A terrible story

La ricerca era stata consegnata e ora tutti gli allievi attendevano trepidanti di sapere il verdetto finale. Chase ed Edward da allora si erano parlati e parlavano tra loro il minimo indispensabile, cosa che rendeva Shane molto soddisfatto.

A Edward pesava, quella sottospecie di evitarsi reciprocamente. Insomma, gli amici non facevano così, no? Anche se be', non si comportato tanto da amico, arrivando quasi a baciarlo. Solo che... oh, diamine, lo ammetteva! Gli piaceva Chase.

Così, quando quel giorno si ritrovarono in pausa seduti sullo stesso muretto, decise perlomeno di sistemare la loro traballante amicizia.

Regnava un silenzio assordante, fastidioso alle orecchie, carico di disagio. Chase muoveva le lunghe gambe avanti e indietro, nervoso, e fissava il cielo con aria fintamente interessata.

- Ti amava davvero tanto, mio fratello... - mormorò Edward, e lui lo guardò perplesso, poi scrollò le spalle e prese ad osservare con curiosità le proprie scarpe.

- Già...

- Eri tutta la sua vita, sai?

- Oh, hm...

Chase si sentiva in imbarazzo e a disagio. Perché Edward gli stava dicendo quelle cose?

- Se non fosse stato per te credo che sarebbe andato tutto molto peggio... - continuò il ragazzo dagli occhi verdi, a testa bassa. L'altro lo studiò con sorpresa.

- Tutto... molto peggio?

Si sarebbe aspettato il contrario, non quello.

- Oh, ma tanto lo sai già, no?

- Sapere che cosa?

- Se non lo sai, te lo dirò, tanto ormai... sono qui... be', da dove inizio? La nostra famiglia è stata una famiglia normale fino a quando avevo quattordici anni e Rocky sedici. Poi non so cosa successe, ma nostro padre iniziò a bere, bere tanto. La mamma per un po' rimase la stessa. Fu quando compii quindici anni che tutto peggiorò davvero; papà cominciò a tornare a casa sempre più spesso ubriaco fradicio e arrabbiato e a prendersela con me che ero il più piccolo. Rocky non glielo permise, mi difese.

Ora Chase lo guardava con tanto d'occhi, sperando che Ed gli desse una spinta amichevole e scoppiasse a ridere dicendo: ci hai creduto? Ahahahah! Ma non lo fece.

- Ogni volta che sentivo la porta aprirsi sapevo che sarebbe iniziato un nuovo litigio. Allora cercavo di nascondermi, ma dove potevo andare? In un modo o nell'altro finivo sempre addossato a una qualche parete e la schiena di mio fratello schiacciata contro di me a proteggermi. Mamma se ne restava in qualche angolo o nella propria stanza a fissare il muro con apatia. Rocky diceva sempre che non era nulla. Nulla di grave. Nulla. E non mi permetteva nemmeno di provare a curargli i graffi. Non mi permetteva di sfiorarlo. Le cose andarono di male in peggio quando annunciò di stare uscendo con un ragazzo.

Edward lo fissò con sguardo vuoto, il viso contratto in una smorfia di dolore sordo, il cuore sanguinante di una ferita mai rimarginata.

- Era così orgoglioso del suo ragazzo, - continuò con voce rauca, in fondo alla gola un nodo di lacrime che premeva per uscire - non vedeva l'ora di presentarti ai nostri genitori. Non lo fece mai. Mi ricordo bene cosa disse una volta papà, dopo uno dei loro soliti terribili litigi, stavolta più furioso e violento degli altri... 'se ti conoscesse davvero, il tuo caro Chase, non ti amerebbe no!'. Ricordo anche bene che si sforzò di non piangere davanti a nostro padre e poi si rifugiò in camera sua, ormai nostra, e quando lo seguii lo trovai in uno stato penoso, continuava a ripetere: è vero, è vero.

Il ragazzo dagli occhi porpora si passò una mano fra i capelli, succube di una profonda disperazione, ma mai grande quanto quella del compagno seduto di fianco a sé.

- Mi dispiace - mormorò. - Non ne sapevo nulla, e sembrava così felice... era così felice!

Ricordò dolorosamente una delle tante volte in cui avevano fatto l'amore e del sussulto che Rocky aveva avuto quando gli si era aggrappato alla schiena, dove c'era un enorme ematoma violaceo. Gli aveva chiesto chi glielo avesse procurato e lui aveva detto di essere caduto male giocando un po' troppo vivacemente con Cookie.

- Solo quando stava con te era davvero felice, io che ero suo fratello lo vedevo bene... e poi venne quella maledetta notte, ma io non ero lì. Nonostante avessi solo sedici anni, ero scappato di casa, cioè, mi ero trasferito da un lontano zio, la situazione lì in quelle quattro mura mi era insopportabile. Ero felice, quel giorno. Poi arrivò lo zio, ancora con la cornetta del telefono in mano e l'espressione sconvolta. Mi disse che Rocky era morto. E lentamente morii anch'io, dentro. Tornai immediatamente a casa. Mia madre era distrutta. Mio padre non c'era. Non me ne poteva fregare di meno. Loro non erano mai stati qualcosa che si potesse definire una 'famiglia'. Trovai quello che era il suo diario, dove scriveva perlopiù i suoi pensieri e attaccava foto, soprattutto foto di voi, di Cookie, e un'unica mia. Il mio insostituibile fratellino, recava la didascalia sul retro. Lessi l'ultima pagina scritta, recava la data di quel giorno: diceva che tu avevi bisogno di lui e che per il 'suo cucciolo' avrebbe fatto qualunque cosa, anche presentarsi alla sua porta a notte fonda durante un temporale. Scriveva anche di voler scappare da qualche parte con te, che con i nostri genitori aveva chiuso, io sarei stato bene con lo zio.

Edward si asciugò fugacemente una lacrima sfregandosi l'occhio con le nocche, e Chase fece per parlare.

- Edward, io...

- Tu hai perso la persona che amavi, io un fratello, capisci? Che colpa te ne posso fare, di averlo amato? Ciò di cui mi pento e di cui sempre avrò il rimorso è non esserci stato quando lui aveva bisogno. Dopo il funerale e ogni cosa ad esso legata, scappai di nuovo e piansi tutte le lacrime che avevo. Sai, mi dispiace di essere stato sgarbato quando ci siamo conosciuti. Io, al tuo posto, non sarei riuscito ad essere di nuovo felice, a rifarmi una vita, e ti ammiro per questo, Chase. Non ci sono riuscito nemmeno dopo che sono passati quasi sei anni.

E scoppiò a piangere, e il moro lo abbracciò delicatamente, lasciando che si aggrappasse al suo petto come fa un gattino che ha paura di cadere.

- Io ti amo, Chase - singhiozzò; quello però era tirarsi la zappa sui piedi e lo sapeva, lo sapeva, perché Chase non avrebbe mai amato nessuno al di fuori di Shane.

- Shhhh... - mormorò lui dolcemente, azzardandosi a posargli un bacio fra i capelli.

Al confronto di ciò che aveva passato Edward, ciò che era successo con i propri genitori era una bazzecola.

Rimasero così per un po', finché il ragazzo dagli occhi verdi non si fu calmato.

- Ora va meglio?

- Sì, grazie.

- Di niente, è questo che fanno gli amici - replicò allora, sottolineando 'amici'. Forse Edward provava davvero qualcosa per lui, ma aveva bisogno di qualcun altro, della persona giusta, della propria persona speciale. Nessuno merita di stare solo.

Se solo avesse saputo, Chase, che l'anima gemella del ragazzo era più - relativamente - vicina di quanto potesse pensare!

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