Capitolo 123

In volo, sopra lo svettante palazzo piramidale, il sovrano che lo governava procedeva spedito verso la fonte d'energia enorme che avvertiva. Era soppressa e per questo si percepiva vagamente, ma nonostante questo c'era, e risultava spaventosa per quanto potenziale celasse. Yùn aveva intuito subito che doveva appartenere al leader del gruppo d'assalto nemico, o almeno al suo membro più temibile.

Adesso avanzava fendendo l'aria a velocità supersonica, circondato da un'eterea aura azzurra, come fosse una cometa nella sua orbita spaziale appena visibile dal basso.

Aveva lasciato la Huô bambina da sola nel letto in cui si era assopita, ma la camera era sigillata e il palazzo sorvegliato da diverse guardie. Ce ne sarebbe voluta di strada da fare prima di giungere a lei, anche ammesso che qualcuno fosse riuscito a introdursi all'interno della struttura.

"Devo raggiungere quel Kaika imperioso che ho avvertito, penso che trattando con la persona a cui appartiene potrò fermare questo assalto e iniziare il mio nuovo progetto. Una volta concluso qui, mi impegnerò per porre fine a qualsiasi guerra e lo farò usando l'intimidazione con i miei poteri superiori, se necessario." Rifletteva mentre sfrecciava nei cieli come un'aquila. "Dopo anni si arriverà a un equilibrio, a un sistema di vantaggi reciproci acquisiti dalla pace tra le varie fazioni. I benefici che porterà il commercio globale sarà più importante dell'acquisizione dei territori e sono sicuro che la forza non occorrerà più, se non in rari casi." Yùn era determinato come non mai. Nella sua vita aveva visto dolore, morte e schiavitù in un ciclo infinito, il quale non faceva altro che ripetersi ancora e ancora. Doveva esistere un'alternativa.

Una soluzione che consentisse almeno di minimizzare questo processo, che attenuasse in parte la natura violenta degli uomini.

Ci sarebbe voluto molto tempo, ma lui ne possedeva ancora abbastanza da spendere. Avrebbe dato tutto sé stesso perché il suo pensiero si avverasse.

Un'esplosione improvvisa catturò la sua attenzione. Yùn si voltò, allarmato, verso il palazzo da cui proveniva il terrificante boato.

Vide il gas verde fluorescente propagarsi dai sotterranei all'ala est, pareti intere erano crollate e la zona dove risiedeva la piccola era stata in parte coinvolta: il muro che dava a nord aveva completamente ceduto.

Una bomba.

Yùn sgranò gli occhi. "Quella è la stanza di Huô! Ed è stata coinvolta anche la stanza in cima all'ala est. Quella dove teniamo la ragazza delle fiamme pericolosa." Constatò, sconvolto. "Maledizione, devo tornare indietro!"

Virò in un lampo, cambiando traiettoria aerea, e si fiondò nella direzione opposta, i denti scoperti e gli occhi accecati dalla paura.

Ater si ritrovò faccia a terra sulla superficie ruvida del colle dal quale in precedenza si era introdotto a palazzo.

Dopo aver causato l'esplosione nel sotterraneo grazie alla bomba d'uranio che Masami gli aveva affidato, aveva raggiunto l'esterno approfittando del caos, arrivando sul fianco sinistro della struttura, dove lo attendeva il portale dimensionale lasciato aperto da Fujiwara Taiyo.

Schiamazzò, tossendo un paio di volte davanti ai piedi dell'uomo. Alzò a fatica il capo e si accorse con sollievo che insieme a lui c'erano anche Sybil e due persone che non conosceva, ma che riconobbe come guerrieri originari del regno di Lyam, nel Continente meridionale.

Lo scudo composto di copie d'ombra che Ater aveva creato era riuscito a proteggerlo dall'esplosione. A differenza della guardia reale nativa in cui era incappato.

"Eh eh, sembra che me le sia cavata..." ridacchiò il giovane, grattandosi la nuca con indolenza e un po' di frivolezza.

Sybil lo guardò con livore. "Guarda un po' che tipo, dopo che ha rischiato la vita come se nulla fosse..." borbottò, allibita dalla sua leggerezza.

"Che svampito." pensò a sua volta Estrella.

Noncurante, il ragazzo si voltò verso il palazzo che si era lasciato alle spalle, e rivolse i suoi opachi abissi neri alla zona in cui aveva percepito quel Kaika che conosceva. Quello appartenente a Karen. Era debolissimo, e ciò l'aveva spinto a preoccuparsi per lei. Le palpebre gli si dischiusero in un velo di malinconia ai ricordi che riaffioravano nella sua mente. Alla sua goffaggine, alla premura che la sua amica aveva nei confronti di quel vecchio camper nel quale viaggiava. Alla bontà innata che dimostrava con ogni sua scelta.

Ater sperò solo che tutta quella storia non avesse corrotto la purezza di Karen. Almeno quella voleva che rimanesse intatta. Perché persino lui, un assassino a sangue freddo, si era sentito più pulito accanto a lei.

"Ben fatto, Ater. Il piano ha funzionato a dovere grazie a te." Lo accolse Taiyo, le sopracciglia inarcate all'insù in maniera gaia. "La bomba di Masami ha raso al suolo gran parte della zona est del palazzo, e ora Kirai potrà introdursi per liberare Karen e fuggire." informò.

Ater si rimise in piedi, aiutato da Sybil e Unai. "Ciò non toglie che rimangono ancora dei nativi." fece presente.

"Di quello non devi preoccuparti." Taiyo avanzò di una dozzina di passi, raggiungendo l'orlo del precipizio che affacciava sullo spiazzo davanti al palazzo reale. Ater notò che la sua sottile katana era sguainata lungo il fianco, sfiorando il kimono verde bottiglia che indossava. "Tu pensa a fuggire con Sybil e gli altri. Da qui in poi ci penso io. Direi che a questo punto io non possa più trattenermi, purtroppo."

Sybil e Ater contemplarono il suo sorriso stanco da sopra la spalla e non poterono evitare di sentirsi in apprensione. Ma allo stesso tempo, le lievi fiamme dorate che circondavano la lama del leggendario maestro li persuasero a non controbattere.

Si girarono per lasciare la zona: il loro compito era stato svolto. E adesso iniziava quello di Fujiwara Taiyo, solo con sé stesso sul colle, lo sguardo di fuoco impresso dritto nell'orizzonte. La calma benevola che lo aveva sempre distinto però iniziava a vacillare, come testimoniava il tremolio del polso che impugnava la spada.

La prigione all'ultimo piano dell'ala est, dov'era imprigionata Karen, si trovava in un'unica stanza circolare e priva di finestre, senza arredamento se non la cella composta di galena sul fondo.

Al suo interno, al di là delle sbarre nere e lucide, la ragazza se ne stava seduta a gambe incrociate, il capo basso e lo sguardo perso nel vuoto.

Dopo l'addio a Mary-Beth, ogni giorno aveva covato il suo odio verso coloro che gliel'avevano portata via, una rabbia latente inibita dal materiale anti-Kaika che la circondava, impedendole di rilasciare l'aura. Questo l'aveva resa solo più nervosa, giorno dopo giorno. Al dolore per la perdita si era aggiunto via via quello psicofisico, alimentato sempre di più fino a renderla instabile a livelli incontenibili.

Schiava dell'odio, Karen aveva continuato a giurare a sé stessa che se mai fosse riuscita a liberarsi o l'avessero salvata, avrebbe personalmente dato la caccia alle due guardie che avevano ucciso la sua maestra, rinchiudendo lei in quel limbo di sofferenza senza freni.

L'unico pensiero che la aiutava a resistere era l'immagine del ragazzo che nella sua mente brillava sempre, dandole sollievo. Grazie a Peter, riusciva ancora a sognare un futuro luminoso. Ma prima doveva farla pagare ai suoi carcerieri. Non sarebbe mai riuscita a perdonarli.

Una roboante esplosione, seguita da un addensamento di fumo davanti alla sua cella, la costrinse a destarsi. Si piazzò davanti alle sbarre, senza afferrarle per paura che la galena prosciugasse troppo le sue energie.

"Cos'era?" si domandò nella mente. Ruotò gli occhi da destra a sinistra. Oltre l'angolo a ovest poteva notare che la parete era crollata. Invece, davanti a lei il fumo stava acquisendo una vaga forma umana.

Karen si accorse d'un tratto di conoscerla, quella forma. Non poteva appartenere a nessun altro, a parte la persona che a lungo aveva cercato.

"Kirai?" lo chiamò.

Il fumo si condensò del tutto, e l'uomo apparve nel suo lugubre aspetto di fronte alla ragazza. "È passato un po' di tempo, eh, Karen?" disse l'ex Vulture, fissandola col suo occhio socchiuso.

Prima che lei potesse aggiungere qualcosa, già di suo troppo incredula per parlare, Kirai raccolse una chiave nera che inserì nella serratura della prigione e la fece scattare. Per via della galena, la chiave di Kaika d'ombra si dissolse subito dopo, ma era bastato appena un attimo per aprire la porta che imprigionava la ragazza di fuoco.

"Quella chiave è opera di Ater? Ma cosa sta succedendo? I Vulture non erano stati sterminati? Perché sei qui?" Karen tempestò Kirai di domande, confusa dalla situazione ma al contempo felice di rivederlo nonostante la rabbia che ancora imperversava in lei, pronta a esplodere.

"Ti spiegherò tutto, Karen, ma adesso seguimi fuori di qui. Devo portarti via, non sei al sicuro." tagliò corto con la sua voce sinistra l'altro. Iniziò poi ad accumulare energia per fuggire in volo così com'era entrato.

Karen notò che aveva distrutto la parete a destra per introdursi poco dopo che l'esplosione facesse lo stesso a quella di sinistra. Probabilmente approfittando del trambusto.

"Ce la fai a volare? Usi il Release Kaika del fuoco, no?" chiese lui.

"Aspetta! Non sai quanto ti ho cercato? Ero proprio qui a Northfield tempo fa, in cerca di informazioni su di te. Ho anche incontrato Ater, è un Vulture anche lui, no? Guarda che l'ho capito, basta nascondermi le cose! Esigo che tu sia chiaro con me una volta per tutte e mi dica cosa sta accadendo!" Gli occhi di Karen bruciavano di una determinazione, una testardaggine che Kirai non ricordava affatto come parte di lei. Doveva essere mutata molto negli anni in cui le era stato lontano. Era diventata una persona molto diversa, più forte e soprattutto più consapevole.

"Se proprio vuoi saperlo, una squadra speciale capitanata da Fujiwara Taiyo è qui per distruggere la base nativa a Northfield dopo la battaglia di Fiery Littoral." sospirò l'uomo. "Per questo sono qui a liberarti, insieme ad Ater. Alcuni hanno anche perso la vita, quindi non fare storie e seguimi." tuonò infine.

"Ma allora a maggior ragione..." sussurrò appena Karen.

"Mh?" fece Kirai.

"Allora a maggior ragione, dobbiamo partecipare e distruggere i nativi una volta per tutte! Ci hanno fatto del male, hanno ucciso anche dei tuoi compagni e devono pagare!" gridò la giovane.

Kirai aggrottò le sopracciglia, sorpreso dalla reazione furente di Karen. Non era mai stata guerrafondaia, aveva sempre odiato i conflitti. Cosa le era successo per renderla così diversa? Forse non era in sé. In quel caso, avrebbe dovuto portarla via di forza? Non voleva che, debilitata com'era, rischiasse la vita in uno scontro con quei prodigi del Kaika che erano il popolo dell'est.

Proprio mentre si preparava a prenderla in braccio e trascinarla via in volo di prepotenza, un rumore catturò la sua attenzione e quella di Karen. Proveniva dalla parete distrutta dallo scoppio provocato dalla bomba di Ater, a sinistra.

Sulla soglia del corridoio adiacente alla sala della prigione, una bambina dai capelli viola e un quaderno sotto braccio era seguita da quella che sembrava la sua versione adulta, tanto si somigliavano. Entrambe osservarono il duo al centro della stanza, stupefatte.

Nella donna, Karen riconobbe all'istante una degli assassini di Mary-Beth, a Fiery Littoral.

"Tu..." mormorò la Guardian.

Kirai la squadrò con allarmismo, osservando il Kaika infuocato che la circondava. Non era di colore rosso, come si aspettava, bensì di un azzurro intenso che emanava un calore infernale.

Huô strabuzzò le palpebre nel momento stesso in cui vide la guerriera delle fiamme libera, accanto a quel cupo uomo coi capelli grigi. Mai si sarebbe aspettata una scena del genere dopo ciò a cui era appena scampata per miracolo.

Dopo l'esplosione scaturita dall'inganno che quel ragazzo dal Kaika d'ombra le aveva rifilato, lei si era gettata sopra al rilascio poderoso di energia, che l'aveva trascinata con sé fino alla stanza all'ultimo piano, vicino a quella della cella di galena. L'aveva fatto proprio per evitare che l'uranio giungesse fino alla piccola Huô, che riposava lì, sul letto del re.

La guardia reale era riuscita a sopravvivere usando le abilità del Kaika puro che possedeva, con le quali era in grado di utilizzare tutte e quattro le specialità con cui la gente dell'ovest suddivideva il sistema di poteri. Attraverso l'Alteration Kaika, aveva smorzato di parecchio la potenza dell'energia esplosiva, manipolandola dall'alto e rendendola in parte energia pura.

La forza distruttiva era comunque rimasta immensa e l'aveva scaraventata fino alle stanze del re, sfondando il pavimento della camera e facendo sobbalzare la bambina dormiente, che si era quindi destata.

Dopodiché, senza darle il tempo di capire alcunché, le aveva afferrato il polso e l'aveva condotta con sé oltre il corridoio che portava verso la sala della cella di Karen, per uccidere quest'ultima, poiché se fosse stata liberata durante l'assalto, sarebbe stata un'arma in più dal potere abnorme per gli invasori. Infine, avrebbe provveduto a far fuggire la piccola da palazzo portandola lontano, per poi ritornare e affrontare i nemici restanti.

Ma la presenza di Karen e Kirai in mezzo alla camera aveva subito stroncato il suo piano, e ora si ritrovava allarmata e sola contro due nemici, con in aggiunta la responsabilità sulla bambina che era dietro di lei, impaurita.

"Che cosa ci fa lei fuori dalla prigione? L'ha liberata quel tipo, approfittando del caos? Non ci voleva, ora come devo fare? Tra l'altro, non sento più il Kaika di Shuî. Che sia...?" Huô pensava in fretta, cercando di valutare il da farsi. Ma la verità era che tutto stava accadendo troppo in fretta, e le appariva ormai chiaro che l'esiguo numero di uomini con cui avevano conquistato Northfield non era affatto pronto a un assalto repentino come quello. La squadra speciale che li aveva attaccati si era rivelata più capace e tignosa del previsto.

"Nativa..." Karen, nel frattempo, sgorgava fiamme azzurre da ogni fibra del suo corpo. Da ogni poro in lei veniva rilasciata una quantità esorbitante di aura.

Huô ne rimase intimorita. "Non ho mai visto nulla del genere... Dentro di sé, questa ragazza possiede una quantità di Kaika che rivaleggerebbe persino con quella del re. Solo che non ne possiede ancora il completo controllo. Posso ucciderla, se sto attenta." La guerriera decise di tentare di calmarla parlandole, per poi farla fuori non appena avrebbe abbassato la guardia.

Ma, proprio prima che potesse aprire la bocca, la bimba che era al suo fianco lasciò cadere il quadernetto in avanti, e corse per raggiungerlo con aria d'urgenza.

Le iridi della guardia reale ruotarono verso di lei, iniettate di sangue per la sorpresa. "Ferma!" urlò.

Ma Karen l'aveva anticipata. Ora teneva il polso della piccola Huô con la mano, facendola gemere di dolore. Il suo volto era un'autentica maschera di rabbia incontrollabile.

"C-cosa fai? È una bambina, lasciala andare." tentò di persuaderla con cautela la guerriera nativa.

"E perché dovrei farlo? Non ho intenzione di ferirla, solo di prenderla in custodia. A quanto ho capito è una bambina importante per te, giusto? Altrimenti non avresti tentato di fermarla urlando, né l'avresti portata con te fin qui. Volevi farla scappare dopo avermi ucciso, o roba del genere?" Il cervello di Karen lavorava così in fretta, febbrile, da farle intuire esattamente le intenzioni della nativa. La sua era una furia lucida. "Ora, immaginerai anche da sola che, perché io non la porti via con me, esigo una condizione." concluse, gli occhi dischiusi nel furore che li opacizzava.

Kirai la guardò, spiazzato dalle sue azioni. Non si sarebbe mai aspettato una mossa tanto calcolatrice proprio da una ragazza come lei. L'odio radicato portava a mutare anche le persone più pure. E lui lo sapeva bene.

"Ti prego, lasciala andare. Lei è una persona molto importante per il mio re. Risolvi la faccenda con me, senza coinvolgerla." propose, con circospezione nella voce, Huô.

"Ma sei scema allora? Le cose funzionano così: io ti do la bambina, tu mi dai qualcosa in cambio. Cosa c'è di tanto difficile da capire?" replicò con voce roca Karen.

"E quale sarebbe la condizione...?" domandò Huô.

"Semplice." La ragazza la indicò con fare perentorio. "Tu e i tuoi simili dovete sparire per sempre da Northfield." sentenziò. "A quel punto, hai la mia parola che lascerò la bambina."

Huô sussultò, imprecando dentro di sé per la situazione delicata in cui si era ritrovata. "I-io... non posso esaudire una richiesta del genere." Abbassò il capo. "Ti prego di chiedermi qualcos'altro."

Karen schioccò la lingua, sprezzante. "L'alternativa è che tu ponga fine alla tua vita, adesso. Sarebbe una mera soddisfazione personale. Preferisci forse questo?" chiese.

L'altra si morse il labbro. Non poteva aggredirla, perché lei avrebbe fatto del male alla bambina. Non sapeva se, come la piccola riusciva ad assorbire i danni di Yùn, anche quest'ultimo potesse fare lo stesso con lei. Inoltre, c'era anche l'altro guerriero che sembrava almeno pericoloso quanto la ragazza infuocata. Non sapeva cosa fare. Avrebbe dovuto rischiare e lanciarsi in un attacco improvviso? Avrebbe fatto in tempo per impedire a Karen di ferire il suo ostaggio? Sarebbe stata abbastanza potente da finirla con un colpo, per ritrovarsi sola con l'altro?

La sua mente viaggiava a una velocità così elevata per trovare la soluzione migliore, che tutti i suoi processi cognitivi sembravano accelerati oltre il limite umano, e quasi percepiva il tempo scorrere più lento del normale.

Questo fu il motivo per cui, quando una sagoma regale e imponente atterrò davanti a lei, per un attimo non si accorse che ciò fosse accaduto. O forse la ragione era la smisurata velocità con il quale l'uomo era piombato lì.

Persino Karen e Kirai se n'erano sorpresi. Come la Huô bambina, nella quale pareva essersi accesa una luce di gioia pura a quella vista.

"Cosa sta succedendo qui?" Re Yùn appariva a dir poco furioso, mentre contraeva i muscoli delle sue braccia dalla pelle bluastra.

Quell'intromissione rapida a livelli estremi aveva fatto sì che Karen si spaventasse e allentasse per un momento la presa sul suo ostaggio.

Infatti, Huô bambina per poco non le sfuggì, e lo strattone che la ragazza fu costretta a infliggerle la portò a urlare. Cosa che parve irritare molto il re dei nativi.

"Ero giunto alla conclusione di cercare una pace con voi invasori, al fine di porre termine a tutta questa violenza. Ma a quanto pare non si può ragionare affatto con voialtri." tuonò Yùn. "Eppure, sono ancora disposto ad ascoltarvi. Se lascerai andare la bimba allora giuro che non userò la violenza su di te." si rivolse a Karen, con un tono che non sembrava ammettere repliche.

Quasi d'istinto, quest'ultima ebbe l'impulso di eseguire ciò che le era stato ordinato. Ma seppe resistere e continuò a trattenere la sua prigioniera.

"Forse non hai capito che non sei in grado di stabilire condizioni." Fu Kirai a riportarla alla ragione, rinnovando la sua determinazione. "Abbiamo qualcuno a cui tenete. Se la rivolete, allora dovrete lasciare Northfield e il Continente centrale. Fino a quando non mobiliterai le tue truppe altrove, non avrai proprio niente." spiegò col suo tono profondo.

Yùn schioccò le nocche dei pugni chiusi. "E ditemi, è con voi, gente che usa bambini come merce di scambio, che dovrei trattare alla pari? Mostri come voi?" enfatizzò. "Forse farei meglio a distruggervi qui e ora, per poi cercare di parlare con chi tra voi Guardians sa ascoltare. Sempre se esiste."

"Avete ucciso Mary-Beth! Ci avete invasi sfruttando la causa dei ribelli! Non siete migliori di noi, siete mostri a vostra volta!" urlò Karen, punta nel profondo da quelle accuse, dirigendogli il dito contro, fuori di sé. Ora il fuoco rischiava di invadere tutta la sala con il suo calore infernale.

Tanto che Yùn si ritrovò ad arretrare di un passo.

La furia della giovane però fu arrestata di colpo da una seconda irruzione. Una distorsione spaziale si era formata alle sue spalle, e da un portale dimensionale di Energia Oscura era apparso lui.

Con lenti e pesanti passi, che riecheggiarono uno dopo l'altro sul pavimento marmoreo della stanza, l'uomo si bloccò infine di fronte al re, il kimono verde svolazzante tutt'attorno.

Karen strabuzzò le palpebre, così come il resto dei presenti.

"Kirai, porta Karen oltre quel varco. Dovreste sbucare dove si trova Peter, in salvo. Lasciate la bambina ed eseguite ciò che dico. Adesso ci penso io." Queste parole, scandite piano da Fujiwara Taiyo, non trovarono opposizione nei due ai quali erano rivolte. Come se l'autorità dell'uomo che le aveva pronunciate fosse troppo grande per essere ignorata.

Kirai provava qualcosa di strano osservando la sua schiena. Qualcosa che avrebbe definito con la parola timore. Senza aggiungere altro, prese la mano di Karen, che non si oppose per il suo stesso motivo, e la portò con sé oltre il varco d'Energia Oscura dietro di loro.

Prima di scomparire oltre di esso, Karen fissò il maestro Fujiwara con intensità. Era riuscito a sopprimere il suo intento bellicoso solo con le parole. Mai nella sua vita aveva assistito a qualcosa del genere. Nemmeno in presenza di Hanz Becker aveva provato tanta soggezione. Anzi, al cospetto di Taiyo la pressione che un tempo esercitava lo schiavista impallidiva.

"Andiamo, Karen. Non c'è più niente che possiamo fare qui. Gli saremmo solo di intralcio." ammise Kirai, prima di varcare il portale, che si richiuse subito dopo.

Rimasto solo con Yùn, Fujiwara lo squadrò per qualche lungo e interminabile secondo.

Il re non sembrava impaurito da lui, ma solo interessato dalla possenza che emanava.

"Se ti va bene, andiamo in un posto isolato. Lì sarà più sicuro per tutti." propose Taiyo.

"Per me non c'è problema. Ma prima lasciami valutare le condizioni della bambina." Yùn gli restituì uno sguardo truce. Aveva capito che non era saggio tentare di affrontare quell'uomo. Ma forse lui sarebbe stato disposto ad ascoltarlo. Sebbene non gli sembrava uno con una posizione importante come il vecchio che aveva affrontato in passato, sulla sua isola.

Taiyo arretrò di un passo. "Fa' tutto ciò che devi." concesse. "Poi, seguimi. E concludiamo una volta per tutte questa faccenda."

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top