49 - Aurora
Il terrore mi aveva raggelato quando ancora non avevo capito chi realmente mi stava davanti. Poi quando l'uomo ghignante mi aveva invitato a entrare agghiacciai nel vedere il corpo di Cristina abbandonato sul pavimento e circondato da una macchia di sangue scuro e raggrumato. Adriano era stordito e abbandonato a terra, era privo di sensi. Cosa era successo in quel posto? E poi chi era quel tizio terrificante?
Gabriele si precipitò dalla ragazza mentre l'uomo che ci aveva aperto la porta mi immobilizzò con una stretta letale al collo.
"Ecco qua la sporca Alessi che mi ha causato un sacco di problemi!", esultò trionfante.
"Chi sei?", chiesi tremante dalla paura, mi sentivo l'aria mancare.
Un sorriso crudele gli si disegnò in volto. "Io, chi sono? Una persona alla quale hai dato un sacco di fastidio. Ti basta?", mi rispose.
Tentai di sfuggire dalla stretta trasformandomi in colomba. Non funzionò, era come se la sua mano serrata al collo mi annullasse i poteri e mi costringesse a restare nella mia strana forma incorporea.
L'uomo mi sollevò il labbro superiore con un dito. "Ma tu guarda", disse fissando da vicino i miei canini.
Tentai di addentargli le dita, ma lo mancai.
"Stai calma, o potresti fare una fine molto dolorosa". Sentii la sua presa serrarsi intorno al mio collo.
"Lasciala bastardo!", urlò Gabriele.
"E tu devi essere il prescelto...", lo interpellò il demone fissandolo come se si fosse accorto solo in quel momento di lui. "Ero così preso dalla presenza della qui presente Aurora, che mi ero quasi scordato di te. Comunque... tu sei solo uno stupido umano. A te penseremo più tardi!". Tornò a fissare lo sguardo di pece su di me.
"Che cosa vuoi da me?", lo sfidai, "Tanto ormai abbiamo vinto!".
L'uomo rise sguaiatamente. "Sì? Lo credi davvero? Credi di essere più forte di Tneske? Di me? Sai chi sono io, non è vero? Suppongo che il tuo amato Simon te ne abbia parlato...".
Deglutii comprendendo solo in quel momento che si trattava del capo di Simon.
"Fortunatamente ti ho trovata, così prenderò due piccioni con una fava. Io e Simon abbiamo un discorsetto da fare, e se tu ci sei finita in mezzo, tanto meglio, visto che stupida come sei hai avuto le capacità di mettere fuorigioco due dei migliori Kelsea che abbia mai addestrato".
Inspirai ed espirai terrorizzata. Tremavo al pensiero della sua furia e di quello che avrebbe potuto fare a Simon quando sarebbe venuto a cercarmi. Dove diavolo era Agàte? E soprattutto, dov'erano Albian e il suo esercito di Angeli? Perché tardavano ad arrivare?
Tneske mi fissò col suo sguardo di pece poi studiò le mie ali passandoci le mani delicatamente.
"Ma che strano esemplare d'Alessi. Posso anche toccarti nella mia forma incorporea senza che succeda nulla... Simon ti ha ceduto un po' di se stesso e ora sei per metà come me. Che caso curioso!", sorrise, "Immagino come sarà contento Albian di tutto questo, deve essere molto eccitante avere un mezzo demone tra le fila angeliche!".
"Simon non c'entra niente!", protestai, "È stata tutta colpa mia".
Mi squadrò come si fissa una persona spregevole e che suscita disgusto: "Oh, lo difendi pure? Ma certo, io non posso capire cosa si sente quando si è innamorati, visto che sono nato per odiare... come tutti i Kelsea del resto. Che scherzo della natura è Simon, non è vero?". Allentò la presa dal mio collo e mi lasciò libera, poi prese a girarmi attorno mentre parlava.
"Non avrei mai creduto che tu... così incapace, mi avessi creato tutti questi problemi. Simon era il migliore, aveva un debole per le donne, è vero, ma arrivare a questo punto? Non ci avrei mai creduto se non lo avessi visto con i miei occhi".
Le sue parole mi fecero pensare alla prima volta che ci eravamo visti. Alla prima volta che Simon mi aveva avvicinata con l'intenzione di uccidermi. Possibile che già da allora fosse stato scritto che sarebbe finita così?
E adesso... io stavo per morire, non l'avrei più rivisto, e presto sarebbe toccato anche a lui. A cosa erano servite tutte le lotte e le sofferenze passate? A cosa era servito trattare male Andrea?
Avrei voluto che il mio amico ireneo fosse là in quel momento. Avrei voluto scusarmi con lui perché quelle cattive parole che avevo detto contro di lui non le meritava, perché non era assolutamente vero che lo odiavo, perché non lo amavo, certo, ma gli volevo bene, e gli avevo voluto bene più di quanto ne avessi voluto a qualunque altra persona.
"Ma adesso basta con le reminescenze...", proseguì Tneske, "mi hanno stancato... è ora che tu paghi tutto quello che meriti", concluse contrariato.
Tentai di darmela a gambe visto che le mie ali non potevo usarle, ma lui fu più svelto. Lo vidi trasformarsi in un enorme lupo nero e con sicurezza e precisione agguantarmi l'ala con le fauci.
Urlai dal dolore, un dolore acuto, sordo, che nemmeno quando ero stata ferita da Logan era stato tento spiazzante. Le sue zanne nella carne delle mie ali tenere erano veleno. Sentii bruciare e il dolore presto si diffuse in tutto il corpo. Era stato un morso letale. L'ala era quasi spezzata, e io mi stupii nell'accorgermi di non essere ancora morta.
Tneske tornò nella sua forma umana e mi studiò con sospetto. "È molto strano...", disse pensieroso. "Non sei ancora morta?".
Io avevo le lacrime agli occhi. Mi reggevo l'ala con una mano e dondolavo sul posto cercando in qualche modo di placare il dolore lacerante.
"Credo che anche in questo caso sia colpa della tua forma ibrida. Simon dovrà pagare anche per questo", asserì pensieroso il demone.
In quel momento capii che se ero ancora viva dovevo dire grazie al sacrilegio che avevo compiuto.
Tneske avanzò verso di me studiando l'effetto del suo morso e continuò a parlare.
"Forse se ti mordessi nella mia forma incorporea il morso sarebbe più efficace. Certo, moriresti più lentamente... ma almeno moriresti", sogghignò mostrando i canini. "Albian rimarrà molto sorpreso quando nel luogo che riteneva più sicuro troverà la sua angioletta preferita in una carneficina. Magari perderà l'occasione di studiare questo fenomeno da baraccone", mi indicò schifato. "L'ibrido da laboratorio . Il risultato di uno scherzo della natura... chissà se Simon non riporti gli stessi effetti collaterali...".
Non risposi, continuavo a gemere dal dolore mentre la vista appannata non mi aiutava per niente nell'agire.
Poi in quel momento udii l'infrangersi di un vetro e sperai con tutto il cuore che si trattasse delle schiere angeliche o di chiunque altro ci fosse venuto a salvare.
Avevo paura, una paura folle di quell'uomo terribile che avrebbe fatto delle piume delle mie ali dei cuscini. Se conoscevo la crudeltà dei demoni, ero sicura che si sarebbe divertito a scuoiarmi viva.
Ma in quel momento un imponente cavallo bianco fece ingresso nella stanza con un insistente rumore di zoccoli. Potevo udire il fiatone della bestia che aveva preso la rincorsa per sfondare la finestra. Per terra tante goccioline di sangue erano il segno della colluttazione col vetro ma già le ferite sul dorso dell'animale iniziavano a rimarginarsi. Mi chiesi chi fosse quell'impavido Alessi che veniva da solo a scontrarsi col capo dei demoni della comunità di Kelsan.
Sperai in un miracolo. Mi augurai che quel cavallo potesse essere Albian. Ma poi lo vidi mutare forma, e mai come allora fui così felice di vederlo.
"Andrea!", mormorai senza forze.
Lui voltò i suoi occhi neri come la pece verso di me, e il suo sguardo addolorato mi fece male. Ma non feci in tempo a registrarne la luminosità che Tneske si era già scagliato addosso a lui.
"No!", mi sgolai.
Dovevo fare qualcosa, Andrea non poteva resistere in eterno. Dovevo rintracciare Agàte, ma come?
Tentai di sollevarmi in piedi ma barcollai, quell'ala spezzata era troppo influente sul mio equilibrio.
Poi ricordai quella sera in cui Simon era riuscito a connettersi alla mia mente. Quella sera in cui avevo visto quello che accadeva con i suoi occhi.
E se avessi provato a rifarlo? E se gli avessi chiesto aiuto in quel modo?
Mi rammaricai. Non sapevo come fare, quella volta era accaduto tutto per puro caso, ma che le nostre menti fossero connesse, questo lo avevo capito ormai da tempo. Tentai l'impossibile.
Mi concentrai e provai a cercare la sua mente. Vidi una scena simile a quella che mi si parava davanti in quello stesso momento a casa mia. C'erano dei Kelsea e degli Alessi che combattevano. Riconobbi Antonello, vidi Arabella stesa per terra senza sensi e notai la mancanza di Taylor... era scomparso, forse qualcuno era riuscito a farlo fuori.
Tentai di fissare Tneske, poi pensai intensamente a Simon per inviargli l'immagine, sperai che funzionasse. Quella sarebbe stata l'ultima speranza, se fosse stato vero che si trattava di una natura da ibrido la mia, ora Simon avrebbe dovuto percepirmi.
Quando tornai a fissare davanti a me finalmente vidi alla luce la trasformazione della forma incorporea di Andrea. Mi accorsi che le ali di un ireneo erano molto più grandi di quelle di un Alessi. Le mie erano piccole e spuntavano al centro delle spalle. Le sue erano grosse e tendevano verso il basso.
Vidi Andrea usare il potere con cui aveva sconfitto il demone che la notte del nostro incontro aveva tentato di uccidere Adriano. Ma Tneske era senza dubbio più forte. Andrea stava temporeggiando e mi accorsi che iniziava a perdere terreno ad ogni colpo.
Io in quelle condizioni non gli sarei stata di nessun aiuto. Sperai solo con tutto il cuore che Simon avesse capito.
Resisti Andrea, resisti ti prego... pregavo tra me.
Ancora un altro po', dai...
Tneske iniziò presto a scatenarsi. Nella sua forma incorporea era una furia inarrestabile, più d'una volta temetti per la vita di Andrea, soprattutto quando una sfera di fuoco per poco non mancò le sue ali.
Capii che se una di queste avesse colpito Andrea, sarebbe morto all'istante. Lui non era come me. Lui era un ireneo puro, e solo un morso o un'ala bruciata da un demone avrebbero segnato la sua fine.
L'angoscia mi travolse a mano a mano che passava il tempo, notavo quanto Andrea cominciasse ad essere stanco.
"Resisti", gli urlai per incoraggiarlo.
Non servì a niente. Lui neanche mi udì. Notai come fosse concentrato. A parte lo sguardo che mi aveva lanciato all'inizio non aveva più girato i suoi occhi verso di me.
Mi sentii un verme. Stava combattendo per me, stava rischiando di morire per me, e io che avevo fatto a lui quel pomeriggio stesso? Mi promisi che se tutto fosse finito per il meglio gli avrei chiesto scusa. L'avrei implorato se fosse stato necessario. Almeno questo glielo dovevo.
Ma poi fui presa dal panico. Proprio nel bel mezzo di un accanito attacco di Tneske Andrea perse il controllo. Lo vidi barcollare ed essere preso in pieno petto da una sfera infuocata.
"NO!", urlai sconvolta.
Una risata di puro giubilo sovrastò il frastuono dell'impatto, poi Andrea cadde sul pavimento ad occhi chiusi.
"Andrea!", dissi andandogli vicino.
Tentai di scuoterlo. "Svegliati Andrea, sono io, Aurora!".
Tremavo dalla testa ai piedi.
"Togliti di mezzo, lasciamelo finire", mi disse Tneske dall'altezza della sua statura. Era venuto verso di noi pronto a dargli il colpo di grazia.
Sollevai il mio sguardo con sfida. "Prima dovrai passare sul mio corpo!".
"Levati, non voglio perdere tempo con questo dannato ireneo!", mi rimbeccò annoiato.
Una lacrima mi percorse la guancia mentre guardavo il viso perfetto di Andrea che sembrava dormisse.
È ancora vivo... pensai, va tutto bene...
"Non mi tolgo da qui nemmeno se mi strappi le ali a morsi", sentenziai.
"Ma davvero?", mi mostrò i denti.
"Sì", annuii rispondendo alla provocazione per istinto. Mostrai i canini, poi allungai una mano per respingerlo e accadde una cosa strana. Fu come se riuscissi a carpire parte del suo potere, a indebolirlo con quel solo mio tocco deciso.
Tneske indietreggiò colto alla sprovvista, i suoi occhi erano sbarrati dalla sorpresa e il ghigno beffardo era sparito dal suo viso.
Poi però riacquistò sicurezza e quando puntò i suoi occhi scuri sui miei mi sentii debole, come se mi stesse ipnotizzando. Mi accasciai contro la mia volontà, offrendo le mie ali come bersaglio e con la coda dell'occhio lo vidi chinarsi verso di me. In quel momento capii che ero troppo debole per mettermi contro di lui, che non avrei avuto alcuna speranza. Mi preparai mentalmente a dire addio alla vita, alle mie speranze, e a tutto quello di più bello che avevo vissuto in quei pochi mesi di esistenza umana. Mi dispiacqui per il fatto che i miei occhi non avessero potuto godere della figura di Simon come ultima immagine, ma con me c'era Andrea. Era sempre uno dei miei migliori amici. Saremmo andati via insieme.
Strinsi la sua mano liscia e fresca, la serrai tra le mie, poi chinai il capo al mio destino e sentii i denti di Tneske conficcarsi nella carne più viva delle mie ali.
Un fiotto di sangue schizzò e mi sporcò i vestiti. Non urlai. Non ne ebbi la forza. Mi accasciai inerme sul corpo senza sensi di Andrea, e provai a chiamarlo, a dirgli di fuggire.
"Aurora...", sentii la sua flebile voce giungermi all'orecchio.
"Andrea!", piansi senza ritegno dalla sorpresa.
Tneske sopra di noi forse si stava godendo la scena, ma non m'importava di lui in quell'istante.
"Andrea, fuggi finché sei in tempo, ti prego", lo implorai. Provai a sollevare il viso per guardarlo in volto. I suoi occhi di brace erano appena dischiusi e lucidi dalla sofferenza.
Una mia lacrima gli cadde sul viso. "Andrea, perdonami ti prego, ti chiedo scusa per tutto. Non ti ho mai odiato, te lo giuro, voglio che tu lo sappia!", farfugliai. Avevo così tante cose da dirgli, ma questo sarebbe bastato a chiarire tutto prima che giungesse la mia fine.
Andrea sorrise mesto. "E io ti ho sempre perdonata... sappilo... penso che faresti bene a odiarmi tu, invece... non ho saputo mantenere la mia promessa. Ricordi?", fu interrotto dalla mancanza d'aria, faticava a respirare. "Avevo detto...", continuò deglutendo visibilmente in difficoltà, "avevo detto che sarei morto per proteggerti...", sorrise ancora, e quell'espressione suscitò in me il desiderio di urlare, "Ma sto morendo, e tu stai ancora rischiando la vita", concluse a fatica.
Scoppiai a piangere con i singhiozzi. Era uno sciocco, non aveva capito che di me non m'importava? Perché continuava a colpevolizzarsi in questa maniera?
"No, no...", gli dissi. "Questo non devi dirlo. Tu mi hai sempre salvata. Tu... tu mi hai cambiata ricordi? Quel puntino nella collana, tu non smetterai mai di esserlo. Ho mentito...", farfugliai in mezzo al pianto, "tu conti per me, Andrea, è per questo che non voglio che mi lasci. Perché quando tutto questo sarà finito torneremo amici, te lo prometto!".
Andrea incurvò ancora le labbra, adesso i suoi occhi erano chiusi per la fatica. Li riaprì al termine del sorriso. "Sono così felice che tu mi abbia perdonato", mormorò.
Non provai nemmeno a trattenere più le lacrime.
"Non ce l'ho mai avuta veramente con te, credimi!", lo rassicurai disperata.
Sollevò debolmente una mano e se la portò al collo. Capii cosa stesse cercando di dirmi quando vidi che al suo collo erano annodate due catenine. Una era quella che mi ero strappata di dosso quello stesso pomeriggio quando me n'ero andata senza neanche salutarlo. La collana che mi aveva regalato lui.
"È tua, se permetti...", mi disse trafficando per togliersela.
Lo aiutai io e quando fu sganciata strinsi il ciondolo tra le mani. Lui parve essere soddisfatto.
"Se la terrai con te, sarà per me il regalo più grande. Così morirò in pace...".
Sentirgli dire quelle parole che in realtà erano la pura verità mi fece soffrire. Notai che il suo respiro divenne via via più flebile, e la sua pelle iniziò lentamente a opacizzarsi così come i suoi lineamenti perfetti.
"No, ti prego Andrea, non andartene, TI PREGO!", urlai, straziata dal pianto.
Dov'era Simon, maledizione? Perché non veniva nessuno ad aiutarci?
"Non piangere, tu hai Simon... sono sicuro che si prenderà cura di te meglio di chiunque altro...", mormorò sofferente.
Scossi la testa. Farneticava, non l'avevo mai visto arrendersi così facilmente.
In quel momento le sue labbra si incurvarono in un sorriso mesto.
"When you are by my side
my sun is here with me
and obscurity is anything
because you're the sun arise", mi mormorò cercando di intonare la melodia.
Io la riconobbi all'istante, era la canzone che mi aveva dedicato e mi commossi.
Ma in quel momento Andrea cominciò a respirare più lentamente. "Ciao, piccolo Angelo...", mi disse.
Andai in panico. "No... no... AIUTO!", mi sgolai.
Vidi che i suoi occhi cominciavano a spegnersi piano piano e fui presa dalla paura orribile di doverlo perdere per sempre.
"Andrea...", in qualche modo provai a muovere le mie braccia paralizzate per scuoterlo, "Andrea svegliati ti prego... no, ANDREA!".
Mi gettai sul suo petto in lacrime. Mi aveva perdonata? Sì, ma che differenza faceva adesso che stava morendo? Adesso che non l'avrei più rivisto e non avrei più sentito la sua voce? Mi sarebbe mancato il suo sorriso luminoso e splendido?
Lo guardai per un altro attimo e rabbrividii nel vedere che lentamente il suo corpo iniziava a dissolversi. Se n'era andato per sempre. In un attimo, e io non avevo potuto farci niente.
Avrei voluto fare di tutto per tenerlo con me. Qualunque cosa, perché a una persona che avevo amato e a cui avevo voluto bene era impossibile dire addio.
Ma Andrea era morto, era questa la cruda verità. Il cielo adesso lo reclamava per sé.
"Resta ti prego... Andrea!", mi disperai, mi torturai le nocche indolenzite ma poi quello che toccai fu solo il freddo pavimento. Andrea era svanito per sempre, di lui mi rimaneva solo quella A tra le dita e il suo dolce ricordo. I sorrisi che mi rivolgeva, la musica delle sue canzoni.
Rimasi a piangere, a urlare dallo strazio, a invocare il nome di Simon, di Agàte, a maledirmi perché non ero stata in grado di fare niente per salvare il mio migliore amico e perché presto anche Gabriele avrebbe fatto la sua stessa fine.
Se solo fossi rimasta con Simon...
Poi finalmente la mia mente percepì delle presenze, erano delle presenze amiche. Possibile che fossero arrivati solo ora?
E infatti, dalla finestra che Andrea aveva infranto poco prima giunse un esercito di creature angeliche.
In un angolino, lontano dalla mia portata, incrociai lo sguardo fermo e crudele di Simon... le sue ali erano strane, avevano delle striature bianche argentee sul loro colore di fondo, nero.
Avrei voluto assistere a quello scontro, assicurarmi che non succedesse niente almeno a lui, la mia unica ragione di vita. Ma ero troppo debole per rimanere cosciente, la vista mi si annebbiava sempre di più, ed ero troppo sconvolta per chiedermi a cosa fosse dovuta la presenza di Logan insieme agli altri Angeli e irenei giunti sotto la guida di Agàte ed Albian.
Avevo freddo, avevo sonno, avevo caldo alla schiena... poi vidi solo buio.
Quello che successe dopo di ciò... non lo seppi mai.
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