Un Giorno Qualsiasi - Parte II
Bentornati. Se siete sicuri di voler continuare a scoprire la verità, per quanto bizzarra possa sembrarvi, vi invito a prestare molta attenzione, addirittura più di quanta ne abbiate posta fino ad ora nonostante quello che sto per raccontarvi possa essere a tratti poco piacevole. Ora, ricominciamo da quell'angolo di mondo molto molto buio e oscuro che si trova a Londra.
"Dovremo farci furbi, molto più furbi" fu questa la frase che spezzò il silenzio della sudicia cantina.
All'ingresso, un figura si appoggiava pesantemente su una sorta di pila di scatoloni. Indossava un'impermeabile scuro con il colletto completamente alzato che arrivava a coprire metà del volto, mentre il resto era nascosto da occhiali con lenti a specchio e un grande cappello da cowboy. In quella figura, c'è da notare che tutto sembrava sbagliato, il busto era troppo piccolo per le lunghe braccia che terminavano con enormi mani guantate, mentre le gambe risultavano quasi delle zampe, corte e tozze. I grandi occhiali a specchio però erano li per una buona ragione. Se pensate che fossero li per nascondere degli occhi, che definiremo, "diabolici", in realtà erano lì per nascondere qualcosa che proprio non c'era. Dove doveva trovarsi l'occhio c'era una cavità vuota, buia e rattrappita. Le lenti di quegli occhiali, però riflettevano qualcosa di ben più interessante.
L'ambiente circostante era illuminato da una sorta di aura azzurrina, preoccupantemente emanata da una piccola ragazza dai lunghi capelli dorati, che sembrava spaventosamente a suo agio in quella situazione. Situazione che avrebbe messo un incredibile paura a chiunque. Indossava un semplice abito chiaro che le arrivava appena sotto il ginocchio e sorrideva con serenità inquietante. Si mosse con grazia e leggerezza verso l'uomo, o per meglio dire, l'essere alla porta, e con un risolino disse queste semplici parole, che detto fra noi, fecero accapponare la pelle anche a tutti i presenti che si nascondevano nel fondo oscuro della stanza.
"Si lo saremo, lo siamo già, e riusciremo a ripulire il mondo dalla feccia che lo infesta. Questa volta nemmeno le fazioni sopravviveranno."
Uno strano scintillio passò attraverso quegli occhi che sembravano tanto incantevoli. Per alcuni istanti caló il silenzio che venne interrotto solo da un fruscio e uno schiocco, accompagnati dall'apparire di un grande ovale che rimase sospeso a mezz'aria. Questo tremoló, si inclinò e si riempí prima di luce e poi d'oscurità rivelando un passaggio per un altro mondo.
Qualche giorno dopo a Soho, un angelo molto triste, in una caffetteria molto graziosa, mescolava senza sosta della cioccolata calda. Erano passati giorni ormai dal litigio con Crowley e non si erano ne visti, ne sentiti. O certo, se ve lo state chiedendo, Aziraphale aveva già controllato che il demone fosse ancora in città, e l'aveva già spiato nel suo bar preferito, ma non aveva avuto il coraggio di parlargli. La piccola caffetteria era quasi deserta, e c'era ben poco che potesse distrarre l'angelo dai suoi pensieri, eccetto per ciò che vide con la coda dell'occhio. Un movimento improvviso all'estremità opposta della stanza attirò la sua attenzione. Una ragazzina dai capelli dorati sedeva composta al suo tavolo e guardava con insistenza verso di lui. I loro sguardi si incontrarono e sul viso della piccola si allargò un grande sorriso, alzò la mano e la scosse con energia verso l'angelo incredulo.
Possibile? Che fosse li? In quel momento? Che l'angelo incarcerato fosse stato liberato? Nella testa del nostro povero amico era scoppiato il caos.
Aziraphale era scioccato. Pochi sanno che tra gli angeli caduti, uno, e uno soltanto, non venne scacciato dal paradiso ma condannato alla reclusione. Poco prima che la rivolta iniziasse aveva lasciato le armi e aveva tentato di impedire che i suoi fratelli e sorelle venissero cacciati dal paradiso. Il suo crimine era stato considerato minore ed era stato impregioanto tra le stelle, in una piccola costellazione vicino a Gallifrey, in attesa che il grande capo decidesse che la sua punizione era stata sufficiente.
Nella caffetteria il tempo si era fermato, l'angelo Risengard si alzò con grazia, fluttuò fino al tavolo di Aziraphale e lo abbracciò con tutto l'affetto di cui era capace. Detto fra noi, l'affetto di cui questo distinto personaggio era in possesso era molto poco, e il vero motivo per il suo imprigionamento non era stato per un crimine minore, ma perché il suo crimine era talmente orribile che doveva essere tenuto lontano da chiunque e qualsiasi cosa. Per questo Dio lo aveva confinato lontano da tutto quello che era stato creato.
"Mi sei mancato molto fra le stesse. Il tempo è trascorso molto lentamente senza le tue storie mio caro Aziraphale". Sorrise così delicatamente che chiunque si sarebbe sciolto.
"Sono passati millenni. Quando sei stato liberato? Come sei arrivato qui?"
"Il tempo della mia condanna è finito, ho pagato il mio debito con il paradiso, ora sono un angelo libero" fece un risolino... "bhe per così dire ovviamente. Ho saputo che ci sono state un po' di novità, raccontami."
Il nostro angelo ingenuo, fece proprio quello che ci si aspetterebbe da lui, sotto quegli occhi e quei sorrisi divenne malleabile e docile come un agnellino, così sicuro di essere con qualcuno di così amabile.
Le parole uscirono come un fiume in piena da Aziraphale, gli raccontò di come lui e un demone avevano trovato l'anticristo e salvato il mondo, di come avessero conosciuto una strega e un cacciatore di streghe, di come un cerbero infernale era completamente cambiato, di come lui era cambiato. Risengard sorrise, annui e sorrise ancora, aggiungendo qualche wow d'effetto durante le pause. Parlarono per qualche ora, se il tempo fosse scorso come doveva.
Fu un piacevole incontro che giunse alla fine quando Aziraphale si ricordò della sua cioccolata calda ormai fredda.
"Mi spiace mio caro te ne faccio portare subito un'altra." Sembra così gentile, ma l'apparenza a volte inganna. Mi sembra giusto sottolineare il sembrava con una certa enfasi, perché sotto quei ricci dorati i pensieri erano tutt'altro che cordiali, e uno di questi era nello specifico una frase che suona all'incirca come "Non vedo l'ora di potergli strappare il cuore dal petto! Questo inutile inbecille!". Risengard venne interrotto nei suoi pensieri dai lampi di una tempesta che si stava avvicinando. "Credo proprio di dover andare ora mio caro" Risengard si alzó, abbracciò Aziraphale e si diresse verso l'uscita senza lasciargli il tempo di aggiungere una sola parola. La porta della caffetteria si chiuse accompagnata dalla campanella.
Importante è sapere che anche per Crowley il tempo non si era fermato, e dopo essersi reso conto di questo aveva saccheggiato un negozio di liquori pregiati e si era seduto su una panchina a godersi il suo bottino. Altra informazione degna di nota è che la suddetta panchina era proprio fuori dalla caffetteria, e il nostro demone aveva appena finito di vedere cose che non gli piacevano affatto. Era rimasto lì a vedere che succedeva, una bottiglia dopo l'altra e forse era anche l'alcol che gli metteva qualche pensiero strano in circolo. Chi era Quello? Che abbracciava Aziraphale!? In 6000 anni non l'aveva mai nemmeno sfiorato e ora quello si permetteva di abbracciare Aziraphale!. Un nuovo pensiero, terribile gli diede il tormento. Era stato... Sostituito?
Con un angelo poi, come si permetteva?
Qualcosa di nuovo affiorava pian piano. Qualcosa che non gli piaceva. Guardò il suo angelo alzarsi e tutto sorrisi pagare e avviarsi verso l'uscita. Si alzó anche lui, si rese un po' più sobrio e si diresse con passo rapido verso la porta. Con quella che voleva essere non curanza, fece in modo di sbattere contro Aziraphale.
"O mi scus... Crowley... Tu. Come... Come stai?" l'angelo abbassò gli occhi e si fissò le punte dei piedi come un bambino colto a fare qualcosa di sbagliato. Le sue guance si colorarono leggermente di rosso.
In quel momento tutto quello che aveva pensato di dire il demone sembrò inadeguato. Sul suo volto si dipinse una sorta di rammarico per i pensieri che aveva fatto prima ma lo fece svanire in fretta.
"Bhe ecco... bene, bene. Stavo facendo un giretto, sai com'é. .. Per prendere un po' d'aria fresca". Si mise le mani nelle tasche e si fissò per un po' le punte dei piedi, a un tratto così interessanti. Cerchò lo sguardo del suo angelo, per un attimo si guardarono e a entrambi comparve un mezzo sorriso.
"Senti per il litigio avvenuto in libreria io non avrei dovuto... Ma... Ma nemmeno tu avresti dovuto dire che..." disse Aziraphale in modo confuso.
"Cosa stai dicendo Angelo abbiamo litigato solo al parco...ma che... mica anche alla tua cavolo di liberiria?!" Crowley si spinse con forza gli occhiali sul naso e si raddrizò, ora si stava davvero infuriando di nuovo. Prima lo insultava e poi si permettava anche di prenderlo in giro!? Crowley non era di certo disposto a far sì che questo accadesse.
"Dai non scherzare abbiamo litigato solo alla libreria sono settimane che non andiamo al parco" disse incredulo l'angelo. Ognuno raccontò la sua versione dei fatti e a ogni frase cresceva la consapevolezza nei due, di essere stati presi in giro da qualcuno. Le sopracciglia di Crowley si inarcarono, e sul volto di Aziraphale apparve un espressione turbata. "Dobbiamo parlare in privato" l'angelo si voltò e si diresse verso la sua libreria, il demone lo seguí senza emettere un sono, si udiva solo qualche sibilio che accompagnava i passi rabbiosi.
Arrivati alla libreria entrarono e chiusero la porta alle loro spalle. L'angelo si sedette alla scrivania e si lasciò sprofondare nella seggiola. Il demone invece si sedette su una pila di libri antichi e polverosi accanto a lui, fece comparire una bottiglia di vino e si tolse gli occhiali. Il demone si sfegó gli occhi con forza cercando di riordinare le idee. Ci fu un lungo momento di silenzio.
"Allora... se io ero al parco con te, e tu eri qui con me, vuol dire che io non ero qui e tu non eri la. Giusto?" il demone per un momento sembro confuso dalle sue stesse parole, scosse la testa con forza e aggiunse "Quindi io non ho litigato con te e tu non hai litigato con me. Il punto è... chi c'era con noi?"
"Qualcuno di pericoloso sicuramente. Serve un grande potere per simulare l'aura di qualcuno che non si conosce. E per imitarne così bene i gesti."
Aziraphale fece apparire un libro di demonologia e cominciò a scorrere le pagine con grande velocità. Ma nessuno tra quelli nelle sue pagine poteva essere abbastanza forte.
Crowley si alzò e cominciò ad andare avanti e indietro tra le pile di libri pensando ad alta voce. "Da quando hanno tentato di eliminarli i passaggi tra i diversi piani sono stati chiusi, come ha fatto un demone ad arrivare qui? O un angelo a scendere? E comunque..." tornò indietro e si sedette sulla usa pila di libri, si tolse gli occhiali e cominciò a pulirli sull'orlo della maglia nera, "prima di te, dalla caffetteria, è uscita una specie di ragazzina fluttuante. Non mi sembrava fosse uno dei miei" disse con cautela. Aziraphale sorrise al ricordo dell'incontro avvenuto poco prima e si voltò verso il suo amico per trovarlo con un espressione tutt'altro che felice. "Era un vecchio amico celeste, nessuno di importante. È stato il caso a farci incontrare" disse poggiando la mano sulla gamba di Crowley.
Sarebbe molto bello potervi dire che aveva ragione ma non ne aveva. Era stato il frutto di un attenta pianificazione e un altrettanto accurato pedinaggio.
Nel parlare entrambi si erano sporti in avanti, ora le loro ginocchia si sfioravano creando una leggera elettricità. Da quella distanza il demone, poteva vedere ogni particolare del volto di Aziraphale, poteva ammirare i ricci dorati, la mascella squadrata, il sorriso gentile. Si ritrovò a pensare alle altre espressioni che poteva nascondere quel viso tanto bello. Una sensazione poco familiare apparve. Una sorta di tensione, che gli faceva aumentare i battiti. Inconsciamente stavano entrambi scivolando in avanti, l'uno verso l'altro.
La porta si aprí sbattendo senza alcun preavviso facendo trasalire entrambi, cosa molto difficile da fare data la loro natura. Una donna entrò urlando inferocita, seguita da un uomo che tentava inutilmente di calmarla. Il poveretto appariva disperato e sembrava capire cosa succedesse tanto quando i due occupanti del negozio. La donna alla vista dei due si mise a urlare ancora più forte, infuriata per essere finita nel posto sbagliato e per l'evidente assenza del suo appartamento in cui lei avrebbe voluto entrare. Prima di uscire ebbe anche il coraggio di sbattere su alcune pile di libri precarie facendole finire rovinosamente a terra. La coppia era entrata accompagnata da un turbine di pazzia e se ne uscì allo stesso modo.
Crowley per la fretta di balzare in piedi si era messo gli occhiali storti e rimase in piedi sconcertato dalla scena, mentre Aziraphale si metteva le mani nei capelli per i suoi libri. Quando li vide uscire corse dietro alla coppia e si fermò sulla porta del negozio e urlò "non è stato affatto carino da parte vostra! Non siete invitati a ritornare! Questi umani e i loro umori folli! O i miei poveri libri!". Crowley rise, e rise molto, ma alla vista dello sguardo offeso dell'angelo schioccò le dita e fece ricomparire le pile di libri nel loro stato originario. "Grazie" disse l'angelo stizzito.
Altre urla provenivano dalla strada e sembrano molto arrabbiate. Entrambi uscirono e si guardarono intorno. Sembrava che una nuova apocalisse avesse preso il possesso del mondo. Ovunque c'erano persone che litigavano. Poco importava che non si fossero mai viste o che fossero amici da una vita, chiunque si avvicinasse a qualcun'altro faceva scoppiare una lite. Due uomini uscirono dal bar dall'altro lato della strada e subito scoppiò una rissa che si propagò a macchia d'olio nel quartiere. Crowley si abbassò gli occhiali sul naso, guardò incredulo e a bocca aperta ciò a cui stava assistendo, sembrava un film. "Bhe qualcuno deve essersi dato un sacco da fare ultimamente" e guardò l'angelo che più disperato di così non poteva essere. La situazione stava sfuggendo di mano e loro non sapevano ne come era successo ne di chi era la colpa. Gli uomini del bar trascinarono la rissa anche dall'altro lato della strada e uno dei due finí nella vetrina della libreria frantumandola in mille pezzi. Il caos e la pazzia regnavano sovrani.
Vi voglio dire che il nostro demone preferito aveva ragione, e ne aveva da vendere. Per la banda dei demoni che per il momento chiameremo, banda X, era stato un periodo molto impegnato. Erano occorse numerose ore di attenta osservazione per poter copiare le persone e causare poi dei litigi di tale portata. Ma d'altronde occorreva molta energia negativa per tenere aperto il portale oscuro. I più soddisfatti da questo tumulto nel quartiere di Soho, erano una ragazzina e un uomo bestia con l'impermeabile, che osservavano la cattiveria crescere e ed espandersi passando da un tetto all'altro. Ci volle un intero distretto di polizia per sedare le lotte nel quartiere, un auto incendiata, dei lacrimogeni più un piccolo miracolo fatto da un angelo che per alcuni minuti aveva perso la pazienza.
Calò la notte e scoppiò la tempesta mentre fuori tutto era immerso nel silenzio. Nella libreria le ipotesi su chi o cosa avesse originato l'ondata di terrore di quel giorno erano ormai centinaia, ma allo scoccare della mezzanotte, proprio allora delle streghe, qualcuno bussò alla porta della libreria portando con se brutte notizie.
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