Ten

Da oggi i capitoli saranno numerati normalmente, non 'primo', 'secondo', etc.
Motivazione? Mi è più facile, pratico e veloce. :)

Ecco il capitolo, tutto per la mia Sunshine.❤️ HellMcFire

Buona lettura a tutti. xx

•••

6:43 pm e Michael uscì di casa con i capelli mezzi azzurri.
Era strano, ma pensava fosse forte.
Anche Leila era rimasta soddisfatta del risultato.

Michael non sapeva che fare.
Ray quel giorno aveva una lezione di tiro con l'arco a cavallo, e quindi non era a casa.
Avrebbe potuto uscire con qualche amico, ma quale amico?
Gli unici amici che aveva erano a Sydney, in Australia, lontani migliaia di chilometri da lui.

Sospirò e si accese una sigaretta, l'unica cosa in grado di tenergli compagnia.

«Vedo che non hai ancora perso questo vizio.» borbottò timidamente una voce profonda, appartenente a un ragazzo alto, biondo, con gli occhi azzurri e un piercing nero a perforargli il labbro inferiore.

Michael alzò lo sguardo e pensò che potesse essere solo un sogno, un bellissimo sogno.

«Luke...» disse in un sussurro tremante, non riuscendo a credere che il suo migliore amico fosse lì, proprio davanti a lui.

Buttò la sigaretta a terra e si avvicinò al biondo, allargando le braccia, e stritolandolo in un abbraccio, che Luke ricambiò con altrettanta enfasi.

«Oh, Gesù, sei davvero qui, qui con me. Dio santo, Luke, mi sei mancato così tanto.» disse Michael, lasciandosi sfuggire qualche lacrima.

Anche Luke piangeva, nascondendo il proprio viso nell'incavo del collo di Michael, e respirando dopo tanto, troppo tempo, il suo profumo.

«Hai addosso l'odore dell'Australia.» constatò Michael, accarezzando i capelli di Luke.

«Mikey... M-mi sei mancato.» balbettò il biondo, baciando teneramente la guancia del suo migliore amico.

Michael sorrise, un sorriso vero, un sorriso spontaneo, un sorriso che non faceva più da almeno quattro anni.

Poi sciolsero l'abbraccio e si guardarono a lungo, cercando di memorizzare ogni singolo, minuscolo cambiamento che avevano fatto in quei quattro anni che non si erano visti.

«Ti sta crescendo un po' di barbetta.» constatò Michael, accarezzandogli la guancia.

Luke annuì e abbassò lo sguardo, sorridendo.

«Porti la collana che ti ho regalato per il tuo compleanno.» osservò ancora, guardando il ciondolo fatto a corna di cervo al collo di Luke.

«Le corna sono la forza del cervo. Ti ho regalato questa collana, per dirti che io sono un cervo e tu sei la mia forza.» citò Luke, ricordandosi il biglietto che accompagnava la collana.

«Ero davvero così melenso?» scherzò Michael, abbracciando di nuovo Luke.

Ridacchiarono entrambi, cominciando a camminare l'uno di fianco all'altro.

«Per quanto stai?» chiese Michael.

«Una settimana, forse due.»

«Da chi stai?»

«Da un'amica e collega di mia madre.»

Michael annuì, ripensando alla madre di Luke, Liz.
Chissà com'è cambiata, se è invecchiata...

«Come sta? Come stai? Come stanno tutti, senza di me?» chiese Michael, sentendo una fitta al cuore.

«Senza di te, Michael? Vuoi davvero sapere come mi sento tutti i giorni a non poter abbracciare il mio migliore amico quando mi va? A guardare le nostre vecchie foto e sapere che siamo cresciuti entrambi, ma separati? Vuoi davvero saperlo? Vuoi sapere come stanno Calum e Ashton? Cazzo, Michael, sei un fratello per noi. Quando te ne sei andato e non sei più tornato, tutti siamo stati male, tutti abbiamo sentito tremendamente la tua mancanza. Sono quattro fottuti anni che non torni a casa. Ci manchi, fottutamente tanto.» rispose Luke, tra una lacrima e l'altra.

«Ho diciotto anni, cazzo, non dovrei piangere come una femminuccia per queste stronzate.» sbottò Luke, parlando più con se stesso che con Michael.

Però scoppiò a piangere comunque, e Michael questa volta era lì, di fianco a lui, pronto a non farlo crollare, pronto a sostenerlo.
Abbracciò il biondo, e quest'ultimo si rannicchiò contro il petto di Michael, singhiozzando.

«Vieni, andiamo dentro al caldo.» disse il più grande, facendo un cenno verso l'appartamento in cui viveva.

Luke annuì soltanto e si lasciò guidare da Michael, tenendo stretta la sua mano.

Non c'era nessuno in casa, così potevano stare un po' tranquilli.

Michael condusse Luke nella propria stanza, per poi chiudere la porta e buttarsi sul letto, l'uno abbracciato all'altro.

Rimasero così per quasi due ore, a sentire il familiare calore di quando ti senti a casa.

«Mi sei mancato, Luke.» sussurrò Michael, quando il biondo si era già addormentato. «Sono così felice di poter avere vicino almeno te. Ti voglio bene, piccolo pinguino biondo.» e sorrise, addormentandosi anche lui.

Ray camminava a passo spedito per i corridoi della scuola, cercando la biblioteca.
Le avevano detto che ce ne fosse una molto grande e che non ci andava quasi mai nessuno.
Il posto ideale per me. Aveva pensato.

Quando finalmente trovò la famosa scala a chiocciola che conduceva a un piano inferiore, accellerò il passo e scese i gradini due a due.
Al termine della scala, le apparvero davanti decine, centinaia, migliaia di scaffali stracolmi di libri.

«Oh mio Dio, sono arrivata in paradiso.» sussurrò, mentre le brillavano gli occhi.

«Beh, di questi tempi, molte persone descriverebbero questo posto come una vecchia topaia piena di cianfrusaglie, o come il rifugio di un vecchiaccio come me.» disse una voce debole e stanca, proveniente da qualcuno dietro alla ragazza.

Ray si voltò e sorrise gentilmente al bibliotecario molto anziano.

«Oh, ma allora non sanno cosa si perdono, non crede? E poi lei non è un vecchiaccio.» gli disse la ragazza, spostandosi la treccia sulla spalla destra.

«Oh, mia cara, sono molto più vecchio di quanto tu possa pensare.» ridacchiò lui. «Hai bisogno di qualcosa in particolare?» le chiese poi.

«In realtà avrei bisogno di troppe cose, ma per ora mi limiterò a rovistare tra queste cianfrusaglie e magari trovare qualcosa che mi intrighi.» disse Ray, perdendosi con lo sguardo tra gli immensi scaffali e i soffitti altissimi di quel posto.

«D'accordo, cara, cerca solo di non perderti.» scherzò il bibliotecario.

«Ci proverò.» ridacchiò lei, incamminandosi in mezzo agli scaffali.

Girò in mezzo agli scaffali per ore e osservò attentamente ogni libro che le si presentava davanti.
Ogni dettaglio di quel posto la incuriosiva e, quando vide una scala che conduceva a un piano superiore, salì senza pensarci, ritrovandosi in mezzo a scaffali più piccoli; poi vide dei divanetti posti di fianco alle finestre.
Si stava dirigendo verso di essi, quando vide uno chignon di capelli castano scuri dietro ad uno scaffale.

Si avvicinò silenziosamente e notò che la ragazza dai capelli scuri stava leggendo attentamente un elenco di titoli di libri, magari cercandone uno in particolare.

Quasi come l'avesse sentita, la ragazza si voltò e fece scontrare i propri occhi azzurri con quelli argentei di Ray.

Così Ray poté osservarla meglio.
Aveva la pelle molto chiara e sul viso aveva molte lentiggini; gli occhi grandi e azzurrissimi erano celati dietro ad un paio di occhiali dalla montatura grande e qualche ciuffo di capelli le ricadeva sulla fronte.
Era magra e indossava un maglione rosso scuro e un paio di skinny jeans neri, un po' sbiaditi; ai piedi aveva un paio di All Star-Converse bianche basse, dalle quali si intravedevano le calze di due colori diversi: una bianca e una nera.

Ray, invece, aveva addosso ancora la divisa scolastica, nella quale si sentiva tremendamente scomoda.

Sorrisero timidamente entrambe e abbassarono lo sguardo contemporaneamente.

La ragazza tornò a leggere l'elenco che aveva davanti e Ray camminò fino al divanetto più vicino.

Quando si sedette, si tirò nervosamente la gonna, avendo paura che si potesse alzare.

«Dannazione, odio questa...cosa.» esclamò, sbuffando.

«Non sei l'unica.» ridacchiò la ragazza dai capelli scuri.

Si guardarono e sorrisero entrambe di nuovo.

«Sono Ray.»

«Cory.» rispose timidamente l'altra. «Anche se il mio nome intero sarebbe Corinne Hudson.»

«Beh, il mio sarebbe Rayleigh Grey.» disse, titubante. «Siamo nello stesso corso di inglese, mh?» chiese poi.

Cory annuì e tornò ad esaminare il foglio che aveva tra le mani, mordicchiandosi il labbro inferiore, come sua abitudine.

Ray sorrise, pensando al fatto che Michael le dicesse sempre che Luke lo facesse in continuazione. Mordersi il labbro.

«Tu lavori qui?» uscì spontanea come domanda dalle labbra di Ray.

«No, non esattamente. Mi piace stare qui e mi piace aiutare un po' il signor Williams.» poi, a voce più bassa, «Anche se preferisce essere chiamato Robert.» aggiunse.

«Me ne ricorderò, grazie.» rispose Ray, sorridendo.

Poi calò un silenzio tranquillo e Ray decise di vedere quali, tra tutti i libri che aveva guardato, aveva portato con sé sul divanetto.
C'erano I Ragazzi Della Via Pál, Il Paese Dei Venti, Il Giardino Segreto, Operette Morali di Giacomo Leopardi, The Giver-

«Non te lo consiglio.» disse Cory, vedendo quel libro. «Io l'ho letto e non mi è piaciuto per niente.»

Ray guardò il libro, poi Cory, e infine di nuovo il libro.

«Voglio provare a leggerlo.» disse, più a se stessa che a Cory. «Ma non ora. Adesso devo assolutamente leggere Il Paese Dei Venti, mi ispira troppo.»

E così fece, mentre fuori iniziò a piovere e Cory metteva a posto qualche volume sugli scaffali.

Era oltre metà libro, quando si accorse che fosse passata l'ora di cena già da un pezzo.

Salutò Cory e il signor Williams ed uscì fuori dalla scuola di corsa, ma fermandosi poi sotto il porticato, vedendo la pioggia insistente continuare a cadere.

Chiamò Lucinda, per dirle che mangiava fuori con degli amici.
Poi chiamò Michael, per chiedergli se gli andava di mangiare qualcosa insieme.

«Hey, Ray.» sentì la voce un po' roca e assonnata di Michael dall'altra parte del telefono.

«Ciao, ti va se mangiamo qualcosa insieme?» andò dritta al punto.

«Mmh, certo. Solo...»

«Solo...?»

«C'è anche una persona speciale. Per te va bene?»

Il cuore di Ray affondò.
Una persona speciale?
Magari una ragazza che Michael si era portato a letto di recente e con cui gli andava ancora di giocare un po'.

«Sì, d'accordo.» rispose freddamente, per non far trapelare la delusione che stava provando.

«Okay, dove sei adesso?»

«A scuola. Cioè fuori, ma piove a dirotto e-»

«Ti vengo a prendere tra cinque minuti, dammi il tempo di alzarmi dal letto e uscire di casa.» disse Michael.

«Okay, a dopo.» e chiuse la chiamata.

Arrivò una folata di vento, che le alzò la gonna, e Ray si incavolò, ricordandosi poi di avere un cambio nello zaino.
Tornò dentro e andò in bagno a cambiarsi.
Si tolse la gonna e la camicetta e si mise un paio di leggins neri, una maglietta nera con il logo dei Rolling Stones e sopra la felpa rossa della scuola.

Uscì dalla scuola e vide in lontananza un SUV nero lucido che si avvicinava.
Dalla macchina scese Michael, che le andò incontro e la trascinò dentro l'abitacolo.

«Ray, sono felice di poterti finalmente presentare Luke. Luke, lei è Ray.» disse Michael rivolto prima alla ragazza, poi al biondo.

«O-oh, quindi è lui la persona speciale che mi dicevi?» chiese Ray, sentendosi così sciocca per aver pensato quelle brutte cose.

«Persona speciale? Davvero, Mikey?» disse Luke.

«Owh, taci.» esclamò Michael, facendo poi scoppiare a ridere tutti e tre.

«Dove volete che vi porti, ragazzi?» chiese la donna al volante, che Ray non aveva ancora notato.

«Potremmo andare al Mc Donald's.» propose Luke, e Michael annuì in accordo.

Ray non era molto affamata, anzi, però annuì anche lei.

«Oh, Ray, scusami, non ti ho presentato Meredith.» disse Luke, facendo un segno verso la signora che stava guidando. «È un'amica e collega di mia madre, che mi ospiterà mentre starò qui a infastidire un po' Mikey.» concluse.

«È un piacere, signora.» disse educatamente Ray, anche se non aveva nessuna voglia di essere gentile.

«Che ne dite se prendiamo il cibo e lo mangiamo a casa? Mia figlia è arrivata adesso e deve ancora mangiare, potreste mangiare insieme e conoscervi meglio.» propose Meredith, e tutti annuirono.

E in mezzo a quel temporale che non voleva finire, sfrecciarono sulle strade di San Francisco, verso il Mc Donald's più vicino.

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