Debolezze

Per questa prova de La libreria del Cappellaio Matto, era richiesta una storia in cui il protagonista dovesse vivere una passione forte , cuore della sua stessa vita. Un incontro, tuttavia, gli dovrà far vacillare ogni certezza. 




 Anche quel giorno, come ogni altro, si sedette su quella stessa panchina, di quello stesso parco, ammirando la vastità e la perfezione di ciò che lo circondava: la meravigliosa intonazione di colori del cielo azzurro e del fogliame rosso e giallo; il canticchiare degli uccellini, che comunicavano vivaci da un ramo all'altro, in un linguaggio a lui del tutto incomprensibile, ma pur sempre melodioso; il lento e costante gorgoglio dell'acqua nel laghetto di fronte a lui, ricolmo di pesciolini sgargianti dal manto metallizzato.

Oh, quant'era bella la natura! Non riusciva a smettere di ringraziare il Signore, ogni minuto di ogni suo giorno, per aver creato un mondo tanto stupefacente, tanto vario ed impeccabile in ogni sua parte! Era degno, lui, un esemplare perfetto di uomo qualunque, di osservare in prima persona, coi suoi stessi occhi mortali, tutto questo mondo di infinita purezza? Era degno, lui, di ammirare placidamente, sulla sua solita panchina, tutto quel vastissimo Creato, senza fare nulla per ampliarlo, per migliorarlo, per aiutarlo a rinforzarsi e ad accrescersi? Faceva abbastanza, oltre alla mera venerazione, per rendere grazia a Dio e alle sue creazioni celestiali?

Non riusciva a capirlo, se il Signore fosse soddisfatto di lui. D'altronde aveva vissuto una vita intera di dedizione totale ed infinita preghiera, e mai un segno, un gesto, un accorgimento qualsiasi per fargli capire che lo apprezzava: non che se lo aspettasse, sapeva bene che Dio era in ben altre faccende affaccendato, e che di sicuro non aveva tempo per rendere noto a lui, uomo qualsiasi, che apprezzava il suo operato.

... o forse, qualcosa di lui non gli andava davvero. Era per quella macchina che si era comprato? Di certo non voleva essere blasfemo, e la sua Fede non vacillava per taluni sciocchezze. Ma era anche inutile negare che il tarlo non lo accompagnasse da qualche tempo: l'auto nuova era sicuramente un vezzo, un orpello che, forse, il Signore aveva giudicato come un eccesso di superficialità. Il fatto, inoltre, che le automobili danneggiassero rinomatamente l'ambiente, non lo rassicurava affatto: lui, tuttavia, era pur sempre un uomo, pio e devoto certamente, ma che necessitava di un mezzo pratico per andare a lavorare... e, come gli era noto da quando era nato, il lavoro nobilitava l'uomo. Quindi basta pensarci: ormai l'acquisto era stato fatto, e sicuramente Dio non l'avrebbe biasimato per questo.

Stava pensando proprio a questo quando percepì, alla sua destra, un rumore inusuale di foglie calpestate. E quando si voltò a cercare la fonte di quel suono, rimase letteralmente sbalordito – più della vista di qualsiasi pesce colorato o uccello canterino.

La donna che avanzava verso di lui era letteralmente stupefacente, e si ritrovò a pensare che, con lei, Dio aveva voluto proprio esagerare: le curve sinuose erano talmente esposte da non lasciare proprio niente all'immaginazione, mentre la pelle candida e lucente brillava sotto il tiepido sole autunnale. Di certo non era magra, pensò: era così diversa da lui, tonico e sodo, in costante allenamento nel tentativo di rispettare il suo mantra: mens sana in corpore sano!

Lei no, lei no. Era una morbida rotondità succinta, e avanzava verso di lui – sì, proprio verso di lui! fissandolo dritto negli occhi, sorridendo appena con labbra carnose e forse un pochino rifatte. Non che questo importasse, anzi! Le sue pupille erano talmente magnetiche, di un verde intenso, quasi artificiale, che si domandò se non indossasse delle lenti a contatto colorate. Ma no, ma no, più si avvicinava più ne vedeva l'essenza: lei era altro, non era solo corpo mozzafiato, seni prosperosi e abbondante sicurezza di sé.

E quando, giunta davanti all'uomo, lei si chinò per sussurrargli qualcosa all'orecchio, lui si sentì debole, forse per la prima volta nella sua vita. Non riuscì a replicare, colto da un'improvviso mutismo scioccato, ma la fissò con gli occhi allucinati mentre si allontanava da lui, ancheggiando, nella direzione opposta rispetto a quella da cui era venuta, senza nemmeno pretenderla, una risposta a quel bisbiglio affettato.

Era stata un'allucinazione? L'uomo si impose di spostare lo sguardo sul lago di fronte a lui, cercò di concentrarsi nuovamente sul gorgoglio dell'acqua, che era solito rilassarlo. Ma questo non lo aiutò affatto, e quasi si fece male alle mani per la forza con cui stava stringendo la panchina. Quel legno era pieno zeppo di spine, com'era possibile che non si fosse mai ferito? Erano davvero ovunque, constatò con espressione scocciata rimirandosi le mani graffiate; si sedeva sempre su quella panchina e non lo aveva mai notato, che sciocco!

Sospirò nel tentativo di calmarsi, ma era davvero accaldato, e tutti quei raggi solari che penetravano dai rami sopra di lui di certo non giovavano: si spostò di qualche centimetro sulla sua panchina, facendo attenzione ad evitare le spine, ma una volta giunto all'ombra notò con orrore che la pelle delle sue braccia si era arrossata. Seguì il rossore con lo sguardo, fino ad arrivare alla spalla: proprio lì, nella zona di pelle più esposta al sole, si era andata a creare una bruciatura così intensa da degenerare in vera e propria spellatura. L'uomo si tolse lo strato di pellicine con un moto di ribrezzo.

Maledetto legno! Maledetto Sole! Cosa diamine stava succedendo? Sembrava quasi che il Signore ce l'avesse con lui. Che cosa aveva fatto, per meritarsi tutto questo? Era sempre stato un uomo lodevole, porca miseria! Una vita intera portando rispetto, rendendo onore, accontentandosi di ciò che gli veniva donato dall'Eterno come un assetato si accontenterebbe di un'unica goccia stillata da un rubinetto perennemente fuori uso! E questo, per che cosa? Per spine e scottature?

Infuriato, cominciò a correre nella direzione in cui aveva visto sparire quella donna fuori dal comune: la trovò ancora lì, serena e sculettante, che seguiva la sua strada senza nemmeno guardare ciò che le stava intorno.

«Ferma!» la pregò l'uomo, boccheggiando. «Dimmi almeno qual è il tuo nome!»

Lei si voltò, un sorriso malizioso dipinto sulle labbra rosse come il fuoco: «Ti stavo aspettando, Adamo. Io mi chiamo Eva»

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