45 - Aurora
Oh no, era successo di nuovo. Ancora lì, ancora nello stesso posto. Ci stavamo tenendo le mani, ci stavamo toccando nelle nostre forme incorporee. Era sacrilegio!
Dannazione. Che stupidi che eravamo stati. Non era bastato una volta?
Tornai umana istintivamente. Le nostre mani ancora si stringevano. Le sue labbra a un passo dalle mie, dischiuse e stupite. Anche lui mi imitò.
Non avevo ancora finito di maledirmi mentalmente quando il mio cellulare squillò. Nel silenzio del nostro terrore parve un rumore assordante. Lo raccolsi dalla tasca e guardai il display. Era Agàte.
Simon era ancora davanti a me inerme. E in quel momento compresi cosa volesse dire per lui quel gesto così avventato.
"Corri... vai!", gli dissi, "Fuggi!". Quasi urlai.
Lui alle mie parole si riscosse. "E tu?".
"Io... troverò una scusa, tu vai ti prego! Non puoi restare o ti uccideranno".
Simon annuì nervoso. Un secondo dopo la pantera nera si era persa in una corsa sfrenata tra gli alberi del giardinetto della villa.
Io me la diedi a gambe, o forse meglio dire ad ali. Sorvolai tutta la città e giunta ai pressi di casa mia tornai alla mia forma per raggiungere il giardino di corsa.
Agàte era sulla porta. Era in collera, chiaramente irosa.
"Perché non mi hai risposto?", urlò.
Tirai dritto per la mia strada e non la ascoltai.
"Dove credi di andare?" continuò a sbraitare mentre mi strattonava per un braccio e mi costringeva a guardarla.
"A dormire", sputai glaciale. Avevo intenzione di usare lo stesso atteggiamento già messo in atto con Andrea.
"Perché ti sei trasformata?". Mi domandò impudente lei mentre si richiudeva la porta d'ingresso alle spalle.
"Sono affari miei!", sbottai tentando di liberarmi dalla presa. Non ci riuscii era troppo salda, mi stava perfino facendo male al polso.
"Non osare usare questo tono con me!", abbaiò.
Diedi uno strattone al braccio e riuscii a liberare la mano. "Tu non meriti la mia fiducia!", sentenziai, "Siete tutti dei bugiardi: tu, Albian, Andrea... e cosa credete ora? Di farmi una ramanzina? Di dirmi cosa è giusto e cosa è sbagliato? Ce l'hai con me perché ho lasciato Andrea?", chiesi ironica. "Bene... sai che ti rispondo? Che se l'è meritato, e mi sono pentita di non averlo fatto prima. Mi sono accorta troppo tardi del vostro grande piano... se fossi stata più furba... peccato però, sarò anche poco scaltra, ma le bugie restano sempre con le gambe corte!". Mi allontanai da lei diretta verso il soggiorno, volevo salire quelle dannate scale e chiudermi in camera.
Nella mia mente vorticavano pensieri. Che ne sarebbe stato adesso di Simon? Era in pericolo in quel momento?
Mi bloccai terrorizzata nel trovare Albian con la sua faccia severa seduto sul divanetto del nostro salotto.
Deglutii. Ormai ero spacciata anch'io.
"Dove sei stata?", mi chiese secco.
Riflettei. Se fossi stata quella di qualche mese fa avrei vuotato il sacco, ma adesso... ormai mi era di una facilità unica mentire. E poi per quella volta avrei detto una mezza verità, che problema c'era? Tanto meglio!
"Sono stata da Gabriele. Gli ho raccontato tutto. Sa tutto di noi".
Agàte e Albian spalancarono gli occhi dalla sorpresa.
"Conta di stare dalla nostra parte, ma non è detta l'ultima parola. L'influenza del Kelsea potrebbe essere significativa", continuai.
Mi augurai che non avessero pensato di cercarmi da Gabriele. E dalle loro facce capii che in quello ero stata fortunata. Mi rallegrai, sarebbe stato un pericolo in meno per Simon.
"Per quale motivo ti sei trasformata?", continuò Albian calmo ma schietto.
"Per mostrarmi a Gabriele", mentii. Sembrai credibile.
"È proibito!", squillò Agàte dando man forte al suo superiore.
La fulminai con lo sguardo. Proibito... proibito... proibito... ero proprio stufa di questa schifosissima parola!
"Cosa c'entra con te la trasformazione del Kelsea che abbiamo percepito?", chiese indagatore Albian.
Avevo preparato la risposta anche a quello mentre volavo sui tetti delle case per raggiungere più velocemente la mia.
"Logan deve aver percepito che ero in trasformazione, avrebbe voluto localizzarmi ma credo di essere stata abbastanza veloce da non aver messo in pericolo Gabriele". Per la prima volta un Kelsea come Logan per capro espiatorio mi faceva comodo.
"Perché sei andata da Gabriele senza preavviso?", mi chiese Agàte urlando come al suo solito.
Stavolta mi adirai anch'io. "Dov'era scritto cha avrei dovuto dirlo a qualcuno? Avevo una scadenza e l'ho rispettata. Non mi sembra di avere commesso reato su questo, no? O ora è una nuova proibizione?", lo chiesi ad Albian con sfida. Questo rimase calmo e il suo silenzio mi diede ragione.
"Cosa facciamo adesso, Albian? Potevo mai credere che sarebbe finita così? Pensavo fosse stata in grado di portare a termine tutto, io stessa l'avevo addestrata. Ma ora... stai portando solo una marea di problemi inutili!". Si rivolse a me. "E alza gli occhi quando parlo!".
Io che avevo puntato lo sguardo a terra lo fissai nuovamente sui suoi occhi. Nei miei pensieri c'era sempre e solo Simon, era di lui che m'importava, né me né nessun altro poteva contare più di lui. Fortunatamente i miei superiori non sospettavano nemmeno della sua presenza. Ringraziai mentalmente il cielo.
"Adesso dovrà portare tutto a termine da sola, è il regolamento!", intervenne Albian. "Il protetto è definitivamente e ufficialmente suo...".
Agàte si stupì. "Ma sarà un disastro. Vuoi segnare la nostra fine?".
"Il bene continuerà a esistere in altre forme, non c'è dubbio, vada come vada...", le rispose Albian tranquillo.
Fu a quel punto che scattai proprio come una molla e nessuno poté più fermarmi. "Ecco vedete? Vi odio per questo. Sarà un disastro... e che potete saperne voi? Solo perché siete più grandi potete ritenere di dettare legge? Mi fate schifo. Non voglio più nemmeno sentire una parola dei vostri assurdi discorsi moralistici e senza fondamenta. Basta! Se continuerò questa missione sarà solo e soltanto per il bene di Gabriele. Dopodiché, se vorrete giustiziarmi e spezzare le mie ali, fate pure. Non vedrò l'ora!".
Albian e Agàte si scambiarono uno sguardo enigmatico. Poi io iniziai a incamminarmi verso le scale, la discussione per me era ormai chiusa, ma lo squillare del mio dannato cellulare mi fece innervosire ancora di più.
Ebbi un sussulto al cuore quando vidi lampeggiare il nome sullo schermo. "È Gabriele", dissi col panico nella voce mentre mi voltavo.
Risposi immediatamente. "Pronto?".
"Aurora... mi ha appena chiamato Logan. Vuole vedermi".
I miei superiori attendevano in ascolto. Spalancai gli occhi e vidi divampare nello sguardo di Agàte la curiosità.
"E devi andare da solo o con qualcuno?", chiesi.
"Ha detto che se volessi potrei portare solo Cristina".
"Non farlo!", scattai. "È una trappola, per ricattarti".
Silenzio dall'altra parte della cornetta, poi un respiro concitato. "Che faccio?", mi chiese supplichevole.
"Vieni a casa mia!".
"Cosa?".
"Sì, vieni. I miei superiori raccoglieranno alcuni Alessi. Una volta fatta la tua scelta ti porteremo via, per evitare che ti possano fare del male".
Ancora silenzio. "Gabriele, ci sei?".
"Sì...", udii flebilmente.
"Sta' tranquillo, fa come ti ho detto, e porta qui da me anche Cristina. Sarà più al sicuro".
"Okay, okay", mi rispose confuso poi riattaccò senza nemmeno dire un'altra parola.
"Logan lo ha chiamato...", annunciai ad Albian e ad Agàte, "sarà meglio che chiamiate a raccolta qualche volontario per questa missione. Da sola non posso farcela".
Questa volta Albian mi diede ragione. "Vado...", disse, poi si rivolse ad Agàte. "Avrai qui tre Alessi, tra meno di quindici minuti... Quanto a te...", continuò rivolgendosi a me. "Faremo i conti dopo che questa storia sarà finita... sempre che riuscirai a uscirne viva".
Nel sentirgli pronunciare quella frase lo odiai con tutta me stessa. Mi stava quasi augurando di morire? Era assurdo, mi sentivo un fardello addosso, un'etichetta, dopo quello che era successo con Simon tutte le persone a me più care mi trattavano con diffidenza e rancore. Sarei riuscita a svolgere il mio lavoro serenamente in quel clima di astio? Chi mi avrebbe dato la forza necessaria? Che avevo fatto di male innamorandomi? Perché nel mio caso l'amore doveva essere considerato un errore? Dove stava scritto?
Pensai a Simon. Lui sarebbe comunque stata la mia forza, legge o non legge, nel libro del mio cuore era scritto e inciso a fuoco che fosse lui la mia metà perfetta.
Albian sparì dissolvendosi in una miriade di polvere brillante e Agàte andò ad avvisare Adriano dell'imminente evento.
Avevo pochi minuti prima dell'arrivo di Gabriele. Poverino, doveva essere sconvolto. Non avrei mai immaginato che Logan avesse scelto il mio stesso giorno per dirglielo. O forse...
Un dubbio mi assalì, e poi fu tutto chiaro.
Aveva intuito che la presenza di Simon avrebbe potuto costituire una minaccia e voleva solo affrettare le cose.
"Sali di sopra e va a chiamare Adriano. Avremo bisogno anche del suo aiuto adesso", mi ordinò Agàte.
"Ma lui non è uno dei nostri!", risposi. Elementi di altre comunità non avrebbero dovuto immischiarsi in cose che non li riguardavano.
"Albian si è accordato col suo capo. Adriano ormai resterà con noi. Verrà con te anche lui mentre io darò una mano ad Albian per radunare le schiere angeliche".
"Tu credi che Logan sia solo?", chiesi preoccupata.
Agàte rimase in silenzio. "Ne dubito", concluse.
A questo punto eravamo vicini all'esito della situazione. Era probabile che questa notte sarebbe successo il finimondo. La grande battaglia per il prescelto, che sembrava tanto lontana, era alle porte.
Mi riscossi. Era incredibile. Stanotte stessa sarei potuta morire. O in battaglia, o semplicemente perché il mio protetto mi avrebbe rifiutato.
Già, perché era così che funzionava, anche se non l'avevo detto a Gabriele perché ci era proibito. Se il protetto ripudiava il suo Alessi questo avrebbe perso tutti i suoi poteri, sarebbe divenuto vulnerabile. Quindi se così fosse stato per me, il primo Kelsea in cui mi sarei imbattuta mi avrebbe annientata in un soffio.
Deglutii. Non ero psicologicamente pronta a tutto questo. Non avevo detto addio a Simon, non avevo avuto modo di spiegargli quanto lo amavo per perderlo di nuovo.
E lui dov'era in quel momento? I suoi lo avevano catturato?
Corsi in camera e chiamai Adriano che era intento a guardare un film. Gli spiegai tutto e lui mi ascoltò, poi si preparò per la battaglia.
"Wow, la mia prima missione con voi, fantastico!". Aveva detto entusiasta. Gli rivolsi uno sguardo indignato e uscii di camera per tornare in salotto.
Il campanello suonò, ero certa che fosse Gabriele.
"Vado io", urlai ad Agàte.
Corsi in corridoio pronta per aprire la porta, ma quando l'uscio si spalancò rimasi di sasso. "Tu?".
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