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For you, M00RK0
La vecchia stazione di Edimburgo era illuminata dalle flebili luci delle lanterne appese intorno ai binari. Seppur fosse ancora il tramonto il sole, nascosto da spesse nuvole, sembrava voler smettere di illuminare le strade prima del dovuto, come un bambino senza più voglia di giocare. Il ragazzo si strinse nel suo lungo marrone per ripararsi dal freddo della stagiona autunnale, mentre il suo respiro in contatto con l'aria creò una nuvoletta di fumo. Sfilò dal cappotto la mano coperta dal guanto in pelle nera e sistemò meglio il cappello sulla testa, mentre con quella libera stringeva la sua valigia rigida. Lanciò uno sguardo all'orologio tondo che torreggiava sulla parete mattonata della stazione, segnava le 18:25, poi spostò lo sguardo sul suo biglietto, accanto all'indicazione "orario di partenza" spiccavano nero su bianco le cifre 18:30.
Si guardò intorno cercando di distrarsi. Alcuni uomini parlottavano fra loro animatamente di qualcosa che non riuscì a capire per via del loro inglese stretto, ma immaginò fosse di politica. Da quando si era trasferito in Inghilterra aveva imparato che gli inglesi andassero matti per la politica, specialmente i signorotti di città. La politica non gli era mai interessata, ma si era trovato varie volte davanti ad assurde quanto animate conversazioni su come un partito, o rappresentante, fosse meglio di un altro. Dovendo mantenere alcune relazioni sociali non gli era permesso di abbandonare il luogo delle discussioni, perciò aveva imparato a buttar giù diversi bicchieri di Brandy fino a quando quelle urla e imprecazioni di vario tipo non fossero ridotte a fiochi echi da cui era più facile distaccarsi. Non capiva come quegli uomini che tanto osannavano eleganza e buon costume si lasciassero andare ad ogni più istinto selvaggio per la loro amata politica. Lui, dal canto suo, aveva sempre preferito passare le sue serate davanti al camino della sua casa, con un buon libro e una tazza di tè verde che sua madre si premurava di spedirgli ogni mese. La sua governante aveva iniziato a lamentarsi delle eccessive scorte, ironizzando non poco sulla possibilità di aprire una sala da tè da poter mandare avanti per almeno tre anni senza alcun bisogno di rifornimento. Aveva sempre sorriso davanti alla vivacità della donna, che ormai lo affiancava da diversi anni e spesso si ritrovava a comportarsi come una vecchia zia con un nipote da accudire. Per lui però non era mai stato un problema, al contrario lo aveva aiutato ad affrontare la vita in quel posto freddo senza alcun tipo di legame.
Spostò il suo sguardo verso il basso quando sentì qualcosa scontrarsi contro il suo piede. Una palla di pezza. Si chinò leggermente, la raccolse e si prese qualche secondo per osservarla. I tessuti blu e rossi si alternavano perfettamente. Alzò lo sguardo per ritrovarne il proprietario e davanti a lui notò un bambino osservarlo, mantenendo una certa distanza. Il piccolo doveva essere molto timido, glielo dicevano le sue manine che si torturavano l'una con l'altra e il peso del corpicino che veniva spostato da un piede all'altro. Il ragazzo sorrise, sperando di riuscire a mettere il bambino a proprio agio e allungò la mano con cui stringeva la palla verso di lui. Il piccolo subito scattò in avanti per recuperare il gioco e velocemente scappò verso la madre, che chinò il capo per ringraziare il ragazzo al posto del figlio. Lui scosse leggermente la testa e ridacchiò.
Proprio in quel momento un forte fischio catturò l'attenzione di tutti i presenti segnalando l'arrivo del tanto aspettato treno, come se la grossa nuvola di fumo nero che spiccava dalla cabina di comando non fosse abbastanza. Lo sguardo del ragazzo tornò sull'orologio, le 18:28. Strinse nuovamente il manico della sua valigia nella mano sinistra e aspetto che il mezzo si fermasse. L'entrata si fermò proprio davanti a lui, e pochi secondi dopo il controllore aprì la pesante porta in ferro. Si avvicinò lentamente all'uomo, che sceso dalla locomotiva attendeva vicino ad essa i nuovi viaggiatori, e gli mostrò il biglietto. Questo si prese qualche secondo per leggerne i dettagli, poi lo accolse con un elegante e professionale benvenuto. L'aria calda della carrozza lo colse non appena entrò, e sentì un immediato bisogno di sfilare via il cappotto. L'etichetta lo costringeva però ad attendere il momento in cui sarebbe stato nella sua cabina, e così fece. Camminò per il corridoio e non appena trovò la cabina numero tre aprì la porta scorrevole e fece il suo ingresso, scoprendo colui che sarebbe stato il suo compagno di viaggio per quella notte. Il ragazzo era comodamente seduto al suo posto con un giornale fra le mani. Il cappotto scuro era stato posato sul portabagagli destro insieme alla valigia, mentre la giacca era stata accuratamente piegata sul sedile al suo fianco. Questo alzò lo sguardo non appena lo vide entrare e lo accolse con un cenno della testa, che ricambiò, prima di tornare alla sua lettura. Il ragazzo si fece spazio nel piccolo corridoio che separava i sedili della cabina, sfilò il cappello, la sua giacca insieme al cappotto e posò tutto nel porta bagagli libero, insieme al so bagaglio, sfilò fuori un libro da questo, poi si lasciò cadere tranquillamente nel posto libero davanti al suo vicino. Posò un gomito contro il finestrino al suo fianco mentre con la mano destra andò ad allungare il nodo della cravatta e la camicia, rilasciando un piccolo sospiro, poi aprì il suo libro e cominciò a leggere.
Il treno partì pochi minuti dopo, in perfetto orario.
Per i primi minuti nessuno dei due disse nulla, entrambi occupati nelle proprie letture.
Aveva perso il conto del tempo passato, non gli importava poi molto dato che avrebbe dovuto viaggiare per tutta la notte. Qualcosa però l'aveva distratto dalla sua lettura, una sensazione, quella di essere osservato. Alzò leggermente gli occhi e notò che il suo compagno avesse lo sguardo su di lui. Nei suoi occhi l'indecisione che derivava dal fatto di volergli probabilmente parlare accompagnata dall'incertezza della lingua da usare. Il ragazzo sbuffò un piccolo sorriso divertito.
<<Possiamo parlare in inglese, o in coreano se preferisce>> disse con una punta di divertimento <<Non credo lei parli cinese>>
Il ragazzo davanti a lui si raddrizzò al suo posto, gli occhi si allargarono leggermente dalla sorpresa e il suo corpo s'irrigidì. Lasciò cadere il giornale che fino al quel momento gli aveva in parte nascosto il viso e chinò leggermente la testa. L'altro finalmente potè osservarlo meglio. Gli occhiali da vista dalla montatura nera donavano perfettamente alla forma piccola del viso e ai tratti delicati di questo, e nascondevano dei luminosi occhi di un marrone scuro. Gli zigomi erano leggermente pronunciati e le labbra erano rosee e piccole. I capelli castani erano divisi e pettinati ai lati, seppur ricadessero maggiormente sul lato destro. Dalla camicia che gli fasciava il corpo era riuscito a vedere le spalle ampie e da uno sguardo complessivo al suo fisico era sicuro che avessero all'incirca la sua età, e che fosse attendo al suo corpo.
<<Come sa che sono coreano?>> domandò questo, attento.
Il ragazzo indicò il suo bagaglio, sistemato proprio sopra la sua testa, da cui pendeva un piccolo cartellino con quello che doveva essere il suo nome scritto in vari alfabeti.
<<Piacere di conoscerla signor Kim>> sorrise il corvino, allungandogli una mano.
L'altro lo guardò per qualche istante poi la strinse.
<<Mi chiami pure Junmyeon>> rispose tranquillamente l'altro, rilassandosi visibilmente <<Lei invece è?>>
<<Yixing>> disse, sorridendo poi al modo in cui l'altro ripeté il suo nome, quasi come a voler una conferma sulla pronuncia.
I due rimasero per qualche istante ad osservarsi in silenzio fino a quando non sentirono un campanellino riecheggiare lungo il corridoio della carrozza. Yixing subito si alzò e recuperò il suo portafogli.
<<Che ne dice? Mi accompagna in una bevuta?>>
Junmeyon chiuse totalmente il giornale nelle sue mani e lo posò sulla sua giacca.
<<Whisky>> disse il ragazzo, slacciando i polsini della sua camicia per arrotolare le maniche fino ai gomiti.
<<Andiamo sul forte, la seguirò>> ridacchiò il corvino, aprendo la porta della loro cabina, in modo che la cameriera della locomotiva lo vedesse e lo raggiungesse con il carrello degli alcolici. Quello era un vantaggio che i viaggiatori in prima classe potevano permettersi senza che nessuno facesse domande, perciò Yixing non si fece alcun problema nel richiedere l'intera bottiglia della bevanda. Ottenuto ciò che desiderava si girò, richiuse la porta alle sue spalle e tirò giù le tendine che avrebbero impedito di vedere attraverso questa.
Fu yixing a riempire i bicchieri in vetro doppio che gli erano stati consegnati, e dopo aver brindato al loro alla nuova regina d'Inghilterra, Elisabetta II, buttarono giù il forte liquore in un unico colpo.
Non occorse molto che le loro discussioni divenissero accese. Entrambi si sciolsero con la facilità di un nodo su un nastro di liscia seta grazie all'alcool. Avevano iniziato a parlare del tempo, dei discutibili colori dei sedili della locomotiva, dei signorotti inglesi, dei giovani scapestrati, sul motivo del loro viaggio in Inghilterra, suoi loro lavori. Yixing aveva detto all'altro di essere un medico mentre l'altro aveva spiegato di essere un professore di legge. Junmyeon aveva criticato il libro di poesie di Yixing, etichettandolo come un sognatore ad occhi aperti in un campo di cemento, Yixing aveva criticato Junmeyon e il suo giornale, come una fredda macchina che blocca ogni fantasia in nome della cruda realtà.
<<Tutto ciò che faccio è informarmi di ciò che mi accade intorno, non c'è nulla di male in questo, lo fanno tutti>> disse Junmyeon con un cipiglio sul viso.
<<È proprio questo il punto, lo fanno tutti>> sbuffò Yixing <<Ormai nessuno più viaggia con l'immaginazione nei mondi più fantastici possibili. Ed ecco perché non abbiamo più la dolce e leggera letteratura ma solo pesanti mattoni sulla freddezza umana>>
Junmyeon aggrotto le sopracciglia e si sbilanciò in avanti.
<<Forse dovresti imparare che è la razionalità che guida il mondo non l'istinto>>
Yixing sbarrò gli occhi oltraggiato e si avvicinò a sua volta.
<<Almeno io non ho paura di seguire il mio istinto vivendo ogni possibile emozione a pieno>> disse, alleggerendo piano la sua voce <<Sono le sensazioni che ci fanno vivere mio caro Junmyeon, non le idee>>
Il castano si ritrovò a boccheggiare per qualche istante. Non poteva dargli scientificamente torto, teoricamente probabilmente avrebbe potuto farlo ma in fondo non era così sicuro da essere un tipo molto teorico. Aprì e richiuse la bocca un paio di volte, ma alcun suono o parola fuoriuscì da questa. Yixing sorrise soddisfatto.
<<Stai dicendo che solo perché mi ritengo una persona razionale non sia capace di seguire l'istinto?>> domandò il castano, avvicinandosi ancora di più.
Yixing solo in quel momento si rese conto che avessero preso a parlare dandosi del tu, non ricordava però come avessero cominciato. La testa gli girò per un istante quando si rese conto di quanto i loro visi fossero effettivamente vicini. Poteva sentire il profumo di colonia dell'altro misto all'odore del Whisky che aveva riempito la cabina. Doveva tornare in sé.
<<Se sei razionale non puoi essere istintivo>> ribatté, con voce incerta.
Di cosa fosse insicuro, se della frase appena pronunciata o di sé stesso, non lo sapeva con precisione.
<<Vorrà dirti che dovrò mostrarti quanto tu sia in errore>> rispose Junmeyon, in un sussurro.
Yixing non ebbe il tempo di replicare perché l'altro lo afferrò per la cravatta e lo tirò contro di lui, e attaccò le sue labbra. Junmyeon rimase fermo su di esse in attesa, gli diede il tempo di spingerlo via o di accettarlo. Il corvino sbattè le palpebre per qualche istante, poi allacciò le braccia intorno al collo dell'altro. Non appena Junemyon lo sentì aggrapparsi a lui cominciò a divorare le sue labbra famelico. Le aveva desiderate nello stesso istante in cui lo aveva visto entrare nella cabina. Lo aveva osservato leggerle, e nello stesso istante aveva desiderato poter saggiare la sua pelle.
Yixing non si sarebbe mai aspettato un risvolto del genere. Non era tipo da concedersi facilmente, specialmente ad uno sconosciuto su un treno notturno. Aveva sentito però qualcosa nell'istante in cui i suoi occhi avevano incrociato quelli di Junmeyon. Come se una piccola fiamma si fosse accesa nel buio del suo animo. Non sapeva di cosa si trattasse, ma si disse che quello non era il momento di scoprirlo.
Non fu un'unione calma la loro. Si spogliarono con velocità, si assaggiarono con voracità e si consumarono con estremo egoismo. Le loro pelli si fusero in un unico corpo mentre le loro anime si graffiavano lasciandosi segni l'uno dell'altro in modo che non avrebbero potuto dimenticarsi mai dopo quella notte. La luce della cabina era stata spenta, in modo che loro la luce della luna riempisse e illuminasse quel momento avvolgendolo nel segreto.
Le loro mani si sfiorarono, si accarezzarono in contrasto con le loro bocche e lo loro lingue che reclamavano ciò che in quel momento desideravano ardentemente, e nessuno dei due aveva alcuna intenzione di negarsi all'altro. Ogni richiesta, lamento o richiamo di uno era caldamente e orgogliosamente accolto dall'altro.
Junmyeon e Yixing donarono, ricevettero, in quella lunga e misteriosa notte.
Il mattino dopo, quando il treno fischiò avvisando i suoi passeggeri dell'arrivo nella stazione di Londra Yixing fu il primo a rimettersi in sesto. Indossò i suoi vestiti che avevano passato la notte aggrovigliati sul pavimento della cabina, infilò il cappotto e raccolse la valigia. Si fermò ancora per qualche istante a guardare il viso ancora addormentato di Junmyeon, si chinò e gli rubò un bacio delicato.
Indossò il capello e lasciò cadere un piccolo foglio di carta su quello che era stato il suo sedile, prima di lasciare la cabina con un sorriso.
Quando Junmeyon si svegliò, a causa del forte chiasso che la stazione e i suoi occupanti che riecheggiava dal finestrino, scoprì di essere solo nella cabina. Per qualche istante si domandò se ciò che era accaduto la notte prima non fosse stato altro che un sogno. I due bicchieri ormai vuoti riversi sul pavimento, i suoi abiti sparsi per la cabina e il profumo di Yixing che ancora aleggiava intorno a lui gli assicurarono si trattasse delle verità.
I suoi occhi caddero sul sedile dell'altro e lì vi trovò un piccolo fogliettino di carta ripiegato varie volte su sé stesso, su di esso solo due parole.
"Trovami Junmyeon"
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