ROBB

Clangore di spade e asce, rombo di carri, grida, sangue, feriti, morti, sconfitti, vincitori.

Tutto ciò si presentava, ai suoi occhi, sul campo di battaglia.

Lui era in piedi, vicino a suo padre.

Non era ferito. Gli doleva, soltanto, un po' la mano per la quantità di colpi sferrati.

Aveva vinto. Aveva vinto la sua prima battaglia.

«Robb, Robb!» sentì una voce chiamarlo.

Era Rodrik Cassel.

«Robb, accidenti. Non startene lì impalato».

Solo in quel momento si rese conto di non essere su un campo di battaglia, ma nel cortile del palazzo di Grande Inverno.

Aveva sognato ad occhi aperti.

«Se ti comporterai così anche in guerra, il tuo nemico non ci metterà molto ad ucciderti» lo rimproverò ser Rodrik.

«Si, hai ragione. Non mi distrarrò più».

«Bene, allora riprendete a combattere» fece cenno a lui e a Jon.

Mentre si metteva in posizione, Robb vide qualcosa muoversi dietro un carretto.

«Che altro c'è adesso?» sbottò il maestro d'armi vedendo che non si muoveva.

«Laggiù... Mi è sembrato di vedere qualcosa».

«Che cosa?» domandò, curioso, suo fratello.

«Non lo so. Non l'ho visto bene».

«Sarà stato Mikken» affermò, scocciato, ser Rodrik.

«No, non era lui. Era...».

«Che gli Estranei se lo portino alla dannazione quello che hai visto. Sempre che ci sia qualcosa o qualcuno, chiaro. Ora, se non ci sono altre interruzioni...».

«Vado a vedere».

«Bene. Direi che la mia lezione non interessa a nessuno».

Nonostante le lamentele di Rodrik Cassel, Robb si avvicinò al carretto, spada di legno in pugno.

Jon Snow lo raggiunse subito.

«Io vado di qua e tu di là, ok?» bisbigliò.

Lentamente e silenziosamente i due fratelli aggirarono il piccolo carro e... trovarono solo un gatto.

Robb arrossì per l'imbarazzo: si era aspettato di trovare... Esattamente, che cosa si era aspettato? Un bruto, un lupo, un fuorilegge? E, se anche ci fosse stato uno qualsiasi di loro, che cosa avrebbe potuto fare con una spada di legno?

«Ser Rodrik sarà felice di sapere che abbiamo interrotto gli allenamenti solo per un gatto!» sghignazzò Jon.

«Non c'è niente di divertente».

«Oh, invece si!».

«Hai ragione. Dopotutto, mi sei corso dietro. Tutto per un gatto!».

Suo fratello bastardo lo guardò torvo. Poi scoppiarono a ridere tutti e due.


*


Era notte fonda a Grande Inverno.

Si udiva solamente lo stormire delle foglie e l'ululare dei lupi. Tutto pareva, apparentemente, tranquillo.

Robb dormiva sereno nel suo letto. Si poteva quasi percepire il suo respiro.

«Robb, Robb!» urlò qualcuno nelle tenebre.

Il futuro lord di Grande Inverno aprì gli occhi. Si trovò Rickon a pochi centimetri dal volto.

«Che cosa vuoi? Perché non sei a letto?».

«Io sono andato nelle cucine per cercare qualcosa da mangiare, quando ho visto qualcuno muoversi!».

«Sarà stato qualcuno dei cuochi».

«No, no».

«Va bene, allora andiamo a vedere».

Robb accese una torcia. Mentre percorreva i corridoi insieme al suo fratellino, sentì un fruscio e vide un'ombra. Gli sembrava familiare, ma non ebbe il tempo di capire di chi fosse perché così come era apparsa, l'ombra era svanita.

D'un tratto ebbe paura. Paura di proseguire. Paura di trovare... Che cosa?

Jon Snow comparve dietro di loro.

«Che state facendo?» domandò.

Il più grande dei fratelli Stark gli spiegò tutto.

«Bene. Andiamo a vedere. Speriamo che non sia, di nuovo, un gatto».

Scesero, lentamente, le scale che li portarono nelle cucine.

Tutto era buio e silenzioso.

Ispezionarono ogni angolo, ma non trovarono nessuno.

«Direi che ti sei immaginato tutto, Rickon» affermò Robb.

«No, no. Non è vero!».

Qualcuno urlò. Era la voce di Sansa.

Jon e Robb si guardarono allarmati. Il primo prese in braccio Rickon e seguì il secondo, diretto nella stanza della sorella.

Udirono un sibilo e, poi, dei passi. Si girarono, ma dietro di loro non c'era nessuno.

«Ma che sta succedendo?» chiese preoccupato Jon.

«Non ne ho idea. L'unica cosa che so è che dobbiamo muoverci!».

Il cuore di Robb batteva all'impazzata: un po' per la corsa, un po' per la paura.

Sansa, forse, era in pericolo.

Si rese conto, solo in quel momento, di avere come unica arma una torcia. Se il "nemico" avesse avuto una spada, non avrebbe potuto fare niente.

Questo era ingiusto. Ingiusto che non avesse una vera spada, ingiusto che qualcuno fosse entrato nel palazzo, ingiusto che qualcuno potesse fare del male ai suoi cari, ingiusto che lui non avesse la forza per combattere, lui che era il futuro lord di Grande Inverno. Se aveva paura ed era incapace di difendere sua sorella, come avrebbe potuto diventare un lord giusto e forte come suo padre?

Fu a quel punto che ricordò le parole di Eddard Stark: «Il coraggio è essere determinati e non arrendersi davanti a qualcosa che credi ingiusto, anche se non hai la forza di combattere».

Lui la forza, in quel momento, non l'aveva. Però, non avrebbe mai potuto perdonarsi il non aver fatto niente, mentre qualcuno dei suoi familiari poteva essere in pericolo.

Non aveva una spada, ma aveva ritrovato la determinazione.

Spalancò con un calcio la porta della camera di Sansa.

Sua sorella era rannicchiata sul letto.

«Cos'è successo?» chiese Jon avvicinandosi a lei.

Sansa alzò il braccio e, con un dito, indicò la porta aperta.

I tre fratelli si girarono: non c'era nulla.

Poi, sentirono dei passi. Piano piano si fecero sempre più vicini. Qualcuno era arrivato all'entrata della stanza.

Robb strinse forte la torcia.

Due figure entrarono e... fecero loro una linguaccia.

Erano Arya e Bran.

Questi ultimi, insieme a Sansa e Rickon, scoppiarono a ridere.

«Ma perché?» riuscì solo a dire il più grande dei fratelli.

«Perché? Perché volevamo farvela pagare per lo scherzo che ci avete fatto nella cripta» rispose Brandon.

«Paura eh?» ridacchiò Arya.

Jon si lanciò verso la sorella, cercando di afferrarla. Sfortunatamente lei era più veloce.

Alla fine, però, riuscì a prenderla.

«Sei una persona crudele» le disse, sorridendo.

«Grazie! E tu e Robb siete due fifoni e creduloni!».

«Chi avrebbe mai immaginato che Rickon e Sansa fossero in combutta con voi» esclamò Robb.

I due interessati risero divertiti.

«Ora siamo pari» affermò Bran.

«In fondo, ce lo siamo meritati. Siamo pari» concordò Jon.

Robb sorrise. Senza saperlo i suoi fratelli lo avevano aiutato, aiutato a non lasciarsi abbattere nelle situazioni che sembrano essere le più difficili. L'avevano aiutato ad essere più determinato.

D'istinto, si gettò sul letto trascinando con sé tutti i suoi fratelli.

Cominciò una battaglia senza fine di solletico, cuscini in faccia, risate.

Era bello avere una famiglia come la sua.

«Grazie» sussurrò felice.


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