Capitolo 109

L'interno del palazzo di Lyam, sede del reame della regina Miranda dove venivano affrontate tutte le questioni più importanti, si presentava come un ampissimo spazio gremito di scalinate e colonnati dal gusto barocco. Era diviso in tantissime ale che si intricavano su più piani come un gigantesco labirinto, in altrettanto numerosi alloggi e sale adibite a vari utilizzi, come l'armeria, la biblioteca, le cucine e così via.

Il salone del trono, la prima zona accessibile non appena si varcava l'alto cancello dorato all'ingresso, oltre i giardini reali, era delimitato su entrambi i lati da colonne affrescate con danzanti figure floreali dalle tonalità più vivide e accese. Un tappeto blu cobalto conduceva direttamente al trono d'argento sul quale la regina Miranda attendeva Saito, scortata a destra da Estrella e a sinistra da Unai, fieri nella loro postura eretta.

Al di là delle colonne laterali, parenti della regina, strateghi e cavalieri di ogni tipo assistevano alla scena.

Il Continente meridionale era una società con un sistema di potere basato parzialmente sulla monarchia, che infatti era affiancata da un parlamento che aveva il compito di valutare assieme alla regina le decisioni da prendere per il regno e le leggi da emettere. Nonostante ciò, il peso delle parole della sovrana aveva sempre maggiore rilievo ed era per questo ascoltata e di solito assecondata.

Soprattutto perché Miranda era considerata da tutti un capo accorto, magnanimo e in grado di ascoltare. E, fattore più rilevante, era amata dal popolo.

Saito, prossimo ormai alla donna dalla chioma purpurea, si arrestò ai suoi piedi, scrutando il giaciglio su cui era accomodata. "Dicono tutti che il trono di Lyam è opprimente per chi ci si trova dinanzi. Mah... per me è soltanto una sedia con una donna affascinante seduta sopra." rifletté, per nulla intimorito. Aveva ponderato a lungo le parole e la strategia da utilizzare per convincere Miranda a concedergli rinforzi in vista della guerra, e l'avrebbe utilizzata senza remore se si fosse rivelata necessaria. Per lui, quantomeno, era qualcosa di imprescindibile.

I suoi occhi si posarono per un istante su quelli di Estrella, rossi come due lune di sangue. La giovane guardia reale inarcò un sopracciglio, distogliendo poi lo sguardo in pochi secondi.

Unai invece era inflessibile e serio, professionale nel suo ruolo ufficiale di guardia reale della regina. Oltre che sua amica di infanzia.

Miranda accolse Saito con un cenno, ricambiato dallo spadaccino con un inchino riverente.

"Dunque, Okajima Saito, sei di nuovo qui, al mio cospetto, per pormi le medesime richieste del nostro ultimo incontro ufficiale di tre anni fa, immagino." cominciò, dura e fredda nel tono. Regale.

"È la verità, vostra altezza. Ma stavolta sono fiducioso riguardo le mie possibilità di persuadervi. Affidandomi al vostro buon senso, sono piuttosto sicuro che alla fine deciderete di accogliere le mie richieste." affermò Saito, con modi e parlantina rispettosi, ma che allo stesso tempo celavano una nota sprezzante quasi impercettibile, la quale non sfuggì a Miranda.

La regina però apprezzò quella sicurezza, quella confidenza che era così rara da trovare nelle persone.

"Che spavalderia!" sogghignò. "Ma lascia prima che ti illustri la situazione generale, poi sarai tu stesso a valutare se io sia o meno in condizioni di accettare un'alleanza in campo bellico." Si sporse lievemente dal trono, in modo da guardare meglio Saito negli occhi.

"La regione di Lyam, dove sorge quest'omonima città, non vive il più roseo dei suoi periodi. Negli ultimi mesi non ha piovuto molto, e ciò ha condotto a una lunga stagione di siccità, il che ha influito molto negativamente sull'economia agraria. Inoltre, la presenza di contrabbandieri e pirati sul territorio ammorba il commercio attraverso lo sviluppato mercato nero che essi controllano. Questo infausto fenomeno mi ha costretta ad alzare i prezzi per sopperire alla scarsa vendita legale delle merci. Il risultato è una condizione economica piuttosto critica, e non ho nemmeno menzionato la pressione che alcune regioni confinanti attuano su di noi, con la sempre più imminente possibilità di un conflitto interno. Ora dimmi, Okajima Saito, perché, alla luce di tutto questo, dovrei aiutare il governo Guardians e spendere preziose risorse in una guerra che non appartiene al mio popolo?" Miranda alzò un sopracciglio, attendendo con aria truce una risposta soddisfacente dall'emissario.

Saito, dal canto suo, non si scompose affatto. Dopo una rapida occhiata a Estrella, che ancora una volta si voltò subito altrove, come se fosse stata sorpresa mentre spiava di nascosto in una serratura da diversi minuti, trasse un lungo respiro e raddrizzò la schiena. "Non ho certo l'arroganza di affermare che posso risolvere i problemi da voi elencati, vostra grazia, ma ci sarebbe un'altra proposta che vorrei avanzare, e che sono sicuro vi interesserà."

"E sarebbe?" Miranda incrociò le braccia al petto, con un mezzo broncio a causa dei modi troppo fiduciosi dello spadaccino, ma allo stesso tempo incuriosita dalle sue parole.

"Un matrimonio." pronunciò Saito, senza mezze misure."

Miranda sobbalzò. "C-c-che?! Non essere ridicolo, io non ho tempo da sprecare pensando a un matrimonio! Cosa c'entra che a quasi trent'anni non ho ancora trovato marito?"

"Nessuno l'ha menzionato..." pensò Unai, stralunato.

Estrella intanto fissava Saito con occhi interrogativi, mentre un feroce presentimento si impadroniva di lei, accaldandole il corpo e arrovellando il suo animo.

"Non intendevo un matrimonio che concerne la vostra partecipazione in quanto sposa, mia signora, per quanto siate elegante e di bell'aspetto." replicò, sereno, Saito. "Parlavo della guardia reale che vi accompagna. Vorrei che fossi io a sposarla."

Estrella sgranò gli occhi, dello stesso colorito che avevano assunto le sue guance.

"Unai? Non pensavo che fossi di quella sponda..." bofonchiò Miranda, rivolta a Saito.

"Credo si riferisse a Estrella, vostra maestà." Le chiarì la faccenda l'uomo dalla pelle ambrata e il ciuffo vellutato, sporgendosi verso il suo orecchio con le labbra carnose. Una sua tempia si era vagamente ingrossata in seguito all'affermazione di Miranda.

"Ah! Certo, chiarissimo. Stavo scherzando." sbottò lei.

"Ci risiamo... sa essere tanto autorevole quanto distratta." rifletté Unai, mentre la sua regina riprendeva le redini della situazione, rivolta a un Saito piuttosto stranito.

"Dunque, tu vorresti sposare la qui presente Estrella Rojas? E per quale motivo ciò dovrebbe contribuire a suggellare un'alleanza tra Lyam e New Spring?" domandò la sovrana, mentre Estrella ancora fissava Saito con sguardo contrariato.

"Qualora in questa trattativa dovessi riscuotere successo, verrei investito della carica vacante di Ministro degli Affari Esteri del governo. Estrella Rojas appartiene a una nobile famiglia della regione di Eldia, a ovest rispetto a quella di Lyam, e grazie alla sua presenza qui a palazzo la vostra alleanza perdura." inizio Saito. "Con un'unione tra un membro di spicco del Continente centrale e una nobile del Continente meridionale della famiglia Rojas, Eldia riceverebbe grandi benefici e ricchezze, e l'alleanza con Lyam sarà più rafforzata che mai, essendo voi i mediatori e in parte organizzatori del matrimonio. Inoltre, ciò significherebbe l'obbligo e l'interesse da parte del governo Guardians a intervenire in caso di vostri conflitti interni con altre regioni circostanti. È un patto vantaggioso per tutti noi."

A Miranda quasi cominciò a fumare la testa per la mole di informazioni che aveva ricevuto in nemmeno un minuto, ma, tutto sommato, ciò che quell'arguto ospite aveva proposto le era sembrato realmente un enorme vantaggio per lei e per il regno. Squadrò Unai, che nonostante apparisse combattuto, con un'occhiata le confermò il giovamento che avrebbero ottenuto da quell'unione. Poi fissò Estrella, la quale appariva imbarazzata e un po' spiazzata per la dichiarazione pubblica, sebbene un sorriso un po' sciocco si fosse fatto strada sul viso dal colorito dolce, simile a cioccolata al latte.

"Tu sei d'accordo?" Quasi le sussurrò, intimamente, come se fossero ancora bambine rifugiate da sole in camera sua, a chiacchierare.

"Nulla in contrario..." si limitò a bisbigliare l'altra, gli occhi in parte coperti dalla pioggia di trecce scure che cascava lungo il suo esile e tonico corpo. Le guance rosee e uno sguardo basso caratterizzavano il suo volto.

Miranda volse ancora le iridi in direzione di Saito, che attendeva, impassibile.

"E sia, ne discuteremo con gli strateghi e prenderemo una decisione, che domattina ti sarà riferita." sentenziò infine, imperiosa.

Saito esibì un sorriso pulito, e si inchinò, sfiorando il pavimento con le ciocche color rubino.

"La ringrazio, vostra maestà." Si disimpegnò. Dopodiché, si diresse verso l'uscita, scambiandosi un'ultima fugace occhiata con Estrella.

Sapeva che lo avrebbe cercato per quella sorpresa inaspettata, ma la verità era che non vedeva l'ora di ritrovarsi di nuovo solo con lei. Gli era mancato immensamente il suo corpo.

La pioggia battente scrosciava all'esterno della tenda nella quale i due compagni sostavano, riparati dall'oscurità e dalla temperatura uggiosa di quella notte di novembre, mentre un piacevole tepore era irradiato da una lampada a olio su un tappetino di tela che li divideva. Le loro membra spossate dai quotidiani addestramenti trovavano finalmente sollievo in quell'atmosfera conviviale e serena.

Emily teneva il capo basso, gli occhi azzurri percorsi dai ruscelli neri che erano le sue ciocche apparivano stanchi ma appagati. Takao la fissava al di là della lampada, pensieroso come di consueto. Entrambi provavano una certa eccitazione, poiché il giorno successivo avrebbero finalmente avuto il diritto di celebrare la Cerimonia della Fioritura e scoprire le loro specialità Kaika.

Quando avevano piantato i loro semi nel terreno, quella mattina, Emily era tutto un tremolio d'eccitazione, tant'è che Somber aveva dovuto tenerle ferme le braccia mentre scavava nel terreno sotto l'erba umida.

L'addestramento privato con Soyo per lei era stato a dir poco durissimo, ma allo stesso modo le aveva permesso di migliorare a un livello esponenziale rispetto a prima, in poco meno di un mese.

Dal canto suo, Takao aveva compiuto notevoli progressi grazie al suo talento naturale e alla conoscenza parziale del Kaika che possedeva, assistito da Somber, con il quale pareva trovarsi bene.

"Emily, ti stai addormentando da seduta? Se hai sonno, va' a dormire nel tuo sacco a pelo." consigliò Takao, corrucciato in volto.

La ragazza batté forte le palpebre e sollevò di scatto la testa. "No, no! Voglio festeggiare i nostri traguardi con te, stasera." La sua voce era apparsa più vellutata del solito a Takao, al punto da costringerlo a evitare le sue iridi penetranti.

"Scema, non vendere la pelle del lupo prima di averlo ucciso." sbottò il giovane.

"Ma non era dell'orso, la pelle?" ridacchiò Emily. "Hai sonno anche tu!" lo punzecchiò.

"Ah, giusto, scusa. Il punto è che bisogna festeggiare dopo aver conseguito risultati, e non prima." spiegò Takao, a braccia conserte.

"Che pesantone... e va bene, allora dormiamo se proprio non vuoi passare del tempo con me." Emily spense la lampada a olio e si accucciolò nel sacco a pelo di lana calda e accogliente, imitata da Takao.

Passò qualche minuto di totale quiete in cui entrambi non riuscirono a prender sonno nonostante la stanchezza, prima che Takao spezzasse il silenzio.

"Ehi." sussurrò, gli occhi violetti persi nel buio.

"Mh...?" mugolò Emily.

"Tu, ecco... prima di arrivare qui, dove vivevi? Perché ti sei unito ai ribelli?" chiese il ragazzo in un soffio.

Lei parve esitare un momento. Si voltò verso la parete ruvida della tenda, dando le spalle a Takao. Dischiuse gli occhi, in un'espressione schiva.

"Perché vuoi saperlo?"

Takao guardò verso la schiena della compagna, dubbioso egli stesso su cosa rispondere. Era curioso, tutto qui, no? Voleva saperne di più sulla ragazza che si era arruolata nell'Esercito Guerrigliero nel suo stesso giorno, mesi prima, e che da allora aveva condiviso con lui praticamente ogni momento. Non c'era nulla di strano in questo, credeva. Ma forse Emily era una persona troppo riservata, a dispetto dei suoi modi espansivi, e non era pronta a parlargli.

"Lascia stare, se non ne hai voglia, non devi dirmi nulla." mormorò, poggiando una guancia piena sul cuscino.

Passarono all'incirca altri trenta secondi. Prima che un sospiro di Emily facesse sobbalzare il petto di Takao.

"Io sono cresciuta in orfanotrofio. Si chiamava Jolly Hall, la mia casa. Conoscevo tante persone, andavo d'accordo con i miei amici." Si aprì alla fine. "Due in particolare mi rendevano le giornate allegre, amavo esplorare di nascosto i boschi intorno all'edificio con loro. Si chiamavano Peter e Alex." Gli occhi della ragazza apparivano sognanti a quei dolci ricordi d'infanzia. Takao ascoltava ogni parola in silenzio. "Un giorno di circa cinque anni fa, scapparono, in cerca dei loro genitori, credo. Io non la presi benissimo, mi mancavano molto e tutt'oggi mi piacerebbe rincontrarli da qualche parte nel mondo, ma non pensai mai alla fuga. Ciò che mi spinse ad arruolarmi successe nell'ultimo periodo, prima di incontrarti." Emily respirò a fondo, per poi raccontare tutto ciò che aveva dentro all'amico.

Takao tese le orecchie, senza osare interromperla.

"Quell'incubo arrivò come un fulmine a ciel sereno." disse la ragazzina. "Ero distesa sul campo di battaglia, con gli occhi volti verso un cielo violaceo cosparso di nuvole grigie. Il terreno sotto di me era brullo. Improvvisamente, migliaia di fischi e fruscii mi assordavano i timpani, così calavo il capo e mi coprivo le orecchie con le mani. Quando rialzavo gli occhi, il firmamento era oscurato da una marea di frecce nere. L'ultima cosa che vedevo prima di svegliarmi era il mio braccio proteso verso l'alto, un secondo prima di essere trafitta." Emily riprese fiato, quasi come se non avesse mai respirato mentre trascinava fuori quel suo tormento interiore. "Poco tempo dopo, scoprii tramite un fascicolo nell'ufficio della responsabile dell'orfanotrofio che mia madre era morta trafitta da una miriade di frecce nella prima Guerra Rossa, combattendo per lo Shihaiken. Per questo sono fuggita e mi sono unita ai ribelli, voglio sapere di più su di lei, e spero vivamente che Kojiro Nakajima sappia qualcosa... sento che se non facessi nulla per ottenere informazioni su mia madre, non riuscirei mai a godermi una vita normale e quel sogno continuerebbe a tormentarmi."

Dopo che Emily ebbe concluso, un silenzio pesante calò sull'ambiente cupo. Fu Takao a lacerarlo quando, rapidamente, cambiò argomento. Non sapeva cosa dire riguardo quelle rivelazioni, dunque pensò fosse meglio ricambiare parlandole di sé, che indagare ancora e risultare invasivo.

"Io non li ho mai conosciuti, i miei genitori, se la cosa ti può consolare." ironizzò.

"Un po'." rise sottovoce lei. "Però mi dispiace." aggiunse.

"Non è un problema. Non mi è mai pesato particolarmente. Da che io ricordi, ho sempre vissuto in un rifugio sperduto tra le campagne. In quei luoghi allevavano bambini orfani e senza nessuno al mondo, e li addestravano per diventare assassini professionisti nella Squadra d'Esecuzione Guardians." Takao strizzò gli occhi, indifferente all'apparenza, ma ancora pervaso a tratti da un pericolosa fiamma omicida che risiedeva nei suoi occhi, ben celata alla vista. "Io ero uno di quei bambini, i Lustrous, com'erano chiamati. Ma un anno fa scappai, e mi unii ai ribelli per trovare rifugio dai killer Guardians che mi inseguivano. A quanto pare, quei luoghi al livello teorico non dovrebbero nemmeno esistere. Comunque sia, da un punto di vista personale io non cerco nulla, se non un riparo e la possibilità di vivere libero, senza essere braccato una volta finita la guerra." Terminò anch'egli il suo racconto, e tra i due tornò la quiete.

Il silenzio si addiceva molto a loro, pensò Emily, non era uno di quelli scomodi e imbarazzanti. Quando erano insieme, non serviva dilungarsi in parole di circostanza. Riuscivano a trarre serenità e conforto dalla sola presenza dell'altro.

"Spero che entrambi riusciremo a trovare ciò che cerchiamo, allora." concluse la ragazza, dolce nel tono. "Proviamo a dormire, che ne dici? Domani dovremo svegliarci all'alba."

"D'accordo." la assecondò l'altro.

"Buonanotte, Takao." bisbigliò Emily.

"Notte."

Col passare delle ore, però, Takao non riusciva ad assopirsi. Scrutò nella penombra il corpo immobile di Emily e sospirò amaramente. Era grato che ci fosse lei, a spezzare tutta la paura e l'ansia di quella vita turbolenta che gli era capitata. A guardargli le spalle. A comprenderlo.

Si girò sul fianco, fissando la parete. "Non ho bisogno di trovare ciò che cerco. Ce l'ho già proprio qui, dietro di me." sussurrò, convinto di non poter essere udito.

Ma Emily era sveglia, e affondò il viso più in profondità tra le coperte del sacco a pelo, malinconica.

"Vale anche per me." pensò.

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