If the world was ending
Nonostante fosse ormai estate inoltrata, il commissariato di polizia di Bret-y-Avon era davvero gelido.
O almeno quella era la sensazione che lasciava a Indi: non le era mai capitato di doverci entrare, soprattutto per una persona vicina a lei, quindi il primo impatto non era stato per nulla piacevole.
Sì, l'agente Spencer, il poliziotto che l'aveva accolta, era stato molto gentile e comprensivo nonostante la sua non fosse una richiesta così facilmente realizzabile, però la visione di quel corridoio fatto di cemento armato e ferri le metteva addosso un senso di disagio che raramente aveva sentito nei suoi vent'anni di vita.
Si sentiva lo stomaco chiuso, come se un nodo lo avesse ribaltato e legato stretto.
- Sto facendo un'eccezione per te - l'aveva guardata l'agente Spencer, che per tutto il tempo l'aveva accompagnata lungo l'edificio chiaro - Quindi, non posso darti molto tempo con il tuo fidanzato - il nodo si era spostato alla gola, dove un sospiro era rimasto fermo prima che potesse uscire.
- Non importa, grazie lo stesso Agente - gli aveva sorriso cercando di dissimulare il colpo alla vista di Newt: dal viso le sembrava davvero provato nonostante fossero passati solo quattro giorni.
- Siediti pure lì, io sarò qui vicino, però abbastanza lontano da non ascoltarvi. Torno appena sarà scaduto il tempo.
- Perfetto, grazie mille ancora - si era staccata dall'uomo e si era seduta davanti al ragazzo, che ora la guardava con occhi pieni di emozione.
- Lìa, cosa ci fai qui? - le aveva afferrato le mani con gentilezza. Indi era contenta di vedere che dopotutto, non gli avevano lasciato le manette: non lo ritenevano pericoloso.
- Niente, mi mancavi - aveva sorriso semplice.
- Dopo quattro giorni?
- Lo so che è poco tempo, ma sono momenti difficili per te e vedere un viso famigliare credo che ti possa fare bene.
- Sì, assolutamente - le aveva stretto una delle due mani - Mi fa molto piacere vederti qui.
- Ti trattano bene?
- Sì, sì, per quello sì, però sono molto stanco - si era fermato un attimo per abbassare gli occhi - E in colpa.
- Per quanto sia contro la violenza di ogni tipo, non ti biasimo per nulla: so che non sei una persona cattiva - aveva lasciato le parole cadere nel silenzio del salone di cemento armato.
Quella stanza era enorme, con muri di un grigino con sfumature quasi azzurre e il soffitto abbastanza alto da non far sentire la facile claustrofobia che un posto del genere può far venire a chiunque. Indi aveva abbassato lo sguardo sul tavolo di plastica, l'arancione acceso le faceva male agli occhi, non abituati alla luce che entrava sottile dalle finestrelle sulle pareti laterali.
- Però ho mandato in ospedale un ragazzo.
- In verità, credo di no, se ti fa star meglio. Gli hai fatto molto male, ma nulla che non possa passare con un po' di ghiaccio e riposo, nemmeno un osso rotto - aveva risollevato la testa lentamente - Comunque non so qui per farti la morale Newt, non vorrei nemmeno parlarti di questa cosa perché so già che finiremmo col discutere e non mi va né per te né per me - lo aveva guardato negli occhi.
Da quando l'aveva conosciuta, Newt non era ancora riuscito a capire quale fosse la magia che permetteva a Indi di zittire il mondo quando la si guardava negli occhi. Forse la quiete che aveva dentro, quella tranquillità e calma che portava ovunque andasse. Ed era proprio lì che non capiva: come poteva un essere del genere, la quintessenza della pace, trovare qualcosa in lui, una testa calda attaccabrighe? - Però non voglio vederti stare male, quindi se vuoi parlarne, io ti ascolterò.
- No, no Lìa, non ne ho bisogno - le aveva stretto ancora le mani, come a dirle "mi basta che tu sia qui". Era come se usassero una lingua sconosciuta tra loro, fatta di sguardi profondi e sorrisi timidi che tutti notavano, ma che nessuno capiva fino in fondo, un livello superiore di linguaggio senza parole. Per un attimo Newt si era sentito tranquillo, rilassato nonostante tutto: si sentiva in colpa per quello che aveva fatto, ma era anche preoccupato che dopo una cosa del genere Indi non volesse più frequentarlo - Sono felice che tu sappia che ho fatto tutto questo per difendere i miei amici e la mia...- si era bloccato. Si frequentavano, ma tra lui e Indi non c'era mai stata un'ufficializzazione che cambiasse la loro definizione da amici ad altro.
- Fidanzata, sì - lo aveva levato dall'impiccio - Non credere che io ti abbandoni per un piccolo "sbaglio" del genere.
Newt aveva sorriso, ormai tutte le parole che aveva in testa erano fuggite per lasciare spazio a una confusa felicità, che aveva dimostrato stringendole più forte le mani che non aveva mai mollato dall'inizio dell'incontro.
- Mi spiace interrompervi - l'agente Spencer, nonostante avesse promesso di non ascoltare, pareva intenerito - Ma il tempo è scaduto, devo dividervi.
- Va bene Agente, solo il tempo di salutare la mia ragazza - aveva gongolato Newt nell'usare quella parola - Grazie di essere venuta - l'aveva guardata, ma lei, come sempre, non aveva detto nulla: si era solo alzata e lo aveva baciato velocemente a mo' di saluto.
- Ti aspetto fuori, Newt - si era girata e si era lasciata accompagnare dal poliziotto, mentre il ragazzo la salutava con una mano e un sorriso da ebete innamorato.
- Posso darti un consiglio? - si era azzardato l'agente.
- Sì, certo, mi dica pure.
- Tienitelo stretto perché quello è un bravo ragazzo. Ha fatto solo un errore d'istinto, ma un ragazzo raro - si era lasciato andare vedendo gli occhi di Indi - E credo anche che ti voglia davvero bene, lo si vede da come ti guarda - l'aveva fatta arrossire.
- Gliene voglio anch'io molto.
- Mi fa piacere - si era rimesso dietro il bancone - Ti auguro una buona giornata.
- Grazie, anche a lei. E buon lavoro - era scomparsa dietro il portone e, con una nuova certezza, se ne era tornata a casa felice.
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