Capitolo 105
I passi dei due compagni si susseguivano a ritmo lento e costante, producendo sordi schiamazzi al contatto delle suole col terreno granuloso sul quale avanzavano. Tutt'attorno, suoni flemmatici di uomini e donne intenti ad arrostire carne o ortaggi su fuochi scoppiettanti, intorno ai quali sostavano, si mescolavano al fruscio del tessuto appartenente alle decine e decine di tende oscillanti nella brezza pacata, che costituivano nel loro insieme l'enorme accampamento principale dell'Esercito Guerrigliero a Southfield.
Somber e Soyo accelerarono appena quando scorsero l'alloggio leggermente più spazioso in cui erano diretti: quello dove risiedeva Kojiro Nakajima, il leader dell'intera fazione.
Lo spadaccino oscuro si chiese come l'avrebbe accolto, specie se già era a conoscenza del suo mezzo tradimento all'arena. La sua pelle iniziò a vibrare sotto le carezze del vento tiepido, e avvertì un sottile tremolio alle dita delle mani: segno che il nervosismo si stava apprestando ad assalirlo. Anche se, come suo consueto, esternamente non lasciava trasparire nulla.
Soyo si voltò appena verso di lui e gli sorrise di sfuggita con aria giocosa.
"Mi chiedo come faccia a essere sempre così frivola." pensò il ragazzo.
Un'udienza con Kojiro avrebbe messo pressione a chiunque, non che il suo atteggiamento fosse autoritario. Ciò che davvero era spaventoso di lui risiedeva nell'espressione che albergava sul suo volto. Indecifrabile, pervasa da una finta allegria che sembrava racchiudere una ferocia, un'ambiziome celata fin troppo bene dai suoi modi accomodanti e gioiosi, a tratti persino ludici.
"Tranquillo, Somberino, ci sono io con te." Increspò le labbra Soyo. Aveva notato il suo impercettibile tremore? Era più attenta di quanto apparisse a ciò che la circondava.
"Ma chi te l'ha chiesto, ammaestratrice circense." replicò Somber, ostentando sicurezza.
Come risposta, lei sghignazzò e gli strinse il braccio tra le sue mani. "Cammina vicino a mamma, piccolino." bisbigliò.
"Levati, sei molesta." Somber tentò di liberarsi di lei, ma non servì a nulla. Una volta che ti puntava, a quanto pareva non te la staccavi più di dosso.
La sua presenza così vicina, la morbidezza della sua pelle e l'odore fresco di natura che emanava però erano piacevoli, Somber dovette ammetterlo a sé stesso.
Fuori dalla tenda larga dal tessuto beige arrotolato ai lati, Somber e Soyo trovarono Yuki. Aveva tutta l'aria di essere impaziente e un po' infastidito.
"Finalmente siete qui, ve la siete presa comoda." grugnì quando li vide arrivare.
"Somber e io ci stavamo sbaciucchiando sotto un pruno." rivelò Soyo, maliziosa.
"Ma che vai dicendo?" borbottò lui, con un sospiro esaperato. "Dove l'avresti visto poi, il pruno?"
"È nel boschetto vicino all'altura dove ti addormenti sempre. Un giorno te lo mostro." squittì la giovane.
"Su, basta cincischiare, entrate. Il capo vuole vedervi." li interruppe Yuki.
"Tu gli hai già parlato, Yukuccio? Cosa vi siete detti?" Il viso di Soyo fu attraversato da quello che poteva quasi essere definito un intento minatorio. Quando cambiava espressione in quel modo, finiva per diventare spaventosa. Non era mai chiaro cosa passasse con esattezza nella mente della giovane ribelle, era di sicuro una ragazza ambigua, che mostrava spesso un certo dualismo.
"Entra e scoprilo, se nutri dubbi verso di me." si limitò a controbattere, un po' offeso, il ragazzo dai capelli bianchi e neri a strisce, abbandonando poi la zona con passo felpato e lasciando soli i due ragazzi.
Somber fu incuriosito da quello strano scambio di battute, ma ormai si trovava lì e non poteva tirarsi indietro. Avrebbe affrontato Kojiro.
"Ehilà, Somber, Soyo cari!" La voce entusiasta di Kojiro li accolse con il consueto candore dal tono affettuoso col quale si esprimeva.
Ma Somber aveva compreso che non doveva fidarsi di quella facciata. Era tutta una farsa: ciò che risiedeva dentro il leader dei ribelli Shihaiken era in realtà una bestia terrificante, assetata di sangue e volontà smisurata. Avrebbe venduto o ingannato chiunque per raggiungere i suoi scopi, in passato più volte l'aveva fatto. Somber aveva capito fin dalle prime volte in cui ci aveva parlato che con lui non bisognava mai abbassare la guardia, nemmeno per un secondo.
"Nobile Kojiro! Volevi vederci? Magari vuoi lodarmi un po' per l'attentato all'arena?" mugugnò Soyo, che invece evidentemente non conosceva il significato della paura.
Il giovane uomo dai tratti somatici quasi da adolescente abbandonò la sua postazione dietro un tavolo in legno, con una mappa sulla quale era piantato un coltello. Somber notò che era posto su una zona costiera a sud di Northfield. Avvicinatosi lentamente a Soyo, Kojiro le sorrise, gli occhi perennemente serrati, il volto racchiuso in un involucro di mistero, illeggibile.
Scompigliò i capelli alla ragazza con una mano rassicurante. Anche quel gesto a Somber parve tutt'altro che veritiero, nonostante le sue movenze fossero talmente disinvolte da rendere impossibile dubitare delle sue intenzioni.
"Certo, Soyo. Siete stati tutti e tre bravi nell'operazione, e apprezzo la tua fedeltà, come sempre. Ma c'è un piccolissimissimo dubbio che vorrei fosse chiarito se non ti dispiace, ok?" disse con voce armoniosa.
"Mh, mi chiedo cosa sarà mai. Avrò combinato guai?" Dopo la sua rima forzata, Soyo si accarezzò il mento, alzando gli occhi al cielo con un atteggiamento di plateale riflessività.
"Forse intendi sapere che fine abbiano fatto gli ospiti principali all'evento?" Somber decise di tirar via il dente, in modo da evitare inutili fronzoli che avrebbero solo aumentato la tensione nell'ambiente.
"Oh! Parlava di quello..." biascicò Soyo, senza perdere il suo zelo.
Allora davvero non aveva detto nulla a Kojiro. Somber rimase sorpreso da quella prova di fiducia da parte della compagna, e si chiese quale potesse essere il suo secondo fine, a quel punto.
"Perspicace come di consueto, Somber caro." affermò, gaio, Kojiro. "Allora... qual è la verità?" Le ultime parole furono pronunciate come se rispondere fosse un obbligo, non più una richiesta. Gli occhi del ragazzo si spalancarono appena, mostrando due glaciali e minacciosi occhi grigi sormontati dai capelli lisci di un arancione tenue, che tentavano di leggere la risposta in quelli neri misti al verde di Somber.
"I nemici sono riusciti a fuggire un attimo prima dell'esplosione, grazie alla velocità notevole di cui dispone Dorothy Goover." Quest'ultimo omise il motivo per il quale erano stati capaci di farlo proprio al momento giusto. Ovvero che era stato lui a gridarglielo, disperato.
Percepì le iridi di Kojiro scavare dentro di lui ancora alcuni secondi, nel tentantivo di trovare aperture nel suo velo di bugie, nel suo muro inflessibile.
Alla fine, l'interrogatore cedette, non prima di aver fatto sudare freddo la sua vittima, e si voltò di colpo, riacquistando i suoi modi alla mano.
"Bene, bene! Sono felice di sapere che non vi abbiano creato nessun problema, amici miei. Ora potete andare." Li congedò con un rapido gesto della mano sinistra, tornando dietro al suo tavolino.
"Ah, quasi dimenticavo..." aggiunse, quando Somber e Soyo furono sulla soglia del tendone. "Troverete due nuove reclute sull'altura qui vicino, è lì che voi due passate il tempo libero, giusto? Trovo che sia un ottimo posto per apprendere il Kaika, fate in modo che lo facciano in fretta!"
I due annuirono, per poi lasciare la tenda e ritrovarsi nell'accampamento. Somber si rese conto di essere madido di sudore per la pressione a cui Kojiro l'aveva sottoposto solo parlandogli. Ma ciò che quell'uomo diceva tagliava più di molte delle lame più affilate, era in grado di intimorire con uno sguardo o con una frase pronunciata in modo arguto al momento giusto. Era una persona davvero spaventosa.
"Allora torniamo nel nostro posto, Somberino?" chiese Soyo, inclinando il capo di lato con un gran sorriso. "Non facciamo aspettare queste nuove reclute, sono proprio curiosa di conoscerle!"
Somber acconsentì con un cenno, anche se in cuor suo sapeva che quello non era affatto il loro posto.
Ormai gli appariva chiaro che non c'era alcun luogo in cui potersi rifugiare da Nakajima Kojiro.
Saito ammirava l'oceano sconfinato che si estendeva davanti ai suoi occhi, i capelli oscillanti nella corrente piuttosto impetuosa che spirava quel giorno tra le acque profonde tinte di un blu cobalto, delle quali varie onde si infrangevano irruente sulla superficie lignea dello scafo corazzato.
La nave della Compagnia Commerciale Santos&Co. avanzava sicura, tagliando la tenue tela liquida sotto di essa. Appoggiato al parapetto, lo spadaccino del sangue era immerso nei suoi pensieri, come spesso gli capitava. Ma stavolta nessuno lo interrompeva con lamentele o mugugni vari, non c'era alcun collega o longevo compagno a strapparlo via alle sue rimuginazioni, dunque persisteva in esse, mentre il suo animo s'oscurava progressivamente.
"Tutto solo alla mercè dell'oceano? Guarda che se non stai attento potrebbe attirarti a sé. Il mare è un padrone ingannevole." Saito non aveva notato la presenza di Amber alle sue spalle, minuta com'era, e avvolto com'era lui nelle sue riflessioni.
"Antonio ha finito di molestarti per oggi?" ironizzò il rosso, un mezzo sorriso che si faceva strada sul viso tagliente.
"Non lo fa così spesso come sembra." rise Amber. "Si comporta come un imbecille in pubblico, ma in realtà è una persona alquanto empatica quando vuole."
L'espressione sorniona negli occhi di Saito fece comprendere alla giovane marinaia che già conosceva quel lato di Antonio. D'altronde, ci era cresciuto assieme. E lei, dal canto suo, poteva vantare molti anni passati in qualità di sua vice per la compagnia, di fidata collega e amica.
Nonostante rispettasse il legame che Antonio condivideva con Saito Okajima, tutto sommato non credeva di essere da meno in quanto a importanza nella vita del socio, nel suo piccolo. Non era mai successo nulla tra loro, nonostante lui persistesse nel comportarsi in maniera ambigua con il suo sarcasmo, ma in molte occasioni entrambi erano riusciti a dimostrare l'affetto e la fiducia che l'uno provava per l'altra.
"Tra circa un mese dovremmo sbarcare sul Continente meridionale." informò Amber. "Antonio è nato lì." continuò. Di questo non le aveva mai parlato, magari Saito ne sapeva qualcosa in più: era curiosa al riguardo.
"Beh, non che ci abbia vissuto." sbottò Saito. "Dal poco che mi ha raccontato, so che apparteneva a una famiglia di mercanti, prima che la loro attività fallisse quando era ancora un bambino. A quanto pare, qualcuno lo fece imbarcare da clandestino su un mercantile per il Continente centrale, dove fu trovato da Fujiwara al porto. Oltre questo non so altro, non ho mai chiesto e Antonio non è tipo da rivangare il passato."
"Un trovatello quindi, eh?" Sorrise dolcemente Amber. "In effetti, mi aveva solo accennato che provenisse da mercanti, ma immaginavo fosse un tipetto che si arrangiava già da bambino." disse, arzilla.
Saito esitò un attimo, fissando la marinaia di sottecchi con le braccia posate sulla ringhiera. "Voi due come vi siete conosciuti?" Si decise a domandarle, desideroso di sapere.
I versi di alcuni pellicani che svolazzavano in zona cullarono la lieve risatina che Amber produsse, al ricordo del loro incontro.
"Io non ho mai avuto il senso degli affari o il fiuto per le occasioni come Antonio. Nonostante mia madre gestisse un peschereccio a Cobalt e quindi avesse a che fare con clienti e merci, non ho ereditato questa abilità. Sono sempre stata un tipo più adatto all'organizzazione, alla sicurezza, troppo impaurita per sbilanciarsi." Le palpebre tese di Amber si arcuarono con tenerezza, intrise di nostalgia. Saito ascoltava, incuriosito dalla nota d'affetto che leggeva in lei. "Per questo, quando mia madre si ammalò e non fu più in forze per dirigere il peschereccio, mi feci in quattro per tentare di impedire che fallisse, ma non ero proprio portata per riuscirci da sola come era capace lei, e quindi dopo un po' rimasero solo i clienti affezionati. La nostra attività rischiava di scomparire, nonostante i miei impegni. Fu allora che conobbi Antonio."
"Dunque, provieni da Northfield? Dall'aria rigida che hai di solito ci avrei scommesso." punzecchiò in tono amichevole Saito.
"Scemo!" esclamò lei, sghignazzando. Quel lato socievole ed estroverso di Amber era piuttosto inedito agli occhi di Saito, ma pensò che non gli dispiaceva affatto.
Intanto, la giovane donna proseguì. "Era finita la guerra da poco e mi davo da fare come sempre per coprire le poche tratte commerciali che ci erano rimaste. Una mattina, dal nulla, apparve quel lazzarone dalla pelle olivastra con un gran sorriso fuori luogo sul volto, affermando che sia io che la mia attività gli interessavano e se avessi lasciato che fosse lui a dirigere il tutto con me al suo fianco, avrebbe triplicato le sue dimensioni. Naturalmente, dato che in realtà era solo un barbone che dormiva tra i fasci di paglia nella stiva, lo cacciai a calci. Il giorno dopo, però, con mio enorme stupore, notai che il nostro piccolo battello era diventato d'un tratto tre volte più grande, e Antonio mi fissava con un'aria da ebete sul volto. Di primo acchito pensai che fosse la sua nave e volesse ricattarmi, ma quando mi avvicinai per chiedere spiegazioni riguardo l'ubicazione del mio battello, mi spiegò che ci stavo camminando sopra."
"Kaika?" dedusse Saito, perspicace.
"Già, fu un colpo per me scoprire della sua esistenza. Ma per qualche ragione, Antonio aveva davvero triplicato le possibilità del mio mezzo di trasporto, dunque decisi di dargli una possibilità, anche per apprendere di più su quel potere misterioso che aveva utilizzato e del quale mi parlò. In pochi mesi, con me al suo fianco a dirigere le questioni burocratiche e tecniche per il quale era negato, grazie alla sua propensione innata per gli affari che compensava la sua inettitudine in praticamente tutto il resto, i clienti aumentarono in misura notevole, finché persino aziende importanti iniziarono ad affidarci tratte per il trasporto delle loro merci." Amber sorrise, gli occhi verdi arricciati tra le ciocche di capelli lisci e biondi come paglia. "Grazie al denaro che abbiamo accumulato, mia madre riposa in aperta campagna, tra l'aria pulita e incontaminata, con l'animo leggero per la consapevolezza che la sua attività è cresciuta e prosperata. Antonio ha risollevato le sorti di tutte e due, e di questo gli sarò eternamente grata." concluse.
Saito scrutò l'orizzonte, le terre grigiastre e azzurrine del Continente centrale che diventavano sempre più distanti, più sfocate. "È sempre stato un bonaccione sempliciotto." disse, voltandosi e appoggiando la schiena al parapetto con aria distaccata, il viso rivolto verso l'alto. "Ma sa davvero creare dal nulla qualunque cosa. Il legno è proprio il suo elemento ideale, pensandoci..."
"Già!" concordò Amber, con un sorriso sprezzante. "È una brava persona, a discapito di tutti i suoi difetti e atteggiamenti molesti."
I due rimasero in silenzio ad ammirare l'oceano nella sua vastità, tra i pellicani che si libravano sull'acqua salata, catturando pesci al volo, e la salsedine trasportata dalla brezza violenta che soffiava da ovest, scompigliando i capelli di entrambi. Ben presto sarebbero sbarcati a Lyam, la capitale dell'omonimo regno dalle dimensioni mastodontiche situato sulle sponde del Continente meridionale.
Inaspettate novità attendevano tutti loro in quelle terre calde e aride.
Sul sentiero terroso in salita che conduceva al promontorio dove le due reclute indicate da Kojiro attendevano, Somber e Soyo proseguivano in una deambulazione compassata, confortati dalla frescura boschiva che li avvolgeva.
L'ex Guardian era ancora scosso nell'animo per la recente conversazione con il leader dell'Esercito Guerrigliero, e in misura uguale per l'inaspettata copertura che Soyo gli aveva fornito a sua insaputa. Non aveva accennato a Kojiro del fatto che lui avesse salvato Dorothy, Alex e gli altri. Di nuovo, Somber era rimasto spiazzato dal comportamento della partner: oramai ignorava dove riponesse la sua fedeltà e quali fossero i suoi reali intenti.
"Soyo... perché l'hai fatto? Per quale ragione hai deciso di tenere all'oscuro Kojiro delle mie azioni?" Alla fine optò per chiederglielo in modo diretto. Era stufo di trattenere i suoi pensieri.
Lei lo guardò per una frazione di secondo, poi abbassò il capo.
"Eh eh, voglio scoprire cosa ti passa per la mente!" rivelò, un po' stralunata. "Se avessi spifferato tutto, Kojiro avrebbe tentato di punirti e tu saresti scappato via o più probabilmente morto. Non mi sarei affatto divertita se ciò fosse accaduto, sai... invece, ho intenzione di tenerti d'occhio di persona in modo da scavarti dentro e svicerare i tuoi pensieri. D'ora in poi ti starò ancora più appiccicata, sarà divertente! Sei contento?"
Somber non sapeva cosa pensare, ma in un certo senso, sebbene non si fidasse affatto di quella particolare ragazza, sapere che aveva mentito per salvarlo lo faceva sentire bene.
"Sto scoppiando dalla gioia, guarda..." bofonchiò. "Tanto sono abituato a essere spiato da te mentre dormo, mi chiedo come potrai essermi ancora più vicina di così."
"Devo assicurarmi che tu non decida di compiere altre follie, no? Sei sotto la mia responsabilità." asserì con aria fiera Soyo.
"A ogni modo, nemmeno Yuki ha rivelato nulla a Kojiro..." implicò Somber. Gli era balenata d'improvviso in testa la sua immagine fuori dal tendone, mentre si scambiava un'occhiata complice con Soyo.
"Yuki e io ci conosciamo da molto prima che arrivassi tu. Se gli chiedo qualcosa, lui si fida e la esegue, e viceversa. Non che si sia risparmiato nelle proteste all'inizio... Non gli vai particolarmente a genio." ribatté quest'ultima.
"La cosa è reciproca." farfugliò l'altro. "È uno psicopatico asociale."
"Detto da te, poi..." controbatté Soyo.
La conversazione si spense così, e i due ragazzi legati da una distorta lealtà, se così poteva essere chiamata, sbucarono sul prato dell'altura su cui erano diretti, passando oltre gli ultimi alberi dal fogliame tinto di tonalità calde tipiche dell'autunno che contornavano il sentiero.
In lontananza, due sagome esili erano sedute in prossimità del precipizio che dava sull'accampamento.
La prima, un ragazzo dai corti capelli castano scuro voltato di spalle, guardava il cielo a gambe incrociate sull'erba. La seconda, una giovane dalla lunga chioma nera, scrutava le tende sotto di lei con una gamba penzolante nel vuoto.
"Saranno quei due, le reclute?" si chiese Soyo.
"Per forza, non vedo altre persone oltre loro." replicò Somber, calmo.
Quando si furono avvicinati ai due, la ragazza si accorse per prima del loro arrivo e si alzò, mostrando il volto roseo impreziosito da chiarissimi occhi azzurri e un minuscolo naso all'insù. L'altro si limitò a rivolgere loro un'occhiata di striscio.
"Piacere!" cinguettò la giovane, che aveva l'aria d'essere un po' più giovane di Somber. "Voi siete gli insegnanti di cui ci ha parlato Kojiro? Io mi chiamo Emily. Spero che andremo d'accordo!" Tese la mano verso di loro, con un gran sorriso che si faceva strada lungo la sua pelle setosa.
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