39 - Andrea


"Andrea, hai finito o devi stare ancora chiuso lì dentro?".

Ero segregato in bagno da un'ora intento a fissare i miei capelli col gel mentre Arianna, dietro la porta, si lamentava perché voleva il bagno tutto per lei. Ovviamente pensai, sono tanti i difetti della convivenza, uno dei quali era proprio il dover condividere il bagno con la tua coinquilina.

Rimasi chiuso per altri cinque minuti, quando poi aprii la porta Arianna era davanti a me con l'espressione annoiata.

"Cavoli Andrea, sei peggio di una ragazza quando ti ci metti", mi disse.

Sghignazzai e senza rispondere tornai in camera mia. Aprii le grosse ante dell'armadio e per l'occasione scelsi una camicia bianca e dei pantaloni neri. Al collo avrei tenuto la collana con la mia iniziale.

Indossai i vestiti fantasticando su cosa avrebbe indossato Aurora quella sera.

Era la sera del ballo e il che mi mise di buonumore. Per prima cosa, perché avrei passato un'altra meravigliosa serata con Aurora, e poi perché io adoravo ballare.

Dopo aver messo i pantaloni, lasciai aperti gli ultimi due bottoni della camicia, in modo che risaltasse la collana, poi raccolsi la mia giacca, ma non la indossai.

"Ehi Arianna, sto andando via!", urlai per avvertirla.

Dal bagno provenne la sua risposta. "Okay ciao, a più tardi".

Raccolsi le chiavi dal mobile vicino l'ingresso e scesi fino al garage. La mia auto nera e lucida mi aspettava silenziosa. Aprii il box e uscii dal garage schiacciando poi il telecomandino per richiuderlo.

Mi gettai in autostrada per arrivare prima e quando giunsi davanti casa di Aurora notai che in giardino non c'era l'auto di Agàte. Scesi e suonai il campanello nell'attesa che qualcuno venisse ad aprirmi.

"Oh ciao, amico!". Era Adriano. Indossava una tuta grigia e sembrava essersi svegliato da poco dal suo pisolino pomeridiano.

"Ciao", lo salutai freddamente. Oltrepassai la soglia senza nemmeno degnarlo di uno sguardo. Quell'Alessi proprio non lo reggevo.

Arrivato in soggiorno mi guardai intorno ma Aurora doveva essere di sopra perché al pian terreno non c'era. Salii le scale e giunto davanti la porta della sua camera bussai.

"Adriano, non osare entrare!". Sentii la sua voce urlare.

Sghignazzai. "Non sono Adriano, posso entrare?".

Non appena riconobbe la mia voce la porta si spalancò quasi all'istante. "Oh amore, ciao!". Me la ritrovai addosso.

Saltai indietro per ammortizzare il colpo, poi ricambiai l'abbraccio e la baciai senza fare caso al fatto che fosse in accappatoio e che i suoi capelli fossero ancora bagnati.

"Asciugo i capelli, mi vesto e sono pronta", mi disse baciandomi e spingendomi fuori dalla porta.

Quando questa si fu richiusa decisi di aspettarla là stesso, non avevo voglia di scendere in salotto, né di avere alcuna discussione con Adriano, aveva già detto troppo e io in quel momento non volevo niente che mi guastasse il buonumore.

Attesi dietro la porta e sorrisi quando la sentii cantare mentre si asciugava i capelli col phon e si vestiva.

Poi udii la chiave girare nella toppa e quando uscì fuori sembrava davvero un'altra. Era bellissima nel suo vestitino color bosco. I capelli erano raccolti in un'acconciatura semplice e gli occhi rilucevano sotto il colore chiaro dell'ombretto. Ai piedi portava delle scarpette con il tacco e le sue labbra cariche di lucidalabbra mi sorridevano.

"È inutile dire che sei meravigliosa. Già lo sai...", le dissi.

Non rispose, si limitò a sorridere e poi disse: "Andiamo?".

Annuii e le porsi delicatamente la mano, come per accompagnarla.

"Anche tu con questa camicina non sei niente male...", mi disse lei sorridendo furbescamente e ammiccando alla scollatura e alla collana. "Saresti stato noioso con una cravatta... e quella collana... ti sta d'incanto".

Scendemmo le scale e quando arrivammo in soggiorno notai con piacere l'espressione sbigottita di Adriano.

"Buona serata Aurora...", le disse ammirato.

"Anche a te", gli rispose lei gentile come sempre. Uscimmo in giardino e cavallerescamente le aprii lo sportello dell'auto.

Lei per tutta risposta mi accarezzò la guancia, "Ti bacerei se non fosse che ti concerei come un pagliaccio col mio trucco".

Sghignazzai a quell'affermazione, "Ai baci penseremo più tardi", le risposi alzando un sopracciglio. Richiusi la portiera e feci il giro per salire al posto guida. Lasciai partire il mio cd alla radio e misi in moto.

"Come mai Agàte non era in casa?", chiesi, curioso dalla sua assenza.

"È già a scuola, ha ricevuto l'ordine di sorvegliare la situazione personalmente". Mi rispose.

Fui più tranquillo da quello che mi disse lei. Era vero che c'ero io a proteggerla, ma Aurora era talmente fragile e vulnerabile che se mi fossi allontanato un attimo da lei qualche Kelsea le sarebbe piombato addosso all'istante.

Raggiungemmo la scuola in meno di dieci minuti. Quando parcheggiai l'auto scesi e aiutai Aurora a fare lo stesso. Poi la presi per mano. L'ingresso della palestra era tutto decorato e pieno di luci per l'occasione. Alcuni ragazzi se ne stavano all'esterno a fumare una sigaretta, da dentro invece provenivano il frastuono della musica e le urla dei ragazzi e del dj.

Ci dirigemmo verso la porta mano nella mano. All'ingresso c'erano alcuni suoi compagni di classe.

"Sono dell'ultimo anno!", disse loro Aurora, "E questo è il mio ragazzo".

"Okay, puoi andare", rispose il ragazzo addetto ai biglietti.

"Perché noi non paghiamo?", chiesi allora ad Aurora.

"Perché io e gli altri del quinto anno abbiamo organizzato tutto e quindi non abbiamo bisogno del biglietto per entrare, di conseguenza non ne hai bisogno neanche tu che mi accompagni".

"Ah okay!", annuii.

Dentro la palestra l'aria era viziata. C'era tantissima gente e il volume della musica da discoteca era assordante. "Si balla solo questo genere di musica?", chiesi un po' allarmato.

"No, abbiamo anche preparato l'auditorium. Là la musica è più lenta e l'atmosfera più tranquilla", mi rispose lei. "Andiamo, ti faccio vedere".

Mi prese per mano e mi trascinò per il corridoio buio rischiarato soltanto dalla luce delle candele.

Giungemmo in una stanza più piccola ma adornata in maniera più classica. La musica in sottofondo era un lento, così non attesi nemmeno un po' per prenderla tra le braccia.

Lei mi gettò le braccia al collo e appoggiò la testa al mio petto. Benché fosse più bassa di me con i tacchi non sfigurava assolutamente, la sua bassa statura, anzi, la faceva sembrare una piccola bambola di porcellana.

"Vorrei che questo momento non finisse mai", mi disse.

La strinsi più forte.

"Sai Andrea, con te mi sento al sicuro...", proseguì.

Qualcosa si mosse nel profondo del mio animo. Quelle parole mi riempirono il cuore di gioia, ma poi un'altra sensazione si sostituì alla prima. Proprio in quel momento, mentre riflettevo su quello che ero, un allarmismo mi pervase il corpo. Rimasi in silenzio senza saper dire una parola e alzai la testa di scatto.

"Che succede?", mi chiese Aurora preoccupata dalla mia espressione guardinga.

Continuai a tenere la testa alta per fissare tra la gente. Avevo sentito... sì, non c'era dubbio, si trattava di un Kelsea...

"Cosa c'è Andrea?".

"Non hai sentito?", domandai rimanendo sull'attenti.

"No...". rispose lei.

"Deve essere arrivato Logan...", le sussurrai ad un orecchio.

Sorrise. "Non mi preoccupo di lui se ci sei tu al mio fianco".

Rimasi silenzioso. Non dissi tutta quanta la verità, non l'avrei detta finché non avrei avuto la conferma che si trattasse di ciò che pensavo, ma ero sicuro che quel Kelsea non fosse Logan.

La strinsi di nuovo ai fianchi e cercai di riprendere tranquillità. Eppure ne ero sicuro, non era Logan quello che avevo percepito. La sua aura era diversa, e non ero un novellino per non rendermene conto.

Quella presenza era molto più forte, quasi al mio livello. Mi guardai intorno ma il Kelsea che la emanava non era in quella stanza.

Chissà se Agàte aveva sentito...

"Andrea, sta tranquillo, che succede?". Mi chiese Aurora. Sembrava preoccupata dalla mia espressione.

"Non è niente Aurora, davvero...", tentai di sorriderle. "È che se penso a quello che quel bastardo ti ha fatto...".

"Non è successo nulla Andrea...", mi rassicurò lei, "sono ancora qui sana e salva... dai, smettila di farmi preoccupare".

Le sorrisi un po' più convinto. "Hai ragione, non pensiamoci". Mi tranquillizzai. In fondo, forte per quanto potesse essere, quel Kelsea era al mio stesso livello, chiunque fosse stato avrei saputo come sconfiggerlo, e poi nessuno avrebbe osato avvicinarsi ad Aurora con me al suo fianco.

Ripresi a dondolare sul posto. Restammo in quella stanza a ballare lenti con le altre coppie per un'altra oretta, poi Aurora si stufò.

"Che ne dici di andare a vedere che succede dall'altra parte?". Mi chiese quando terminò la canzone che stavamo ballando.

"Sì, perché no? A lungo andare qui diventa un mortorio", risposi. Le sorrisi e la presi per mano percorrendo a ritroso la direzione che avevamo fatto un'ora prima. Della presenza non c'era più stata traccia e questo mi aveva portato a convincermi che forse si era trattato di un eccesso d'ira di Logan.

Quando raggiungemmo la palestra adibita a discoteca non ci pensai un attimo a sfoggiare le mie conoscenze da ballerino. Aurora rimase ferma al suo posto.

"Su, perché non balli?", la esortai vedendola imbambolata, con la voce tentai di superare il frastuono della musica.

"Perché mi vergogno...", mi rispose lei con faccino timido.

"Ma dai!". Le sorrisi e tentai di farla ballare con me.

"No, veramente Andrea, sei troppo bravo e io, sono una frana...".

Risi di gusto. "Preferisci fare come loro?", le dissi ammiccando a una coppietta che pomiciava in un angolo della palestra.

Aurora guardò dalla mia stessa direzione e arrossì violentemente, ero sicuro che si stesse immaginando noi due al loro posto. "Okay balliamo!", mi rispose abbassando lo sguardo.

Sghignazzai e la presi per mano. Iniziai a muovermi e a fissarla mentre ballava. Al contrario di ciò che diceva notai che coi movimenti se la cavava.

"Allora preferisci ballare tutta la sera?", le chiesi per stuzzicarla.

"Sì, sì, se l'alternativa è pomiciare... per tutta la sera, davanti alla gente...".

"Perché? Ti dispiacerebbe?" chiesi falsamente offeso.

"No, ma..."

Mi avvicinai a lei per sussurrarle all'orecchio. Mi divertiva farle perdere il controllo.

"Beh, ci sarebbe anche il corridoio buio... se ti spaventa la gente, o... in alternativa c'è anche la mia auto".

"Piantala Andrea!".

Le baciai il lobo dell'orecchio. "Se no?".

"Se no...", si guardò le mani un po' perplessa.

"Niente borsetta?", la solleticai mordendola con delicatezza, lei rise.

"Non è giusto!", disse con finto broncio. "Perché vuoi averla sempre vinta tu?".

"Con me non puoi competere, angelo...", conclusi accarezzandole il collo.

Si imbronciò, poi mi baciò sulle labbra e sentii il sapore del suo lucidalabbra. Sapeva di lampone.

"Uhmm", feci.

Lei mi guardò negli occhi e batté le palpebre con innocenza.

Tornai con desiderio alle sue labbra e lei corrispose al bacio con più decisione.

"Ti ho mai detto che sei fantastica, angelo?".

"Sempre...". mi rispose dolce.

"E che hai un sapore buonissimo?".

Lei sorrise. "Questo è la prima volta che me lo dici".

Le accarezzai una guancia. "La inserirò nel repertorio". Scesi al suo collo con la mano e tornai a baciarla con la seria intenzione di non smettere tanto facilmente.

"Andrea...", disse lei, "Smettila ti prego...".

Non la ascoltai, era troppo bella per resisterle. La presi per mano e raggiunta la parete mi ci appoggiai attirandola a me.

"Perché ti piace rendermi tutto più difficile?", continuò lei tentando di fermarmi. "Non capisci che se probabilmente mi trasformo mi attiro addosso l'ira di qualche Kelsea?".

"Kelsea? Quale Kelsea?", le chiesi ironico.

"Logan, per esempio...", disse lei allontanandosi di più e guardandomi con le braccia conserte.

"Tu lo hai visto? Io no...", feci tranquillo.

"Non l'ho visto, ma tu lo hai percepito".

Rimasi per un attimo perplesso, ormai la presenza che avevo sentito non si era più manifestata, mi chiesi se non me la fossi immaginata.

"Non farti tanti scrupoli, con me sei al sicuro", le dissi. Ripresi a baciarla e in quel momento sentii il corpo d'Aurora vibrare. Era incredibile quanto facilmente perdesse il controllo. Allentai la presa e le lasciai il tempo di calmarsi.

"Ecco, visto? Te l'avevo detto!", mi disse lei risentita.

"Sei incredibile, hai una soglia di resistenza così bassa...".

"Non sono come te Andrea, ti informo che è la prima volta che mi ritrovo nel corpo di un'umana, non è così facile come sembra mantenere le ali nascoste!".

Alzai lo sguardo per guardarmi intorno, ero sicuro che qualcuno ci stesse fissando. Aurora non se n'era accorta ma io sì, avevo percepito di nuovo la presenza, e non era Logan, questa volta ne ero sicuro.

Poi ad un certo punto incontrai i suoi occhi, e capii all'istante di chi si stesse trattando. Mi fissava ostile, il suo sguardo era di ghiaccio e il suo viso era una maschera d'odio.

Lo riconobbi dalla reazione che ebbe quando mi vide insieme ad Aurora, capii di chi si trattava. Quello doveva essere Simon, il fatidico Kelsea di cui Aurora era ancora innamorata.

Decisi di lanciargli un'aperta sfida, non mi faceva paura. Lo fissai con astio, e poi gli indirizzai un sorriso ostile. Mi chinai su Aurora che stava ancora protestando e la baciai. Lei mi attorcigliò le braccia al collo, si arrese completamente e mi parve perfetto.

In quel momento percepii la sua aura potente mentre ci fissava ancora, e Aurora, che fino a quell'istante non si era accorta di niente, balzò dalla paura e si voltò, ma troppo tardi, perché Simon era già scomparso tra la folla e da quello che mi aveva lasciato intendere era veramente incollerito con me.

"Cos'è stato?". Mi chiese Aurora impaurita.

"Niente, perché?".

"Non hai sentito?", continuò.

"Cosa?".

"Non so, era un'aura così... familiare".

La fissai tentando di assumere un'espressione incredula. "Non mi starai cercando di dire che Simon ha fatto ritorno dal regno dei morti?"

Rimase silenziosa, la sua espressione speranzosa e impaurita si spense e allo stesso tempo si rassicurò.

"Andrea ho paura...", fece all'improvviso stringendosi a me.

Mi sentii in colpa, non l'avevo già ingannata abbastanza? Ma che l'amavo... quello era tutto vero, e non avrei mai sopportato di perderla, non quando avevo tutti i buoni motivi per tenerla al sicuro.

"Tranquilla amore, ci sono qua io...". La abbracciai. "Se tu lo vorrai, ci sarò sempre... sai che per te morirei...".


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