40 - Simon


E così era per questo che ero tornato? Per trovare un altro al mio posto?

Mantenevo a stento il controllo, e per quella sera mi ero già esposto troppo. Se Logan e Tneske avessero saputo della mia presenza in città chissà cosa mi sarebbe potuto succedere.

Mi affrettai fuori dalla scuola e in una corsa a perdifiato mi rifugiai nel boschetto vicino, solo quando fui al sicuro mi fermai per riempire i miei polmoni d'aria e ad accasciarmi ai piedi di un albero.

Aurora... non credevo che il rivederla così felice mi avrebbe fatto così male. E poi chi era quel bastardo?

Sembrava che si conoscessero da parecchio tempo. E il solo pensare a come la guardava mi faceva diventare una pantera! In tutti i sensi...

Ero stato via per molto tempo, era vero, ma Aurora per quel lungo periodo non ero riuscito a dimenticarla, e l'amavo ancora. Nessuno poteva capire quanto la amassi veramente, forse neanche lei.

Ero tornato in Italia, ma a cosa mi era servito? Aurora aveva già un altro. Un bastardo ireneo che le faceva la corte e che, ne ero sicuro, aveva capito chi fossi col solo guardarmi negli occhi. La rabbia mi aveva portato a un passo dalla trasformazione, e io in quel momento ero troppo debole, non sarebbe stato facile farlo fuori, anche perché se mi fossi trasformato Logan avrebbe percepito la mia presenza.

Stavo male, gli occhi mi bruciavano per la sconfitta, ero arrivato troppo tardi.

Avevo quasi immaginato un futuro con lei, al di là delle innumerevoli e angosciose possibilità di fallire, c'era l'unica a cui mi attaccavo, ed era quella di vivere clandestinamente insieme a lei, da umani.

E ora lei aveva già un compagno. Era forte, era bello, e soprattutto era uno della sua stessa pasta. L'ideale per un angioletta fragile come lei. L'unico che l'avesse protetta al meglio, io di certo a quello non sarei mai stato adatto.

Risi amaramente tra me poi sentii che stavo tornando a perdere il controllo. Strinsi i denti e mi trattenni.

La prima cosa che mi passò per la testa fu quella di riprendere una nave e tornare da dov'ero arrivato. Là, ero sicuro, ci sarebbe stata Brenda ad aspettarmi. Al diavolo Aurora e quel suo maledetto ireneo.

Mi ero già alzato pronto per ritornare alla stazione quando un'idea allettante mi accarezzò la mente.

E se fossi andato da lei? Se fossi riuscito a parlarle?

Non ero tornato in Italia per incassare tanto facilmente quella sconfitta. Dov'era finito il Simon che non mollava se non otteneva la sua vittoria?

Non era stato così semplice riuscire a risparmiare per un viaggio così lungo, e tutti gli sforzi non dovevano essere vani.

In quel momento capii quello che avrei dovuto fare.

Tornai al parcheggio di fronte la scuola e mi nascosi in un punto dove mi sarebbe stato facile vedere gli invitati entrare e uscire.. avrei dovuto attendere solo che lei e quell'altro si fossero diretti all'auto e avrei dovuto seguirli per scoprire dove si trovasse l'abitazione di Aurora.

Mi sedetti tra i cespugli e mentre fissavo la gente che entrava e usciva mi persi nei miei ricordi.

Ripensai al periodo recente passato con Brenda. Se non fosse stato per lei a quell'ora non mi sarei trovato davanti alla mia vecchia scuola a sperare nell'insperabile.

Mi resi conto che dovevo proprio avere la mente malata per essere convinto che Aurora mi avrebbe dato un'altra possibilità. Soprattutto dopo quello che aveva scoperto di me. Dopo che l'avevo ingannata con l'intenzione di ucciderla.

Ripensai alla sera del nostro primo bacio, il vero bacio che ci aveva indissolubilmente legati l'uno all'altra e in quel momento mi convinsi che i suoi sentimenti nei miei confronti non erano cambiati, ne ero certo.

Per la prima volta dopo chissà quanto tempo sentii un solletico alla guancia, e mi accorsi che una lacrima era sgorgata dai miei occhi, ma dopo tutto quello che mi era accaduto quell'umido sulla faccia non mi fece minimamente impressione.

Durante il periodo immediatamente precedente al bacio di Aurora mi ero fatto ribrezzo. Per me era inconcepibile provare amore per una nemica. Poi ero passato in uno stato di commiserazione e incredulità, ora, non ci pensavo nemmeno a un possibile errore della natura, ero stato io e solo io a volere che tutto questo mi accadesse, ero stato io a concedere che l'amore per Aurora mi inghiottisse senza resistenze e il fatto di averla vista baciare un altro, il fatto di aver compreso che si era ricostruita una vita, mi aveva fatto saltare le staffe.

In quel momento avevo provato un tale odio per quel'individuo che aveva osato parlarle, sfiorare le sue labbra e stringere i suoi fianchi. Solo la paura di essere trovato dal mio capo mi aveva fermato dallo scontro immediato.

Ma poi mi riscossi. Come potevo immaginare che tutto sarebbe finito bene? Solo le favole finivano a lieto fine, e per me e Aurora non immaginavo una storia con la frase finale: e vissero tutti felici e contenti.

A distogliermi da quell'ultima riflessione ci fu l'uscita di due sagome dalla porta. Erano loro.

Riconobbi Aurora dal vestito che indossava, era più bassa dell'ireneo, lui invece era alto e snello. Sì, erano loro, senza dubbio.

Attesi che raggiungessero l'auto, dopodicchè, quando furono saliti a bordo mi spostai silenziosamente verso l'uscita e rubai una moto posteggiata là accanto. Accenderla fu un gioco da ragazzi.

Attesi che l'auto uscisse dai cancelli e quando fu distante abbastanza mi gettai all'inseguimento. Mi impegnai a non perderli di vista e dopo una decina di minuti vidi l'auto svoltare nel giardino di una casa piccola e accogliente.

Dunque era lì che Aurora alloggiava. In quel luogo vi ero già stato altre volte. Proseguendo per la strada, infatti, si arrivava ad un meraviglioso laghetto naturale dove a volte mi rifugiavo per pensare, lontano dal frastuono cittadino.

La casa di Aurora era in periferia. Se solo avessi voluto avrei potuto trovarla anche prima.

Proseguii più avanti per la strada e quando fui abbastanza lontano gettai il motore da una parte e mi diressi a piedi fino ai pressi di casa sua. La vidi salutare il compagno con un bacio sulle labbra ma mi ero già preparato a una scena del genere, così seppi mantenere il controllo. La vidi sorridere, poi scendere e mandare un bacio con la mano allo sconosciuto che per quella sera si allontanò con la sua auto, Aurora fece così ingresso in casa e la porta si richiuse alle sue spalle.

Fantastico. E ora che avrei fatto? Entrare in quella casa mi sarebbe costato la vita. Fare uscire lei, era un'impresa alquanto ardua. Mi disposi ad aspettare, e in quel momento un'altra auto fece ingresso nel giardino. Scese una donna che rovistato nel suo mazzo di chiavi aprì la porta ed entrò anche lei.

Come pensavo dunque Aurora non viveva sola. Lo sapevo già da prima, e ora di sicuro le sorveglianze erano divenute ancora più ristrette.

Nel momento in cui la donna fece ingresso in casa notai che una luce si accese al piano di sopra. Ero sicuro che Aurora fosse entrata in camera sua. Guardai se intorno alla finestra vi fosse qualche strumento che mi avesse permesso di arrivarvi facilmente, e mi accorsi che c'era un rampicante abbastanza robusto da sorreggere il mio peso. L'unico problema sarebbe stato quello di entrare in giardino e oltrepassare la finestra illuminata del pianterreno.

Per eludere quell'altra possibile sorveglianza decisi di attendere che fosse notte fonda e che tutte le luci della stanza fossero spente.

Quelle snervanti operazioni d'attesa mi davano i nervi. Ma fortunatamente durante il mio duro allenamento di Kelsea avevo imparato anche questo.

Fissai il mio orologio, la lancetta puntava le dodici e trenta, fu all'una che tutte le luci si spensero, ma per essere sicuro che anche la tutrice di Aurora stesse dormendo decisi di posticipare la mia visita per le tre, così mi allontanai dal mio nascondiglio e mi rifugiai al lago vicino. Ora più che mai avevo voglia di riflettere. Oltrepassai il piccolo boschetto intricato e presto apparve ai miei occhi la superficie increspata dell'acqua. La luna era alta quella notte e il cielo senza nuvole era punteggiato di stelle.

Con una mano sfiorai la superficie dell'acqua fredda, era pieno inverno ma fortunatamente l'assenza di vento non incrementava il freddo già pungente dell'aria.

Dalla mia bocca semiaperta uscivano nuvolette di condensa quando respiravo. Sfregai una mano all'altra per scaldarmi e mi venne da pensare che se avessi potuto trasformarmi il freddo non mi avrebbe neanche sfiorato. Mi chiesi se valesse la pena rischiare tanto per Aurora.

E se le avessero già fatto il lavaggio del cervello? E se in quel momento per me non provava altro che odio?

Ero sicuro che se anche si fosse messa contro di me non avrei avuto il coraggio necessario per metterla a tacere, sebbene fosse molto più debole.

Trascorsi il mio tempo a guardare le lancette dell'orologio, poi alla fine le tre arrivarono, e con esse tutta l'angoscia di perdere Aurora definitivamente. A passo lento e senza fretta mi diressi verso casa sua, scavalcai il cancello e giunto al rampicante iniziai silenziosamente a inerpicarmi su fino alla sua finestra.

La persiana era semichiusa ma uno scorcio di luce lunare faceva ingresso nella stanza rivelando la sagoma di Aurora attorcigliata fra le lenzuola che dormiva beatamente.

"Aurora...", sussurrai. Nel silenzio la mia voce mi parve assordante.

Con le unghie bussai al vetro della finestra e ripetei il suo nome. Ma lei non mi udì.

Cominciai a preoccuparmi. Se non mi avesse sentito?

Chiamai ancora, e ancora, bussai alla finestra e finalmente percepii un movimento delle lenzuola e vidi la sua testa sollevarsi curiosamente per puntare lo sguardo alla finestra.

"Aurora", ripetei.

E ad un certo punto la finestra si aprì, e il suo viso comparve.

Non riuscirò mai a descrivere la sua espressione quando mi vide dopo tutti quei mesi. Sembrava paura, poi sorpresa, e rabbia, sconforto, felicità, tristezza ma quello che vidi e che mi fece più male furono i suoi occhi così limpidi che diventavano lucidi e lasciavano via libera a tutte quelle lacrime represse per così a lungo. 


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