Lovely
Ormai quella strada era diventata la routine per Leo: tutti i giorni attraversava le varie vie di Bret-y-Avon fino ad arrivare alla parte est della città, dove la sua casetta gialla spuntava tra la massa di ville rosse e arancioni. Lì entrava con le chiavi che gli aveva lasciato sua mamma e la trovava seduta sul divano di pelle, ad aspettarlo come sempre.
-Amore mio - come sempre lo abbracciava stretto al suo seno e lo riempiva di baci - Mi manchi tantissimo.
Forse si sentiva in colpa per quella situazione e quello era il suo modo per dimostrargli che non l'avrebbe mai abbandonato nonostante il momento pessimo, anzi, proprio in quel brutto momento lei gli era davvero vicina.
Nella stanza, nell'isolato era tutto calmo, gli uccelli cantavano pacifici nel giardino sul retro. Leo sentiva solo il battito del cuore di sua madre in quella posizione, il suo respiro caldo e dolce tra i capelli biondi.
Una macchina attraversava la via lentamente. Il suono del motore che si spegneva. Il clic di una chiave nella serratura.
La maniglia che girava e il colpo secco della porta che veniva chiusa con rabbia.
- Cosa ci fa quell'essere qui?! - aveva urlato Henry Turner nel mezzo dell'atrio di entrata.
Il tempo si era paralizzato, tutti i rumori si erano zittiti sotto la potenza di quella voce. Emilia aveva lasciato Leo, pronta a replicare e dare una spiegazione al marito.
Non c'era stato tempo.
- Dimmi cosa CAZZO ci fa quel rifiuto qui? - aveva urlato più forte verso la moglie, le vene viola che pulsavano sul collo, minacciose.
- Tesoro, ti posso...- si era avvicinata gentilmente la donna.
Nell'animo di Leo aveva cominciato a montare qualcosa, un misto tra la rabbia di non poter ribattere e il desiderio che tutto tornasse come prima.
- Papà - si era alzato il ragazzo avvicinandosi al padre.
Era stato un istante e aveva visto un guizzo, follia forse, negli occhi di quell'uomo e poi si era trovato a terra, la guancia rossa e bollente, una lacrima calda che la rigava.
Aveva alzato lo sguardo verso di lui, gli occhi ancora sgranati e i denti digrignati.
- Esci da questa casa brutto bastardo.
L'uomo aveva girato la testa lentamente, guardando la moglie che aveva appena parlato piano: non aveva più il suo colorito chiaro, era anche lei rossa in viso e come al figlio, le lacrime le scendevano copiose, pesanti e lucide: -Non azzardarti mai più ad alzare le mani su mio figlio - aveva detto mantenendo un tono basso - Esci immediatamente da questa casa e non farti vedere mai più! - aveva urlato sull'orlo di una crisi isterica spalancandogli la porta - Esci! - la voce era a pezzi ormai, come il suo cuore - Ora!
L'espressione dell'uomo a un tratto era cambiata, si era distesa, il rossore era passato e la vena aveva smesso di pulsare: - Amore...
- Amore un cazzo! - lo aveva interrotto - Esci subito e non farti vedere mai più! - lo aveva preso per un braccio e lo aveva trascinato fuori- Non posso stare con una persona che picchia suo figlio solo perché è gay - gli aveva chiuso la porta in faccia.
Di nuovo quel silenzio assordante, Leo era ancora a terra e piangeva più forte dopo aver visto quella scena: si sentiva in colpa.
- Non è colpa tua amore - aveva parlato la donna inginocchiandosi davanti a lui, quasi gli avesse letto la mente - E' una cosa che trascinavo da troppo tempo e questa è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso - lo aveva abbracciato di nuovo - Non permetterò mai più che quell'uomo ti tocchi, anche solo con un dito.
Forse sì, Leo aveva davvero sottovalutato sua madre, aveva sottovalutato quanto possa diventare forte una leonessa a cui vengono toccati i cuccioli, talmente forte da spodestare il leone dal suo trono nella savana.
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