1 Simon

Ero seduto con i miei amici nella sala comune del sotterraneo quando Jeffer venne a cercarmi. Lì per lì non capii cosa potesse volere. Era l'unica giornata che i professori ci avessero lasciato libera e mi ritrovavo quel vecchio intronato davanti ai piedi, con la sua aria da ebete perfezionista, mentre faceva il mio nome quasi come fosse mio confidente da secoli.

"Tu, Simon, Tneske ti sta aspettando!", mi aveva annunciato in tono spiccio.

Mi fermai a osservarlo serio, pensando di essere vittima di una burla di qualche compagno, magari più anziano.

Niente. Jeffer sembrava essere fin troppo serio. Lo guardai con la mia migliore aria di disprezzo.

"Che cosa vuoi vecchio?", sbottai seccato.

"Il capo ti aspetta. Sei sordo forse?", ribatté lui acido.

"Non mi piacciono i prepotenti, sai, Jeffer? Rivolgiti a me in questo modo e sono sicuro che Tneske ti rimpiazzerà con qualcuno meno deficiente di te in un tempo massimo di dieci minuti". Ghignai divertito nel notare il cambiamento d'espressione sul suo viso rugoso.

Jeffer era una sorta di bidello da strapazzo, un Kelsea decrepito e ormai a secco di poteri. D'età sfiorava i sei secoli, era molto vecchio e decisamente inutile nel ruolo di demone. Il tempo aveva risucchiato il poco potere che possedeva e quindi adesso era limitato a svolgere il compito di collaboratore nella comunità di Kelsan.

Il vecchio emise una specie di grugnito sordo, poi mi voltò le spalle scocciato, sicuro che avessi capito.

A Kelsan nessuno osava contraddirmi o farmi arrabbiare. Io ero Simon. Uno dei migliori Kelsea della mia comunità. Il preferito di Tneske, il capo supremo, così potevo fare e disfare a mio piacimento senza essere mai punito.

Per non dargli la soddisfazione che voleva mi spaparanzai sulla panchina con fare tranquillo e mi godetti altri cinque minuti di riposo, ma quando Jeffer sparì dalla mia vista e mi tornarono in mente le sue parole saltai in piedi. Era meglio correre da Tneske. Era vero, ero il suo preferito, ma ciò non mi autorizzava a farlo infuriare.

Con aria annoiata percorsi il grande atrio sotterraneo e svoltai a destra per le scalinate che portavano allo studio del mio capo. Durante il cammino mi sentii chiamare.

"Ehi Simon, come va?".

Mi voltai con soddisfazione rivolgendo un sorriso smagliante alla meravigliosa voce che aveva invocato il mio nome. Olimpya mi stava sorridendo soddisfatta mentre confabulava con le sue amiche. Le sue alucce appuntite fremettero a un mio occhiolino mentre con gesto sicuro si ravvivava la folta chioma rosso porpora.

"Che ne dici se facciamo un giro più tardi?", aggiunse rassicurata dal mio gesto fugace.

Mi fermai un attimo ed esitai. Le altre sembravano in attesa di una mia sentenza.

Possibile che tutte le demoniette mi sbavassero dietro? Come fare a scegliere, poi? Erano una più provocante dell'altra e tutte ci andavano più che decise. Quasi come se fossi stato io la vera preda e non loro.

Ero il Kelsea più popolare, da quelle parti. Le ragazze facevano a gara per conquistarmi e io ovviamente approfittavo di quella popolarità.

"Contaci bambola!", le dissi con un sorriso sghembo che valeva più di mille parole.

Lei si morse le labbra e tornò a confabulare con le altre tutta contenta, così io me ne tornai sui miei passi.

Raggiunsi molto lentamente lo studio del capo. Non avevo nessuna voglia di sorbirmi le sue lamentele solo perché di tanto in tanto trasgredivo le regole uscendo con qualche mia compagna.

Beh, tecnicamente non avrei dovuto farlo. Ma non era mica colpa mia se erano loro a stuzzicarmi. Che male c'è nel divertirsi di tanto in tanto quando non hai altro da fare?

Aprii la porta senza bussare. Tneske era davanti a me a braccia conserte, lo sguardo severo fisso sopra il mio viso.

Non attesi che mi dicesse di sedere. Presi spontaneamente posto sulla poltrona davanti a lui e lo fissai di rimando senza alcun timore.

"Benvenuto Simon".

"Tneske...", chinai il capo in un cenno di saluto.

Lui mi fissò a occhi socchiusi storcendo le labbra carnose, e i suoi occhi guizzarono sull'affettuoso segno lasciatomi quella mattina stessa dalla mia compagna Marsha. L'impronta di due dentini aguzzi sul mio collo chiaro brillarono alla luce delle torce appese alla parete.

Tneske tornò a fissarmi negli occhi contrariato. "Il lupo perde il pelo, ma non il vizio...", cantilenò irritato.

Preferii tacere, o avrei peggiorato la situazione.

"Quante volte devo dirti che non puoi intrattenere relazioni con quelle del tuo rango?!", sbottò adirato.

Io rimasi perfettamente immobile e tranquillo attendendo che l'irritazione svanisse dal suo viso.

"Tu al mio posto ti ascolteresti?", gli chiesi poi a mo' di sfida. Lo vidi riflettere, colto di sorpresa da quella assurda domanda e leggermente perplesso.

"Allora?", lo incalzai.

"Credo di no...", sghignazzò, "fa parte della nostra natura trasgredire le regole!". Si fermò un attimo per riprendere il discorso da dove lo aveva lasciato prima di essere distratto dalle mie avventure con le ragazze.

"Simon, mi sono stufato di ripeterti sempre le stesse cose. Fai quello che ti pare con le tue compagne, la responsabilità è tua. Sappi che lavorare con una Kelsea a cui hai spezzato il cuore o con cui hai avuto una relazione è parecchio difficile. Non dirai che non ti ho avvisato... Tornando a noi, ti ho chiamato per annunciarti che è finalmente arrivato il tuo momento...".

"Era ora...", sbottai sollevato. Mi rilassai sulla sedia in attesa delle istruzioni per insidiare il mio nuovo terreno.

"Dato che sei il più abile, ti è stato affidato un prescelto, il tuo secolo di esperienza credo ti possa aiutare al meglio... quanto alle ragazze, quando sarai in missione potrai averne tutte quelle che vuoi. Ma non voglio assolutamente che ti distraggano dalla missione!".

Annuii con gesto automatico. Il prescelto non era un problema.

"Età del prescelto?", chiesi noncurante.

"La tua...".

"Il mio avversario?", continuai tranquillamente.

"Si chiama Aurora, mostra la tua stessa età ed è alle prime esperienze. Sarà semplice aggirarla", mi rassicurò Tneske.

"Magnifico!", mi alzai ansioso di fare la conoscenza della mia nuova avversaria.

"Ah. Simon...", proseguì il mio capo sogghignando.

"Sì?".

"Sai che le Alessi, si innamorano molto facilmente delle persone sbagliate?".

Intesi alla lettera il suggerimento di Tneske, quella breve ma concisa conversazione mi aveva chiarito già tutte le idee a riguardo. Gli indirizzai un sorriso compiaciuto poi gli voltai le spalle per uscire dallo studio. Proseguii nel corridoio a passo fermo pensando che prima di andare in missione, avevo un appuntamento da non mancare.

Quando svoltai l'angolo me la ritrovai davanti. Lo sguardo fiero e un ghigno compiuto che mostrava i piccoli canini luccicanti.

"Eccoti finalmente!", trillò Olimpya agitando le piccole ali. Mi prese per mano e insieme attraversammo il corridoio diretti il più lontano possibile dallo studio di Tneske, per nasconderci in un'aula appartata.

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