Cap. VI Non per caso - Parte I

Durante tutto il viaggio per Teruel non pronunciai quasi parola. Avevo indossato gli auricolari non appena ero salita sull'autobus e mi ero rannicchiata sul mio sedile, guardando fuori dal finestrino mentre le note del "Bolero" di Ravel fluivano ripetitive e seducenti, trasformandosi poco a poco in una melodia maestosa.

Poiché mi era parso che tale musica non fosse adatta al panorama che scorreva oltre il vetro, avevo chiuso gli occhi quasi subito, tentando di perdermi tra le note del brano.

Ero molto tesa. Non volevo ricordare che al mio fianco sedeva Blue, in religioso silenzio. Avrei voluto che il bracciolo pieghevole tra noi fosse un muro alto due metri per non dover essere costretta a guardarlo nemmeno per sbaglio, con la coda dell'occhio.

Non provando emozioni, di sicuro lui si sarebbe limitato a registrare il mio atteggiamento come anomalo e al massimo avrebbe pensato che non stessi esattamente bene dopo la nottata passata insieme. Non si sarebbe fatto domande.

Io invece provavo una profonda vergogna, ancora incredula per quello che avevo fatto. Se mi avessero detto, in passato, che un giorno mi sarei comportata con il mio Animus in modo tanto indegno avrei riso.

Invece adesso mi veniva da piangere.

Mentre dalla mia playlist provenivano le note della Suite dello "Schiaccianoci" Blue mi staccò dall'orecchio sinistro l'auricolare. – Non credo che tu abbia sentito quanto ho appena detto – mi comunicò.

Mi girai controvoglia verso di lui, addossandomi con la schiena al finestrino. – No, non ho sentito. Dicevi?

– Teruel ha poco più di trentacinquemila abitanti. È famosa per la leggenda di due amanti sfortunati, al pari dei Romeo e Giulietta di Shakespeare. Lo sapevi?

Alla parola "amanti" rabbrividii. – Cos'è? Adesso ti metti a fare la guida turistica? – borbottai.

– No. – Lui mi porse un dépliant preso dalla tasca del sedile davanti. – È scritto qui. La storia è interessante: leggila.

Io scossi la testa. – Perché non mi fai un riassunto?

L'Animus ripose il dépliant là dove l'aveva trovato e guardò dritto davanti a sé. – Lei e lui si amano. A lui viene fatta una promessa che non viene rispettata e muoiono entrambi per un bacio mancato.

Guardai il suo bel profilo da sotto le sopracciglia aggrottate per un po', poi sospirai. – E questo tu lo chiami riassunto? Che cosa dovrei capire dalle quattro parole della tua mini sintesi?

– Ventidue.

– Eh?

– Ventidue parole, non quattro – mi corresse, continuando a guardare fisso verso la nuca dell'autista. – Una mente agile come la tua dovrebbe capire il succo del discorso, Danzatrice.

– Forse la mia mente non è poi così agile! – sbottai. – Quale sarebbe il succo?

– Che per un bacio si può morire, così come per un bacio non dato. Metaforicamente parlando, s'intende.

Mentre lo fissavo a bocca aperta, si voltò verso di me per premermi di nuovo l'auricolare nell'orecchio e io gli lessi sulle labbra ciò che stava dicendo: – Buon proseguimento, Shanti.

Tornai a dargli la schiena, ma non riuscii più a chiudere gli occhi. Non potei fare a meno di scrutare il suo riflesso nel finestrino per parecchio, facendomi una marea di domande.

Perché Blue mi aveva parlato di baci per i quali poter morire? Metaforicamente parlando, certo!

E quello che mi pareva di aver colto nel suo tono era forse sarcasmo?

Ma il sarcasmo era sconosciuto agli Animus... oppure no?

Sempre più nervosa cambiai playlist e cominciai a sentire dei pezzi dei The Chainsmokers e dei Clean Bandit, alzando ulteriormente il volume della musica.

Mi immaginai in una stanza vuota dove poter ballare da sola, senza avere gli occhi di nessuno puntati addosso, e finalmente riuscii a smorzare un po' la tensione.

Al nostro arrivo a Teruel erano le tre del pomeriggio passate. Attraversammo il piccolo centro storico e, continuando a camminare sotto un sole piacevole, ci lasciammo alle spalle uno dei più begli esempi di arte mudéjar, la Torre di San Martìn.

Ma non ero dell'umore giusto per apprezzare le bellezze della città. Avevo affidato a Blue il compito di portarmi all'indirizzo presso il quale risiedeva la Creatrice e lui aveva dato un solo sguardo alla cartina che gli avevo passato, memorizzando immediatamente il percorso.

Camminavamo insieme, ma a una certa distanza l'uno dall'altra. Teruel a quell'ora pareva addormentata; dopo aver avvertito un certo silenzio intorno a me, mi ero rifugiata ancora una volta nella musica.

Blue si fermò a un certo punto, esortandomi a guardare quanto mi stava indicando: si trattava di un edificio che pareva antico, dati i tratti tipici dell'architettura mudéjar, risalente a un periodo in genere compreso tra XIII e XV secolo.

– Sei sicuro che sia proprio qui? – domandai all'Animus e lui mi fece cenno di togliermi gli auricolari.

Dopo che lo ebbi fatto, Blue annuì. – Sono sicuro. Non sbaglio.

– Ovviamente no – convenni, con un pizzico di biasimo che mi si ritorse contro. – Quella che sbaglia sono io.

Lui non rispose. Sembrava intento a osservare le piastrelle di ceramica che decoravano le pareti dell'edificio e i particolari in stile gotico.

– Blue? – lo chiamai. – Entriamo?

Dovetti toccargli il braccio per ottenere la sua attenzione. – Cosa c'è? Stai calcolando? – gli chiesi.

– Calcolando?

– Mi hai detto che gli Animus non esitano: calcolano.

L'Animus scosse piano la testa. – No. Nessuna esitazione e nessun calcolo.

Si mosse con decisione verso il portoncino d'ingresso semiaperto e io lo seguii dopo un attimo.

Nessuna esitazione e nessun calcolo, eh?

Gli Animus non mentivano, eppure...

L'androne del palazzo odorava di chiuso e di muffa. Era buio, così dovetti aspettare qualche attimo affinché gli occhi si abituassero al passaggio dall'esterno all'interno. Jorge mi aveva detto che la Creatrice abitava al quinto piano dell'edificio, ma, pur cercando l'ascensore, non lo trovai da nessuna parte.

– Cinque piani a piedi! – sbuffai. Feci per cominciare a salire le scale dalle alzate altissime quando Blue mi si parò davanti di colpo.

– Che c'è?! – esclamai. – Mi hai spaventato!

Lui abbassò il mento verso il petto. – La Creatrice... credo che sia molto potente. Riesco a sentirlo da quaggiù.

Guardai smarrita verso i piani che s'intravedevano dal fondo delle scale. – Perché mandare una Creatrice così potente in un luogo così poco infestato?

Lui si limitò ad alzare la testa e lo sguardo. – È potente – ripeté socchiudendo gli occhi, come se avvertisse nell'aria un'energia che a me sfuggiva. – E credo che si sia accorta che siamo qui.

– Be', allora... – Stavo per salire le scale, ma nel sentire qualcosa che mi sfiorava la spalla mi paralizzai. Percepii ciascuno dei miei tendini contrarsi e la mia pelle accapponarsi al tocco di una soffice matassa setosa che cadeva a pioggia su di me.

Questi sono... sono... capelli...

Il mio sguardo seguì le ciocche color malva dalla mia spalla verso l'alto, per tutta la tromba delle scale.

– Mi domandavo quando sareste arrivati – disse la Creatrice, mentre l'eco delle sue parole faceva risuonare l'androne. Era troppo in alto perché riuscissi a scorgere il suo viso, ma mi bastò sentire il tocco serico dei suoi capelli per provarne un'istintiva repulsione. E un'inquietante attrazione.

Avevo conosciuto pochi Creatori fino a quel momento, tuttavia sapevo che potevano sortire sugli esseri umani effetti contraddittori.

– Su, coraggio – ci esortò la donna. – Salite.

Quando si ritirò vidi i suoi lunghissimi capelli risalire dietro i suoi passi, strusciando poi lungo le scale formando curve sinuose, come fossero vivi.

Guardai Blue, in attesa che iniziassi a salire, poi seguii la scia color malva lasciata dalla chioma della Creatrice per cinque piani.

Trovammo la porta dell'appartamento aperta. Non c'era nessuno ad attenderci sulla soglia, ma un brano per sivigliana proveniente da un grammofono in fondo al corridoio.

Non avevo mai visto un simile pezzo d'antiquariato.

Quando arrivai davanti all'apparecchio il disco parve incantarsi e la musica replicò per tre volte lo stesso passaggio per poi fermarsi all'arresto del disco. Allungai il braccio per tentare di rimetterlo in funzione, ma una mano bianca e affusolata si chiuse con gentilezza sulla mia. – Questa canzone ha fatto la sua vita. Adesso è tempo che cali il silenzio.

Incontrando i suoi occhi della stessa tonalità dei capelli mi strinsi nelle spalle. – Non mi piace il silenzio.

Lei sbatté le ciglia viola, poi mi lasciò andare la mano e si voltò. – Da questa parte – ci indicò, incamminandosi verso una stanza da cui proveniva una luce ovattata.

La guardai quasi scivolare sul pavimento, fasciata in una tunica bianca che le aderiva al corpo snello. Quando d'un tratto mi sentii afferrare alla spalla e tirare bruscamente indietro, mi fermai, girandomi verso Blue con sguardo interrogativo. Lui indicò con il mento il mio piede, a pochi centimetri di distanza dal manto di capelli della donna.

– Grazie – sussurrai, visto che mi aveva impedito di calpestarlo. L'Animus scostò la mano e io seguii la nostra ospite all'interno di un grande salone che accoglieva decine e decine di piante di ogni dimensione che filtravano la luce proveniente dal balcone aperto.

Rami flessuosi di pothos scendevano da mensole affisse alle pareti, filodendri dalle foglie a cuore si avvolgevano intorno a sostegni cilindrici e bambù in vaso sfioravano il soffitto. Mi parve quasi di trovarmi in una serra.

La Creatrice sedette a un tavolo circolare coperto da una tovaglia a uncinetto, mentre raccoglieva la matassa color malva dei capelli ai suoi piedi, e tendendo una mano ci esortò a occupare le due sedie di fronte.

Il suo viso senza età era affilato, il suo palmo completamente liscio.

I membri della razza a cui apparteneva la donna creavano gli Animus a propria immagine e somiglianza, sia nell'aspetto fisico che nell'atteggiamento. Se gli Animus non avevano emozioni, i loro Creatori non davano mai segno di provarne. La loro freddezza era proverbiale.

– Jorge mi ha detto che sareste arrivati, ma non pensavo che sareste giunti così presto. – Il tono continuava a essere gentile, ma sulle sue labbra non c'era neanche l'ombra di un sorriso. – Una Danzatrice del Sangue e il suo nuovo Animus maschio: le circostanze che vi hanno portato a trovarvi insieme sono alquanto particolari, mi è stato riferito. Entrambi i vostri precedenti compagni sono morti, non è così?

I suoi occhi si posarono su Blue, ma fui io a risponderle: – Sì, Creatrice. Ho numerose domande da porle sul mio nuovo Animus e... non soltanto su di lui.

Il suo sguardo tornò su di me. – Mi è stato riferito anche dell'uomo che ti ha aggredito durante l'ultima infestazione di uno Speculo.

– Aveva dei glifi tatuati sul cranio.

– Intendi incisioni nella nostra lingua? Come questi? – Si toccò la collana di legno che portava al collo, poi se la sfilò per mostrarmela più da vicino: su ciascun grano era stato inciso un glifo e tutti insieme formavano un'iscrizione che naturalmente non seppi decifrare.

Annuii e la donna tornò a indossare la collana. – Pare che i glifi tatuati sulla pelle dell'uomo significassero "fino alla morte" – dissi.

Anche se la Creatrice era rimasta imperturbabile, immaginai che si stesse interrogando su quella mia affermazione. – Sai leggere la nostra lingua? – chiese.

– No, ma... Blue può.

Gli occhi di lei fissarono per qualche secondo la piastrina al collo dell'Animus, poi fece un piccolo sospiro. – Blue.

– Sì... aveva già questo nome quando l'ho trovato. Ma non so niente di lui, a parte che il suo precedente proprietario è morto e che vagava per Zaragoza come randagio, il giorno in cui ha fatto la sua comparsa il primo Speculo in città.

Non sapevo da dove provenisse, le spiegai, come avesse fatto a evocare il Golem da solo e perché avesse sulle braccia tutte quelle scarificazioni rituali. – Il suo fascicolo è stato censurato e lui non risponde alle mie domande.

La Creatrice mi aveva ascoltato quasi perfettamente immobile, con le mani posate sul tavolo. – Bene – disse poi. – Porgimi il braccio, Animus.

Blue non aspettò che gli ordinassi anch'io di farlo: gli bastò il tono perentorio della donna. Stese il braccio destro sul tavolo e lei gli alzò la manica della maglia scoprendogli tutto l'avambraccio. Le cicatrici in rilievo che rendevano ondulata la sua pelle mi parvero quasi brillare.

Le dita affusolate di lei scorsero sulle scarificazioni, saggiandone la consistenza, poi la punta della lingua le saettò tra le labbra. – Gli Animus maschi sono così potenti – dichiarò subito dopo, abbassandogli la manica fino al polso. – Così potenti e così instabili. Non è vero, Blue?

Lui sbatté a malapena le ciglia, i suoi occhi avevano un'espressione vuota che rendeva il suo viso perfetto del tutto anonimo.

– Per favore, – chiesi, – potrebbe dirmi che cosa significano le cicatrici?

– Sono dei sigilli.

Ci fu un momento lunghissimo in cui faticai a staccare gli occhi da quelli della Creatrice, poi mi voltai lentamente verso Blue. – Che tipo... di sigilli? – domandai, continuando a fissare l'espressione impassibile del ragazzo.

– Qualcuno ha cercato di contenere il suo potere prima che esplodesse. Per rendere quest'Animus docile ed evitare che andasse un giorno completamente fuori controllo.

– Qualcuno?

– Forse il suo precedente proprietario. È possibile.

Non capivo. Un normale essere umano come avrebbe potuto praticare scarificazioni rituali per contenere il potere di un Animus?

– E... – I miei occhi incrociarono di nuovo quelli della donna, – questo "qualcuno" è riuscito nel suo intento? Il potere di Blue è stato sigillato?

– A giudicare da ciò che hai raccontato, che sia stato cioè in grado di evocare da solo un Golem, non del tutto, direi. – La Creatrice inarcò leggermente un sopracciglio. – Ti è stato affidato un ordigno esplosivo a tempo, temo, Danzatrice. E non credo che sia stato per caso.

Le sue palpebre si abbassarono lievemente, le ciglia color malva disegnarono un piccolo arco. – Mostrami le tue mani.

Non mi mossi. Le sue parole continuavano a incidersi su un'immaginaria pietra nera nella mia testa.

Ordigno esplosivo a tempo.

Ordigno esplosivo a tempo.

Ordigno esplosivo a...

Mi ero accorta vagamente che aveva continuato a parlarmi, ma il mio sguardo si era perso nel vuoto e il cervello si era rifiutato di registrare il prosieguo del suo discorso.

Non avevo avuto intenzione di ignorare la sua richiesta: ero rimasta semplicemente troppo turbata da ciò che mi aveva rivelato per prestarle ascolto dopo.

In una frazione di secondo il suo busto si allungò sul tavolo e le sue mani si protesero verso di me. Mi afferrarono i polsi, obbligandomi ad alzarmi in piedi e a stendere entrambe le braccia.

Ma quasi nello stesso istante anche Blue si era alzato. Era stato tanto brusco da rovesciare la propria sedia, facendola cadere a terra con uno schianto; la sua mano era corsa a stringere un braccio della Creatrice, bloccandoglielo sulla superficie del tavolo.

Ci immobilizzammo tutti e tre in quella posizione, le mani della donna che stringevano i miei polsi e le dita di Blue intorno al braccio della Creatrice.

Senza tradire alcuna emozione lei guardò prima Blue, poi me. – Di' al tuo Animus di lasciarmi. Intendo solo guardare i tuoi tatuaggi.

– Smetta di stringermi lei per prima – obiettai, leggermente ansante. – E dirò a Blue di lasciarle il braccio.

La Creatrice aprì le dita, permettendomi di rimettermi a sedere. Solo a quel punto ordinai all'Animus di liberarla.

– Protettivo e fedele – commentò lei, massaggiandosi il braccio che Blue le aveva stretto. – Chissà per quanto.

– Le chiedo scusa – dissi, alzandomi per prendere la sedia caduta sul pavimento e raddrizzarla. – Il mio Animus non voleva farle del male. Come diceva, è molto protettivo e io...

Non riesco a gestirlo.

– Adesso mostrami le tue spirali.

Posai le mani sul tavolo con il palmo in su e lei avvicinò la testa per guardarle. – Mi sono accorta subito che erano due – disse, percorrendomi il tatuaggio sinistro con la punta del dito. – Non ho mai conosciuto una Danzatrice ambidestra. Chi è il Creatore che ha realizzato i tuoi tatuaggi?

– Un Creatore di Kyoto che si fa chiamare Reiji.

La donna non sembrò soddisfatta dalla risposta. Mi chiese innumerevoli altri particolari della mia iniziazione, delle prove sostenute con Clio per la sincronizzazione e del funzionamento del potere della mia mano sinistra.

Quando me la strinse cominciai a provare un malcelato disagio.

– È con questa mano che hai eliminato il tuo precedente Animus? – mi chiese, chiudendo gli occhi.

– Non sono venuta qui per parlare di me, – risposi, agitandomi sulla sedia, – ma di Blue e dell'uomo che ha cercato di uccidermi. Sono sicura che non si trovasse sotto la cupola dell'Emisfero per caso, quella sera. E la sua spada fiammeggiante...

La donna allontanò le mani dalle mie e schiacciò la destra sul tavolo. Quando la sollevò, vidi scioccata una punta affilata emergere dalla superficie del mobile, acquisendo la forma e la consistenza di una spada.

Me la ritrovai in un attimo sotto gli occhi, spinta verso di me dalla Creatrice.

– Una spada come questa?

Stringendo le mascelle provai a toccare l'arma, ma la donna l'afferrò rapida, facendone ruotare la punta e colpendomi il dorso della mano.

Mentre mi fissavo lo squarcio da cui aveva cominciato a stillare il sangue, mi chiesi come mai non provassi dolore. Sentii subito la spirale destra che si avvolgeva in senso antiorario su se stessa e il sangue che smetteva di uscire, tuttavia la ferita non si rimarginava.

Quando alzai lo sguardo mi resi conto che la vista mi si era annebbiata. Strinsi gli occhi, ma non riuscivo a mettere a fuoco nulla. Mi sembrò di vedere Blue che si muoveva e poco dopo captai il rumore di qualcosa che andava in frantumi, ma poi anche l'udito mi abbandonò.

Avrei voluto chiedere di quale sostanza fosse intrisa la lama che mi aveva ferito, però la lingua non volle saperne di muoversi.

La voce della Creatrice mi suonò direttamente nella testa: – Nulla avviene per caso, Danzatrice.

E poi l'ultima cosa che sentii fu Blue che chiamava il mio nome. Lo pronunciò un'infinità di volte, mi sembrò, e ogni volta mi giunse in maniera più debole e attutita.

Quando mi resi conto che il silenzio assoluto mi aveva ormai avvolto, provai un terrore profondo e intollerabile.

Da quattro anni l'assenza di suono era la mia nemica numero uno.

No...

Un leggerissimo sibilo si insinuò nel cervello, divenne con il passare dei secondi un lieve rantolo e poi si tramutò in un persistente, lunghissimo respiro che pareva non dover mai avere fine.

Dannazione

Avete presente quando vi si chiudono gli occhi e, per quanto leggiate un testo, non riuscite proprio a trattenere le informazioni?

Ebbene, è quello che è successo a me con questo capitolo. Ho appena finito di scriverlo e ho provato a rileggerlo ma niente... Sto crollando! È già tanto se riesco a scrivere in questo spazio autrice ^.^'

Insomma, segnalatemi le varie imperfezioni. Conto su di voi!

Per il resto, cosa pensate del contenuto del capitolo? Qualcosa su Blue sta venendo fuori, ma i segreti e le insidie, come avete visto, sono davvero tanti!

Cosa succederà alla povera Shanti nella seconda parte del capitolo?

Aspetto i vostri commenti!

Un bacione e buonanotte <3

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