Mi sono sempre chiest* cosa Hanna pensasse davvero di me. Credevo mi considerasse un* fallit*, ma l’ho vista quanto era seria quando ha saputo della mia morte. Le sue amiche ridevano, lei no.
Per qualcuno non ero un semplice rifiuto venuto al mondo solo per far sentire più forti gli altri. Non so se esserne felice.
Mi chiedo come reagirebbe se si rendesse conto che sono qui con lei. Ho approfittato delle finestre aperte e sono entrat* in camera sua, sedendomi sul letto e restando ad osservarla.
Anche se sono mort*, la trovo ancora bellissima. Anche con le lacrime che le rigano le guance, riesce ad essere una delle creature più belle che possano esistere, come se fosse stata creata dalle stelle.
Perché stai piangendo?
Hai una vita perfetta, perché piangi?
Vorrei credere di essere io il motivo delle tue lacrime, ma come posso saperlo? Non posso chiederlo.
Mi avvicino a lei e guardo cosa ha davanti. Mi sembra di infrangere la sua privacy, ma di certo non posso danneggiarla in alcun modo, nemmeno se lo volessi.
Non ho più un cuore, ma se lo avessi mi si sarebbe bloccato. Quello che ha davanti è un disegno, uno stupendo disegno fatto interamente a matita.
Un ritratto. Un ritratto di quel che ero.
Mi ero dimenticat* quale fosse il mio aspetto. Capelli ricci corti, orecchini, occhi chiari. Il disegno ha tratti femminili, mi sento così bene con le mie nuove sembianze che mi fa strano pensare a me come ad una ragazza.
Tocco il disegno con un dito, sfiorando le gocce salate sul foglio.
Riesco quasi a sentirle bagnate.
Quanto vorrei poterla toccare, abbracciare.
Forse posso provare a risollevarle il morale.
Cerco di radunare tutti i miei sentimenti felici e appoggio le mani sulle sue, trasmettendole qualunque cosa positiva che avevo conquistato in quei pochi giorni.
Vedo le sue lacrime smettere di cadere e un lieve sorriso involontario comparirle sul volto.
Non posso non sorridere.
Ho ridato il sorriso alla persona che amo.
Quello riesce a rendermi l’anima ripudiata più felice di tutte.
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