Charlie Brown
- Mamma, sono a casa! - disse Becca rivolta alle scale che portavano al secondo piano della sua dimora.
- Ok, il pranzo è in tavola. Io mi sto preparando per andare dall'avvocato - affermò una voce femminile dal bagno - questa causa contro tuo padre mi distrugge- continuò la signora Mills mentre si metteva gli stupendi orecchini in perla e prendeva la borsa, per poi aggiungere: -Vado, ci vediamo stasera- baciando la figlia e chiudendosi la porta dietro.
Immediatamente nella grande cucina calò il silenzio, disturbato solo dal rumore metallico delle posate contro la fine ceramica dei piatti decorati con arabeschi blu.
Era uno dei soliti pranzi della ragazza, quasi sempre sola in quella casa troppo grande per lei: il padre aveva perso la testa per l'ennesima donna e se ne era andato senza troppi convenevoli, la madre costantemente in lotta con qualche parente per qualche questione di soldi e sua sorella Ava lontano da casa per la sua rinomata università. La sua sola compagnia era Felix, il gatto nero, che ora stava passando tra le sue gambe, strusciandosi e facendo le fusa.
Era stanca di tutta quella situazione, si sentiva estremamente sola, nessuno che la comprendesse veramente a fondo, una vita noiosa, strisciata avanti come un masso troppo pesante, che pesava sul suo giovane animo.
Ormai neanche nella sua pallida camera, con la musica al massimo volume, riusciva a mettere a tacere quei pensieri, quella voglia che aveva di fuggire, di prendere e scappare giù in città.
Ma perché metterla a tacere? La sera stessa si vestì con un top bianco, una gonna e un paio di stivaletti e saltò fuori dalla finestra con le chiavi della macchina di sua madre in mano.
Con la mente caotica e il corpo finalmente appagato, saltò sulla Mini Cooper rossa, diretta da qualunque parte, ma sicuramente lontano da quella casa di matti.
La città in distanza era un insieme di colori metallici e luci fosforescenti bellissime, sebbene quello che attirava Becca maggiormente fosse la zona buia di quel marasma, da dove arrivava una melodia fresca e ritmata.
Era certa che quel luogo fosse la fabbrica della quinta sezione della Ecstatic Co., la più grande industria di energia elettrica dell'intero paese, ormai abbandonata da diversi anni dopo l'incendio che aveva fatto scoppiare l'alternatore trifase maggiore e che perciò aveva creato un massivo blackout in tutta la città.
Era strano quindi che da quel posto arrivassero una musica dance e un'intermittenza di luci stroboscopiche; possibile che ci fosse una festa? In tal caso, era proprio quello che la giovane fuggitiva stava cercando per svuotarsi dai pensieri.
Accelerò, con finalmente una meta, e parcheggiò l'auto poco distante dall'edificio, il quale sembrava esplodere dal numero di persone dentro. La musica si era fatta quasi assordante e le luci accecanti, segni che la festa all'interno era uno sballo assoluto.
E era così: senza alcuna preoccupazione per la sua irruente azione, Becca era entrata nell'enorme prefabbricato grigio e si era ritrovata subito all'interno di un'ondata di colori fosforescenti, una folla di ragazzi che ballava scompostamente al ritmo della musica messa dal DJ, un ragazzo sicuramente suo coetaneo, con grandi occhi grigi marcati da una spessa montatura e un cappellino di stoffa, il quale si muoveva disordinatamente. Intanto un altro ragazzo biondo distribuiva pacchetti di polveri colorate e latte di alluminio.
Finalmente Becca si sentiva a suo agio, in pace con il mondo. Eppure, sentiva ancora il bisogno di fare qualcosa per liberarsi dai freni mentali che la bloccavano davanti alla grande folle. Quale miglior modo se non quello di bere qualcosa?
In tutta fretta, si era diretta verso il bancone alla destra dell'edificio e si era seduta su una delle tante sedie, cercando con gli occhi una delle due bariste.
- Hey, novellina, che ti servo? - le chiese una ragazza con corti capelli lavanda e labbra scure.
-Umm, non so...fammi un Cuba Libre, vah.
- Subito, piccola.
Nel giro di pochi secondi si era ritrovata finalmente con il suo bicchiere in mano ad osservare tutto intorno: qualche coppia si stava limonando sui tanti divanetti a disposizione dei ragazzi, mentre altri due ragazzi chiacchieravano al di sopra della folla, proprio sopra a una delle tante che erano state le balconate da dove i responsabili potevano controllare il funzionamento dell'industria. Becca era quasi certa che quei due fossero parte degli organizzatori del party, perché nessuno aveva il permesso di recarsi in quella zona.
- Vuoi qualcosa con quel drink? - le aveva domandato l'altra barista, una ragazza poco più grande di lei, con lunghi capelli rossi e lentiggini - Offre la casa.
- Beh, se insisti...
Becca aveva quindi cominciato a spizzicare qualche patatina e qualche popcorn da una delle ciotole lasciatele vicino.
Presto quel passatempo le si era fatto noioso, si sentiva più attirata dall'uragano danzante di colori, voleva farne parte anche lei.
Quasi come se le avesse letto nel pensiero, il ragazzo biondo le si era avvicinato, parlandole delicatamente nell'orecchio: - Sei nuova? Toh, tieni un pacchetto di polvere colorata, le latte con la vernice per dipingerti il corpo sono là- le disse indicando una zona con molti tavoli e tantissime persone che giocavano con le vernici- puoi disegnarti qualunque cosa.
- Grazie, ma non saprei come fare, non sono molto brava a disegnare.
- Allora vieni, farò io questo lavoro per te.
Senza neanche rendersene conto, Becca si era ritrovata seduta su uno dei tavoli, con quel ragazzo biondo che vagava con le mani sul suo viso e le disegnava un teschio, di quelli del Dìa de los Muertos, sul viso. Dopo diversi minuti di lavoro il ragazzo ruppe il rumoroso silenzio: -Ho finito. Ora, se mi è permesso, verrei sulla pista di ballo con te per spassarmela un po'.
- Ok!
Becca si sentiva a suo agio, si stava scatenando come non aveva mai fatto, sembrava aver già fatto conoscenza con qualcuno e la mente era completamente vuota, finalmente aveva raggiunto il suo scopo, si era liberata almeno per qualche tempo delle brutte sensazioni che provava chiusa nella sua camera da letto.
- Benissimo ragazzi, questa è l'ultima canzone per stasera, poi la festa si sposterà al di fuori, dove Spierre, il nostro mago dei fuochi, dirigerà uno spettacolo pirotecnico mozzafiato- disse il DJ indicando un ragazzo con grandi tatuaggi sulle braccia e un sorriso gentile - Quindi scatenatevi ancora per una volta e fate crollare questo posto!
In un istante Becca si era sentita tirare per un braccio dal ragazzo biondo, che era stato tutto il tempo al suo fianco, il quale ora la stava portando al di fuori della struttura, su una panchina verde su una collinetta appena dietro l'edificio abbandonato, da dove proveniva ancora una musica dance attutita.
- Scusami l'irruenza, ma era l'unico modo per accaparrarci i posti migliori per goderci lo spettacolo- disse lui non appena si erano seduti sullo schienale della panchina- Comunque io sono Chris, ma qui mi chiamano tutti Leo.
- Rebecca, molto piacere.
La musica si era interrotta bruscamente e la massa di persone aveva cominciato a uscire, prendendo posto sull'erba, sulle panchine lasciate libere e vicino agli alberi.
- E cosa ti ha portato qui?
- Il caso direi...ho deciso di scappare per un po' da casa mia e la macchina di mia madre mia ha portato qui.
- Ci sta...Hey, hey, inizia! - le disse Leo indicando il cielo.
Mille e più colori avevano iniziato a stagliarsi nel cielo a ritmo di "Charlie Brown" dei Coldplay, uno spettacolo magnifico, che faceva brillare gli occhi della ragazza con tutte le tonalità dei fuochi.
- Ma dimmi Rebecca, hai intenzione di tornare a casa stanotte? - domandò il ragazzo non appena la musica e gli scoppi si erano placati, scatenando un moto di spavento sul viso della ragazza - No, no, non pensare male! Intendevo: vorresti restare con me e la mia compagnia questa notte? Ci divertiremo e, ti assicuro, non siamo pericolosi...beh, Newt è un po' irascibile, ma in fondo è un bravo ragazzo. Nessun obbligo, decidi pure da sola.
- Beh, tanto non se ne accorgerà nessuno a casa: accetto!
- Abbi solo un po' di pazienza e poi vedrai che la vera festa inizierà.
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