32 - Aurora
Quella mattina mi svegliai presto. Ero un po' agitata. Come mi era saltato in mente di invitare Andrea a scuola? Cominciai a rimuginare sul messaggio che gli avevo mandato la sera scorsa. Da una parte pensavo veramente tutto quello che avevo scritto ma, riflettendoci a sangue freddo, provavo una gran vergogna per ogni singola parola che avevo scritto in quel dannato sms.
Gli avevo rivelato i miei sentimenti, le mie angosce.
Sì, era vero... Andrea mi ispirava fiducia, ma come potevo essere sicura che fosse la persona giusta? Dopo l'esperienza con Simon chi ero io per distinguere il giusto dallo sbagliato?
Del resto l'avevo incontrato solo la sera scorsa. Magari lui stava solo giocando con me... Chi mi garantiva che le sue intenzioni fossero serie?
E io poi... che mi ero promessa che tra noi due ci sarebbe stata solo amicizia. Io che la sera prima l'avevo respinto... Come avevo potuto scrivergli una cosa del genere?
Cioè, non che non mi piacesse stare in sua compagnia, ma ero anche contrariata del fatto che Agàte fosse così contenta di vedermi insieme a lui... insomma, era una sorta di orgoglio personale. Non volevo dargliela vinta.
Scesi dal letto decidendo di non pensarci più su. Ormai il danno era fatto.
Raccolsi i miei vestiti e mi diressi verso il bagno. Avevo indosso soltanto una grande maglietta che mi arrivava fino alle ginocchia.
A metà strada cacciai un urlo di vergogna.
Cavoli! Non mi ero minimamente ricordata che ci fosse un estraneo in casa. Il ragazzo della notte precedente mi guardava sbalordito. Lo vidi battere le palpebre e poi arrossire.
"Scusa", mormorò vistosamente imbarazzato.
Io mi rintanai subito dentro il bagno e chiusi a chiave. Poi mi abbandonai appoggiata alla porta.
Benissimo, ci mancava che si mettesse a farmi la corte anche lui. Non erano ancora sufficienti Simon, Gabriele e Andrea?
Mi sciacquai il viso sotto il getto d'acqua fredda, poi mi lavai i denti e mi vestii in fretta. Quando finii di acconciare i miei capelli e truccare il viso uscii fuori.
Il ragazzo di prima era fuori dalla porta che aspettava seduto nella sua camera. La porta era aperta così quando mi vide uscire sollevò il viso. Notai il colore dei suoi occhi. Erano verdi e i suoi capelli biondi ricadevano in riccioli ribelli sulla fronte.
"Ciao...", mi sorrise imbarazzato. Aveva ancora il viso tumefatto e le braccia erano ricoperte di graffi e bruciature.
"Ciao", ricambiai scettica.
Lui si grattò la testa pensieroso, poi mi porse la mano con fare diplomatico. "Mi chiamo Adriano... piacere!".
Strinsi la stretta attorno alle sue dita poi i miei occhi incontrarono nuovamente i suoi.
"Oh, piacere... Aurora!". Dissi timidamente.
"Volevo dirti grazie per ieri... se non fosse stato per il tuo ragazzo...".
Aggrottai le sopracciglia. Ragazzo? Da quando Andrea era il mio ragazzo? Andavamo bene...
"No figurati, Andrea è solo un amico".
Adriano annuì. "Comunque grazie lo stesso. Avete rischiato di mettervi nei guai per me".
"Oh non farci caso... ultimamente ci ho fatto l'abitudine", ironizzai.
Adriano torse un sorriso sghembo. "Perché?".
"Storia lunga", lo liquidai più seria.
Rimase a fissarmi in silenzio, e io capii che era il caso di tagliare la corda. "Puoi usare il bagno adesso", gli dissi frettolosa. "Non so tu, ma io devo scappare a scuola".
Lui parve rimanere sorpreso da quell'affermazione. Forse si era ricordato del suo compito d'Alessi momentaneamente tralasciato. "Non credo che riprenderò il mio compito molto presto...", disse sommesso, "il mio capo sarà infuriato adesso. Noi non dovremmo accettare aiuti, e voi non avreste dovuto darmene".
"Non preoccuparti", lo rassicurai, "finché starai con noi Agàte ti terrà al sicuro. Ora vado... ciao!". Lo salutai con un bacio timido sulla guancia e scesi le scale saltandone due ogni passo.
Incontrai Agàte nel salotto. Era ancora in pigiama impegnata a fare zapping col telecomando.
"Ma che fai ancora così? Non vieni oggi a scuola?".
"No, oggi ho avuto un giorno di permesso, dovrò occuparmi degli affari di Adriano. Albian dovrà parlare con il suo capo per sistemare tutto".
Io aprii la bocca ma non seppi che dire. "Ma... Logan...", farfugliai.
"Logan non è a conoscenza della mia assenza, e quando se ne accorgerà sarà troppo tardi per fare qualcosa. Oggi sarei stata nella vostra classe all'ultima ora, no?".
Sbattei le ciglia un po' sorpresa di quanto le importasse di me. Mi sentii infelice. Ma che le prendeva? Perché mi trattava in quel modo?
Non dissi più nulla. Semplicemente raccolsi la merenda e uscii dalla porta. Non avevo parole.
Salii nella mia auto e accesi il motore, lo sguardo mi cadde per caso alla finestra di camera mia. Era l'unica che dava sul giardino. Adriano sorrideva divertito della mia manovra impacciata, sventolò una mano per salutarmi.
Era in camera mia... cioè, come si era permesso? Avrebbe potuto frugare quanto voleva tra le mie cose? Tanto Agàte non gli avrebbe detto niente.
Mi costrinsi a restare in auto e ad ignorare quell'altro fastidioso evento poi uscii dal cancello senza ricambiare il saluto.
Quella mattina arrivai a scuola molto in anticipo. Quando entrai nella mia classe era ancora deserta, così posai lo zaino per terra e accesi il mio cellulare. Chissà se Andrea aveva lasciato una risposta...
Premetti il tasto di accensione con un po' di angoscia e non dovetti attendere molto perché vibrasse. Arrivarono tre sms. Li guardai ad uno ad uno.
Un messaggio era di Matilde, mi avvisava che quel giorno non sarebbe venuta a scuola, il secondo era di Gabriele, era un semplice buongiorno. Arrivai al terzo e indugiai ad aprirlo. Era veramente di Andrea?
Lo aprii. Sì, il numero era il suo. Lessi quello che c'era scritto.
Aurora vuol dire "sole che sorge", è solo grazie alla tua luce che riesco ad essere quello che sono... sono io che devo dirti grazie, piccola. :-* bacio anche a te... notte. P.S. domani ci sarò
Lessi e rilessi quelle parole due volte. Non potei fare a meno di pensare a quanto fosse romantico e poetico.
Me n'ero accorta già dalla prima volta che mi aveva lasciato un messaggio scritto sul biglietto col suo numero di telefono.
Fallen angel... era la sua canzone. E aveva pensato di scriverla là per me.
Immaginai che in quel modo volesse dedicarmela. E mi piacque molto la metafora della luce del sole. Io... quella che combinava solo casini lo illuminavo con la mia luce... quant'era esagerato!
Mi stava dicendo che all'uscita della scuola ci sarebbe stato. Dunque aveva capito l'invito implicito. E certo! Chi non l'avrebbe capito?
Molto presto i posti in classe cominciarono a riempirsi e la mia classe iniziò a rumoreggiare di risate. Io rimasi seduta al mio posto. Quando poi venne Gabriele gli chiesi se avesse voluto sedersi affianco a me. Accettò di buon grado.
"Si può sapere che fine hai fatto ieri?", mi lamentai.
Lui parve essere dispiaciuto. "Scusa Aurora, è che non ti ho più trovata in giro e il tuo cellulare era spento".
Già, il cellulare spento, e chi se lo ricordava.
"Capisco", dissi. Poi la mia eloquenza si spense tutta in una volta. Tornai taciturna e Gabriele mi assecondò, forse era imbarazzato per quello che gli avevo appena detto.
Mi misi a fissare il libro e cominciai a ripassare mentalmente per l'imminente interrogazione di latino. Quando entrò il professore io ero ancora in silenzio a fissare la pagina bianca del mio quaderno. In quel momento un brivido freddo mi percorse la schiena e quando mi voltai uno sguardo di Logan mi raggelò.
Pensai a quanto non fosse per niente facile trascorrere tutte le mattine a suola con un Kelsea nemico che cerca il momento più propizio per farti fuori.
"Signorina Fresè, alla lavagna", mi chiamò il professore. Mi alzai e tentando di ignorare lo sguardo insistente di Logan mi diressi alla cattedra.
"Bene, di che parliamo oggi?".
"Tacito e Apuleio", dissi.
"Perfetto, comincia pure con Apuleio", mi invitò il professore soddisfatto.
Non ebbi problemi nel ripetere la lezione, l'avevo studiata al meglio e mi era anche piaciuta. Di Apuleio avevo apprezzato tanto il mito di Amore e Psiche nell'opera Lucio e l'asino. C'era un che di romantico nell'azione di Amore, che mi ricordava Simon. Eros aveva salvato la vita della sua amata Psiche sebbene gli fosse stato proibito dalla sua stessa madre.
Nel ripensare a Simon non riuscì ad abbandonare il pensiero per tutta l'ora successiva e le altre ancora. Quando suonò la campanella dell'ultima ora il professore di latino si affacciò alla porta e mi chiese di andare con lui in biblioteca. Quella mattina gli avevo chiesto in prestito un libro della biblioteca della scuola che avrei usato per la mia tesina.
Mi attardai in classe. Avevo perso una buona decina di minuti in biblioteca e quando tornai per iniziare a raccogliere e a riporre nella cartella tutti i miei libri, la classe ormai era deserta e non c'era più anima viva in tutto il terzo piano della mia scuola.
"Finalmente soli!", esultò una voce eccitata dietro di me.
Mi voltai a rallentatore e lo vidi poco più lontano con un sorriso trionfante sulle labbra. Logan mi fissava con tale odio da immobilizzarmi col solo sguardo.
"Che vuoi?", lo sfidai cercando di nascondere la mia paura.
"Ucciderti", fece lui molto serenamente allargando le braccia in un gesto teatrale. Mi si avvicinò a passo lento e ne approfittò per raccogliere le chiavi dell'auto che mi erano cascate a terra per la sorpresa.
"Tu non puoi...", balbettai. Ero terrorizzata, percepivo quanto fosse forte già nella sua forma umana.
"Sì? E perché no? Perché non hai chi ti difende?".
Tremai vistosamente e arretrai di qualche passo. Lui mi seguì.
"Dove credi di andare?". Mi afferrò per un braccio e a quel tocco percepii come una scossa elettrica ostile. Era forte, troppo forte per poter sfuggire alla sua presa salda.
"E finalmente la partita si chiude, Aurora!", sogghignò. "Per fare le cose come si deve ti annienterò da umana, così faremo meno scalpore tra le schiere angeliche, no? Nessuno correrà a proteggerti", concluse esaltato.
"Lasciami... o Agàte", tentai di difendermi.
"Agàte cosa? Mi farà a pezzetti? Oh, che paura! Eppure pensavo che anche lei fosse stufa dei tuoi guai. Non è per questo che ti tratta così davanti a tutti?".
Quelle parole fecero riemergere la figura di Simon nella mia mente. Forse ora, nel bene o nel male, ci saremmo ritrovati insieme.. in quel momento lo sentii più vicino che mai, come se mi fosse accanto. Vidi Logan allontanare la mano dal mio braccio con un urlo di sorpresa e rimasi a fissarlo attonita mentre si guardava il palmo scottato. Non proferii parola quando lo vidi cambiare espressione, anzi rimasi perplessa quanto lui. Non avevo fatto nulla per allontanarlo, che cosa stava accadendo?
"Dannazione!", sbottò. "E va bene, vorrà dire che farò più alla svelta, non potrai impedirmelo amico". Lo udii parlare tra sé, sembrava contrariato per qualcosa che non capii. Decisi di approfittare della sua distrazione per darmela a gambe e scattai fuori dalla porta.
Corsi per il corridoio precipitandomi giù dalle scale con Logan ancora alla calcagna e quando lui riuscì ad afferrarmi per la maglietta mi assestò uno schiaffo. Persi l'equilibrio e cascai a terra. Non riuscii a mantenere il controllo. Il mio corpo aveva mutato forma, ero diventata un'Alessi e Logan per effetto opposto aveva acquisito le sue vere sembianze di Kelsea.
I suoi occhi da azzurri divennero abissi, il suo cuore cessò di battere e il ghigno delle sue labbra prese una piega più crudele mentre sulle labbra sfavillavano due piccoli canini lucenti. Ci trovavamo ancora a secondo piano, era tutto deserto e nessun umano in quella forma potava sentire lo scontro. Era la fine.
Ero in trappola. Quando Logan mi afferrò per i vestiti mi guardò con odio e con un balzo preciso mi fu addosso. Non potei evitarlo. Tentai di ricambiare l'attacco ma lo schivò e in quel momento provai un dolore lancinante lungo tutta la schiena. I denti di Logan si erano chiusi sulla punta delle mie ali in un morso secco ma poco preciso. Mi divincolai e a fatica riuscii ad allontanarmi. Ormai però ne ero certa, era veramente finita, non avrei potuto più reagire e per la prima volta provai cosa volesse dire sentire un morso nemico nelle parti vitali della mia forma incorporea.
"Non mi scappi più...", fece Logan soddisfatto della sua opera. "L'ultimo morso e sarai bell'e stecchita!". Rise sguaiatamente e si avvicinò di nuovo.
Mi rintanai in un angolo in una posizione a riccio, poi accadde qualcosa all'improvviso. Sentii di perdere i sensi e seppi che la cosa giusta da fare era quella di ritornare umana e provare a proteggere le mie ali, ma non ci riuscii. Una luce mi annebbiò gli occhi e capii che forse era quello il modo in cui noi Alessi cessavamo di esistere. "Simon", dissi sottovoce, poi battei la testa e non percepii più nulla...
...
"Aurora... ehi, Aurora". Riaprii gli occhi, mi sentivo stordita e udivo una voce insistente che mi chiamava. Mi dava fastidio, continuava a chiedermi di non perdere i sensi.
"Aurora, trasformati... per favore fallo, provaci".
Tentai di concentrarmi per ubbidire, ma quando lo feci un dolore insopportabile mi costrinse a smettere.
"Su Aurora, so che fa male... ma sforzati".
Con la vista ancora appannata percepii il calore di un corpo e riconobbi la voce. Capii di essere tra le braccia di Andrea, sentii premere le sue labbra sulla mia fronte, sembrava terrorizzato all'idea che potessi morire. "Forza Aurora... su...", mi incitò con cipiglio preoccupato. "Dai piccola, puoi farcela".
A quelle parole ce la misi tutta, non l'avrei lasciato senza nemmeno avergli detto un grazie, e quando sentii il cuore che quasi mi scoppiava nel petto, dopo una sofferenza atroce e senza fine compresi di esserci riuscita.
"Brava Aurora! Ce l'hai fatta", esultò Andrea.
Lo sentii tornare nella sua forma incorporea per uscire direttamente dalla finestra che dava sul cortile della scuola e passare inosservati. Cercando di non farsi vedere mi appoggiò sui sedili della sua auto e mi riportò a casa. Non mi parlò lungo tutto il tragitto, serio e preoccupato com'era.
Io intanto dentro di me benedissi il momento in cui avevo deciso di mandargli quel messaggio. Se non fosse stato per lui a quell'ora sarei morta.
Quando l'auto si spense capii di essere giunta a casa. Andrea mi raccolse tra le braccia e poi lo sentii suonare col gomito il campanello. Venne ad aprire Agàte. La udii gettare un urlo di terrore.
"È tutto okay, sta bene!", la rassicurò Andrea.
"Cos'è successo?", chiese Agàte apprensiva. I miei occhi erano chiusi, ma dal tono della mia insegnante capii che la finta indifferenza dei giorni passati era del tutto sparita.
"Andrea, che tu sia benedetto!", la sentii esclamare grata. "L'hai salvata! Chi è stato?", si informò.
"Il Kelsea più vicino immagino, ma non conosco il suo nome", rispose Andrea.
"Deve essere stato Logan. Era biondo?".
"Sì, e non appena si è accorto di me se l'è data a gambe", continuò.
"Mettila pure qui...", lo invitò allora Agàte indicandomi, poi percepii una superficie morbida e credo che Andrea dovette avermi poggiata sul divano.
"In che condizioni è adesso?", si informò Agàte. Si stava riferendo al mio stato di salute.
"Un morso all'ala, non è stato ben assestato comunque, qualche ora di riposo e penso che si rimetterà".
"Sia ringraziato il cielo! Non avrei dovuto lasciarla andare da sola...", sospirò Agàte con chiaro risentimento nel tono della voce.
"Portiamola di sopra", sentii dire ad un'altra voce. Solo in quel momento mi ricordai di Adriano.
Andrea mi prese di nuovo fra le braccia e mi portò fino al letto di camera mia. Pensai che il minimo che avessi potuto fare era quello di ringraziarlo ma sembrava che avessi perso la facoltà della parola.
"Andrea...", dissi sforzandomi. Mi uscii una vocina flebile e appena udibile.
"Aurora!", disse lui speranzoso. Lo percepii vicino a me e sentii la sua mano calda chiudersi sulla mia.
"Grazie...", mormorai. "Ti prego, resta con me", lo supplicai con le ultime forze. Lo volevo accanto, solo con lui mi sentivo al sicuro.
"Certo! Resto quanto vuoi", mi rispose lui accarezzandomi il viso. Sentii le sue labbra poggiarsi sulle mie e non opposi resistenza, poi mi addormentai stanca e sfinita senza aver modo di dire altro.
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