Pumped up Kicks
- Signor Frost, cosa ha da dire a sua discolpa?
Noah, per l'ennesima volta, era finito in quella stanza scura e spoglia. Entrava solo un sottile filo di luce dalle vecchie persiane arrugginite, che illuminava come un'aura santa il Signor Morrison, un uomo sulla cinquantina con radi capelli grigi ed enormi baffi che rendevano la sua figura di preside ancora più temibile.
Eppure, il ventenne non era neanche lontanamente spaventato da quel vecchio obeso, si era ormai abituato al suo incontro mensile con lui.
- Preside Morrison, credo che non servano parole per spiegarle cosa è accaduto, in quanto lei ben sa che ciò è solo causa sua - il giovane lo fissava intensamente con il suo sguardo cristallino, senza assolutamente esitare.
- Mi scusi?!
- Certo Signor Preside. Penso che sia ovvio che l'intera scuola non accetti la sua decisione di farci uscire ogni giorno due ore dopo per poter pulire da cima a fondo ogni classe, e non per mancanza di voglia da parte di ogni studente di questo istituto, ma per una semplice ragione temporale: introducendo questa regola elimina a ciascuno di noi 120 minuti spendibili in altri modi, tra i quali: studiare, praticare sport,(il quale, ben sa, è molto salutare sia a livello fisico, sia a livello mentale) o semplicemente riposare dopo aver passato diverse ore seduti ad un banco scomodissimo a prendere freneticamente appunti.
Sfortunatamente, Signor Preside, lei precedentemente non ha voluto ascoltare nessuna delle ragioni che ci spingono ad opporci a questa riforma, quindi ci siamo visti, io in primis, a dover compiere un atto come assentarci in massa per un'intera giornata ed occupare palestra, giardino ed aula magna per attirare la sua attenzione - Noah non aveva perso neanche un colpo mentre parlava, andava dritto al sodo mantenendo la testa alta e gli occhi puntati nelle pupille del Signor Morrison, il quale si era innervosito ulteriormente osservando la freddezza delle parole del ragazzo.
- Signor Frost, io sono veramente stanco che uno studente come lei sprechi la sua intelligenza per guidare delle rivolte completamente inutili. Per di più il suo comportamento mi sembra utile solo a peggiorare la sua reputazione: non l'è bastata la bocciatura?
- E io sono stanco che lei non tenti minimamente di ascoltare anche solo una parola di quello che tutti i suoi studenti vogliono dire.
- Adesso sta veramente esagerando, mi sta mancando di rispetto ormai da troppo tempo perché io possa permetterle di continuare così. Se non la smette immediatamente mi vedrò costretto a prendere dei provvedimenti.
- Lo faccia, non la temo. Potrà eliminare me, ma non potrà mai eliminare l'intera scuola e le sue idee.
- Esca immediatamente da qui e non si presenti mai più in questa scuola! - aveva urlato il preside alzandosi in piedi e sbattendo il pugno sulla sua scrivania, causando la caduta delle penne, che ora rotolavano dietro alla figura di Noah che usciva dalla porta a testa alta, chiudendola delicatamente e senza rabbia.
Nel corridoio una mandria di studenti lo stava aspettando fremente d'impazienza di risposte: -Noah, Noah! Come è andata?
- Ragazzi, da oggi dovrete combattere senza me, Morrison mi ha cacciato - rispose il ragazzo senza arrestare il passo diretto alla porta principale - Buona fortuna! - continuò uscendo dalla porta e lasciando per sempre quella scuola che lo aveva tanto bistrattato.
La strada era completamente deserta, neanche le macchine passavano in quel lunedì mattina, solo qualche raro motorino sfrecciava per la via, senza prestare veramente attenzione al ragazzo alto e magro che passeggiava sul marciapiede a testa bassa. Noah non era dispiaciuto di quello che aveva fatto e tanto meno temeva il giudizio dei suoi genitori, i quali ormai avevano perso le speranze di far ritornare il loro figlio ribelle sulla retta via, ma era spaventato dalle ripercussioni che avrebbe potuto avere quel gesto su Daniel, suo fratello minore.
Quel timido ragazzo di 18 anni era la sua vera unica priorità, l'unica persona a cui poteva dire di voler bene veramente, quindi sapere che tutte le sue bravate, le sue scorribande da scapestrato avrebbero potuto influenzarlo in modo sbagliato lo spaventava molto, sebbene avesse tentato costantemente di tenerlo lontano da quella strada. Comportarsi così era una sua scelta, lasciarsi andare alla sua indole ribelle era una decisione presa con consapevolezza, e che quindi non c'entrava nulla con Dan. Però, stavolta, non poteva tenerlo lontano dalla faccenda, inevitabilmente avrebbe scoperto quello che era successo e probabilmente ne sarebbe finito dentro inesorabilmente.
Casa sua si ergeva alta davanti ai suoi occhi: gli capitava troppo spesso di sentirsi fuori posto; voleva bene ai suoi genitori, gli avevano sempre dato amore in abbondanza, ma la sua natura lo aveva sempre visto scontrarsi con loro in litigi lunghissimi e discussioni pressoché inutili.
Il bruno posò la mano sulla maniglia che scattò nel silenzio del corridoio d'entrata. La casa, come anche le strade, era fortunatamente vuota: Noah avrebbe potuto godersi la sua solitudine sul divano del salone nell'attesa che la bomba della sua espulsione scoppiasse in casa.
Ma il suo momento di isolamento fu presto interrotto da dei passi sulle scale di legno, svelti e leggeri, come tante piccole gocce di pioggia sul cemento crepato.
- Dan! - Noah aveva chiamato dolcemente suo fratello - Come mai sei qui? Sono le 10 di lunedì mattina...
- Ma no, niente. Ho parlato con la mamma e sono riuscito a convincerla a farmi stare a casa perché tutti i miei compagni sarebbero andati a una conferenza sulle nuove tecnologie. Ti pare che vado ad ascoltare un signore di mezza età parlare per 6 ore di cose che so praticamente a memoria?
- Effettivamente hai ragione...- Noah ben sapeva quanto fosse geniale il suo fratellino quando si parlava di tecnologia.
-Spierre, tu invece perché sei qui? Dimmi che non ne hai combinata un'altra delle tue... - il tono accusatorio e un po' paternalistico che aveva utilizzato Dan lo aveva risollevato, forse le sue paure erano del tutto infondate.
- Mi hanno espulso perché ho guidato una rivolta semipacifica contro il preside.
- Semi?
- Pensi davvero che saremmo rimasti seduti l'intera giornata a terra senza fare nulla? Solo qualche atto vandalico, ma nulla di ché.
- Tipo? Ho un po' paura di saperlo...
- Imbrattato qualche muro, intasato i bagni delle ragazze, sparso palloni per la palestra...
- Basta, basta, puoi finire qua l'elenco - Dan era abbastanza sorpreso - Non c'è da stupirsi se ti hanno sospeso. Scommetto però che ora ti stai annoiando a morte qui solo in casa.
- Perspicace direi... Avrei voglia di andare giù al fiume, alla centrale, a fare qualche graffito.
- Andiamo allora! - rispose il più giovane catapultandosi fuori seguito da Spierre, il quale continuava a domandarsi perché suo fratello dovesse essere così estroverso solo con lui e perché invece quando si trovava con gli altri diventasse una specie di mollusco ebete.
Quel ragazzo aveva bisogno seriamente di un aiuto per quello stato di timidezza, anche se non sembrava curarsene veramente: viveva bene, era costantemente felice di quello che lo circondava, pareva quasi una specie di alieno in confronto a lui, sempre in guerra con il mondo e la gente che lo circondava; forse era proprio lui ad aver bisogno di aiuto per quel carattere così difficile e scontroso, a tratti menefreghista.
Ora però non era momento di pensare ai suoi interminabili problemi, Spierre voleva solo scaricarsi disegnando sui muri spogli della centrale elettrica abbandonata.
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