16 - Aurora


Me ne stavo seduta tranquilla al posto del passeggero mentre guardavo Gabriele guidare in silenzio. La musica faceva da sottofondo insieme ai nostri respiri.

Mi chiesi quale meta avesse scelto il mio protetto per quell'uscita. Qualche pub o discoteca rinomata? Qualche bowling o sala giochi? Un cinema magari?

Mi rilassai con la testa poggiata allo schienale e attesi che arrivassimo a destinazione.

Dopo alcuni minuti Gabriele disse: "Eccoci qui".

Mi stupii del posto in cui ci trovavamo. Era piuttosto isolato e pieno di ricca vegetazione. Eravamo in aperta campagna.

Aprii la portiera e poggiai i piedi sul soffice manto erboso guardandomi intorno incuriosita.

Si sentivano solo le cime degli alberi scuotersi al vento e il canticchiare sommesso di alcuni uccellini. La natura, insomma. Musica per le mie orecchie.

"Vieni con me". Gabriele mi prese per mano e a passo sicuro si inoltrò in un sentiero che portava dritto verso la fitta vegetazione. Il sole ormai sembrava essere pronto per fare capolino dietro l'orizzonte ma Gabriele si orientava alla grande in quel sentiero tortuoso.

"Ho preferito percorrere a piedi questo tratto di strada, anche se di solito ci passo con l'auto". Mi spiegò mentre io mi guardavo intorno affascinata.

Presto al rumore dei nostri passi se ne aggiunse un altro. Era lo scrosciare dall'acqua di un ruscello.

"Da questa parte...", mi disse Gabriele guidandomi verso la fonte di quel rumore.

Dopo poco ci ritrovammo in un largo spiazzo. Al centro di questo scorreva placido un ruscelletto dall'acqua limpida che di tanto in tanto si perdeva in bassi terrazzamenti su cui l'acqua scrosciava come in piccole cascate.

"Me è meraviglioso", esclamai chinandomi sulla riva del piccolo corso d'acqua. Vi immersi una mano e sentii l'acqua fresca accarezzarmi la pelle.

"Effettivamente non era questo il posto in cui ti volevo portare, avevo pensato di andare al teatro, ma poi, ti ho sentita dire che avevi voglia di fare due passi in aperta campagna e... eccoti accontentata!". Mi sorrise e mi venne accanto.

"Come conosci questo posto?", gli chiesi.

Gabriele mi sorrise. "Ci venivo spesso da piccolo. Possediamo una campagna nei dintorni, e infatti dovrei farci un salto per portare da mangiare a Stella. Se ti va puoi venire con me, se no ritorno dopo averti lasciata a casa".

"Chi è Stella?". Gli chiesi più che curiosa. Intanto giocherellavo con l'acqua del ruscello ancora accucciata sulla sua riva.

"Stella è la mia cavalla".

Mi illuminai. "Davvero hai un cavallo?".

"Sì, ti va di conoscerla?". Mi chiese.

"Oh, sì certo! Io adoro gli animali. Che meraviglia questo posto! Hai azzeccato in pieno oggi. È stata una magnifica sorpresa Gabry!". Terminai con enfasi.

Gabriele parve rincuorarsi. "Meno male. Di solito alle ragazze della nostra età piace tutt'altro. Sei piuttosto fuori dal comune Aurora, sai?".

Sorrisi divertita. "Si, certo che lo so. E mi piace un sacco esserlo!".

Lui parve essere divertito dalla mia espressione allegra e risoluta insieme. Mi porse una mano per aiutarmi a rimettermi in piedi. Finimmo faccia a faccia.

Sentii il mio protetto cingermi la vita con le braccia mentre appoggiava la sua fronte contro la mia.

Il mio cuore sussultò e cominciò a battere all'impazzata.

Potevo vedere il suo petto alzarsi e abbassarsi in un ritmo regolare. Le sue labbra erano a pochi centimetri dalle mie. Mi allontanai imbarazzata, ma lui non parve prendersela. Con un sorriso sghembo e una classe impeccabile mi trascinò di nuovo tra la folta vegetazione.

Giungemmo davanti un enorme cancello. Gabriele tirò fuori dalla tasca del giubbotto un mazzo di chiavi e aprì. Varcata la soglia mi ritrovai in un elegante giardino, ricco di fiori e di sempreverdi.

Inutile dire che la campagna di Gabriele sembrasse una vera e propria villa con tanto di fontana all'ingresso.

"Ci vengo a vivere l'estate", mi spiegò il mio protetto.

Compresi il perché di quell'eleganza.

"Le stalle sono da questa parte", proseguì lui, "vengo qui ogni giorno per dare da mangiare a Stella e fare una cavalcata di tanto in tanto".

"Ti piacciono i cavalli?". Gli chiesi incantata.

"Tantissimo, ho studiato equitazione anni fa, ho terminato tutti i corsi e ho partecipato anche a gare di livello agonistico".

"Wow...". Non sapevo che altro dire. Gabriele era uno come pochi. Uno che amava l'arte, la natura. Che usava il suo tempo libero per fare qualcosa di costruttivo. E i ragazzi come lui, belli e intelligenti, si contavano proprio sulla punta delle dita di una mano, ormai.

Intrecciò nuovamente la sua mano alla mia e mi portò in un edificio tutto in legno. Aprì il lucchetto ed entrò.

La stalla era pulita e arieggiata. Al suo interno era suddivisa in tre box e il terreno era scosceso.

Giunti all'ultimo box sentimmo uno sbruffo e un enorme testone si affacciò a guardare.

"È di razza palomina, un bel colore...". Disse Gabriele soddisfatto.

Fissai la cavalla attentamente. Questa mi ricambiò con uno sguardo curioso. Aveva grandi occhi scuri e il pelo era color sabbia con crine bianco. Un nitrito leggero attirò la mia attenzione. Solo allora mi accorsi che accanto a Stella c'era un piccolo puledrino bianco.

"E questo è Ester", continuò Gabriele che aveva seguito il mio sguardo. "Ha solo un mesetto", mi disse orgoglioso.

Mi avvicinai al box e affacciai la testa per vederlo meglio. Il cavallino nitrì per poi nascondersi tra le zampe della madre.

Gabriele sorrise divertito. Io intanto allungai una mano per accarezzare la fronte di Stella.

"Aspettami qui", mi disse il mio protetto mentre spariva da una porticina più piccola.

Ritornò poco dopo con un'enorme balla di paglia che ripose nella mangiatoia.

Stella si allontanò dalla mia mano per raccogliere una boccata di cibo, poi ritornò da me soddisfatta dalle carezze.

Gabriele ne approfittò per farsi spazio nel suo box e poggiare nella mangiatoia anche un grossa e pesante ciotola colma di avena.

"Ehi Gabry, perché non la fai sgranchire un pochetto?". Gli chiesi speranzosa che accettasse.

"Vuoi che la faccia uscire?". Mi disse lui con espressione sorpresa.

"Sì, perché?".

Lui si illuminò. "No, è che... pensavo che... oh, lascia perdere!". Ora non tratteneva più la sua evidente esaltazione.

Sparì di nuovo dalla porticina per tornare in un battibaleno con sella e finimenti.

"Lo so, sono piuttosto fuori dal comune...", lo rassicurai, "quindi mi piace maledettamente stare in questo posto!".

Non esitò nemmeno un attimo. Entrò nel box e mise la cavezza a Stella che lo seguì docile fino all'esterno. Qui Gabriele la assicurò alla parete e iniziò a sistemarvi la sella.

"È davvero così complicato mettere la sella ad un cavallo?". Chiesi sorpresa.

"No... che complicato! È solo questione di abitudine".

Attesi che finisse, quando sistemò anche morso e cavezza salì in groppa con un balzo agile.

Il puledrino galoppava contento tra le zampe della mamma mentre Gabriele induceva Stella a fare qualche passetto avanti.

"Vuoi salire?". Mi chiese.

Guardai il cavallo con un misto di curiosità e timore. Stella era di mole gigantesca. Però sembrava buona.

"Okay, aiutami tu però", lo supplicai.

Lo vidi scendere da cavallo e mettersi pronto per issarmici sulla groppa. Poggiai un piede sulle sue mani e con quelle mi diedi lo slancio per salire. Finalmente mi trovai in groppa a Stella.

"Wow, com'è alto!".

Gabriele si stupì. "Non eri mai salita a cavallo?".

"No, mai...", gli dissi.

Lo vidi dare uno strattone alla corda e Stella cominciò a muoversi pigra seguendolo senza protestare. Di tanto in tanto ruotava le orecchie come a captare suoni lontani o si girava ad annusare il mio piede. Le accarezzai le criniera morbida.

"Che pace! È bellissimo qui", dissi in estasi.

"Lo so... io quando ho bisogno di tranquillizzarmi o schiarire le idee vengo a trovare Stella. Lei sa ascoltare, sai? Ascolta meglio di chiunque altro. È bellissimo il rapporto che si è instaurato tra noi due". Disse Gabriele rivolgendo un sorriso affettuoso alla sua cavalla.

Dietro di noi il puledrino arrancava per tenere il passo.

"Non hai paura che scappi?". Gli chiesi guardandomi indietro e indicando il piccolo cucciolo bianco.

"No, Ester non scappa. Per i puledrini e naturale seguire la mamma, ovunque essa vada. Per loro è l'unico punto di riferimento".

Eravamo in giro per la pineta.

"Non hai più partecipato a nessuna gara?". Chiesi a Gabriele.

"Non più, il conservatorio e lo studio mi prendono parecchio tempo, quindi ho dovuto tralasciare".

"Che peccato però". Feci sinceramente dispiaciuta.

Gabriele mi aiutò a scendere. Le mie scarpe affondarono nella terra. "Adesso salgo un po' io". Mi disse tranquillo. "Tu aspetta qui...".

Si issò sulla groppa di Stella e la incitò ad un galoppo sfrenato. Mi accorsi senza sforzo del suo portamento elegante. La schiena eretta, le mani al posto giusto... Aveva proprio studiato equitazione, era impossibile non rendersene conto.

Quando ritornò Stella ansimava per la corsa.

Come se fossimo stati colpiti dallo stesso pensiero guardammo il cielo.

"Cavoli, com'è passato in fretta il tempo. Si sta facendo buio". Dissi un po' dispiaciuta.

"Già, lo penso anch'io. Sali, andiamo a rimetterla nella stalla".

Mi diede una mano e mi aiutò ad arrampicarmi dietro di lui.

"Tieniti stretta". Mi disse.

Strinsi più che potei mentre il passo cadenzato di Stella mi cullava. Appoggiai il viso alla schiena di Gabriele mentre gli cingevo i fianchi con le mano e chiusi gli occhi in ascolto.

Potevo sentire il vento, il suono del mio respiro, gli uccellini che cantavano, perfino il cuore del mio protetto che batteva regolare.

"Ehi, siamo arrivati". Sentii sussurrarmi con dolcezza.

Riaprii gli occhi e lo trovai girato a fissarmi con un sorriso tenero.

"Oh scusa". Arrossii.
Dovevo combinare sempre disastri e figuracce?

Lui rise. Scese da cavallo e mi porse una mano con l'intenzione di aiutarmi.

La strinsi. Ma nel modo di scendere sarei caduta rovinosamente a terra se non fosse stato per lui che mi prese prontamente tra le braccia.

Arrossii più di prima.

Lui sghignazzò. "Guarda che per scendere da cavallo non ci si tuffa. Bisogna tenersi al crine e scivolare giù piano piano".

Sorrisi imbarazzata. Di una cosa ero contenta. Almeno non mi aveva deriso. Gabriele era troppo buono con me. Con tutte le figuracce che avevo fatto in sua presenza avrebbe avuto da scriverci un romanzo e pubblicarlo come manuale di barzellette.

Lo osservai andare a rimettere nel box Stella. Poi mi sentii chiamare e quando entrai nella stalla vidi che teneva fermo con le braccia Ester. Il puledrino.

La madre mugugnò infastidita ma non fece niente, Gabriele invece mi incitò ad avvicinarmi e quando fui abbastanza vicina mi prese una mano e me la poggiò sulla piccola testolina di Ester.

Il cucciolo nitrì atterrito.
"Tranquillo piccolo, non ti facciamo nulla", lo tranquillizzò Gabriele con una carezza, la voce pigra e mi accorsi, estremamente provocante, aveva assunto una tonalità roca.

Accarezzai il musino piccolo e aguzzo di Ester. Le orecchiette, così piccole ma così perfette.

"Che meraviglia la natura...", dissi tra me affascinata mentre guardavo quel piccolo essere tremante tra le braccia del mio protetto.

"Già... è qualcosa di inspiegabile", mi fece eco lui. "ma non c'è bisogno di spiegarla per ammirarne la bellezza", continuò quasi i nostri pensieri fossero in simbiosi.

Le nostre mani si incontrarono di nuovo. Ma stavolta fu lui ad allontanarla.

Lasciò andare Ester che andò a rifugiarsi di corsa sotto la madre quasi inciampando.

"Ti avevo promesso una serata amichevole... tra amici. E ti prometto che sarà così...". Fece per rassicurarmi con un sorriso bonario.

Richiuse il box e poi tornò a rivolgersi a me.

"Comunque la serata non è finita. Che ne dici di andare alla festa organizzata dal gruppo giovanile?".

Aggrottai la fronte. "Davvero c'è una festa?".

"Sì, sì... ci saranno tutti i ragazzi della nostra scuola".

Il mio cuore sussultò. Il mio primo pensiero andò a Simon.

"Okay, ci sarò!".

"Andiamo allora", mi disse Gabriele allegro, ignaro dei miei pensieri. "Ti porto a casa".

Lo seguii. Il mio umore era già esultante.



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