19.
Si avvicinò e mi aiutò a sfilarmi la maglietta. Eravamo ad un palmo, le nostre labbra si sfioravano. I miei occhi stavano vagando nei suoi, ormai completamente dilatati. Le sue mani tremavano, ma non avevo capito il perché.
Non ricordavo di avere tutte quelle cicatrici all'altezza dello stomaco.
Me ne accorsi solo quando vidi i suoi occhi cadere su di esse e iniziare a riempirsi di lacrime. Ovviamente mi aveva vista seminuda quando, dopo l'intervento mi aveva rivestita. Ecco i vestiti che era venuta a prendere dal mio armadio.
Come sempre avevo rovinato tutto. Ecco perché cazzo mi aveva detto di non farlo.
Laur sei una grandissima cretina! Perché cazzo non pensi quando agisci?
"Camz, scusami. Non piangere, ti prego.", la strinsi a me e lei iniziò a singhiozzare.
"N-non è n-niente", si staccò subito. "C-ce la fai ad e-entra-re ne-nella vasca?", singhiozzò.
Avevo già prolungato abbastanza le sue pene.
Le dissi di sì e la vidi uscire velocemente dalla porta. Non riuscivo a rilassarmi nell'acqua calda al pensiero di lei in lacrime. Il tempo di levarmi di dosso l'odore di ospedale ed uscii subito dall'acqua. Mi misi la tuta che era venuta a lasciarmi ed uscii di corsa dal bagno.
La trovai stesa sul mio letto, ancora con il mio giubbotto di pelle. Aveva le guance bagnate dalle lacrime che io le avevo fatto versare. Si era addormentata. Era così carina, così mi stesi al suo lato, la abbracciai e mi addormentai dopo qualche secondo.
Al mio risveglio, lei non c'era. Mi sentii subito vuota e soprattutto impotente. Le avevo rovinato la giornata.
A proposito di giornata... Mi sporsi per controllare la sveglia digitale sul mio cuscino. Segnava le 14:36. Non sapevo dove fosse Camila, ma ero convinta di essermi addormentata intorno alle 10 del mattino.
"Camz?", chiamai a voce alta, sperando che fosse in bagno.
Nessuna risposta.
"Camila, sei ancora qui?"
Ancora nessuna risposta. Probabilmente era tornata a casa per riposarsi. Io ormai avevo recuperato le forze e dovevo in qualche modo tornare al mio lavoro.
Mi alzai lentamente, le ferite allo stomaco facevano comunque male. Andai verso il mio armadio e aprii le ante. Scelsi un paio di jeans comodi e la mia solita camicia, questa volta nera. Sentii il mio stomaco brontolare per la fame.
Decisi di prendere qualcosa al bar della casa editrice e quindi mi diressi verso la porta per uscire. Il mazzo di chiavi di scorta luccicava appeso al muro, vicino a tutte le altre chiavi.
Sentii una morsa allo stomaco, ma questa volta non era per la fame.
L'avevo fatta soffrire troppo.
Non l'avrei chiamata. Non le avrei scritto. Aveva bisogno di prendersi una pausa da tutto questo. Era evidente che io non meritassi quel bellissimo angelo.
Uscii di casa con il mio mazzo di casa e con quello di scorta. Non so perché lo portai con me, ma sapere che Camila l'aveva tenuto per tutta la settimana mi rincuorava. Ci misi più del solito ad arrivare alla casa, le cicatrici bruciavano ad ogni passo. Il dolore mi aveva fatto passare la fame, così mi diressi direttamente verso l'ascensore. La hall era vuota, se non per la segretaria dell'ingresso.
"Bentornata signorina!", mi salutò e io ricambiai.
Giusto, per loro ero andata ad incontrare una direttrice spagnola, per cui dovevo sembrare entusiasta, piuttosto che dolorante.
Aspettai che l'ascensore si aprisse, entrai dentro e schiacciai il numero 16.
Mi guardai allo specchio, le mie labbra esprimevano il dolore che provavo, data la smorfia su di esse. Cercai di prepararmi un sorriso per salutare i dipendenti del mio piano. Ma non sapevo che non sarebbe stato necessario prepararlo, fin quando non uscii dall'ascensore e la vidi china sulla scrivania, intenta a scrivere il suo progetto. Il mio sorriso si formò naturalmente, e la mia giornata già aveva preso una piega diversa.
Non alzò la testa dal foglio fin quando non mi sentì salutare i miei dipendenti. La sua faccia si alzò di scatto e sul suo viso si formò un'espressione sinceramente scioccata. E mentre mi dirigevo verso il mio ufficio, la sua voce angelica parlò da dietro la sua scrivania.
"Bentornata signorina Jauregui. Mi spiace seccarla di già, ma devo necessariamente mostrarle una bozza. Quando è possibile?"
Sapevo che sarebbe venuta a sgridarmi. Ovvio che non mi aspettasse a lavoro. Il dottore aveva detto esplicitamente che avrei dovuto riposarmi.
"Anche subito Camila. Dammi il tempo di sistemare le mie cose in ufficio. Cinque minuti e puoi entrare", le sorrisi in tono di sfida.
Aveva capito che sapevo cosa volesse venirmi a dire.
"Sei mica impazzita, Laur?", entrò quasi urlando.
"Prima chiudi la porta, poi ne parliamo", le risposi. "Anche tu non dovresti essere qui, eppure lo sei.", dissi con calma. "Ho già lasciato il mio posto vuoto per una settimana. Non potevo permettermi ancora un altro giorno di riposo."
"Il dottore ha detto categoricamente riposo!", mi ha guardata fissa negli occhi.
"Non mi sforzerò, farò il minimo indispensabile. Ma non riesco a stare a casa ferma e perdipiù da sola", mi riferii al fatto che lei fosse andata via.
In quel momento notai che al suo girovita aveva legato il mio giubbotto di pelle. Quello perlomeno lo aveva tenuto lei e l'idea mi faceva impazzire.
"In ogni caso", iniziai, rovistando nella mia borsa. "Hai lasciato queste", le porsi il mio mazzo di chiavi di scorta.
Mi guardò un attimo confusa. "Cosa dovrei farci?"
"Venire a casa mia ogni volta che ne hai voglia, visto che dovresti tenermi sotto controllo. A quanto pare sono qui ora, quando non dovrei.", ammiccai nella sua direzione.
"Ora vai a fare il tuo lavoro, o tutti inizieranno a pensare male. Lascia pure qui le bozze, ripassa a fine giornata", continuai. Le si leggeva in faccia quanto fosse scioccata.
Ma sapevo che non se ne sarebbe andata di lì senza la sua vendetta. Quindi fece scivolare un foglio dal suo fascicolo mentre lo posava sulla mia scrivania, per poi calarsi davanti ai miei occhi per riprenderlo e poggiare anche quello sulla mia scrivania. Mi guardò dritta negli occhi mentre fece quest'ultima azione e si morse il labbro prima di uscire dalla mia stanza.
Dio, quella donna mi avrebbe fatto impazzire.
Iniziai a controllare il fascicolo che mi aveva passato e mi accorsi che dentro c'era un foglio di appunti diverso dagli altri.
"Amarti era giovane, selvaggio e libero
Amarti era figo e caldo e dolce
Amarti era la luce del sole, mi faceva sentire sana e salva
Un posto sicuro per abbassare le mie difese
Ma amare te ha avuto conseguenze
Amarti era stupido, oscuro ed economico
L'amore per te mi dà ancora dei colpi
Ho scoperto che amarti era la luce del sole, ma poi ha piovuto
E ho perso molto più dei miei sensi
Perché amarti ha avuto conseguenze.
Ti amo Laur, ti amerò sempre."
Lessi ad alta voce, con le lacrime agli occhi. Dio, era uno dei suoi appunti. Aveva davvero pensato di perdermi per sempre.
Non le avrei più dato modo di pensarlo. Non avrei mai più fatto la stupida. Non mi avrebbe più persa. Ero sua, solo sua. E lo sarei stata fin quando lei lo avrebbe voluto.
Eeeeehi, spero che questo aggiornamento vi piaccia!
Fatemelo sapere nei commenti.
Sono felice di essere tornata.
-writeeeonme
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