Fifteen
Questa foto è bellissima, vorrei io un abbraccio così. 😍
In compenso il capitolo fa schifo, come il mio umore insomma.
È un po' (tanto) deprimente, quindi se oggi siete allegri e pimpanti non vorrei che la tristezza di questo capitolo influisse sulla vostra positività.
Buona lettura. xx
•••
Hannah era davvero stanca.
Delle persone, della vita, del mondo in generale.
Ogni giorno si chiedeva perché dovesse soffrire così tanto, e ogni giorno non trovava risposta.
Se lo meritava tutto quel dolore?
Se sì, cosa aveva fatto per meritarselo?
Era solo sfortuna o era il suo destino?
Era chiusa in quel bagno da più di mezz'ora, e nessuno aveva notato la sua assenza.
Aveva sentito sua cugina entrare e lei e Luke parlare, ma evidentemente a nessuno dei due importava veramente di Hannah.
Non conti nulla, per nessuno.
Tutti ti odiano, vedi?
Potresti morire in questo istante e nessuno se ne accorgerebbe.
Sei inutile, nessuno ti vuole, perché non ti togli dai piedi?
Queste frasi si ripetevano nella mente di Hannah, confondendosi l'una con l'altra, mescolandosi e facendo male.
Lei aveva perso anche la forza di piangere, era stanca di tutto.
Dovresti morire e mettere fine a quest'esistenza priva di senso.
Hannah non voleva farlo veramente, non voleva davvero morire.
Ma in quel momento, completamente priva di difese e con la mente annebbiata dal dolore, le sembrò l'unica soluzione.
Aprì l'anta del mobiletto del bagno e, con mani tremanti, prese una piccola e fredda lama di metallo, posta sulla terza mensola, e poi richiuse l'anta.
Si rigirò l'oggetto tra le mani per qualche minuto, osservando il modo in cui riflettesse la luce, creando dei piccoli scintillii.
Avanti, non sei stanca di soffrire?
Fin troppo. Rispose nella propria mente a quella domanda, impugnò con la mano destra la lametta e la avvicinò alla pelle dell'avambraccio sinistro.
Era la prima volta che lo faceva, che si faceva del male per smettere di soffrire.
Ma probabilmente, non sarebbe stata l'ultima.
Devi incidere la vena in verticale, per finirla in fretta.
E lei voleva davvero mettere fine a quel dolore, che la perseguitava da fin troppo tempo, velocemente, così da poter liberarsi.
Appoggiò lo strumento freddo e pungente sulla pelle, più o meno in corrispondenza della vena, e fece una leggera pressione, creando un solco sullo strato più superficiale di pelle.
Il sangue cominciò a fluire verso quel punto, uscendo dalla piccola apertura, dapprima copiosamente, per poi via via attenuarsi.
Fece scorrere la lama lungo il braccio, dal polso al gomito, con una lentezza assoluta, lasciando il sangue uscire dalla ferita e colare giù, lungo la pelle.
All'inizio sentì l'impulso di fermare l'emorragia, sentendo l'arto andare a fuoco; ma poi si calmò, e le forze le vennero a mancare sempre di più, fino a quando vide delle macchie scure offuscarle la vista e la testa diventare pesante.
Lasciò andare la lametta, che cadde a terra con un tintinnio, e si accasciò sul pavimento, ricoperto da rivoli di sangue.
Prima di perdere i sensi, sentì qualcuno urlare il suo nome, e due paia di occhi azzurri trafiggerle l'anima.
•
Michael stava chiudendo il locale, dopo una stancante giornata di lavoro.
Mentre rimetteva le chiavi nella tasca della giacca nera di pelle ed estraeva il pacchetto di sigarette, il suo telefono vibrò nella tasca dei jeans.
Lo prese e guardò lo schermo, che segnò una chiamata in arrivo da Luke.
«Hey, Lukey. Stasera ti va di andare un po' in giro?» chiese Michael, accettando la chiamata.
«M-Michael...» singhiozzò il biondo, dall'altro capo del telefono.
«Luke? Luke, che succede? Perché stai piangendo?» chiese Michael, preoccupato.
«Hannah... I-io non... S-sono a-all'ospedale c-con Cory... Michael, è tutta colpa mia, i-io non dovevo l-lasciarla sola...» rispose Luke, singhiozzando tra una parola e l'altra.
«All'ospedale? Sei al piano terra, dal pronto soccorso?»
«Mh-hm...» annuì Luke. «Ti prego, Mikey--»
«Sto arrivando, sta' tranquillo.»
«Fa' presto, per favore.» disse il biondo, prima che Michael chiudesse la chiamata e cominciasse a correre verso l'ospedale.
Mentre correva, sentì il telefono vibrare un'altra volta, così lo prese e rispose alla chiamata.
«Pronto?» rispose con voce affannata a causa della corsa.
«Michael?» e lui riconobbe subito quella voce, l'avrebbe riconosciuta tra milioni.
«Ray.» e sorrise, tranquillizzandosi un attimo.
«Cos'è successo? Cory mi ha chiamata, ma non ho capito nulla di quello che ha detto, ho solo capito che è con Luke.»
«Luke e Cory sono all'ospedale, è successo qualcosa ad Hannah, ma non so cosa.» rispose Michael, fermandosi davanti alla fermata del bus, riprendendo fiato.
«Tu dove sei?»
«Sto andando all'ospedale, sono alla fermata del bus.» rispose lui, controllando gli orari sul tabellone e vedendo che il bus diretto all'ospedale sarebbe passato dopo pochi minuti.
«Okay, io sto partendo da casa. Ci vediamo direttamente all'ospedale.»
«Va bene, a dopo.» e Michael chiuse la chiamata.
Vide il bus in lontananza e, appena si fermò, ci saltò sopra, pagando il biglietto.
Il veicolo ripartì all'istante, e Michael si aggrappò ad una sbarra metallica per non cadere.
•
Luke era seduto su una sedia di plastica dell'ospedale, mentre si sfregava gli occhi arrossati e gonfi per le lacrime.
Cory era di fianco a lui, seduta anche lei su una di quelle sedie di plastica, mentre faceva fatica a respirare per i singhiozzi e le lacrime che stava cercando di trannere.
Quei due non avevano nemmeno avuto il tempo per assaporare pienamente l'attimo di felicità del loro bacio, che avevano dovuto affrontare una situazione così dolorosa.
Luke si dava la colpa per quello che era successo, perché lui doveva proteggere Hannah da se stessa.
E invece per un istante aveva accantonato la sua costante preoccupazione, ed ecco cos'era successo.
«Luke, non farlo.» sussurrò debolmente Cory al suo fianco. «Non devi pensare che sia colpa tua, perché non lo è.»
Il biondo non rispose, abbandonò la propria testa pesante sulle ginocchia, piegandosi su se stesso.
Cory gli posò una mano sulla schiena, accerezzandola dolcemente, trasmettendogli un po' di calma.
Lui alzò lo sguardo e fece un sorriso forzato per ringraziarla.
«Luke!» urlò una voce troppo familiare al biondo per non essere riconosciuta.
La chioma colorata di Michael spuntò in fondo al corridoio e Luke si alzò dalla sedia, aspettando un abbraccio di colui che ormai era suo fratello.
E non venne deluso, quando le braccia di Michael lo avvolsero in una stretta confortante.
Luke rilassò ogni muscolo, lasciandosi cullare da quel calore che solo gli abbracci di Michael sapevano trasmettere.
«Tranquillo, Lukey. Sono qui, sono qui con te.» gli sussurrò dolcemente Michael, sorreggendolo e confortandolo.
Cory intanto era rimasta in disparte, seduta su quella sedia davvero scomoda, ad osservare quanto si volessero bene quei due ragazzi.
E un po' li invidiava, sì, perché lei non era mai riuscita ad avere un'amicizia così, ma l'avrebbe tanto voluta.
•
Ray arrivò davanti all'imponente struttura bianca dell'ospedale qualche minuto dopo Michael.
Respirò profondamente e prese coraggio per varcare le porte di quel posto che infestava ancora i suoi incubi.
Appena fu dentro, l'odore di sangue e di disinfettante le bruciò lo stomaco, tanto da toglierle il respiro.
La sua vista iniziò ad annebbiarsi, e la sua gola si strinse sempre di più, rendendole pressoché impossibile respirare.
Cominciò a camminare lungo il corridoio, e ad ogni passo riaffiorava un ricordo.
Faceva dannatamente male, ma Ray continuò, nonstante ogni cellula del suo corpo volesse solo uscire ed allontanarsi il più possibile da quel posto.
Sentiva le proprie forze abbandonarla poco a poco, mentre si avvicinava alla chioma bianca e azzurra di Michael.
E nemmeno il pensiero che Michael fosse lì riuscì a farla stare meglio.
Ray arrivò davanti ai tre ragazzi ed abbracciò Cory meccanicamente, senza riuscire a sentire le loro voci.
Cory ringraziò Ray per essere venuta, e quest'ultima annuì, non riuscendo a parlare, né tantomeno a sorridere.
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