36.
《Lo so che sei in casa! Apri Dylan!》il mio pugno chiuso si scontra svariate volte contro il legno scuro che riveste la porta di casa sua.
Senza sosta, un'infinita accozzaglia di rumori sordi e veloci, rapidi come il becco di un picchio contro la corteccia di un albero enorme.
Come un martello pneumatico che raschia infinite volte contro un asfalto troppo duro e resistente.
Come un cuore che batte rapido e senza sosta e che senti forte anche nelle orecchie.
《Dylan! Apri questa dannata porta!》urlo incazzata.
Non mi importa se sono le undici di sera e la gente sta dormendo, non mi interessa se qualcuno si affaccia dalla finestra per capire chi è la pazza che strilla a quest'ora, e non mi interessa se risulto essere bisbetica e isterica al vecchietto che mi passa di fianco con il cane troppo grasso.
Sbuffo rumorosamente non ricevendo risposta da quel cretino senza cervello, o forse dovrei dire senza palle visto che la luce della sua stanza è accesa e lui pare voler far finta di niente. Raggiro la piccola villetta a schiera e decido di provare con l'entrata sul retro, solitamente è aperta durante la giornata ma quando i suoi genitori escono o non sono in casa, lui si dimentica sempre di chiuderla a chiave.
Sorrido soddisfatta quando la piccola manopola nella mia mano gira senza intralci, la porta si apre senza emettere nemmeno un cigolio, e così mi ritrovo nella cucina ampia e buia di casa sua. Il profumo di torta al cioccolato mi invade le narici e ogni poro del corpo, ma le priorità sono altre al momento.
Tiro dritto verso il corridoio mentre respiro a pieni polmoni per godermi quel profumino super dolce che accarezza le mura di casa. Sua mamma è bravissima a fare le torte.
Mi tengo in modo saldo al corrimano delle scale per evitare di inciampare sui miei stessi passi. Non ho intenzione di accendere la luce, se posso farlo anche spaventare meglio ancora, basta che non mi accoltella.
Un leggero vociferare mi fa rallentare il passo, ormai sono quasi davanti alla sua stanza, la porta è chiusa davanti ai miei occhi stanchi.
《Ho detto di no, non esco stasera》sento dirgli con un tono molto annoiato.
Con chi sta parlando? È al telefono oppure c'è qualcuno insieme a lui? È per questo che non mi sentiva urlare da fuori? Mille domande mi affollano la mente, e piano piano mi avvicino sempre di più alla porta della sua camera, fino a quando non appoggio l'orecchio contro questa e provo a captare qualcosa in più.
《Ma se non ho voglia di uscire un motivo ci sarà! Non starmi addosso Cristo santo!》esclama incazzato.
Assottiglio gli occhi presa da una curiosità paragonabile a quella di una vecchia pettegola di ottant'anni.
《E prima di questo c'è da dire che con te ho chiuso per sempre, ficcatelo in testa Carly! Non voglio più avere a che fare con te!》mette in chiaro di punto in bianco.
E a me scappa un sorriso che potrebbe accecare chiunque lo guarda. Con lei ha chiuso, ha chiuso davvero!!
《Devo andare adesso. Non chiamarmi più, cancella pure il mio numero! Ciao》
Mi scacco dalla porta e mi allontano di un passo, resto nel buio del secondo piano in fissa sulle fotografie appese lungo il breve corridoio.
La maggior parte sono nostre, dai primi tempi fino ad oggi, e dico oggi perché una è stata aggiunta proprio di recente.
Ritrae me e Dylan in Grecia, quella sera al pontile quando aveva iniziato a piovere. A questo punto mi chiedo chi mai abbia scattato questa foto così spettacolare. In lontananza ci vediamo io e Dylan abbracciati, lui che mi fa volteggiare in aria e poi un lampo quasi bianco che si staglia al centro della foto.
È bellissima.
《Sai chi l'ha scattata?》
Indietreggio presa dallo spavento, la sorpresa di trovarlo appoggiato allo stipite della porta mi fa sussultare mentre lui mi guarda senza battere ciglio.
Nego con il capo non riuscendo a parlare.
《Liam. Me l'ha data il giorno della partenza...》
Sorrido ripensando al ragazzo dolce e bello dai capelli ricci.
《Che ci fai qui?》domanda dopo qualche istante di silenzio. Ci guardiamo, ci osserviamo attentamente mentre nella casa regna il silenzio più assoluto.
I suoi occhi sono belli, come sempre.
I capelli lievemente scompigliati e un leggero filo di occhiaie a contornare i suoi occhi.
《Da quanto non dormi?》domando abbassando lo sguardo sulle mie scarpe. Le dita delle mie mani sembrano molto più interessanti e meno imbarazzanti di stare qui a guardarlo o di parlare con lui.
Ed è cosi che tutta la buona volontà di chiarire con lui e sistemare le cose se ne va a quel paese.
《Da un po'... ma non hai risposto alla mia domanda》mi ricorda accennando un mezzo sorriso.
《Beh... pensavo fosse arrivato il tempo di parlare, o no?》
《Si. Cioè se te la senti, si. Il problema è che a parole non siamo bravi, questo lo sappiamo entrambi Cherie》
Annuisco in accordo. Ogni volta che proviamo a chiarire qualcosa ci ritroviamo a litigare e discutere peggio di prima, per questo motivo ho aperto il blocco notes del telefono e ho scritto tutto quello che mi passava per la testa, come un fiume in piena, senza doverci pensare, senza il minimo dubbio su ciò che scrivevo.
Le dita premevano sul touch senza il bisogno di essere controllate.
《Ho scritto qualcosa...》annuncio debolmente, e lo vedo sorridere di un sorriso dolce, il sorriso di chi forse si aspettava una cosa del genere dalla persona che conosce ormai da troppo tempo.
《Dylan siamo a casa!!》ci giriamo di scatto verso le scale, la voce di sua mamma risuona all'interno delle mura di casa. Forse non è il momento adatto per fargli leggere ciò che ho scritto.
Ci guardiamo un istante prima di dirigersi verso le scale e scendere giù.
I suoi genitori si bloccano quando mi vedono sull'ultimo gradino.
《Oh... Cherie!! Mio dio quanto ci sei mancata!! Vieni qua tesoro, fatti abbracciare!》sua madre quasi urla mentre con passo rapido mi raggiunge e mi stringe in un abbraccio. Sorrido, e devo ammettere che ormai anche tra le sue braccia sento il profumo di casa mia.
《Anche voi mi siete mancati! Come state?》domando, stringo in un abbraccio anche il papà di Dylan mentre lui passa gli occhi dai miei a quelli di sua madre.
《Tutto bene! Allora... passate bene le vacanze in Grecia? Raccontaci qualcosa, Dylan non ci ha detto praticamente nulla》lo ammonisce sua mamma invitandoci a sederci sul divano.
Nella mente mi passano tutti gli scenari che ho vissuto lì, e proprio non ho la minima idea di cosa poter dire o da dove cominciare.
《È stato... bellissimo...》annuncio monocorde. Ho solo rischiato di morire, vostro figlio si è portato dietro la sua ragazza, in spiaggia stavo per finire di faccia sulle chiappe di un tipo, Dylan ha fatto una rissa per aiutare una ragazza, quei ragazzi ci hanno trovato in hotel e a momenti mi derubavano, abbiamo avuto più litigi che altro e... oh sì, ho conosciuto tre persone fantastiche e ho fatto sesso con Liam, gran figo. Ah, e ho anche fatto sesso con vostro figlio.
Dovrei dire tutto questo ai suoi genitori? Non credo sia fattibile, dai su.
《Una vacanza davvero perfetta》annuncio di nuovo monocorde.
《Siete proprio uguali tu e lui, non siete fatti per raccontare cose》esclama suo padre dandomi un piatto tra le mani, una mega fetta di torta al cioccolato si impossessa di tutti i miei sensi.
《Voi che avete fatto invece?》domando.
Dylan si lascia cadere al mio fianco sul divano, rifiuta la torta e si appoggia al bracciolo rivestito in pelle.
I suoi genitori iniziano a raccontarmi della loro estate in Sardegna, dei posti che hanno visitato, il mare trasparente in cui hanno fatto il bagno, il cibo super buono e un sacco di altre cose che dopo dieci minuti non ascolto più, non perché io sia maleducata o cose del genere, ma perché il loro amato figlio Dylan si è addormentato con la testa sulla mia spalla e mi fa rabbrividire ogni volta che respira e inspira dalla bocca.
Avere il suo respiro addosso, sentire i suoi capelli sulla linea sottile del mio collo, percepire a così poca distanza il suo profumo dolce... mi fa andare in panne il cervello.
Era da troppo tempo che non lo avevo così vicino, troppo tempo che sentivo la sua mancanza, troppo tempo che non parlavo con lui, troppo tempo che non venivo a casa sua e vedevo i suoi genitori.
《Si è addormentato》mormora sua mamma con un sorriso sulle labbra《vuoi dormire qui?》ormai è quasi mezzanotte tesoro, anche se abiti a cento metri non mi va che vai da sola, piuttosto ti accompagna Lucas》annuncia, indica suo marito ben disposto a darmi un passaggio, e quasi accetto se non fosse per il gesto di Dylan.
Il suo mignolo si aggancia debolmente al mio, entrambi nascosti dalle nostre gambe troppo vicine tra di loro.
Il cuore mi batte talmente forte, un brivido dolce carezza la mia pelle coperta dal vestito nero, ed è per questo motivo che accetto di rimanere a dormire qui.
《Va bene, noi andiamo a dormire allora, la strada per la stanza di Dylan la conosci già, appena si sveglia andate a dormire》sua mamma lascia ad entrambi un bacio sulla testa, suo padre invece si limita a scompigliarmi i capelli facendomi ridacchiare.
Ed è così che mi ritrovo insieme a Dylan sotto una luce soffusa che illumina il soggiorno, mi giro piano verso la sua figura piegata sulla mia spalla, lo osservo in silenzio, senza emettere nemmeno un sospiro.
I pensieri mi invadono la mente, le volte in cui mi abbracciava dal nulla, le volte che mi prendeva in giro e io prendevo in giro lui, quella volta in cui mi aveva vista piangere su quella panchina non molto distante dalle nostre case. Quel giorno avevo litigato con le mie due migliori amiche, qualcuno aveva messo in giro una voce in cui a quanto pare io, Cherie, mi ero fatta il ragazzo di una delle due. Diamine, ancora giocavo con le bambole a momenti.
Era arrivato lui a risollevarmi il morale, mi aveva detto di non dare retta alle voci che giravano, che io avevo la coscienza a posto e che loro si sarebbero dovute vergognare. Che non potevo reputare migliori amiche delle ragazze così frivole e con poca sicurezza in loro stesse e nelle loro relazioni.
Devo ammettere che aveva ragione, dopo vari tentativi di riconcigliarmi con loro alla fine gli ho dato retta. La mia vita era migliorata esponenzialmente da quando mi ero tolta di mezzo quelle due, ero tornata a sorridere e ad essere Cherie, non ero più l'amica di Shana e Malika.
《Pensi sempre tanto tu...》
I suoi occhi sono già fissi sui miei quando abbasso lo sguardo per poterlo guardare.
《Si, ho sempre molto a cui pensare, o forse dovrei a qualcuno.》
Okay ragazze/i, vi chiedo umilmente perdono per l'estremo ritardo, ma purtroppo non ho più capitoli pronti ormai da tempo e proprio quest'ultimo non mi basta neanche per respirare!😣
Cercherò di non farvi attendere più così tanto, cercherò di scrivere ogni volta che ne avrò la possibilità o che avrò un pochino di tempo libero.
Non manca molto alla fine della storia!
Spero comunque abbiate la pazienza di aspettarmi anche se ritardo con la pubblicazione. Vi adoro❤
Lalla.💟
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