22 - Aurora


Risvegliarsi con la consapevolezza che non rivedrai la persona che desideri vedere non è di certo un buon modo per cominciare la giornata. Quando ti accade qualcosa di brutto, qualcosa che non vorresti mai accadesse, ti affacci alla finestra e vedi tutto più nero. Non che svaniscano tutti i colori, certo, ma... come dire? È la tua anima che non gioisce dei colori del mondo. Non è il mondo che è diventato un posto inospitale. Sei tu che sei inospitale per lui.

Mi tirai su a forza dal letto. Avevo voglia di rimanere seppellita sotto quelle lenzuola per sempre.

Affrontare quella nuova giornata con la consapevolezza di trovare Logan, seduto al posto di Simon, mi faceva paura.

E se al di là della sorveglianza di Agàte lui sarebbe riuscito comunque a isolarmi da tutti e mi avesse fatta fuori? E se mi avesse paralizzata come aveva fatto la sera scorsa, con quei suoi freddi occhi chiari?

Vagai con la mente chiedendomi cosa stesse facendo Simon in quel momento. Poteva anche darsi che sarebbe tornato a scuola come se nulla fosse. Se così fosse stato, questo avrebbe voluto dire che di me non gliene importava niente, che per me non provava nulla, e dopo avermi sporcata, si sarebbe divertito a farmi fuori col suo fratellastro.

Ma poi sentii rispondere dentro di me una timida vocina.

No, Simon non lo farebbe mai, come del resto tu, non lo faresti mai... Lui è una parte di te adesso, lo hai dimenticato?

Già, Simon oggi non sarebbe stato a scuola, e Albian doveva sospettarlo. Perché altrimenti non avrebbe corso il rischio di mandarmi nuovamente da lui come se nulla fosse.

Mi angosciai ripensando di nuovo a quello che aveva detto il mio supremo. Simon poteva essere bello che morto se davvero erano giuste le supposizioni di Albian. Essere nei guai fino al collo in fondo, cosa può voler dire?

Di mal umore mi vestii alla meno peggio e scesi in cucina per buttar giù qualcosa per colazione.

Agàte era già vestita di tutto punto e stava servendo in tavola dei cornetti.

"Il tuo è quello al cioccolato". Si limitò a dire. Sembrava essere anche lei piuttosto taciturna quel giorno.

"Come farai a tenermi sotto controllo per tutto il giorno?". Gli chiesi provando a fare un po' di conversazione.

"Sarò la vostra nuova insegnante di italiano dato che il tuo ha avuto un incidente proprio ieri sera". Mi disse noncurante.

Capii all'istante che il mio professore aveva avuto un incidente perché Albian aveva voluto che fosse così. Perché naturalmente, l'insegnante di italiano e quello che trascorre molte ore in una classe di liceo classico. Incredibile, non credevo che perfino Albian avesse giocato sporco fino a questo punto!

"Sta bene?". Feci leggermente preoccupata.

"Tra qualche mese dovrebbe rimettersi", mi disse prendendo a morsi il suo cornetto alla crema.

Fui sollevata da quella notizia. Almeno non era morto nessuno.

"Su Aurora, prendi lo zaino e andiamo, è già tardi, e non voglio prendere una sgridata dalla preside giusto il primo giorno di scuola". Raccolse una cartella poggiata sulla poltrona del salotto e con l'ultimo pezzo di cornetto ancora tra i denti e le chiavi dell'auto nell'altra mano si diresse verso il giardino.

La seguii con la testa fra le nuvole, la aiutai ad aprire gli sportelli e quando scaraventò tutto nei sedili posteriori la vidi divorare l'ultimo pezzetto di cornetto rimasto.

Salii al posto del passeggero senza fare commenti. Nemmeno Agàte sembrava avere tanta voglia di parlare quella mattina.

"A prima ora abbiamo italiano". Gli annunciai tanto per dire qualcosa.

"Lo so", mi rispose lei troncando così la conversazione.

Giungemmo al cortile della scuola. Quasi tutti i ragazzi che erano nell'atrio accolsero l'auto di Agàte con fischi e parecchio stupore, molti si meravigliarono ancora di più quando videro me scendere da quell'auto.

"Aurora!", mi salutò allegramente Matilde.

Le andai incontro di malavoglia salutando Agàte con un cenno, certa che ci saremmo riviste in classe. Matilde dovette capire che ero di malumore perché non disse nemmeno una parola. Caspita! Dovevo avere una faccia troppo sconvolta per essere riuscita a far star zitta Matilde durante tutto il tragitto verso la nostra aula.

Gettai lo zaino affianco alla mia sedia e mi sedetti poggiando il mento sul banco.

"Ehi, Aurora, tutto bene?". Chiese la mia amica timidamente. Non le seppi rispondere, e quando il mio sguardo andò al banco di Simon era vuoto, proprio come immaginavo.

Mi ama anche lui...

Fu questo il primo pensiero che mi attraversò la mente. Poi un bruciore agli occhi mi annunciò che stavo per mettermi a piangere, mi trattenni, ma una lacrima ribelle non rinunciò al suo corso e mi percorse lenta la guancia. Matilde si preoccupò appena vide i miei occhi lucidi.

"Ehi Aurorina, che succede?". Mi fece sinceramente intristita.

"Non è niente...", tentai di rassicurarla.

"Si tratta di Gabriele, vero? Ti ha dato buca ieri sera?".

"No, anzi...". Mi chinai per tirar fuori i libri dallo zaino.

In classe eravamo ancora in due. Poco dopo fece ingresso Marco, un ragazzo rocchettaro non molto amante dello studio.

"Evvai!! Quello di italiano s'è incidentato!".

Lo guardai senza alcuna sorpresa. Presto tutti gli altri compagni presero posto nei rispettivi banchi.

Quando venne Gabriele non pensò nemmeno a posare lo zaino sul banco. Si precipitò da me preoccupato.

"Come stai?". Mi chiese poggiandomi una mano sulla spalla.

"Sto bene, tranquillo". Feci tentando un mezzo sorriso.

A quel gesto lui si chinò e mi stampò un bacio tra i capelli. "Riprenditi. Non mi va di vederti giù in questo modo", mi disse con una carezza. E detto questo mi rivolse un sorriso dolce e tornò a sedere al suo banco.

Quando mi girai mi venne da ridere per la faccia sbigottita della mia compagna di banco.

"C... che cosa?... Come?", si imbronciò, "Uffa, è ingiusto! Non mi ha nemmeno guardata, io, che sono la tua migliore amica. Nemmeno uno ciao. E tu, che ti becchi pure un suo bacio e tieni il muso!". Disse rammaricata. Evidentemente Matilde era ammiratrice del mio protetto da sempre. Riuscivo a percepire la sua invidia ad ogni parola che mi rivolgeva quando parlavamo di lui.

Sorrisi sinceramente divertita dalla sua faccia amareggiata.

"Sai? Oggi Laura mi ha detto che Gabriele e Melania si sono lasciati. Ora capisco il motivo...", continuò Matilde stupita. "Ti vuole! Lo capisci? Hai fatto breccia nel suo cuore sin dal primo momento!".

Non risposi. Gabriele si era lasciato, dunque? Però a me non aveva detto niente. Forse perché non voleva vincolarmi o costringermi? O forse perché ormai gli appariva chiaro il fatto che fossi invaghita di Simon?

Quando mi voltai di nuovo per una visione panoramica della classe rabbrividii.

Logan era già al suo posto. Il viso bello e crudele come non mai. Mi rivolse un sorriso. Ma di quelli cattivi, di quelli che ti gelano il sangue.

Tornai a guardare davanti a me. Giusto il tempo di vedere Agàte fare ingresso in aula.

Il suo spettacolare passaggio in vestitino fu accompagnato da un'ovazione maschile, tutti i ragazzi cominciarono a scambiarsi confidenze, Marco addirittura fischiò.

" 'Mmazza che bona!", gli sentii dire.

Caspita, che ridere. Un'altro sorrisino mi venne spontaneo nel sentir dire bona alla mia insegnante. Il timore di avere Logan a pochi passi da me, e l'inquietudine per Simon non mi impedirono di lasciarmi sfuggire una parvenza di allegria.

Agàte alzò gli occhi freddi sulla classe.

"Insomma! Che modi sono!". Si rivolse ai miei compagni rigorosa.

Tutti ammutolirono. Matilde mi guardò sorpresa.

"Si, non chiedermelo, è la donna che oggi mi accompagnata a scuola, mia zia", la precedetti prima che potesse domandarmelo.

Vidi che anche Gabriele era parecchio sorpreso della presenza di Agàte come insegnante.

Agàte scribacchiò qualcosa sul registro poi si rivolse a tutti noi mettendo a soqquadro i nostri visi uno per uno. Vidi il suo sguardo insistente fermarsi un po' più a lungo su Logan. Questo sembrò essere stato trapassato da una potente scossa elettrica, abbandonò la sua posizione rilassata e saltò sull'attenti come un leone che punta con ostilità la sua preda.

"Buongiorno ragazzi...", disse la mia insegnante con voce ferma, "il mio nome è Agàte Lesetti. Sarò la vostra nuova supplente di italiano. Come credo abbiate saputo, il vostro professore è stato coinvolto in un incidente. E per tale motivo, dovrà stare via per un po'...".

La classe continuava a mantenere un riverente silenzio. A me, d'altra parte, sembrava parecchio strano vedere la mia insegnante personale dietro la cattedra della mia classe, a spiegare italiano.

"Non ho alcuna intenzione di farvi trastullare sugli allori solo perché non c'è il vostro professore. Quindi bando alle ciance, tiriamo fuori i libri e continuiamo a spiegare la regolare lezione. Non chiedetemi di essere indulgente. Non lo sarò. Esigo che ognuno di voi sia sempre, e dico sempre, preparato sulla lezione del giorno".

Agàte aprì il registro di italiano e cominciò a leggere i nomi di ognuno di noi.

"Adesso farò l'appello, che ognuno di voi si alzi e dica presente. Sarà più facile per me ricordare chi siete, in questo modo".

Scorse i nomi uno per uno.

"Fresè". Chiamò.

Mi alzai e dissi: "Presente".

Quando fu il turno di Matilde mi imitò. Di cognome faceva Gerici, quindi era subito dopo di me.

"Halley... Halley Simon?". La voce di Agàte si inclinò leggermente, poi alzò la testa per guardarsi intorno.

Nessuno aveva risposto.

Per un momento io sussultai nel sentire quel nome. Gli occhi di Agàte guizzarono a me come a volermi ammonire, poi si puntarono sul ragazzo in piedi fermo all'ultimo banco, al fianco di Marco, il rocchettaro.

"Mi spiace professoressa. Mio fratello non c'è...". Fece Logan spavaldo e divertito insieme guardandola dritto negli occhi con un'occhiata di sfida.

Agàte non fece una piega. Piuttosto osservò Logan con maggiore interesse.

"Suo padre lo ha mandato a chiamare da Oxford, è dovuto partire ieri stesso...". Sorrise di nuovo, sinceramente coinvolto da tutta quella messinscena.

"Tuttavia... ci sono io. Logan Helley", terminò con gesto teatrale. "Molto piacere di conoscerla".

Vidi Agàte rivolgergli un finto sorriso. Mi accorsi in quel momento che tutta la classe aveva assistito alla scena in silenzio.

Il comportamento di Logan era apparso parecchio sfacciato, e poi, la notizia che Simon avesse un fratello non si era ancora completamente diffusa tra i ragazzi, quindi aveva suscitato stupore.

La mia insegnante segnò l'assenza di Simon sul registro poi proseguì con l'appello per nulla intimorita della reazione di Logan. Terminato anche quel dovere intimò a tutti di prendere il proprio libro e iniziò con la spiegazione di Alessandro Manzoni.

Io ero ancora con la mente alla risposta di Logan. Simon sembrava a sua detta, essersi allontanato per poco. Questo pensiero mi fece tornare a sperare. Mi voltai verso Logan. Quando provai a guardarlo lui aveva i suoi occhi gelidi puntati su di me. Un sorriso spettrale presagiva un'imminente vendetta.

Mi voltai all'istante e trovai Agàte in piedi a un passo dal mio banco.

"Fresè, non hai forse capito che abbiamo iniziato la spiegazione?". Mi disse severa.

Aprii il libro che ancora era chiuso davanti a me.

"Se ti trovo un'altra volta girata a disturbare i tuoi compagni ti beccherai un bel due sul registro, signorina". Mi rimproverò rigida.

"Capirete presto che con me non si scherza!". Continuò indignata rivolgendosi agli altri miei compagni.

Ebbene sì, avevo capito di certo che con Agàte non si scherzava. Per niente avrei mai immaginato che la vecchia, allegra e svampita Agàte si sarebbe trasfigurata in una prof Hitler, senza alcuna pietà né verso di me, né verso i miei compagni.

Logan non mancava di umiliarla davanti a tutti, o talvolta di combinare qualcosa giusto per il puro gusto di beccarsi un'impreparazione. E ogni volta Agàte, trovava sempre il modo per fargliela pagare. A volte cacciandolo dalla classe, a volte facendolo finire dritto in presidenza.

Era incredibile come sapesse tenere in soggezione un'intera squadra di ragazzi distratti.

Quello che più mi stupiva però, in quei giorni, era il modo con cui si rivolgeva a me.

La vedevo sempre fredda e distaccata. Mi trattava quasi fossi la peggiore della classe, e se dai miei compagni esigeva tanto, da me pretendeva il doppio.

Neppure quando eravamo di ritorno a casa, smetteva di indossare i panni della professoressa severa.

La Agàte di un tempo sembrava essere scomparsa quella sera del colloquio con Albian.

In compenso, una cosa di positivo per la sua presenza a scuola c'era.

Logan non mi aveva mai nemmeno avvicinata. Si limitava a lanciarmi sguardi colmi d'odio da lontano, ma non era mai riuscito nemmeno a rivolgermi la parola.

La settimana trascorse in un lampo. E ogni giorno guardavo il posto vicino a Gabriele speranzosa che Simon potesse fare ritorno da un momento all'altro.

Mi accorsi di sentire maledettamente la sua mancanza. Agàte certo, faceva di tutto per non farmici pensare.

Durante le sue ore di lezione mi teneva continuamente sotto pressione, cosa che aumentava di gran lunga il mio malumore. Tuttavia non poteva impedirmi di vagare con l'immaginazione anche durante le ore degli altri professori.

In italiano continuavo sempre ad essere tra le prime della classe. Avevo un vero talento nella scrittura e nelle interrogazioni orali. Così la mia media era sempre abbastanza alta. Era l'umore, che giorno dopo giorno, si abbassava sempre di una tacca.

Presto, molto presto, avrei toccato il fondo. Quell'attesa mi stava massacrando dentro. Quella paura di Logan mi logorava. Gli incubi venivano a trovarmi ogni notte, e Gabriele non era che un mero punto bianco in un mare dilagante di tristezza e oscurità.

Le notti le trascorrevo a piangere. Quasi sempre. Talvolta accendevo lo stereo per ascoltare il cd che il mio protetto mi aveva regalato, ma questo non faceva che peggiorare il mio stato d'animo già pessimo.

Mi sentivo persa, sola... Adesso nemmeno Agàte era più cordiale come un tempo. A pranzo non mi rivolgeva nemmeno la parola.

Trascorsi quella prima settimana in un inferno, insomma, chiedendomi se almeno la prossima, sarebbe stata migliore.

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