Capitolo 122
Le fiamme zampillavano col loro riflesso violetto nella mezza sfera in cui Danny e Shuî si stavano fronteggiando furiosamente, in una battaglia ad alta velocità.
Il guerriero nativo era agilissimo nello schivare con balzi e verticali in volo i raggi emanati dalle pareti, guidati dai gesti della mano sinistra di Danny. Nella destra, invece, il giovane imbracciava il suo fucile, tendendo il braccio per combinare i proiettili infuocati alle emissioni della zona infernale.
Aveva creato un vero e proprio territorio basato sul dominio del suo elemento, in una tecnica molto prossima allo Stadio Finale dell'Alteration Kaika.
Shuî però non accennava a soccombere, anzi, ogni volta che evitava gli attacchi dell'avversario si avvicinava pericolosamente a lui, arrivando quasi a stringergli la trachea con le sue dita rafforzate.
"Questa tecnica è davvero irritante, ma presumo ci voglia un grande dispendio d'energia per tenerla attiva..." pensò l'uomo, evitando con una spinta d'aura verso l'alto un flusso proveniente dalla sua destra, le gambe alte vicine alle fiamme roventi che lo illuminavano dal basso. "Non devo far altro che continuare a eludere i suoi colpi e aspettare che si stanchi per infliggergli un attacco mortale."
Shuî si sospinse dunque verso il volto di Danny con un'altra poderosa spinta d'energia dal palmo rivolto all'indietro, e giunse a un passo dal fracassargli la fronte con le nocche. Ma il fucile del nemico si interpose tra lui e l'obiettivo, cozzando con un clangore acuto contro il suo pugno chiuso.
"E levati di dosso!" Danny tentò di ruotare il fucile per centrare la sua mascella con il dorso dell'arma, l'altro si lasciò cadere, per poi spingersi dritto verso una parete infiammata.
Un secondo prima che collidesse con essa, alterò attraverso il Kaika concentrato nel piede la parete, che si ghiacciò in quel punto, consentendogli di usarlo come base d'appoggio da cui si scagliò ancora su Danny, a velocità elevatissima.
Il giovane gli sparò con la speranza di trafiggerlo al volo, però il proiettile fu neutralizzato attraverso una deviazione verso l'alto provocata da un potentissimo calcio di Shuî, aumentato di massa grazie al Reinforcement Kaika.
"Questo qui è un cazzo di equilibrista..." biascicò, contrariato, il ragazzo. Prima di bloccare con la base del fucile le due lame d'aura azzurre che il nemico creò dall'interno delle sue maniche.
I due rimasero in quella posizione, i muscoli tesi a fare pressione l'uno sull'altro, Danny col fucile di fuoco e Shuî con le due lame, a mezz'altezza.
Dei zampilli da destra e sinistra in contemporanea costrinsero quest'ultimo a ritirarsi, appoggiando i piedi all'arma nemica e lanciandosi all'indietro per poi rimanere sospeso a scrutare il rivale.
"Assurdo, non sembra nemmeno stanco..." pensò Danny, fissandolo in cagnesco. "Ho tutta questa potenza e ancora non basta, eh?" Sorrise amaro, gli occhi azzurri illuminati dal tenue bagliore violetto che lo circondava.
"Non riesco a ghiacciare in modo definitivo nessun punto di questa zona, le fiamme continuano a propagarsi di continuo in un processo di rinnovamento energetico, non sono statiche. Ci vuole una riserva di Kaika enorme per ottenere un simile risultato." rifletté Shuî, ammirato dalla bravura del rivale. "È quasi un peccato ucciderlo..."
L'aria era distorta dal calore immenso che sopprimeva l'ossigeno. Lo scontro non sarebbe potuto durare ancora a lungo. E Danny lo sapeva.
"Dovrò dare tutto quello che ho, e farlo anche in fretta. Solo così posso sperare di far fuori questo bastardo." mormorò, le iridi ridotte a due fessure cariche di concentrazione. I capelli iniziavano ad abbassarsi per il caldo estremo, e lunghi ciuffi spettinati cascavano davanti al suo viso duro e sudato.
La tacita tregua tra gli avversari stava per finire, così come la loro intensa quanto rapida battaglia.
Danny capì che avrebbe dovuto porre fine alla disputa con la mossa successiva. Avrebbe dato tutto. Mentre un ghigno che si sarebbe potuto definire indiavolato oscurava il suo volto in penombra tra le fiamme viola che lo circondavano, imbracciò con più tenacia il fucile.
"Lo finirò adesso che è in procinto di attaccare!" pensò Shuî intanto, scattando in avanti con un balzo fulmineo.
"Fiamme, avvolgete ogni cosa, riducete tutto in cenere." sibilò appena Danny, in tono bassissimo.
La sfera di fuoco prese a restringersi sempre più, concentrando i raggi intorno al nativo in volo che, sorpreso, prese a eluderli con giravolte aeree dalla precisione e prontezza estremi.
Proprio in quel momento, Danny puntò il fucile contro di lui, dritto verso la fronte. Ma non sparò.
Al contrario, balzò all'indietro, uscendo dalla zona di fuoco e ritrovandosi all'esterno, con Shuî ancora dentro. Quest'ultimo sgranò gli occhi quando vide, oltre la fessura che il nemico aveva aperto nella parete alle sue spalle per fuggire, l'arma puntata contro la sfera che diveniva sempre più compatta e rovente.
Lo sparo centrò la sfera nel momento esatto in cui si richiuse, con Shuî a un passo dall'uscita. Un bagliore immenso si propagò nell'atmosfera, tingendo di viola il terreno, l'aria e il cielo del paesaggio brullo. La maggior parte del fumo di Kirai fu spazzato via.
Tanto che quest'ultimo, notando da lontano quello spettacolo cromatico, decise di recarsi verso la sua fonte per l'apprensione che lo colse.
Danny atterrò in malo modo al suolo, e si accorse solo in quel momento che sanguinava copiosamente dal petto.
Davanti a lui c'era il corpo ustionato dalla vita in giù di Shuî, orrido e nerastro, ma già prossimo ad attuare la rigenerazione.
Il nativo, con un flusso di Kaika puro emesso un istante prima che la sfera si chiudesse, aveva perforato lo sterno del ragazzo. Adesso, entrambi erano gravemente feriti.
Solo che Danny, al contrario di Shuî, non possedeva abilità curative innate.
"Cazzo... non può finire in questo modo pietoso." pensò il giovane, mentre osservava con astio l'accenno di sorriso sul volto dell'avversario incapace di parlare.
All'improvviso, gli esplose un'immagine in testa, senza che nemmeno si fosse sforzato. Balenò di prepotenza nella sua mente.
Riconobbe il giorno in cui da bambino, solo e perso per strada con occhi vacui, incontrò quel ragazzino gracilissimo dallo sguardo spiritato. E alla volta successiva in cui un uomo alto e autoritario li trovò entrambi in un parco abbandonato, fatiscente, promettendo loro una dignità. Una vita dedita a una causa chiamata Vulture. Tutto l'odio che recava con sé in quegli anni, tutti i rifiuti che tacitamente gli erano stati rivolti dagli sguardi delle persone furono alimentati da quel gruppo di assassini che gli permise di esprimersi. Non teneva a nulla, a parte quelle due persone, le uniche per cui avesse mai provato affetto: Masami e Kirai.
"Proprio ora che ci stavamo guadagnando la libertà..."
Lui, Danny, era nato da uno stupro di un soldato ribelle nei confronti di una ragazza di etnia Guardian, durante la prima guerra civile. Non aveva mai conosciuto davvero i suoi genitori, e chiunque fossero, lui non era nato dall'amore ma dalla violenza, dunque non gli era mai importato. Aveva vissuto di stenti, insieme al solo ragazzo che avesse mai mostrato interesse nei suoi confronti, un altro orfano di nome Masami che iniziò a seguirlo ovunque dopo che lui l'ebbe salvato da un gruppo di malviventi in un vicolo.
Quando Kirai apparve in una nuvola di fumo, davanti al corpo in rigenerazione di Shuî, gli sembrò uguale alla volta in cui gli aveva teso la mano, negli squallidi quartieri malfamati di una cittadina a Southfield. Anche quella volta era tutto sfocato, ma a causa della nebbia.
"È proprio come allora..." A quel punto, Danny pensò che poteva rilassarsi un attimo, e chiudere gli occhi. Dopotutto, c'era Kirai a vegliare su di lui.
Shuî iniettò di sangue i suoi occhi, prima che il suo cranio venisse perforato da un pugno di fumo condensato. Il suo ultimo pensiero andò al suo re, Yùn, e fu felice di aver contribuito a eliminare almeno uno dei suoi più pericolosi assalitori.
Kirai rimase solo tra i due cadaveri, un venticello dal tiepido tepore prese a spirare tra i suoi capelli rialzati, accarezzandogli il volto tagliente.
"Cos'era quell'esplosione?!" D'un tratto Masami giunse sul posto in volo, atterrando accanto a lui. Quando realizzò, dopo aver visto l'orrendo spettacolo che gli si parò davanti, non volle crederci. Si inginocchiò, sconvolto.
"Danny..." bisbigliò. Il suo corpo immobile a pancia in giù era tremendamente realistico, così tanto da svuotare l'anima. Masami avvertì come un nido di vermi nello stomaco, che si torcevano tra le sue interiora.
Erano sempre stati insieme da che ricordasse, avevano condiviso tutto. Loro erano Danny e Masami. Non riusciva neanche a immaginarsi una vita senza di lui al suo fianco.
Si accorse che delle lacrime stavano percorrendo le sue guance, e se le tastò, inumidendosi le dita. Fu sul punto di urlare.
"Io vado a liberare Karen Gazinsky. Masami, torna indietro, per favore. Sei stato bravo."
Il ragazzo si voltò verso l'uomo che aveva pronunciato quelle parole all'apparenza fredde, che l'avevano ridestato.
Per un attimo, Masami credette che stesse piovendo. Poiché prima che sparisse in volo verso il palazzo reale, sotto l'unico occhio aperto di Kirai, vide scorrere qualcosa di simile a dei rivoli d'acqua.
Non l'aveva mai visto piangere.
Re Yùn si massaggiava il mento, assorto nelle sue riflessioni, tra le mani il quaderno della piccola Huô, la quale dormicchiava beata nel letto reale dopo aver passato un'ora intera a disegnare al massimo della sua concentrazione.
Vedere i lineamenti dolci della bimba che si indurivano e restringevano nella sua smorfia determinata aveva affascinato Yùn, che di rado nella sua lunga vita aveva assistito a tale dedizione. Forse, aveva pensato, si era sempre concentrato sulle cose sbagliate.
Oppure non aveva mai concepito altre realtà da quell'opprimente prigione che era governare un regno, sin da quando era succeduto al suo predecessore. Allora, Huô e Feng erano con lui.
Adesso nessuno dei due era in vita, se non le manifestazioni della volontà della prima, incarnate nella bambina che ora sonnecchiava, e del dolore del re stesso, insite nella ragazza a cui aveva donato l'esistenza.
Intanto, gettava sguardi al magnifico paesaggio che la piccola aveva illustrato, raffigurante un sentiero montano gremito di erba e alberi dalle foglie rosse che dava su uno strampiombo profondissimo, e rileggeva ciò che lei aveva scritto sulla pagina accanto.
"Non so se esiste, ma vorrei andare in un posto come questo."
L'aveva disegnato di getto. A quanto pareva, amava la montagna.
Nonostante fosse nata dalla vecchia Huô, la bambina aveva proprie preferenze che non corrispondevano alla sua creatrice, che aveva sviluppato da sola con la sua mente. Era una persona unica.
"Ma cos'è una persona, dunque?" si chiese il re. "Se un corpo non ci definisce, e nemmeno le memorie ereditate da qualcun altro, cos'è che siamo? Che rende ognuno diverso rispetto a tutti gli altri?"
Osservò il gracile petto della giovane Huô che si alzava e abbassava a ritmo costante, e non riuscì a trovare una risposta.
Ripensò alla sua guardia reale, che aveva creato lui, e a come insisteva per possedere un suo nome. Forse era l'identità, la risposta, ciò che si crea attraverso le esperienze di vita, che definiscono l'essenza di una persona.
Alla fine, qualcosa indusse Yùn a sussultare e scosse la testa. "Non è il momento di pensare a queste cose, avverto il Kaika di Shuî diminuire a ritmo vertiginoso. Che gli si sia successo qualcosa? Farei meglio a intervenire di persona." affermò, per poi arrestarsi di getto. "Ma, così facendo, metterei a rischio lei." Guardò ancora la bambina addormentata.
Lei assorbiva ogni suo danno. Se fosse stato ferito, avrebbe sofferto molto. Con ogni probabilità c'era un limite che quel corpo minuscolo non poteva varcare, uno che avrebbe significato la sua fine. E Yùn sentì che stavolta non se lo sarebbe perdonato.
"Sono stanco di aver paura di perdere ciò a cui tengo." Iniziò a riflettere, frustrato. "Se creassi un mondo senza guerre, dove la prosperità e la collaborazione tra i continenti fossero i cardini della società, tutto il dolore che le perdite provocano nelle persone com'è successo a me cesserebbe? Una società globale... fatta di commercio, di condivisione, piuttosto che mero odio e sangue. Con il mio potere, potrei porre fine a questa guerra, e avviare il piano per un mondo migliore, più pacifico. Sarebbe possibile, se ci provassi con tutto me stesso." Yùn strinse i pugni con forza e si avviò verso l'uscita della sua sala.
Nella sua testa, qualcosa stava mutando in modo radicale, a causa del dolore e della paura che l'avevano tormentato con costanza negli ultimi anni.
"Per questo devo terminare l'assalto, adesso. Comincerò cercando il leader del gruppo di invasori." disse, il volto una maschera di determinazione pura ma non aggressiva, come il Kaika indaco che sgorgava dalle sue mani serrate.
Il clangore delle sbarre impattate dal metallo risuonava nell'angusta cella in cui i due prigionieri erano costretti a rimanere. La giovane donna appoggiata con la schiena alla parete osservava un po' infastidita l'uomo che continuava a far collidere la lunga arma color rosso ruggine tra le sue mani contro la porta della prigione.
"Unai, rinfodera la tua alabarda di alessandrite. Queste sbarre pare siano di Kaika puro rinforzato, non riuscirai a buttarle giù." Estrella lo redarguì, massaggiandosi le tempie con i polpastrelli.
Il guerriero dalla pelle olivastra scrollò le spalle e rilassò la possente schiena. "Che c'è, sei diventata arrendevole, Estrella?" Le rivolse un sorrisetto ironico.
"No, solo realista." sbottò lei, ignorando i suoi taglienti occhi color sabbia.
"Inizi ad avere paura?" Unai aveva letto in lei le certezze che iniziavano a scemare. Il lieve tremolio delle palpebre o della mascella, il continuo tormentarsi le trecce nerissime con le dita erano chiari segnali che Estrella provava apprensione. La conosceva fin da piccola, e ormai sapeva captare sempre quegli indizi.
"Non è che sia spaventata." sussurrò appena la donna del sud. "Mi sento male all'idea di infrangere la promessa con la regina Miranda... Prima di partire le ho giurato che saremmo tornati sani e salvi di nuovo da lei, e immaginarla sola ad aspettare il nostro ritorno senza che questo si avveri mi sta consumando. In più, Saito è riuscito sfuggire alla cattura durante la ritirata a Fiery Littoral, ma ora non so dove sia." Estrella avvolse la braccia scure attorno alle ginocchia, gli occhi di solito rossi come il sangue resi in quel momento opachi dalla penombra, simili ad amarene.
"Ehi..." Unai le sorrise, e sollevò il suo mento con due dita, costringendola a guardarlo. "Saito starà bene, e riuscirai a rivederlo. Inoltre, ricordi tutte le volte che ce la siamo cavata nelle situazioni più assurde? Con quel pirata contrabbandiere per esempio, ai confini di Eldia?"
Estrella ridacchiò. "Era proprio un osso duro! Ne siamo usciti per un soffio."
"Già, e lo faremo anche stavolta, insieme. Fidati di me. Noi ci proteggiamo a vicenda." disse Unai, amorevole.
"Non è da te questo tono affettuoso." sogghignò Estrella, complice. "Ma grazie." Sorrise, poi.
"Non è nulla, quando diventi un fascio di nervi vivente tocca a me ricondurti alla ragione."
"Non darti troppe arie, lo sai che mi dà fastidio." Mise il broncio lei.
Unai si limitò a scollare ancora le spalle, e caricare un altro colpo verso le sbarre.
"Sì, lo so." punzecchiò.
Poco prima di rilasciare l'alabarda, però, si arrestò, notando una figura oltre le sbarre. Una ragazza poco sopra il metro e sessanta, dai capelli grigi e gli occhi acqua marina. La sua pelle non era bluastra come quella dei nativi.
"E tu chi saresti?" domandò l'uomo. Estrella si alzò per controllare da sopra la sua spalla.
La ragazza cacciò dalla tasca una chiave nera, che si adattò alla serratura deformandosi al contatto con l'interno della fessura, e aprendola con uno scatto secco. "I poteri di Ater sono davvero versatili." pensò.
"Cosa..." fece Estrella, stupita. "È Creation Kaika, forse d'ombra?"
"Voi siete i prigionieri provenienti dal Continente meridionale? Mi chiamo Sybil, sono qui per liberarvi." affermò la salvatrice. "Forza, seguitemi."
Unai ed Estrella si scambiarono un'occhiata interrogativa, ma entrambi compresero che non poteva essere loro nemica. Così, usciti dalla cella, affiancarono la giovane per uscire dai sotterranei.
Nello stesso istante, Ater si trovava in una situazione spinosa, di fronte alla guardia reale che l'aveva intercettato nell'ala del sotterraneo a est rispetto a quella in cui si era inoltrata Sybil. Le lanterne a muro laterali illuminavano appena la sagoma sgranata della nemica, ma si intuivano benissimo le sue intenzioni tutt'altro che benigne o aperte al dialogo.
Dopotutto, lui era un intruso nel suo palazzo. Ma si sarebbe giocato lo stesso le sue carte senza ricorrere alla violenza. Lui era un assassino, ma aveva sempre fatto ricorso al suo ingegno più che all'approccio frontale, complice il suo Kaika inadatto a scontri aperti.
"Dunque, quali sono le tue ultime parole? Nulla di personale ma sei un pericolo per il re, ed è mio dovere eliminarti." proclamò Huô, un velo d'irrevocabile apatia a distenderle il viso.
Sul volto scavato di Ater si formò un accennato sorriso vincente. "Non saranno le mie ultime parole, ma voglio augurarti la buona fortuna."
"Eh? Che intendi?" Huô non fece in tempo ad analizzare quelle parole criptiche prima che l'avversario potesse agire.
"Sybil dovrebbe essere abbastanza lontana per non venire coinvolta..." Dalla tasca di Ater fuoriuscì un oggetto tondo e verdino, pregno di Kaika condensato. "Ti ringrazio, Masami... sai come essere utile, quando vuoi."
"Dark Copy: Shield."
Huô sgranò gli occhi, guardando prima le numerose ombre create attorno ad Ater che lo circondarono da ogni lato come fossero uno scudo umano, poi l'oggetto che stava per toccare il suolo.
Capì all'ultimo istante che si trattava di una bomba.
Una frazione di secondo prima che entrasse in contatto col pavimento, intravide nel mare di umanoidi ombre nere un ghigno bianco, appartenente al ragazzo che l'aveva ingannata in quel modo assurdo.
Dopodiché, l'esplosione d'uranio investì tutta l'ala est del sotterraneo.
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