4. Arte e combattimento

Corro il più velocemente possibile per il parquet che è stato da poco lucidato.

I miei mocassini producono un leggero rumore sul pavimento del corridoio deserto. Con una mano tengo il tomo di filosofia antica, con l'altra stiro le pieghe della gonna mentre continuo a correre.

Mi fermo solo quando arrivo davanti alla porta dell'aula, provando a darmi un contegno e sperando di non avere i capelli eccessivamente elettrizzati. Infine mi decido ad aprire piano la porta e a sgattaiolare all'interno dell'aula.

Gli altri studenti sono già seduti ai banchi. Il professor Kolzny sta scrivendo qualcosa alla lavagna e io mi avvio quatta verso il mio posto.

-Signorina Waldorf, è in ritardo di un quarto d'ora. Mi tocca assegnarle una punizione – dice l'insegnante senza voltarsi

Merda.

Alzo gli occhi al cielo, ma senza dire nulla mi avvio verso il mio posto accanto a Maddie.

-Ce la farai ad essere mai puntuale? – Mi chiede la mia amica, divertita.

-Non è colpa mia. Astrid si è alzata prestissimo per studiare, svegliando anche me. Poi però devo essermi riaddormentata e quel vermetto non mi ha svegliata quando era l'ora di andare a lezione. L'ha fatto di proposito, lo so.

Lancio un'occhiata verso Astrid, seduta al primo banco. Accanto a lei c'è Bianca, la figlia di un imprenditore svizzero e stanno entrambe prendendo appunti diligentemente.

Continuo a far vagare lo sguardo per l'aula, finché non mi rendo conto che c'è un banco completamente vuoto.

Come indovinando i miei pensieri, la porta dell'aula viene nuovamente spalancata e fanno il loro ingresso niente poco di meno che Carter e il principe Noah. A parte me, nessuno doveva essere a conoscenza del fatto che avremmo avuto dei nuovi studenti e tutti iniziano a fissare Noah con curiosità.

-E quello chi sarebbe? – Chiede Maddie al mio fianco.

-Un altro sedere reale. È il fratello di James Von Hayer e scommetto quello che vuoi che non abbia la galanteria del fratello – sussurro alla mia amica.

-Aspetta, come fai a saperlo?

-L'ho visto ieri notte.

-Che?!

-Non riuscivo a dormire e sono andata in biblioteca. Lì ho incontrato il principe James, quello che abbiamo visto nello studio di mio padre. Un cliché vivente, il classico principe tutto buone maniere. Sospetto che James sia l'erede al trono e che questo qui, Noah, sia il fratello minore.

Noah osserva l'aula con aria annoiata e arrogante. Non sembra intimidito dagli sguardi insistenti di una classe di spie. Si siede accanto a Carter e lascia vagare ancora lo sguardo per l'aula, finché i suoi occhi non incrociano i miei. Non abbasso lo sguardo e lui continua a fissarmi, mentre sulle sue labbra si forma un sorrisetto arrogante.

-Eccolo qui, Noah Von Hayer – dice Maddie.

Mi volto verso di lei e noto che ha cercato il nome del principe dal suo tablet.

Non è necessario essere una spia per venire a sapere qualcosa di più sul conto di un reale, per quanto di un piccolo stato. Decine di link lo etichettano come "la pecora nera della famiglia reale", un cattivo ragazzo che è stato mandato nei più severi collegi in giro per il mondo, dalla Svizzera alla Francia agli Stati Uniti.

-Mentre il principe James è stato istruito a palazzo, il principe Noah è stato mandato a studiare fuori, ma quelle poche volte che tornava a casa ne combinava sempre una – spiega Maddie dopo aver letto rapidamente un articolo. -Però è così sexy...

-Smettila, tu hai già Peter – dico.

Maddie diventa subito rossa.

Peter è un altro genio informatico, proprio come lei. È di un anno più avanti rispetto a noi, ma tra i due c'è del tenero. Solo, sono entrambi troppo timidi per ammetterlo.

-Il principe James è il suo compagno di stanza – aggiungo ricordando ciò che aveva detto ieri Carter.

-Signor Von Hayer, benvenuto nella nostra scuola – dice l'insegnante. Non riserva al principe nessun trattamento speciale, né perde tempo ad introdurlo alla classe. -Temo che anche per voi due sarà necessaria una punizione per il ritardo, proprio come per la signorina Waldorf.

-Che fortunata del cavolo che sei, in punizione con Carter e con il principe dannato... - mormora Maddie.

Le do una gomitata e provo ad ascoltare il professore che ha ripreso a spiegare.

Però non resisto alla tentazione e mi volto un istante verso Noah. Notando che mi stava già guardando.


I pasti della McLynn Academy sono serviti in una grande sala dal pavimento in marmo. Come quasi tutti i giorni, fuori piove e il rumore della pioggia che picchietta sui vetri fa da sottofondo alle conversazioni che si tengono ai diversi tavoli.

Entro nella sala con le mani affondate nella giacca della mia divisa, cercando di capire cosa sarà servito per pranzo, poi cerco con lo sguardo un posto libero.

Non impiego molto tempo ad individuare Carter, seduto ad un tavolo insieme a Peter e al principe James. In fin dei conti, tutte le altre spie nella sala, circa una cinquantina di studenti, li sta guardando. Mi avvio verso di loro senza esitare e mi accomodo ad una delle sedie libere. Arriva subito una cameriera che mi porta un piatto.

-Buongiorno, principe. Com'è andata la prima mattinata di lezioni alla McLynn Academy? – Chiedo.

James sussulta nel vedermi prendere posto al suo fianco.

-Buongiorno, Ginevra. Direi bene. Stavo per perdermi in questa immensa Accademia, ma per fortuna Peter mi ha guidato e mi ha fatto da Cicerone – risponde.

Potrei giurare che Peter sia arrossito, ma lui è fatto così. È uno di quei ragazzi buoni e gentili con una bassa considerazione di se stessi per i quali una minima attenzione, figurarsi quella di un principe, suonano come qualcosa di strabiliante.

-Ne sono felice. Sembra invece che tu ti sia perso il tuo principe – aggiungo rivolta a Carter.

Il mio tono era scherzoso, ma lui sembra infastidito dalla mia osservazione.

-Noah è abbastanza indipendente – dice semplicemente, indicandomi un punto con il mento.

Mi volto e solo allora mi accorgo che anche Noah è nella sala da pranzo, seduto ad un tavolo di sole ragazze. Tra di loro c'è la mia dolce sorellastra Astrid. Da quel poco che sono riuscita a captare su Noah non mi stupisce che si trovi lì, né tanto meno che la mia sorellastra sia seduta accanto a lui. A stupirmi è però il fatto che, nonostante sia seduto in mezzo a cinque ragazze, Noah non ne consideri una sola. Ha le maniche della camicia arrotolate sui gomiti e con una mano tiene un tascabile, vecchio e sgualcito. Non solleva gli occhi dal suo libro nemmeno per un istante, nonostante le ragazze al tavolo stiano chiacchierando cercando di attirare la sua attenzione.

-Sembra gli diano fastidio – osservo.

-Noah è infastidito dalla gente in generale. Gli unici esseri umani che tollera sono gli artisti, gli scrittori e i poeti. Preferibilmente quelli morti – spiega il principe James.

-Carter potrebbe fargli leggere il sonetto che compose al secondo anno per una tipa che gli piaceva, sono certa che farebbe colpo sul principe Noah così – dico.

-Taci – è la risposta di Carter.

Nel corso di tutti questi anni ho visto Carter con diverse ragazze. Ne trovava sempre una nuova e per qualche ignota ragione non ero mai io. Con il tempo ci ho fatto l'abitudine: essere la sua confidente, la sua amica. Ero rassegnata al fatto che Carter non provava e probabilmente non avrebbe mai provato qualcosa per me. Essere amici in qualche modo mi bastava. Ma ultimamente stava iniziando a comportarsi in maniera strana, con meno ironia e più risposte secche.

-La tua giornata com'è andata? – Mi domanda James, distogliendomi dai miei pensieri.

Mi volto verso di lui, accorgendomi che mi sta rivolgendo un debole sorriso.

-Benone. Ma dovrò scontare una punizione per essere arrivata tardi alla lezione di oggi – rispondo.

-Danno delle punizioni severe in questa accademia? – Domanda.

-No, nulla di che. Le punizioni si scontano la sera, giusto prima del coprifuoco, e prevedono pulizie ordinarie o straordinarie. Due giorni fa, per esempio, ho aiutato a pulire le cucine.

-Ti capita spesso di finire in punizione?

Faccio spallucce.

-Ci ho fatto il callo.

James scuote la testa, divertito.

-Cosa si fa in accademia quando finiscono le lezioni? Ritornate tutti nelle vostre camere? – Chiede ancora.

-Se vuoi, puoi naturalmente. Altrimenti si va a studiare in biblioteca o nelle sale comuni. Nelle sale puoi trovare anche dei giochi di società e puoi passare del tempo con gli altri ragazzi – spiega Peter.

-Se la palestra è libera, puoi allenarti – aggiunge Carter.

-Oppure puoi fare escursioni nel bosco – aggiungo io.

I due ragazzi mi rivolgono delle occhiatacce.

-Cosa? Intendo prima del coprifuoco, non di certo dopo.

La McLynn Academy è circondata da un folto bosco, al centro del quale si trova anche un padiglione. Durante le sere d'estate capitava spesso che venissero organizzate delle feste illegali nei boschi, dopo lo scattare del coprifuoco. Ammetto di aver preso parte ad alcune di esse.

-Ho fatto una breve passeggiata nel bosco, poco fa. È davvero grande, non sono riuscito ad arrivare alla fine della proprietà dell'accademia – dice il principe.

-Incute un certo timore, non è vero? – Chiedo.

Da bambina avevo il terrore di quel bosco. I ragazzi più grandi mi raccontavano delle storie macabre ambientate tra quegli alberi. Sapevo bene che lo facevano solo per spaventarmi, ma non mi azzardavo mai ad addentrarmi al suo interno da sola, come se temessi che delle creature avrebbero osservato i miei movimenti attentamente, per poi attaccarmi una volta rimasta sola.

Quel timore era scomparso con l'età. Se vieni addestrato per diventare una spia, devi solo abbracciare le tue paure.

-Molti elementi di questa accademia incutono un certo timore, devo ammettere – risponde James. -Ma è al tempo stesso estremamente affascinante. Quei busti, per esempio – dice indicando le teste in marmo di alcune divinità greche addossate vicino alle pareti. -In questa accademia convivono periodi storici e stili di vita talmente in contrasto gli uni con gli altri da farti dubitare se i due estremi, se combinati, possano formare un nuovo unico orientamento. Da una parte abbiamo l'arte, il greco, l'estatica e la filosofia. Dall'altra il complotto, lo spionaggio, il combattimento.

-Sempre di arte si parla, in qualche modo – spiega Carter.

-"L'arte è lo sforzo incessante di con la bellezza dei fiori - e non riuscirci mai" – dice un'altra voce.
Mi volto di scatto, accorgendomi che Noah Von Hayer ci ha raggiunti e sta prendendo posto sulla sedia al mio fianco. Poggia sul tavolo il libro sgualcito (Macbeth di Shakespeare) e ci osserva con noia.
-E' di Chagall. La citazione – spiega.
-So che dovrai scontare una punizione – gli fa notare James alla mia sinistra.
-Queste spie, dicono proprio tutto – si lamenta Noah alla mia destra.
-Non partire con il piede sbagliato, Noah. Per favore.
-Nessun piede sbagliato. Anche la qui presente lady seduta tra di noi è in punizione. Non è così, Virginia?
-Sono Ginevra – lo correggo secca.
Noah annuisce, memorizzando il nome.
-Mi sto annoiando terribilmente. Credevo che in una scuola per spie avremmo sparato, combattuto, fatto arrampicate e che saremmo andati a party stile 007. Che delusione.
Cielo, com'è irritante.

-Lo fa solo chi ne è degno – dico.

Carter mi tira un calcio da sotto il tavolo e Peter diventa rosso come un peperone. Il principe Noah Von Hayer inarca un sopracciglio.

-Immagino che io non ne sia degno, dunque. Cosa dovrei fare per meritare un tale onore?

-Innanzitutto, non fare lo spaccone.

Individuo Maddie poco più avanti nella sala che mi fa cenno di raggiungerla e ne approfitto per alzarmi da tavola.

-Principi, è stato un piacere – dico.

Mi alzo e con la coda dell'occhio scorso l'occhiataccia che mi lancia Carter, ma lo ignoro.



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