Capitolo 101

Il portone si spalancò e dall'uscio fece capolino l'immagine di Miss Gilda, con un gran sorriso sul volto. Alex rimase sorpreso nel rivederla uguale a come la ricordava quattro anni prima. La sua aria severa ma calorosa e amorevole mai avrebbe potuto confonderla.

"Sei tornato alla fine, Alex. Che piacere rivederti, come sei cresciuto!" lo accolse con affetto la donna dal sottile caschetto nero pece come i suoi occhi dal taglio basso, dietro un paio di occhialini dalla montatura leggera.

"Eccomi, miss Gilda." sorrise Alex, la chioma sferzata dalla lieve pioggerella autunnale. "Lei invece la trovo sempre identica, non è cambiata di una virgola!"

Gilda sghignazzò, come sempre faceva quando Alex sfoggiava la sua natura gentile.

"Il solito adulatore tenerone, eh?" lo punzecchiò. "Dai, non restare sotto la pioggia, entra pure. Vedo che hai una bella ragazza ad accompagnarti. È la tua fidanzata?"

"A-ah, ecco..."

Dorothy prese Alex sotto braccio con un'espressione gioconda sul volto. "Esatto! Noi due stiamo insieme! Mi chiamo Dorothy Goover, è un onore incontrarla." confermò. "Mi aspettavo una donna più ermetica, e invece sembra essere proprio alla buona!" pensò, piacevolmente stupita, mentre stringeva la mano alla direttrice dell'orfanotrofio.

"Ma che carina! Forza, prendiamoci un tè tutti insieme mentre parliamo." Gilda li lasciò entrare, la porta produsse un piccolo cigolio che Alex riconobbe all'istante, rimembrando con malinconia i tempi in cui udiva quel rumore acuto ogni giorno, quando entrava e usciva dall'accogliente casa insieme a Peter, per sfrenarsi nel cortile fino all'arrivo della tramontana.

Spesso capitava che scavalcassero di nascosto il cancello sul retro per esplorare la zona attorno e inventarsi storie nella natura di cui loro erano i protagonisti. Si divertivano davvero un mondo. Erano tempi semplici, quelli. La sua infanzia.

Gilda li condusse al piano inferiore, oltre la scalinata che sorgeva a destra, accanto alle cucine, non appena si oltrepassava il pianerottolo. Si accomodarono nella stanza in fondo al corridoio che fungeva da soggiorno e sala da pranzo. Infatti, al centro era piazzato un tavolone di legno dove i bambini solevano consumare la colazione di mattina, mentre sulla sinistra, accanto a una larga finestra impreziosita da graziose tendine verde chiaro, c'erano due poltroncine di stoffa dal colorito fulvo sulla quale si sedettero Miss Gilda e Alex, attorno a un comodino dove era appoggiato il servizio da tè in ceramica. Dorothy dovette prendersi una sedia e trascinarla accanto ai due, dopo aver rassicurato Gilda sul fatto che avrebbe potuto arrangiarsi da sola nello spostamento.

Di solito era lì che la donna osservava i bimbi mentre mangiavano, sfogliando nel frattempo il giornale.

"Allora, Alex, ho saputo che in questi anni tu e quel testardo di Peter ne avete fatte di cose... Sui giornali si è parlato molto di voi come Guardians promettenti. Alla fine l'avete superato, quel concorso." esordì Gilda con la sua giovialità. "Sembra che lasciare Jolly Hall abbia fatto la vostra fortuna! Ma dov'è quel pelandrone del tuo amico, poi? Non è potuto venire?"

Alex ridacchiò con aria nervosa, grattandosi il capo. "Eh eh, in effetti ci siamo dati da fare. In appena un anno abbiamo affrontato tantissime avventure insieme a Dorothy e un altro nostro amico. Anche se ora Peter..." Esitò. Avrebbe voluto riferire alla sua ex tutrice che il suo migliore amico aveva strappato la tessera da Guardian e si era ritirato presso un'ubicazione a lui ignota, ma pensò che tutto sommato non serviva far preoccupare miss Gilda a vuoto.

D'altronde, Peter sapeva il fatto suo, di sicuro se la stava passando bene ovunque fosse. Non aveva bisogno che qualcuno si preoccupasse per lui.

"Beh, lui ora è molto impegnato in un addestramento personale quindi non gli è stato possibile accompagnarmi, ma ci tiene a farle sapere che sta bene. Ecco, qui c'è una sua foto recente." Alex ripiegò su una mezza verità e mostrò alla donna dal proprio cellulare un'immagine di Peter in un luogo immerso nella natura, seduto su di un tronco d'albero abbattuto con il pollice alzato. Al suo fianco c'era una sorridente anche se un po' timida Karen, che non amava le fotografie. "Questa me l'ha inviata un paio di mesi fa." spiegò il ragazzo.

"Com'è cresciuto... Sempre spregiudicato, eh? E sembra abbia trovato anche lui una bella ragazza, ne sono felice!" commentò Gilda. "A proposito, ma tu non sarai per caso quella Dorothy Goover di cui sento parlare spesso? Eri coinvolta in una spedizione per il Continente orientale se non sbaglio." si rivolse d'un tratto alla giovane Guardian accanto ad Alex, alla quale si illuminò il volto.

"Oh! Quindi mi ha riconosciuta? Ho fatto anche tante altre cose oltre a quella spedizione, sa? Come spot televisivi, o la modella per dei cartelloni pubblicitari..." Mentre Dorothy prendeva a elencare con grande baldanza tutti i suoi contratti, muovendo con superbia l'indice nello spazio tra il naso e la bocca, Alex fu colto da un dubbio improvviso.

"Miss Gilda, per caso Emily è ancora qui a Jolly Hall?" domandò.

Dorothy si voltò di getto verso di lui, come a studiarlo. "Emily? E chi è questa Emily?" si chiese.

Miss Gilda intanto abbassò il capo, scura in volto. "Avrei voluto parlartene perché so che le eri molto affezionato, ma non sapevo se fosse giusto appesantire l'atmosfera dopo tanto che non ci vedevamo. Vedi, Alex... anche Emily purtroppo è fuggita circa un anno fa." rivelò la donna.

"Cosa?! E perché mai? Non mi dica che è per seguire le orme mie e di Peter!" scattò in piedi Alex, sconvolto dalla notizia.

"Siediti, Alex... I bambini si allarmeranno." lo ammonì Dorothy, fissandolo con aria preoccupata. "Sono sicura che ci sia una ragione per cui questa Emily sia fuggita." Provò poi a rasserenarlo. Avrebbe voluto vederci chiaro sull'identità di quella misteriosa compagna di Alex, ma allo stesso tempo non osava intromettersi nel suo passato, nel periodo che apparteneva solo a lui.

Qualunque fosse il legame che Alex e Peter conservavano con Emily, Dorothy aveva capito di non possedere il diritto di indagare o metter bocca nel vissuto altrui. Soprattutto se si trattava di una persona che amava. Aveva già commesso tale errore con Somber e per quella ragione era quasi arrivata ai ferri corti con Peter, rischiando di perderlo. Nonostante questo, però, sentiva che la curiosità già iniziava a divorarla.

"Dorothy ha ragione. Calmati, Alex." disse Gilda con un gesto secco della mano. "Quando voi due lasciaste l'orfanotrofio, Emily ne soffrì ma non tentò mai la fuga, asserendo che non avrebbe imitato il vostro comportamento perché non possedeva lo stesso coraggio. Questo mi fece sentire sollevata, ma un paio di anni fa Emily iniziò a cambiare. Pareva avesse scoperto qualcosa che non voleva rivelare, si ombrò molto, distaccandosi da tutti, lei che era sempre stata gentile e disponibile verso il prossimo. E, infine, l'anno scorso è fuggita nel cuore della notte." La tutrice sospirò, abbassando il capo.

"L'ho cercata ovunque, ho assoldato diversi investigatori e mi sono rivolta persino alle guardie del governo, ma nessuno è mai riuscito a trovarla. Questo è un orfanotrofio piccolo, non dispone di sorveglianza o cose del genere. Emily non è come te e Peter, è incredibilmente fragile... Se nei tuoi viaggi dovessi trovarla, Alex, ti prego di farmelo sapere. Sono molto preoccupata per lei."

"Certo, la troverò di sicuro, miss Gilda. Non ne dubiti." la tranquillizzò Alex, determinato come poche volte Dorothy l'aveva visto.

"Terremo gli occhi aperti." gli fece eco quest'ultima, rivolgendo uno sguardo rassicurante alla donna.

Gilda sorrise di cuore. "Vi ringrazio." sospirò, stanca.

Solo in quel momento Alex notò i segni dell'età su di lei, riposti in quella spossatezza che la sua espressione tradiva. Doveva essere stressante, crescere tanti bambini diversi con le proprie esigenze in tutti quegli anni, seppur non fossero in gran numero. Il ragazzo pensò che miss Gilda fosse davvero una persona di indole buona, e dentro di sé la paragonò al maestro Fujiwara.

Dopo alcuni minuti passati a chiacchierare in maniera più leggera, i due ospiti decisero di ritirarsi e salutarono con calore la proprietaria della casa d'infanzia.

"È stato un piacere rivederla, miss Gilda. Spero di rincontrarci ancora presto, magari la prossima volta con Peter." la salutò il biondo, allegro.

"È stato un onore anche per me." Dorothy esibì un mezzo inchino in segno di rispetto.

Ma quando furono sull'uscio, Gilda li richiamò di punto in bianco. "A-Alex, aspetta un momento..." Non poteva lasciarlo andar via senza almeno avergli accennato ciò che la tormentava. Che l'aveva sempre ammorbata fin da quando lui era piccolo. Di Peter non aveva mai saputo nulla a parte il suo nome, ma per Alex invece la situazione era diversa. Doveva sapere, ed era compito di Gilda far sì che accadesse.

Il ragazzo la fissava dubbioso con i suoi tenui occhi azzurri schiariti dalla fioca luce esterna, nei quali aveva in parte conservato la sua ingenuità. La sua purezza.

Dorothy fu colta da un sinistro presentimento, e provò uno sgradevole sfarfallio nello stomaco.

Alla fine, miss Gilda decise di provare quantomeno a chiederglielo.

"Alex... vorresti sapere chi sono i tuoi genitori?"

Con l'incombere del tramonto, i due compagni salutarono la direttrice dell'orfanotrofio e rimasero soli l'uno accanto all'altra nel cortiletto pervaso dalla quiete. Dorothy chiamò Lily per invitarla a tornare, così da avviarsi assieme alla South Arena, che distava una quindicina di chilometri da quell'ubicazione.

Alex era rabbuiato da ciò che miss Gilda gli aveva svelato poco prima, e durante la telefonata la ragazza di tanto in tanto gli lanciava occhiate apprensive.

"Johan e Clarence Hill." Le parole della tutrice rimbalzavano in ogni angolo della testa di Alex, senza concedergli pace. "Questi sono i nomi dei tuoi genitori. Ti portarono qui quando eri in fasce, affidandoti alle mie cure. Dissero che ti amavano con tutti loro sé stessi ma non erano in grado di mantenerti e non volevano che tu morissi di fame. Avevano perso la loro casa a causa di ingenti debiti ed erano finiti in strada. Mi assicurarono che sarebbero tornati a prenderti, ma non so che fine abbiano fatto e se siano ancora vivi da qualche parte. Non te ne ho mai parlato perché non sapevo se sarebbero davvero tornati e non volevo illuderti. Perdonami, Alex. Eri un bambino così spensierato e gentile..."

Gilda aveva poi mostrato ad Alex una foto che i suoi genitori le avevano lasciato nel caso lei avesse deciso di rivelargli chi fossero. Entrambi erano biondi come lui. Clarence, però, sua madre, aveva occhi blu marino uguali a quelli di Sybil che le decoravano il viso pulito. Era una donna bassina con i fianchi stretti e armoniosi e un gran sorriso innocente. Johan, invece, sfoggiava un paio di iridi azzurrine simili a quelle di Alex ed era più o meno alto quanto lui ma con un volto più duro contornato da una barbetta rasata. Dava l'idea di un uomo paziente e posato.

Quando Alex aveva chiesto alla governante se sapesse qualcosa di una bambina di nome Sybil, lei lo aveva informato che i due avevano accennato a una sorellina colta da una malattia neurodegenerativa improvvisa, che avevano dovuto affidare a un centro di cure specializzato a cui facevano visita ogni giorno, ma oltre questo non sapeva altro.

Attualmente, Alex fissava il pavimento con occhi privi di luce. Ora sapeva da dove proveniva, conosceva il suo cognome, Hill, ma non aveva idea di dove fossero i suoi genitori. E a dire il vero, neanche se almeno fossero vivi.

"Lily e Marcus stanno arrivando. Se non ce la fai, Alex, chiedo loro di accompagnarti davanti al mio appartamento." lo interpellò Dorothy, in tono basso e più delicato possibile.

"No, ti accompagno all'arena. Ho bisogno di non pensare a niente per adesso." replicò Alex, con voce quasi robotica per quanto fosse priva di emozione.

Dorothy si approcciò a lui, incerta, cingendolo piano in un abbraccio dapprima debole, poi intenso nel momento in cui il ragazzo le strinse con forza la giacca.

"Non sono mai tornati a prendermi." sussurrò, mentre Dorothy accarezzava i suoi ciuffetti lisci e luminosi.

"Potrebbero non essere vivi... Ti amavano, Alex, e amavano anche Sybil. Non volevano crescervi in povertà." Tentò di rincuorarlo lei.

Alex scosse la testa. "Lo so... ma la convinzione secondo cui i miei genitori abbiano deciso di abbandonarmi perché mi considerassero un peso non vuole saperne di tormentarmi. Per me è inevitabile che mi faccia sentire come se chi mi ha donato la vita non mi desiderasse." Il giovane incrociò lo sguardo con Dorothy, che vedendolo in quello stato dovette trattenersi dal piangere. Voleva essere forte per lui in quel momento cupo.

"Alex, non dire così, ti prego." bisbigliò.

"È la verità. Non ci ho mai pensato davvero finora, anzi ero convinto che non mi interessasse scoprire chi fossero i miei genitori, poiché se mi avevano lasciato in orfanotrofio significava che non avevano intenzione di crescermi. Ma ora che ho visto i loro volti, è tutto diverso... Sarebbe stato bello, davvero bello, poterli conoscere, amarli, sentirmi essenziale per qualcuno. Ma a quanto pare non lo sono nemmeno per loro due, altrimenti avrebbero fatto di tutto per riavermi!" si sfogò Alex, a denti stretti. Si era sempre tenuto tutto dentro, non aveva mai esternato in modo palese i suoi desideri o sentimenti come quella volta.

Alex era un tipo tranquillo, controllato e introverso, forse fin troppo. E questo lo portava a non esprimersi mai del tutto, a risiedere in un limbo di incertezza in cui si accontentava di farsi trasportare dalle emozioni altrui piuttosto che imporre le sue. Per questo Dorothy era profondamente stupita di vederlo in quello stato di rabbia e tristezza, e allo stesso tempo la cosa le recava un immenso dolore.

"Tempo fa ti ho detto che per me sei una luce, ricordi?" gli bisbigliò in un baleno, il viso vicinissimo al suo. Alex sussultò appena, e annuì, come a confermarle che rimembrava. "Quella volta tu scendesti fin sulla piattaforma del ring alla South Arena per incoraggiarmi, e io mi sentii ricolma di calore. Da allora il mio sentimento è rimasto sempre uguale, Alex. Tu sei essenziale! Lo sei per me e sarà sempre così."

Dorothy gli prese il viso tra le mani e lo guardò negli occhi con un'intensità che quasi lo spaventò. Sembravano urlargli: "Io ti voglio", con un desiderio che aveva qualcosa di famelico, oltre che tenero. Quando infine le loro labbra si unirono, e Alex percepì il calore del palato e in seguito della lingua di Dorothy, si sentì completamente sopraffatto da un desiderio che dirompeva in lui ed era trasmesso nell'altra. Il respiro di Dorothy che diveniva un tutt'uno con il suo aumentava l'intensità di quella sete secondo dopo secondo, Alex si ritrovò a stringerle così forte le guance da farle arretrare il collo. Ma ciò la rese solo più coinvolta in quella passione travolgente.

"A-Alex..." Prese fiato la ragazza. Gli occhi della compagna continuavano a gridargli con ardore quanto volessero averlo, e lui era catturato da essi.

Alcuni acuti suoni di un clacson in avvicinamento però estinsero quelle fiamme dirompenti in un istante, risuonando con un motivetto allegro.

"Insomma, Lily, non suonare il clacson al posto mio." Udirono sbottare Marcus, mentre provava a tenere a bada l'armoniosa collega.

Dorothy e Alex si staccarono in fretta e furia, e cercarono di ricomporsi più velocemente che potevano. Ciò che avevano provato per quegli impetuosi secondi però si era ormai impadronito di loro, e sentivano che il legame che li univa aveva subito una limpida e radicale evoluzione.

Durante il tragitto, Dorothy conversò in tono amichevole con Lily del più e del meno, mentre Alex e Marcus si scambiarono alcuni pareri sporadici sulla situazione sociale nelle varie città del Continente centrale in seguito allo scoppio della guerra, menzionando anche Peter e chiedendosi quando sarebbe ritornato.

"Per padroneggiare l'Energia Oscura è necessario davvero tanto impegno e concentrazione mentale assoluta, il che richiede tempo. Anche se adesso credo che Peter sia più libero al livello psicologico per potervisi dedicare appieno." aveva asserito Alex.

"Sono curiosa di scoprire anche i miglioramenti di Karen!" era poi intervenuta Dorothy.

Lily e Marcus ricordavano in modo vago la ragazzina dai capelli rossi che aveva affrontato Alex anni prima, perdendo. Dunque, si erano dichiarati propensi a rincontrarla per conoscerla meglio quando sarebbe tornata.

Allietati dall'atmosfera leggera che si era venuta a creare, i quattro compagni giunsero alla South Arena in poco più di un'ora e mezza. Marcus parcheggiò nel posto auto dedicato agli ospiti d'onore, grazie a Dorothy che era la star principale dell'evento, e insieme a Lily si recò nel vasto giardino all'esterno del maestoso edificio in plexiglass e cemento, mentre gli altri due entrarono, diretti agli alloggi al piano di sopra.

Dorothy chiese esplicitamente ad Alex di accompagnarla dentro per aiutarla a prepararsi. Così, i due investigatori privati si ritrovarono da soli, accomodati su di una panca in legno, cullati dalla brezza fresca successiva al temporale della giornata autunnale, e circondati dal verde dell'erbetta cosparsa di rugiada, mentre il sole si apprestava a tingere d'oro e di rosa l'orizzonte con l'inoltrarsi del vespro.

Lily era insolitamente calma e il suo sguardo appariva piuttosto torvo, quasi analitico. Marcus la osservò, alzando dubbioso una delle folte sopracciglia color vermiglio.

"C'è qualcosa che ti turba?" le domandò, cauto.

Lei si voltò appena verso di lui, con un sorrisetto di quelli pacati che sfoggiava solo quando era sola col suo partner.

"Ti accorgi sempre di tutto, eh?" Ridacchiò.

"Soprattutto per quel che riguarda te." scherzò a sua volta l'uomo. "E poi farei la fame se non avessi intuito col lavoro che faccio. Dai, dimmi cos'hai."

"Niente di grave." lo tranquillizzò la giovane donna. "È solo che mi sembrano cambiati, quei due."

"Dorothy e Alex? Beh, sono cresciuti, no? È normale che il rapporto che li lega muti insieme a loro." affermò Marcus, accendendosi intanto una sigaretta.

"Il cambiamento mi spaventa un po', e di recente pare che tutto intorno a noi stia venendo stravolto... Ho il timore che questa guerra in corso possa portarci via tutto, quando arriverà al suo culmine. Almeno noi restiamo così come siamo, Marcus." Lily si aprì e strinse la mano del compagno, il quale la fissò un po' sconcertato, ma ricambiò con un ghigno caloroso.

"Sì, te lo prometto." Le poggiò una mano grande e callosa sul capo, scompigliandole i capelli di seta.

"Ehm, scusate, voi due." Una vocina chiara e squillante li interruppe e catturò la loro attenzione. "Sapete per caso dove posso trovare Dorothy Goover? Devo partecipare a un evento insieme a lei, oggi..."

Dinanzi a loro si era palesata la sagoma di una ragazza mingherlina con una folta cascata di capelli rosso fuoco sfumati di giallo da un lato. Il suo sguardo era timido ed educato, ma allo stesso tempo in esso risiedeva un'implacabile energia vitale.

"Per caso tu sei...?" farfugliò Marcus, esitante.

La ragazza rivolse ai due un sorriso solare e tese una mano in avanti.

"Mi chiamo Karen Gazinsky, per caso ci siamo già incontrati?"

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