Capitolo 4
In quel momento, qualcosa gli toccò i piedi e fece un secondo balzo all'indietro.
Puntò la torcia in vari punti della stanza e, in un angolo, vide ciò che l'aveva quasi spaventato a morte: un procione.
Gli scappò una risatina e si sentì stupido per essersi fatto spaventare come un bambino da un semplice procione.
Attivò la luce e tornò dalla madre, insieme a Jake, al piano superiore.
L'indomani avrebbe chiamato qualcuno per piazzare delle trappole per il procione. Non voleva gli fosse fatto del male, ma lo voleva fuori da lì. Forse era stato solo un caso che Jake non gli si fosse fiondato contro, ma voleva evitare che i due animali entrassero in contatto.
La casa era completamente illuminata al piano terra e Jane stava facendo il giro delle stanze con fare agitato.
«..e qui dobbiamo ridipingere..questo tappeto è da buttare, totalmente rovinato..accidenti perché non ho coperto questa poltrona?..i quadri..dove ho messo i quadri di Victor?..»
Michael seguiva la madre mentre parlottava forse da sola, o forse con lui. Non riusciva a capirlo.
«Mamma, abbiamo tempo per queste cose. Facciamo il giro al secondo piano e poi mangiamo un panino. Domani poi stiliamo una lista dei lavori da fare. Cosa ne pensi?».
«Questa casa è un disastro Michael. Avevo preso in considerazione lo stato di abbandono, ma non a questi livelli. Non so come faremo a dormire stanotte se le stanze sono conciate allo stesso modo».
Non disse altro, prese la madre per mano e la trascinò quasi di peso al piano superiore.
Le scale in marmo, con il corrimano in legno, le ricordava lucide. Così come ricordava il pavimento, anch'esso in marmo, del pianerottolo che divideva i due corridoi che portavano alle stanze.
Il giro delle stanze fu abbastanza rapido, erano quasi in condizioni accettabili, tralasciando i cumuli di polvere.
Lasciò per ultime solamente due stanze: la sua vecchia camera da letto e lo studio di suo padre.
La sua stanza era stato come fare un vero e proprio tuffo nel passato.
Il letto non aveva le lenzuola e il materasso era stato rivestito da una protezione in cellophane, come quella che aveva visto nelle altre stanze, riducendo l'impatto della polvere e dell'umidità.
I suoi giocattoli in legno erano ancora sullo scaffale accanto alla scrivania.
Una vecchia collezione di trenini invece, era ben posizionata e conservata in una teca.
Lui e suo padre li avevano comprati durante le vacanze all'estero. Uno per ogni viaggio, come una sorta di souvenir.
Arrivò il momento più difficile: entrare nello studio del padre.
Quando si avvicinò alla stanza, la madre era già all'interno e stringeva tra le mani una foto. La foto di Victor.
«Come vorrei che tuo padre fosse qui. Passava ore su quella poltrona» disse Jane indicando con lo sguardo una vecchia poltrona in pelle, ordinatamente posizionata a una scrivania in mogano.
Quello studio era pieno di libri. La libreria occupava tre pareti, mentre la quarta era rivestita da una carta da parati verde, perfettamente integra, come se l'umidità l'avesse schivata ed evitata per anni.
«Andiamo a mangiare qualcosa, Michael».
I due scesero nella cucina al piano terra. Jane prese da un borsone un panno e un flacone di detergente, dopodiché si mise a pulire il tavolo e due sole sedie. Lo stretto necessario, almeno in quel momento.
Michael, nel frattempo, prese dallo zaino i panini che avevano preparato prima della partenza e le due ciotole di Jake. Anche quel bel cagnolone doveva essere affamato.
«Fuori il tempo non sembra voler migliorare Michael. Penso convenga andare domani a fare la spesa».
«Non c'è problema mamma, sono abbastanza stanco. Dopo pulisco la mia vecchia camera. Vorrei dormire lì questa notte».
Mangiarono i panini in silenzio. Silenzio interrotto solamente dal masticare di Jake e dalla pioggia che batteva sui vetri delle finestre.
Quando finirono, Michael tornò al piano superiore munito di aspirapolvere e straccio.
Alla scuola privata era stato abituato a rifarsi il letto, ordinarsi i vestiti e pulirsi la camera che condivideva con i suoi due compagni.
Per lui, era sempre stata una cosa perfettamente normale dare una mano a sua madre nelle faccende domestiche. L'unica cosa che non sapeva fare era la lavatrice. Ok, anche in cucina non era uno chef stellato, in realtà.
Quando finì di pulire la camera, si sdraiò sul materasso morbido del suo vecchio letto e chiuse gli occhi, sprofondando in un sonno profondo.
Michael non sapeva per quanto tempo avesse dormito.
Dalla finestra si scorgevano solamente lampi e i tuoni rimbombavano in quella casa vuota, riempita solamente dai ricordi.
Stava provando ad abituare gli occhi al buio, quando un lampo illuminò la stanza, scoprendo una sagoma che si ergeva davanti alla porta.
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