Capitolo 100
Saga della Seconda Guerra Rossa
Miss Gilda avanzava affannosamente tra le mura lignee del corridoio al piano superiore, cercando in tutta fretta di raggiungere le rampe di scale in ebano nero pochi metri di fronte a lei. Oltrepassato il breve tratto, i suoi passi echeggiarono lievi sui gradini cigolanti della scalinata, e discese con l'avambraccio riposto sul bracciolo fino a sbucare nell'atrio. Già si udivano le grida e i pianti fragorosi provenire dall'esterno, e nel mentre una piccola bambina dal crine di corvo e gli occhi celesti le venne incontro tutta agitata, prendendo a scuotere le braccia in tutte le direzioni.
"Miss Gilda! Di nuovo i maschi! Hanno fatto a botte e Reggie si è fatto male, e Pet-" la mano rassicurante della donna sul capo della bimba placò all'istante la sua frenesia.
"È tutto a posto, Emily. Me ne occupo io." le sorrise come farebbe una madre e l'ansia in Emily si assopì come se un improvviso temporale estivo avesse soffocato le fiamme divampanti dell'incendio scoppiato in un bosco.
Miss Gilda si approcciò al portone d'ingresso con decisione e lo spalancò, ritrovandosi davanti il cortile curato e immerso nella secca brezza di un assolato pomeriggio autunnale.
La scena al suo cospetto, oltre il pianerottolo dell'orfanotrofio Jolly Hall, appariva alquanto singolare.
Un ragazzino di stazza superiore rispetto a tutti gli altri singhiozzava accovacciato sul terreno di fronte alle figure di due giovanotti, uno dai capelli biondi, lisci e delicati come fili di paglia, e l'altro con la ribelle chioma castana sparsa qua e là sul capo. Il secondo si ergeva fiero in piedi con le maniche tirate lungo le esili braccia, mentre il biondino era seduto sull'erba e si stava asciugando gli occhi sferzati dalle lacrime con la maglietta di una taglia superiore alla sua.
"E non fare più il gradasso col mio amico, mi hai sentito? Altrimenti te la vedrai coi miei pugni!" sbraitò il castano, gli occhi blu come le acque più alte dell'oceano fissi sulla vittima, minacciosi.
"Te la farò pagare!" piagnucolò il ragazzo robusto. "Ti farò picchiare dai miei amici!"
"E falli venire, non importa quanti siete, vi metto tutti sotto se infastidite Alex." reagì l'altro.
"Peter, Alex! Che state facendo a Reggie? Non bisogna litigare con gli altri bambini, ve l'ho detto mille volte! Siamo tutti una famiglia." Miss Gilda si interpose tra i tre e prese Peter per le orecchie, trascinandolo dentro. "Ora tu e Reggie sbuccerete le patate per tutto il resto del pomeriggio. Forza, venite."
Il giovane Peter emise un prolungato lamento, così come Reggie.
"Ma non è colpa mia! Questo campagnolo ha dato fastidio ad Alex, e io l'ho solo difeso!" Peter tentò di far valere la propria causa.
"Non voglio sbucciare le patate!" protestò al contempo Reggie.
Ma Miss Gilda era irremovibile e li trascinò con sé lungo la traversata per le cucine. "Non si discute, brutte pesti. Forza, venite con me o sono dolori." sibilò, seguita dai due con riluttanza.
"E va bene..." borbottò Peter.
Nel frattempo, sotto un imponente albero sempreverde, il gracile Alex fu raggiunto dall'ancor più minuta Emily, che gli tese una mano con fare amichevole.
"Ce la fai, Al?" Gli offrì un gran sorriso a trentadue denti.
Alex, che apprezzava la gentilezza più di ogni altra cosa, si illuminò in volto e accettò la manina della compagna.
"Sì, grazie, Emily." disse, gli occhi azzurrini simili a un cielo pomeridiano leggermente oscurati dall'ombra che l'amica proiettava su di lui.
Le stesse iridi azzurre ora brillavano sotto il firmamento limpido che sovrastava la città di New Spring. Era davanti all'appartamento di Dorothy e attendeva la ragazza con aria un po' fervente. Di lì a poco sarebbe dovuto uscire con lei, ma non si trattava di un appuntamento: Alex aveva deciso di visitare Miss Gilda a Jolly Hall e la partner si era offerta di accompagnarlo, con suo grande sollievo. Da solo, il nervosismo l'avrebbe divorato, d'altronde mancava da quasi quattro anni all'orfanotrofio.
Di solito Alex sapeva come mantenere la calma e i nervi saldi, ma in certe situazioni proprio non ne era capace, soprattutto quelle che riguardavano da vicino sé stesso e la propria emotività. Era troppo riservato per parlare dei suoi sentimenti e troppo sensibile per passare oltre, cercando di ignorarli. Peter al suo fianco gli aveva sempre infuso coraggio, ma adesso non c'era. Accanto a sé avvertiva un vuoto, un senso di instabilità, come se avessero tarpato un'ala a un'aquila e dovesse avanzare meglio che poteva con quella che le rimaneva.
"Alex! Eccomi, scusa il ritardo!" Una voce squillante lo ridestò.
Per fortuna c'era Dorothy. Era lei il vento che lo sorreggeva in quel faticoso volo solitario.
La giovane ragazza lo raggiunse con una corsetta atletica e si arrestò dinanzi a lui con uno dei suoi sorrisetti complici stampato sul volto.
"C-ciao, non preoccuparti, tanto sono appena arrivato!" la rasserenò Alex, che in realtà era lì da mezz'ora.
"Mi dispiace, Al, ero alla South Arena. Sai, domattina c'è quell'importante evento e dovevo partecipare agli ultimi preparativi." si vantò Dorothy.
"Come ho detto, sta' pure tranquilla. Non sei obbligata ad accompagnarmi se hai da fare..." Alex contemplò la ragazza di fronte a lui nella sua esotica bellezza.
Erano passati tre anni dall'assalto ai Vulture, e ormai la guerra con i ribelli dello Shihaiken era ufficialmente scoppiata, così Alex e Dorothy avevano dovuto affrontare da soli diversi cambiamenti. Essendo Guardians con tanto di tessera, spesso erano stati costretti a stravolgere la loro quotidianità e partecipare a operazioni difensive al fronte, sebbene fossero sempre scontri che non creavano loro problemi, essendo messi in atto da plotoni di soldati alle prime armi col Kaika, o addirittura di non utilizzatori. Per questo motivo venivano chiamati loro due, o altri Guardians che conoscevano il Kaika, a sbarazzarsene in fretta. Sembrava che i ribelli stessero solo sondando il terreno per il momento, infatti non si era fatto vivo nessun personaggio famigerato tra loro. Nemmeno Somber.
In quei tre anni, Dorothy era cresciuta tantissimo, infatti adesso aveva diciott'anni, uno in più rispetto ad Alex, e il suo corpo era ormai quello di una donna adulta, non più di un'adolescente. Si era tagliata i capelli, ora acconciati con un carrè di media lunghezza, il che faceva risaltare ancora di più il suo viso dolce e le sue pallide guance vellutate. In quel momento indossava una giacca di camoscio marrone chiaro abbottonata sul petto, che terminava sulle gambe a coprire in parte i pantaloni eleganti blu scuro. Sembrava una ragazza come tutte le altre, vestita in quel modo, e Alex la trovava stupenda.
"Ma cosa dici? Ovvio che ti accompagno! Non potrei mai lasciarti solo in un momento così importante per te." Dorothy gli poggiò una mano sulla spalla con un sorriso tenero che lo fece arrossire.
"B-bene, allora possiamo anche avviarci." bofonchiò Alex, che aveva optato per una giacca nera con cravatta grigia e pantaloni scuri.
"Aspettiamo Lily e Marcus, ho chiesto loro di accompagnarci." ribatté Dorothy.
"Non ci andiamo in volo?" fece lui, confuso.
"E rischiare di rovinarmi questo bel completo? Non possiamo mica muoverci sempre alla velocità della luce. Voglio viaggiare come una persona comune, di tanto in tanto!" affermò Dorothy. "Poi, domani ci accompagneranno anche alla South Arena per l'evento, è tutto programmato." aggiunse, gli occhi d'oro pimpanti come non mai.
"Hai pensato proprio a tutto, eh?" ridacchiò Alex, grattandosi la nuca con aria apprensiva.
"Già! Ammettilo, oltre a essere bellissima sono anche una grande organizzatrice." Dorothy gli strizzò l'occhio con fare ironico.
"E anche modestissima." la prese in giro il ragazzo.
"Che vuoi dire, mh? Vuoi che te le dia?" La giovane prese a solleticarlo e stringerlo in alcune morse degne di una professionista del judo, mentre Alex protestava e tentava di reagire.
A un tratto, quest'ultimo le prese d'impeto il viso tra le mani con vigore e la scrutò negli occhi con tale intensità da indurla quasi a distoglierli.
"Alex..." mormorò Dorothy.
"È vero che sei bellissima." le sussurrò Alex. Accanto a lei riusciva sempre a distinguere i suoi sentimenti in maniera più nitida, non aveva paura di mostrarli. Voleva renderla consapevole di ciò che lei gli faceva provare.
Dorothy esitò un momento, apparentemente immersa in uno stato di indecisione riguardo qualcosa che voleva dirgli, qualcosa che la tormentava da un po'. Alla fine, alzò lo sguardo, e incontrò ancora quello di Alex.
"Vuoi... entrare mentre aspettiamo?" propose in un soffio, le guance arrossate e un po' sudate.
"E-entrare...?"
"Ehi! Dorothy, Alex!" Il cinguettio in lontananza di una Lily affacciata al finestrino di un'auto verde, al punto da rischiare di cadere, spezzò l'incanto tra i due.
Lei e Marcus erano infine arrivati, a bordo della piccola ma solida auto del giovane investigatore privato, sullo stradone deserto che si estendeva sotto l'appartamento in cui viveva Dorothy.
"Tempismo perfetto..." pensò Alex, il cuore ancora agitato nel petto.
Non appena Marcus ebbe accostato, Lily sfrecciò fuori dall'auto per salutare con un caloroso abbraccio i suoi due amici.
"Che bello rivedervi! Come siete cresciuti in tutto questo tempo! Marcus, vieni!" canticchiò la ragazza slanciata dai capelli blu che ricadevano lungo le spalle, con una fila centrale che le conferiva un'aria infantile quanto i suoi modi. Indossava uno stiloso giubbotto porpora con maniche in pelliccia. Era autunno, ma spirava un vento piuttosto rigido, con ogni probabilità proveniente dal Continente settentrionale.
"Arrivo, arrivo, non mi dar fretta, razza di scalmanata." farfugliò l'uomo rossiccio in camicia e jeans, mentre apriva con tutta calma la portiera.
"Lily! Mi sei mancata molto!" Dorothy ricambiò l'abbraccio con affetto, mentre Alex le rivolse un cenno benevolo.
"Anche voi! Sebbene Alex l'avessi già visto insieme a Peter prima che andassero a Northfield. Ho saputo che vi è andata bene poi, bravi!" si congratulò Lily, sorridente. "Anche se non ho capito che avete fatto di preciso."
"Oh, nulla di che, ormai è passato un po'. Voi se non sbaglio avevate ricevuto un incarico insolito quel giorno, giusto?" replicò Alex, suscitando curiosità in Dorothy.
"Ah, sì, ecco..." incespicò l'investigatrice.
"Alla fine si è tutto risolto senza problemi, ho ragione?" Marcus li aveva raggiunti sul marciapiede ed era intervenuto nella conversazione, poggiando una mano calda e sicura sulla spalla della collega.
Lei esitò per un istante, dopodiché sorrise con tenerezza al compagno e si stiracchiò le braccia. "Già, è tutto ok ora." disse.
Dorothy li squadrò bene, attratta dalla loro intimità, da quel modo che avevano di intendersi al volo senza quasi dover parlare. Sentiva che in lei qualcosa stava mutando ed era simile a quello che leggeva nel comportamento dei due, riflesso nel rapporto che aveva con Alex. Forse il loro legame si stava evolvendo, dopo tutto quel tempo passato insieme? Sarebbero diventati vicini come lo sembravano Marcus e Lily? Non aveva ancora certezze al riguardo, ma le bastava guardare il suo compagno per capire che non le sarebbe per niente dispiaciuto. Forse era davvero innamorata di lui. Ma anche se così fosse stato, non osava ancora dirglielo apertamente, almeno finché non sarebbe stata sicura che lui provasse lo stesso.
Una volta in auto, i quattro si misero in viaggio verso Jolly Hall, che secondo le indicazioni di Alex si trovava a circa un'ora di viaggio in auto da New Spring, anche chiamata Haru dai ribelli e i nativi del Continente centrale.
"Dorothy, stai proprio bene con i capelli corti! Mi piacciono!" cinguettò dopo pochi minuti Lily, che evidentemente non ce la faceva a trascorrere più di cinque minuti in silenzio.
"Tu dici? In effetti mettono proprio in risalto le mie qualità migliori." La ragazza dalle iridi dorate accettò di buon grado il complimento. Appoggiandosi con la schiena sul sedile posteriore, il suo sguardo collise per un momento con quello di Alex, e lei si sorprese a provare imbarazzo.
Il giovane a sua volta notò che c'era qualcosa di diverso tra loro.
"Vuoi... entrare mentre aspettiamo?"
Le parole di Dorothy risuonarono furtive nella mente del ragazzo, mentre l'auto avanzava tra le strade attorniate dai palazzi alti e i grattacieli del centro della città.
Fino a quel momento non si erano mai spinti oltre innocenti baci e carezze, nonostante fossero usciti insieme decine di volte e potessero ormai affermare con sicurezza di essere molto più che semplici amici. Dorothy aveva sempre tergiversato riguardo il passare a un grado successivo, complice il trauma che aveva subito più volte da piccola, quando era una stata vittima dello schiavismo minorile, a Dismal. Dal canto suo, Alex aveva sempre accettato la cosa senza problemi, in un certo senso anche favorevole a rimandare un evento tanto importante che, sì, desiderava dal profondo del suo cuore, ma allo stesso modo non voleva fosse forzato.
Dopo l'ultimo episodio però, anche lui aveva notato un mutamento nel loro rapporto, nel modo in cui ora la giovane lo guardava circospetta di tanto in tanto, nell'effetto che la vicinanza trasmetteva a entrambi.
"Marcus, vai più veloce!" Lily intanto stava tentando di cambiare marcia di soppiatto, perché a detta sua quaranta chilometri orari in città erano pochi.
"E sta' ferma, sciocca! Non puoi cambiare marcia se non alzo la frizione, poi... razza di matta scatenata." sbraitò Marcus.
Alla fine Lily demorse, e si mise di primo acchito a guardare l'esterno del finestrino col broncio, per poi passare a contemplare meravigliata la fila di ciliegi che si allungava sul marciapiede.
Marcus ammirò la sua esuberanza con un ghigno divertito, dopodiché si accese una sigaretta e osservò per qualche attimo il cielo.
"Si stanno avvicinando dei nuvoloni... temo arriverà brutto tempo." sussurrò.
Il resto del viaggio fu tranquillo, e i compagni arrivarono dinanzi al cancelletto che delimitava l'orfanotrofio in cui Peter e Alex erano cresciuti insieme.
Miss Gilda con ogni probabilità attendeva all'interno, pronta ad accogliere un Alex alquanto diverso rispetto al giorno in cui era partito, seguendo i passi rassicuranti del suo migliore amico.
Oltre il giardinetto verdeggiante e grazioso, con aiuole ordinate e alberi dai rami che iniziavano a spogliarsi per la stagione autunnale appena incominciata, si ergeva l'edificio dalle pareti giallognole e un tetto spiovente munito di caminetto. Lo stesso soffitto dove Alex un tempo soleva contemplare il cielo con Peter.
"Allora noi andiamo e prenderci un caffè in qualche tavola calda nelle vicinanze, spero ce ne siano. Chiamateci quando avete finito." avvisò Marcus, quando i due passeggeri scesero dall'auto. La ragazza aveva deciso di accompagnare il compagno fino in fondo, con il suo consenso.
"Seguite il sentiero e tra cento metri svoltate a sinistra, lì ce n'è una." informò il biondo, indicando loro il passo sterrato sul quale il mezzo era parcheggiato.
"Okay! A dopo, amici!" li salutò Lily.
I due ragazzi si avviarono verso l'ingresso dell'orfanotrofio, e così Marcus e la compagna rimasero soli in auto.
Prima che mettesse in moto, però, la mano di Lily strinse con delicatezza quella dell'uomo, frenandolo. "Senti, Marcus... ho pensato a una cosa." esordì la giovane dai capelli chiari.
"Che succede? Ti ho detto che lo cambiamo, il divano." bofonchiò lui.
Lily scosse la testa, con un sorrisetto ironico e un po' nervoso. "Non è questo."
"Cosa c'è, dunque?" chiese Marcus, accigliato.
Lei persistette nel non permettere ai loro occhi di incrociarsi. "Ecco, noi abbiamo una buona stabilità economica, e io sto benissimo con te... Mi fido ciecamente del tuo giudizio."
"Arriva al dunque, Lily." Tagliò corto il detective, esplorando con lo sguardo il suo profilo gentile.
Seguì un breve silenzio, rotto dal cauto e leggero deglutimento della donna. Le sue dita si strinsero più forte a quelle del collega.
"Marcus, che ne diresti se in quest'auto... ci fosse un'altra persona insieme a noi due?"
Dorothy e Alex erano fuori dall'ingresso principale, mano nella mano, mentre le nuvole iniziavano ad addensarsi nel cielo e una leggera pioggerella sferzava le loro guance raffreddate. Quando erano giunti dinanzi al portone, l'orfano era stato assalito da una violenta nostalgia.
"Andiamo?" sussurrò Dorothy, incoraggiandolo con un'espressione gioiosa.
Alex ricambiò e annuì con convinzione. Rivedere Miss Gilda gli avrebbe fatto avvertire quel calore provato quando si rincontra una madre dopo essersene andati di casa, una sensazione che pensava fosse preclusa a uno come lui, senza genitori. E in quel momento si accorse di non vedere l'ora di riabbracciarla. Doveva essersi preoccupata molto per lui in quegli anni. Non si era nemmeno curato di farle avere il suo numero di cellulare, si sentiva un po' egoista per non essere stato affatto attraversato da un pensiero del genere durante le avventure che aveva vissuto.
Alex decise di non pensarci più: ormai era lì, e questo era ciò che contava. Afferrò con forza la mano di Dorothy e finalmente bussò al portone di legno.
"Sono felice che stia piovendo in questa giornata di inizio autunno." rifletté. "Poiché questo tempo grigio rispecchia alla perfezione il romantico e contraddittorio flusso di emozioni che mi sta scuotendo l'animo."
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