remore da una parte o dall'altra, lui stesso aveva abbandonato i Guardians dopo essere venuto a conoscenza di molte atrocità da loro compiute a persone che amava, come Misty, i suoi genitori, gli stessi Takeshi e Karasu. E i ribelli non erano certo stati da meno.

Dopo aver raggiunto il suo obiettivo, ovvero scoprire chi fossero i suoi genitori, grazie anche alle informazioni che aveva scoperto da Guardian, non aveva più trovato un senso nel restare tale, nel conservare la sua tessera e vincolarsi a essa. Se avesse deciso di scendere in campo, sarebbe stato solo per proteggere chi amava da un grande pericolo, nient'altro.

E in cuor suo, sperava che Somber la pensasse allo stesso modo, sebbene sembrava che per lui fosse più complicato.

"Decidi con calma, Somber, tranquillo." gli sorrise Dorothy, non volendo mettergli fretta o commettere lo stesso errore che avevo ripetuto in passato, cioè pensare che loro due fossero destinati a stare sempre accanto in qualsiasi contesto. "Comunque, non posso credere che ci siamo di nuovo tutti e quattro!" squittì poi allegramente, gettando le braccia attorno alle spalle di Peter e Alex con un gran sorriso a ornarle il volto roseo.

"Già, non l'avrei mai sperato. È un gran sollievo." rise a sua volta Peter.

Somber, intanto, mosse qualche timido passo nella loro direzione. Quell'immagine, quel calore contagioso, gli erano mancati così tanto, eppure li ricordava ancora come se fossero impressi nella sua anima stessa, mentre li riviveva.

Tra un battito di ciglia e un altro, gli sembrò quasi di rivedersi insieme a tutti loro, più piccoli e spensierati, stretti in un abbraccio collettivo nel verde del dojo del maestro Fujiwara, durante i primissimi allenamenti. O all'esterno della South Arena, per quel torneo che avevano disputato.

Sembrava passata una vita.

Uno sfarfallio rovente alimentò un incendio dentro il suo petto, e prima che se ne potesse rendere conto era parte della stretta dei suoi amici, sommerso dai loro leggeri respiri sovrapposti.

Peter, Alex, Dorothy e Somber non trovarono parole da pronunciare in quel momento. Continuarono solo a stringersi l'un l'altro, accompagnati da alcuni singhiozzi strozzati provenienti da qualcuno tra i quattro e dalla frescura del vento che ravvivava loro lo spirito.

Più che mai, furono certi di una cosa, tra i mille dubbi che li assalivano: il legame che condividevano non si sarebbe mai logorato e avrebbe resistito a qualunque intemperie.

Persino al tempo.

Quando la sera sopraggiunse, i quattro compagni decisero di trascorrere del tempo rilassandosi insieme a Karen e Lily per distendere i nervi e rivivere momenti piacevoli, dopo tanto tempo. Organizzarono un piccolo falò acceso da Karen in giardino bruciando dei rami secchi ammassati sul prato, e si sedettero l'uno accanto all'altro.

Somber, che era l'unico accomodato sulle ginocchia come fosse all'interno di un dojo, creò delle bottiglie di birra da bere in compagnia senza ovviamente immettervi gli attributi dell'oscurità, pur lamentandosi che quello non era il modo adeguato di utilizzare il Creation Kaika. Alla fine, però, parve anch'egli venir trascinato dall'atmosfera distesa che si venne a formare tra gli amici.

Il riverbero delle fiamme sui volti illuminati dei ragazzi riscaldava la loro pelle, al pari dell'animo.

"Ehi, ragasci, che ne dite sce giochiamo al gioco della bottiglia?!" propose dopo un po' Dorothy, seduta accanto a Peter, il ginocchio sinistro rivolto verso l'alto col gomito poggiato sopra, e la quinta birra già vuota che penzolava dalla sua mano. "Chi viene puntato, dà un bascio a qualcuno! Eheh!"

"Dorothy è già andata..." mormorò Alex dal lato opposto, frastornato.

"Però mi piacerebbe, sarebbe divertente!" fece Peter, estasiato, un sorriso caloroso sul volto.

"Sì, dai! Giro io!" esclamò Lily, che da brilla era esattamente uguale a com'era da sobria. Quella sera, nonostante il dolore che ancora provava per la perdita di Marcus, aveva deciso di provare a svagarsi e l'espressione gioiosa che aleggiava su di lei sembrava quasi autentica al cento per cento.

Girò quindi con un gesto secco del polso la bottiglia sul prato, la cui traiettoria rotante fu accompagnata per tutto il tempo da un coro prolungato di Dorothy a cui ben presto si aggiunse Peter.

Dopo momenti di pura trepidazione, la punta della bottiglia si fermò rivolta proprio verso un'inorridita Karen, già da alcuni secondi in tacita preghiera per non essere la prescelta.

"Ecco, tocca a Karen! Forza, basciati con Lily!" urlò al cielo Dorothy.

"Cosa?!" sbraitò, tremante, la rossa. "I-io non posso... Che devo fare?" Fissò Peter con sguardo perso, ma quest'ultimo si limitò a ricambiare con un'espressione vacua e un sorrisetto perenne ad allargargli le guance.

"E va bene, che sarà mai un bacetto veloce!" Lily si era già sporta verso Karen, tra le varie incitazioni di Dorothy.

"Ragazzi, sicuri che Karen se la senta?" chiese Somber, grattandosi il capo. Si voltò a guardare Alex aspettandosi di trovare nella sua razionalità innata un appoggio, ma rimase sorpreso nel trovarlo in attesa del bacio. "Non ci credo..." mormorò.

Lily nel frattempo si era ormai approcciata a Karen e i loro volti erano vicinissimi. La ragazza di fuoco avvertiva il morbido fiato della ragazza d'acqua dal crine marino sopra di lei, le sue mani poggiate sulle spalle.

"Rilassati, faccio presto." la acquietò questa.

Karen chiuse gli occhi.

Il contatto tra le loro labbra durò dapprima un attimo, poi, presa dal momento, afferrò la nuca di Lily, aumentando i secondi in cui restarono appiccicate l'una all'altra. L'odore della guerriera d'acqua era più gradevole di quanto pensasse. Infine, fu quest'ultima a staccarsi dalla morsa, esibendo un sorriso un po' spaesato a Karen.

"S-scusa, mi sono lasciata andare." ridacchiò la rossa.

"Tranquilla, tranquilla..." replicò Lily, ridendo a sua volta, i tratti dolci del viso ovale illuminati dalle fiamme.

"Wow..." sussurrò Dorothy. "Peter, Alex, fatelo anche voi!" urlò.

"Che? Ma non abbiamo nemmeno girato la bottiglia!" protestò Alex.

"Fatelo!"

Alla fine, Peter e Alex lo fecero. Purtroppo per Dorothy, durò appena un istante, poiché per poco il biondo non finì per rovesciare la birra sul fuoco per l'imbarazzo.

Somber fece ricorso a tutta la sua forza interiore temprata in anni e anni di allenamento per non scoppiare a ridere come un matto.

La serata proseguì in questo modo nell'atmosfera distaccata e allegra che si era venuta a creare, tra risate e altre scene divertenti tra i compagni seduti sotto le stelle pallide nell'infinità del firmamento, oscuro sopra le loro teste.

La consapevolezza che momenti come quelli erano ormai una rarità in quel periodo turbolento li rese ancora più dolci per gli amici che li vivevano assieme, traendo sollievo dal calore del fuoco, sommato a quello che si trasmettevano a vicenda.

A notte fonda, mentre il mondo dormiva irretito da una calma avvolgente, una figura solitaria era sveglia a osservare il cielo tra i colori dell'ambiente rurale contaminati del nero dell'oscurità, che ne soffocava le cromature. Disteso sul prato con le mani dietro la nuca e le palpebre socchiuse, Somber si sentiva irrequieto e non era in grado di prendere sonno.

Avevano deciso tutti di dormire all'esterno guardando le stelle, così Peter aveva preso dei vecchi sacchi a pelo che erano stipati in uno sgabuzzino nella piccola capanna in cui viveva.

Di tanto in tanto, Somber guardava le ombre mezze celate dal buio di Dorothy e Alex addormentati l'uno accanto all'altra, il braccio di lui che cingeva la pancia scoperta e rivolta all'insù della ragazza, crollata per la stanchezza e le sei birre che si era scolata.

Prima della serata festosa li aveva visti appartarsi e parlottare in modo fitto tra loro per un bel po', come se stessero chiarendo qualcosa. Aveva intuito che nel periodo in cui era stato assente forse tra i due c'era stato qualche contrasto. Ma era contento che ora stessero bene.

Lo sguardo del ragazzo però indugiava particolarmente su Lily, accanto a lui, e al suo volto sereno e assopito che faceva capolino dall'apertura nel sacco a pelo. In quel momento gli sembrava la persona più beata sul pianeta, nonostante Somber intuiva quale dolore dovesse continuare a nascondere dentro di sé. E in parte si sentiva responsabile per quello.

Non era stato lui a uccidere Marcus, ma aveva combattuto dalla parte di chi l'aveva fatto. Si chiedeva se Lily non provasse astio inconscio nei suoi confronti, se parte della colpa per quella perdita la affibbiasse a lui. In tal caso, avrebbe voluto rimediare, in qualsiasi modo, ma non sapeva come.

Offrirsi di aiutarla nell'impresa di investigazione privata di cui adesso era unica socia gli sembrava fuori luogo. Magari, avrebbe potuto cercare di proteggere lei e suo figlio al meglio delle sue possibilità. Ci avrebbe potuto provare.

D'altronde, ora che aveva compreso la natura di entrambe le fazioni che lo avevano sia accolto che danneggiato nella vita, Somber non aveva più un vero scopo. Non riusciva a pensare ad altro che non fosse voler difendere chi gli restava al mondo, anche donando sé stesso. Forse era quella la sua natura. Era un protettore dei suoi cari.

Guardò Peter, pochi centimetri distante da Karen, di fronte a lui.

Per lui era stato semplice rinnegare i Guardians e sparire come se nulla fosse, dopo aver scoperto la verità sui suoi genitori. Adesso che anche Somber era giunto allo stesso punto, ora che aveva sbrogliato i dubbi dentro di sé, cosa avrebbe dovuto fare? Partecipare alla battaglia di Haru, a una settimana da quel giorno? Rischiare di ferire Soyo, Emily e Takao per fermare Kojiro? Il suo aiuto sarebbe stato determinante per fronteggiare i ribelli, conoscendoli meglio di chiunque altro.

Senza accorgersene, le palpebre iniziarono a diventargli pesanti, finché non le chiuse per gradi.

"Cielo, Somber, ci risiamo. È proprio tuo destino essere pervaso dal dubbio, eh?"

D'un tratto, il giovane spadaccino udì una voce che conosceva benissimo, inconfondibile alle sue orecchie. Si voltò di scatto, e la vide, chiara come il bagliore della luna che troneggiava tra le stelle in cielo.

Mingtian.

Gli sorrideva col suo solito ghigno furbo, colmo di malizia.

"Tu... Sto dormendo, per caso? Questo è un sogno?" chiese Somber.

"Non lo so, Somber. Tu che mi dici?" controbatté lei, avvicinandosi ancora di più nel suo sacco a pelo, facendogli udire il suo fiato lungo le guance e sulle labbra. "È un sogno, o sono reale?" sussurrò.

Somber capì che doveva effettivamente trovarsi in un sogno, una concretizzazione dei suoi pensieri. Mingtian non esisteva più, e i suoi resti Kaika erano lontani da lì perché potesse entrarvi in contatto. Essi si trovavano ancora nel bel mezzo dell'oceano, sulla rotta per il Continente orientale.

Non poteva che essere nel mondo dei sogni. Ma stavolta sarebbe stato chiaro, senza dubbi o parole non dette.

"Mingtian, cosa devo fare?" domandò, senza mezzi termini.

Se lei rappresentava nel suo inconscio in qualche modo la risoluzione ai suoi dubbi interiori, allora avrebbe potuto trovare una risposta interrogandola. Interrogando dunque sé stesso. Il suo lato risolutivo.

La ragazza sogghignò, fissandolo con i suoi volpini occhi blu. "Finalmente hai imparato a esternare ciò che hai dentro, sono fiera di te... ma il tuo posto non è il campo di battaglia, Somber, lo sai. Non vuoi schierarti. C'è qualcos'altro che ti preme, vero? Qualcosa di più... personale. Il tuo vero scopo." Mingtian sfiorò le ciocche verdi tra quelle nere del ragazzo. "Ricordi, vero, chi fu a svegliarti quando eri perduto, bloccato nel tuo torpore? Lo sai, lo hai visto. Hai solo negato, ma ciò che ti ammorbava da dentro è passato da te a lui."

Le labbra morbide di Mingtian ora erano a un millimetro dalle sue. Le sfioravano, mentre si inarcavano in un ultimo bisbiglio.

Somber udì appena l'unica parola pronunciata dalla ragazza defunta che un tempo era entrata in simbiosi con lui.

"Cercalo."

Si svegliò di soprassalto, ritrovandosi sullo stesso campo erboso di prima, ma stavolta nella realtà. Guardò accanto a lui, ma non c'era nessuno, a parte i suoi compagni. Era davvero stato un sogno. Sebbene le immagini che gli aveva instillato fossero fin troppo reali.

Soprattutto quella evocata dalle parole di Mingtian, riferite al periodo in cui Somber si era ritrovato in stato vegetativo, dopo la spedizione nel Continente orientale.

Adesso nella sua testa l'immagine dell'uomo che quella notte lontana era entrato nella sua camera d'ospedale e l'aveva liberato era diventata nitida. Ora sapeva chi fosse colui che aveva richiamato a sé ciò che aveva bloccato la sua mente. Quella maledizione che in passato aveva portato sventure anche a Mingtian, conducendola alla morte.

Sapeva cosa doveva fare.

Trovare le risposte a quell'enigma, al colorito verde che i suoi capelli avevano assunto. Le soluzioni che solo la persona a cui apparteneva quel viso caldo, dalla chioma e gli occhi di miele, possedeva.

Ed era il volto di colui che l'aveva salvato. Il suo maestro: Fujiwara Taiyo.

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