CATELYN
Neve. Neve sulle case, sul castello, sul suo volto.
Grande Inverno era così diversa da Delta delle Acque, ma lei, col tempo, aveva imparato ad amarla. Così come aveva imparato ad amare suo marito.
Lo amava davvero, come non avrebbe mai pensato.
Aveva avuto da lui cinque figli meravigliosi: per loro avrebbe dato la vita.
Tuttavia, c'era anche Jon Snow, il bastardo di Eddard Stark.
Aveva provato ad amarlo, ad accettarlo, a trattarlo come un suo figlio, ma non c'era riuscita. O forse non voleva.
«Lady Catelyn» la chiamò maestro Luwin.
L'anziano uomo la accompagnò in cortile dove già si trovava Ned.
Si sedette accanto a lui e aspettò che iniziasse lo spettacolo.
Sansa si fece avanti e cominciò a cantare una storia di eroici cavalieri.
Robb, Bran e Jon impersonavano i valorosi guerrieri che dovevano liberare il reame dalla perfidia di spietati combattenti: Arya, Rickon e Theon.
«Non vincerete mai contro di noi!» esclamò il più piccolo degli Stark.
«E sapete perché? Perché abbiamo catturato la vostra principessa!» proseguì Theon.
Non comparve nessuno.
«Ho detto... abbiamo la vostra principessa!» si schiarì la voce il figlio di Balon Greyjoy.
Sulla scena fece la sua comparsa Hodor con un vestito blu e bianco e il viso truccato.
Catelyn non poté fare a meno di sorridere.
«Non preoccuparti, principessa! Noi ti salveremo!» affermò risoluto Bran.
«Hodor, hodor» disse Hodor.
Tutti i presenti scoppiarono a ridere. Anche Ned rideva.
«Hodor, non dovevi parlare» lo rimproverò Sansa.
«Hodor, hodor?».
«La vostra principessa...pff...lui, cioè lei...pff» tentò di dire Arya, prima di scoppiare a ridere di nuovo.
Tutti erano piegati in due dalle risate.
Mikken, Jory Cassel, Tom il Grasso, Gage e molti altri, passando di lì, non poterono fare a meno di osservare quella comica scena.
«Oh, che gli Estranei si portino alla dannazione la principessa. Alleiamoci e governiamo il reame insieme» propose Robb.
«Ehi, non era questa la battuta» gli sussurrò Sansa.
«Sono d'accordo» concordò Jon con suo fratello.
«E sia allora. Uniti saremo i signori del reame!» esclamò Arya.
«In alto le nostre spade, guerrieri. Noi giuriamo di difendere il regno con tutte le nostre forze e di non separarci mai, qualunque cosa accada» proseguì Robb.
«Giuriamo, giuriamo» urlarono tutti i giovani.
Sansa chiuse la scena con un'ultima canzone.
«Il vostro spettacolo è stato il migliore di tutti quelli che ho visto! Bravi ragazzi!» li elogiò Eddard.
«Sarai un degno successore di tuo padre» disse Catelyn al suo primogenito.
Robb arrossì e, poi, le sorrise.
*
Nel pomeriggio, come stabilito, gli Stark andarono a fare un giro a cavallo.
Bran e Rickon erano in groppa a due bei pony.
Sansa continuava a lamentarsi, ma era una cosa normale: lei odiava cavalcare.
«Quanto sei noiosa» disse Arya rivolta alla sorella.
«I cavalli non fanno per me. Forse è per questo che chiamano te, e non me, "faccia da cavallo"».
«Sansa! Chiedi scusa a tua sorella!» la rimproverò Catelyn.
«Scusa, non volevo».
«Sansa è nei guai» sussurrò Jon a Robb notando lo sguardo adirato di Arya.
Quest'ultima non disse niente però, dopo un po', diede un colpetto al quadrupede di sua sorella.
L'animale partì al galoppo con Sansa urlante.
Lord Eddard, abilmente, riuscì a fermare la sua corsa.
Robb, Bran, Jon e Rickon ridevano sonoramente.
«Tu, sei stata tu!» urlò la secondogenita degli Stark rivolgendosi alla terzogenita.
«Io? Ma quando mai. Sei tu che non sai gestire il tuo cavallo».
«Giuro che...».
«Adesso smettetela. Siamo venuti qui per divertirci e rilassarci, non per sentirvi litigare tutto il tempo» le sgridò lady Catelyn.
Più tardi giunsero in un piccolo spiazzo vicino ad un torrente e al limitare del bosco.
Lasciarono liberi i cavalli a pascolare, mentre loro si godevano la giornata.
Catelyn si sedette sotto un albero, accanto a suo marito.
«Le nostre giornate sarebbero vuote senza di loro, non credi?» mormorò Ned.
«Assolutamente. Non so come farei senza di loro».
«Anche di Jon?».
Catelyn si irrigidì. Che cosa avrebbe dovuto rispondergli? Forse quello che si aspettava di sentirsi dire?
«Jon... In tutti questi anni...So che non ami questo argomento, però... sua madre, chi era?».
Non riusciva a credere di aver, dopo tanto tempo, rifatto questa domanda.
Il volto di Eddard si fece serio. Sospirò.
«Cat, ti prego...».
Un urlo interruppe quella delicata conversazione.
Un uomo dai grandi e profondi occhi azzurri teneva un coltello puntato alla gola di Jon.
Rickon puntò il dito verso di lui, spaventato.
Eddard estrasse la spada e intimò allo sconosciuto: «Lascia andare mio figlio!».
"Mio figlio". Già suo figlio, ma non anche suo pensò Catelyn.
Quel pugnale era affilato, bastava un minimo movimento, un passo falso e il ragazzo si sarebbe ritrovato con la gola tagliata.
Sarebbe morto e non ci sarebbe più stato uno Snow nella sua famiglia, nessun figlio bastardo.
Morto. Aveva un bel suono quella parola.
Catelyn si riscosse dai suoi pensieri.
Osservò il volto preoccupato di suo marito e dei suoi figli.
Perché i suoi figli erano preoccupati per Jon? Lui non era loro fratello, era solo un fratellastro.
Anche se fosse deceduto, non sarebbe cambiato nulla: lui non era l'erede di Grande Inverno.
"Ma cosa sto dicendo? Sono orribile!" si disse mentalmente.
Non poteva davvero desiderare che morisse, anche se, in passato, l'aveva fatto.
«Metti giù la spada e non muoverti, altrimenti lo uccido» stava dicendo l'uomo dagli occhi azzurri.
"Lo uccido".
Ned, lentamente, si chinò. Stava per posare la sua arma quando Robb colpì con un bastone, da dietro le spalle, l'uomo. Quest'ultimo lasciò andare Jon.
Però si girò rapidamente e diede un pugno a Robb.
Aveva commesso un errore: si era voltato.
In un attimo Jon, Arya, Bran e persino il piccolo Rickon gli saltarono addosso.
Cercarono di tirargli pugni e calci.
L'uomo, però, era molto più forte e riuscì a liberarsi.
Ned gli fu subito addosso.
Con un rapido fendente lo disarmò e gli puntò contro la spada.
«Chi sei? Che cosa vuoi?» gli chiese.
L'uomo non rispose.
«Ti conviene parlare se vuoi salva la vita».
Ancora silenzio.
«Come vuoi».
L'uomo, improvvisamente, estrasse un secondo pugnale e colpì Eddard alla spalla.
Il lord di Grande Inverno riuscì a schivare un secondo colpo, poi un terzo e ancora un quarto.
Gli piantò nello stomaco Ghiaccio.
L'uomo cadde esanime, in una pozza di sangue, con il ventre squarciato e le budella tutte intorno.
«State tutti bene?» domandò Ned.
«Noi stiamo bene. E tu, padre? Sei ferito?» chiese preoccupato Bran.
«Tranquilli, sto bene. È stato solo un graffio il suo colpo».
«Chi era quell'uomo?» chiese Sansa, tremando.
«Credo fosse un fuorilegge. Non poteva essere nient'altro che quello».
«E che cosa voleva da noi?».
«Basta domande. È meglio se torniamo a casa. Non vorrei che ci fossero altri uomini come quello in giro» affermò Catelyn guardandosi intorno.
Una volta fatto ritorno a Grande Inverno, Ned partì con Jory Cassel, Tom il Grasso e altri ad ispezionare la zona.
«Jon» chiamò lady Stark, una volta che i suoi figli erano entrati nel castello.
Il ragazzo le si avvicinò con aria interrogativa.
Lei lo abbracciò.
In quattordici anni non l'aveva mai fatto.
Lui la guardò stupito.
«Avrei voluto che morissi» gli disse.
«Mi dispiace» sussurrò Jon.
«Ti dispiace?».
«Mi dispiace non essere figlio tuo. Mi dispiace non essere morto oggi...».
«Anche a me».
Jon la strinse e poggiò il suo volto sul suo petto.
Stava piangendo? O forse no. Non aveva importanza: sapeva come si sentiva, sapeva di averlo ferito.
Ma, alla fine, lui lo sapeva. L'aveva sempre saputo.
Catelyn gli mise una mano sulla testa e cominciò ad accarezzargli i capelli.
Per una volta, solo per una volta avrebbe dovuto comportarsi con lui come una madre.
Lo doveva a Ned. Lo doveva ai suoi figli.
Lo guardò negli occhi, lo baciò sulla fronte e gli sorrise. Gli sorrise come non aveva mai fatto.
Jon ricambiò il suo sorriso.
E, per un momento, lei lo considerò come un suo figlio.
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