51 - Aurora
Certo che era proprio strano rimanere nuovamente soli dopo quelle lunghe ore di caos e via vai di gente.
Io e Simon ci guardammo e ognuno di noi lesse negli occhi dell'altro uno stato d'animo.
Quello che lessi io in quel momento nelle iridi oscure e profonde di lui, nere come la pece, fu smarrimento.
Beh, in fondo Simon potevo capirlo. Aveva rinunciato a sé stesso, a tutti i suoi simili, alle sue priorità da Kelsea per stare solo con me: una sciocca e sprovveduta Alessi sempre in cerca di guai.
Ma io? Perché sentivo quel senso di smarrimento?
Indagai nei luoghi più nascosti della mia mente. Forse era dovuto soprattutto al fatto che mi sentivo delusa. Dopo aver pensato così tanto alla battaglia non credevo che fosse finita in quel modo e soprattutto che fossi stata infelice seppur avessimo vinto. Poi, ero così addolorata per Andrea... aveva detto di avermi sempre perdonata... mi aveva chiesto di odiarlo perché non mi aveva protetta come doveva. Sorrisi tra le lacrime, era impossibile che potessi soddisfare questa sua richiesta, non lo avrei mai odiato... o forse sì...
Forse l'avrei fatto perché aveva sacrificato la sua vita per salvare la mia.
Simon continuava a guardarmi fisso. Era in attesa che dicessi qualcosa. Ambedue ci aspettavamo un'illuminazione che non veniva, una possibile soluzione che ci permettesse di stare insieme per sempre... ma per quanto ci pensassimo non riuscimmo a trovarne nemmeno una.
"Deve pur esserci un modo!", sbottò Simon dando un pugno alla vetrata già frantumata del salotto.
Il fracasso del vetro che si infrangeva completamente mi diede una fitta alla testa.
"Scusa...", si affrettò a dire lui cercando di reprimere la rabbia.
Sorrisi mesta: "Voi Kelsea perdete subito la pazienza...".
Simon ricambiò il mio sorriso e mi venne vicino. Mi prese il viso fra le mani mentre i suoi occhi neri sembravano studiare centimetro per centimetro il mio viso. "Come posso? Come potrò mai dimenticarti? Sei così... perfetta". La sua espressione si fece addolorata. Stava pensando a quello che aveva detto Agàte poco prima.
"Cosa possiamo fare?", gli chiesi confusa, "Andare avanti in questo modo non ha senso!".
Simon mi accarezzò il viso piano. "Hai ragione...", mormorò sconfitto.
"Diventiamo umani... è l'unico modo... sfidiamo la sorte... magari Agàte sta solo cercando di scoraggiarci!".
Simon scosse la testa. "Non credo... era sincera quando ce l'ha detto".
Non potevo muovermi, avevo dolore in tutto il corpo. Il mio pugno era stretto alla catenina di Andrea. Il dolore dentro poi, era un fardello ancora più insopportabile di quello fisico, e non era un caso se ogni tanto qualche lacrima usciva ribelle dai miei occhi seppure tentassi di reprimerla.
Guardai quella A bianca e nera, un simbolo sinuoso ed elegante di cui Andrea mi aveva descritto il significato.
"Non sono bellissimi? Il bianco e il nero... insieme la loro fusione è perfetta. Sono due colori così lontani, così... vuoti, eppure hanno un significato così profondo... sono una cosa sola! Ho sempre adorato questo simbolo... a volte credo che mi rispecchi, rispecchia tutti noi. Non saremo mai perfetti, vedi? Nel bianco ci sarà sempre una macchia nera così come nel nero una macchia bianca... e sta tutto lì il segreto. Quella macchia è ciò che c'è di diverso in noi e ciò che può portarci a cambiare... Siamo e saremo sempre in continua evoluzione, la nostra personalità non sarà mai uguale a ieri o a domani, perché ogni persona a cui affidiamo un piccolo pezzetto del nostro cuore riesce involontariamente a cambiarci... e questa macchia bianca qui... in questo momento sei tu, angelo...".
"Simon... se è vero che dimenticheremo tutto... non soffriremo... tentare non costa niente", dissi. Diventare umana mi sembrava l'unico modo di liberarmi da questo peso insopportabile della mia vita d'Alessi... "se restassimo in questo mondo saremmo solo perseguitati!", e poi, anche se non glielo dissi, avrei voluto dimenticare Andrea, tutti i cambiamenti che erano dipesi da lui... era stato troppo importante per me, aveva investito la mia vita quasi con prepotenza ma era riuscito a restarci e a far sì che io anche adesso, continuassi ad avere bisogno di lui.
Simon annuì mesto: "Su questo non ti do torto... non c'è altra via d'uscita".
Le parole di Andrea continuavano a riecheggiarmi nella mente, e avevo paura di quel dolore, di quei suoni dolci che causavano in me un'enorme sofferenza nella consapevolezza che lui non sarebbe più tornato.
Sospirai infelicemente. "Abbracciami Simon...", lo implorai, "fallo tu per me, perché io non posso muovermi".
Sentii il suo caldo abbraccio stringermi delicatamente il corpo. Quando sollevò il viso per fissare il mio tentai di nascondergli le lacrime ma fu inutile, se ne accorse.
"Perché stai piangendo?", mi sussurrò dolce.
"Perché... perché è ingiusto che il destino si accanisca contro di noi in questo modo... io credo... credo che dobbiamo osare...".
Simon mi baciò la fronte e con le labbra ancora a un passo da essa disse: "Non riesco ad immaginare una vita dove tu non ci sei... mi sforzo ma... proprio non ci riesco".
In quel momento un pensiero spiazzante mi balenò nella mente. E se fossimo vissuti addirittura in stati diversi? Se non ci fossimo, veramente, mai visti né incontrati fino alla fine dei nostri giorni?
"Non voglio perderti Simon... non dopo che ti ho trovato!", mugolai.
Lui mi strinse più forte e anche se mi fece male il dolore non contò nulla in confronto al suo abbraccio. "Sarai sempre nel mio cuore... sempre, Aurora... sono sicuro che se mai un giorno ti rivedrò... se quel maledetto giorno arriverà... non ti libererai più facilmente di me!", disse risoluto.
"Non dimenticarmi Simon... ricordami ti prego...", lo implorai ancora. I miei occhi lo scrutarono attenti cercando di memorizzarne i tratti. Guardai i lineamenti del suo viso. I suoi occhi neri e lucenti, le labbra carnose che tanto mi avevano affascinato, i denti bianchi e perfetti, i suoi capelli scuri e precisi nel loro taglio, il suo naso appuntito ma dalle curve morbide, mi persi nel suo corpo senza imperfezioni e respirai a fondo il suo profumo.
No... ne ero certa... non mi sarebbe mai e poi mai rimasto indifferente se l'avessi rivisto... nemmeno da semplice e ignara umana avrei potuto resistergli.
"Come potrei dimenticarmi di te? Come potrei? Dimmi!", disse lui.
Mi disperai. "Non lo so... non lo so". Lui mi strinse forte e io premetti le mie labbra contro le sue.
Mi baciò, nel silenzio e nella devastazione di quel luogo, l'unica cosa che ci teneva uniti in quel momento era quel bacio.
Né la nostra vera natura, né i nostri superiori, né le nostre missioni ci avevano legati, ma solo le strane e avverse circostanze della vita umana e imperfetta.
Ogni disgrazia era per me diventata una grazia. Tutto aveva un sapore diverso quand'ero al suo fianco. Tutto sapeva di umano...
Non so quanto tempo rimanemmo vicini in quel modo. Tra un bacio e una carezza, ad attendere che qualcuno venisse per conoscere la nostra risposta... risposta che più che da noi stessi, era stata decisa dal nostro cuore.
Nessuno dei due aveva chiesto all'altro se fosse stato deciso che saremmo diventati umani. La risposta la conoscevamo a priori. Lo saremmo diventati, nel bene e nel male, perché tutti e due sapevamo che non sarebbe valsa la pena continuare a sopravvivere per l'eternità l'uno senza l'altra.
Mi venne in mente una frase di Seneca in quel momento... "Meglio una vita breve ma spesa bene, che cento vite senza un senso". Il destinatario delle lettere di Seneca era l'amico dello scrittore latino, Lucilio, eppure, leggendole, avevo imparato molto anch'io da lui.
Mentre ci pensavo la voce carezzevole di Simon attirò la mia attenzione: "Vivi come se fosse l'ultimo giorno... pensa come se non dovessi morire mai...", mormorò.
Sorrisi tristemente e interpretai quella citazione. Era di Seneca anche questa, e con ciò Simon voleva dirmi di conservare per sempre questo momento nel cuore come se fosse stato l'ultimo in cui ci saremmo visti. Però mi invitava anche a sperare... a pensare come se davanti a me ci fosse stata ancora l'eternità ad aspettarmi. E nell'eternità niente sarebbe stato impossibile, nemmeno ritrovarlo pur senza riconoscerlo.
"È di Seneca?", chiesi.
Annuì mentre mi guardava negli occhi.
Rabbrividii sotto il suo sguardo. Era talmente penetrante che mi chiesi cosa volesse trovarci sotto la superficie del mio iride. Gli posi la domanda.
"Vorrei trovarci il mare... il cielo... non lo so...", mi fece una carezza, "quando ero trasformato in pantera mi era più facile farlo... associavo il colore dei tuoi occhi a dei concetti molto semplici... ma allo stesso tempo coglievo di più i particolari".
Posi una mano sulla sua che era ferma sulla mia guancia. "Ti amo, Simon, sappilo, sempre...".
"Ti amo anch'io, fino alla rovina... fino alla condanna. Andrei all'inferno per te...". sorrise della sua stessa battuta. "Beh, è un'antitesi dirlo... visto che dall'inferno ci vengo".
"Non dirlo mai...", gli risposi, "secondo me è stato un errore... tu saresti stato meglio come Alessi!".
Deglutì un po' sdegnato: "Ti prego, tutto... ma questo non dirlo!".
Sorrisi, sinceramente stavolta. Mi baciò di nuovo, un bacio più lento del precedente, ma ugualmente bello. E proprio mentre iniziavo a lasciarmi andare un rumore ci fece voltare.
Agàte era in piedi davanti al divano e attendeva che ci accorgessimo di lei.
"Agàte", dissi colta di sorpresa.
"Allora? La vostra decisione?", chiese spiccia facendo finta di non averci visto.
"Accettiamo!", rispose Simon per tutti e due.
"Ne siete sicuri?". Dall'altra stanza aveva parlato Albian mentre a passo lento si dirigeva verso di noi.
"Sì", confermai io.
"Gabriele è andato?", chiese Simon ad Agàte come se si fosse ricordato solo in quel momento della sua assenza.
Lei annuì. "Tutto bene per fortuna...".
Fui più sollevata da quella risposta.
"Allora possiamo procedere...", terminò Simon con decisione.
Agàte annuì, ma prima di iniziare la procedura si gettò al mio collo e mi baciò teneramente la guancia. "Mi mancherai piccolina... per quanto dannosa tu sia stata non ci sarà mai un'altra Alessi che sappia tenere la mia vita così in fermento".
Sorrisi triste, "Grazie di tutto...", le dissi con gli occhi lucidi.
Agàte si ricompose poi andò a stringere la mano di Albian. "Siete pronti, allora?", ci chiese.
Io e Simon annuimmo prendendoci per mano e guardandoci negli occhi.
"Ricordami...", dissi a Simon. Fu l'ultima parola che potei dire prima che perdessi la facoltà di parlare.
Sentii Agàte e Albian cantilenare in una lingua strana e concitata.
"Ricordami...", mi raggiunse l'eco della risposta di Simon. Vidi i suoi occhi, cercai di mandarli alla memoria, di tenerli indelebili nelle parti più remote del mio cervello.
"Ti amo...", mi giunse la voce di lui all'orecchio, dopo fui inghiottita dal silenzio e non sentii più nemmeno il calore della sua mano tra le mie. Venivo trascinata in un turbine violento senza che potessi oppormi a ciò che mi separava da lui, il mio unico amore...
In qualche posto nuovo, nel mondo: con la morte di due immortali si preparavano a nascere due nuove vite.
[La vicenda è ora realmente terminata. Il prossimo e ultimo capitolo sarà l'epilogo. Cosa pensate che accadrà ad Aurora e Simon data la loro decisione? Spero che abbiate gradito la novellina, bacioni a tutti :* All'epilogo!]
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top