Cap. V Mimesi - Parte II

Le due ore che trascorsi con Elias furono le più eccitanti degli ultimi quattro anni. Era incredibile quanto una persona pressoché sconosciuta potesse farmi stare bene. Mi sentivo a mio agio, ma, nello stesso tempo, provavo quella tensione che faceva venire i brividi, il desiderio che le nostre conversazioni fossero interrotte da baci e carezze.

Così bevvi l'ennesima birra, lo presi per mano e lo trascinai fuori dal locale appena dopo che il ragazzo ebbe pagato il conto. Avevo garantito a Blue che non avrei lasciato il pub, così mi limitai a restare nei paraggi, in un vicolo sul retro del locale. Mi appoggiai con la schiena al muro dell'edificio che ospitava il pub e attirai a me lo svedese: non vedevo l'ora di sentire di nuovo le sue labbra sulle mie.

Jag gillar dig – mi sussurrò a un tratto, incrociandomi le braccia dietro la schiena e stringendomi di più.

– Anche tu mi piaci – risposi, socchiudendo gli occhi. – Moltissimo.

Me lo aveva detto tante volte anche Lars. Chissà, prima o poi forse gli avrei sentito dire: "Jag alskar dig", "ti amo", ma era morto prima che potesse farlo. E non avrei saputo se fosse mai stato nelle sue intenzioni pronunciare quelle parole.

Mentre Elias continuava a baciarmi quel pensiero prese a rodermi come un tarlo. Ed era insolito, perché in quattro anni si era affacciato alla mia mente solo in rare occasioni.

Sembrava che a ogni bacio rosicchiasse un pezzettino del mio cuore, strappandomi un lamento.

Quando il ragazzo si scostò da me mi guardò con espressione corrucciata. – Shanti, ma che cos'hai?

Io avvertii sulle labbra un sapore salato e fu solo toccandomi le guance che capii di stare piangendo.

– Non lo so – mormorai. – Scusami...

Chiusi gli occhi, schiacciando di nuovo la schiena contro il muro mentre mi giungevano alle orecchie le risate allegre dei passanti.

– Forse non avresti dovuto bere tanto.

– Non mi è mai piaciuto bere – piagnucolai. – Anche se a te sarà sembrato il contrario, è la verità!

Il ragazzo mi scostò una ciocca di capelli da un angolo della bocca, poi piegò la testa per baciarmi di nuovo. – Ti credo – mormorò, accarezzandomi il viso. – Ti credo...

Provai a lasciarmi andare come prima, ma quel tarlo era sempre là, a farsi beffe dei miei tentativi. Era come se la magia d'un tratto fosse svanita. Mi lasciai scivolare a terra e schiacciai la fronte sulle ginocchia. – Perdonami, ti prego – singhiozzai. – Perdonami!

A un certo punto non mi fu più chiaro a chi stessi chiedendo perdono. E nemmeno riuscii a sentire la voce di Elias, persa in un brusio che ingoiava ogni altro suono.

Mentre mi dondolavo con la schiena pregai che quel brusio non si tramutasse d'improvviso in un insidioso silenzio. Se avessi sentito in quel momento il maledetto respiro di Clio mentre moriva probabilmente mi sarei messa a urlare come un'ossessa.

E poi una voce si fece strada con prepotenza verso le mie orecchie. – È tempo di andare, Danzatrice. Alzati.

Lo feci, aprendo gli occhi sul viso di Blue. Il mio Animus mi era accanto e mi sosteneva.

Mentre cominciavo a camminare con la testa che mi girava un po' mi voltai verso Elias. – Ti chiamo presto – dissi, ma il mio tono era più simile a quello di un'implorazione che a quello di un'affermazione. Come se avessi voluto sottintendere qualcos'altro.

– Cerca di stare bene – rispose il ragazzo, alzando una mano per salutarmi. E quel gesto, chissà perché, mi fece piangere di più.

Una ventina di minuti più tardi ero nel mio appartamento.

Non avevo bevuto tanto da dover correre a vomitare, ma mi chiusi comunque in bagno, rannicchiandomi tra la doccia e il gabinetto, in un fiume di lacrime.

Non sempre l'alcol mi faceva stare bene, a quanto pareva.

Dopo aver provato la sensazione di essere di nuovo abbracciata da Lars, mentre invece erano le braccia di Elias a stringermi, lo scontro con la realtà presente mi aveva completamente destabilizzata.

Avevo pianto di fronte allo svedese come una stupida dopo essermi scolata non ricordavo più quante lattine di birra. Mi stupii del fatto che fossi riuscita a restare in piedi fino al ritorno a casa.

Be', certo, dovevo ringraziare Blue e il suo aiuto, ma comunque non ero crollata al suolo priva di sensi, il che era già tanto.

Per quattro anni non avevo fatto altro che cercare di convivere con il ricordo di Xaghra – e di ciò che c'era stato prima – nel modo più indolore possibile e mai avevo dato sfogo alla sofferenza che avevo dentro quanto avrei dovuto. Con il risultato che adesso non riuscivo più a contenerla.

Il mio viso era bagnato di lacrime e muco, i singhiozzi mi impedivano quasi di respirare, e lo stomaco si strizzava provocandomi delle fitte insopportabili.

Stavo crollando, ecco ciò che stava accadendo. Non era successo quattro anni prima, ma stavo recuperando tutto il tempo perso in quell'unica notte.

Mi frugai nella giacca alla ricerca del cellulare e, con quel po' di lucidità che avevo ancora, tirai fuori il telefono cominciando a cercare nella Gallery mentre le lacrime colavano sullo schermo.

Tirando su col naso schiacciai furiosamente play sull'immagine del video che avevo scelto. Durava meno di un minuto e, quando smisi di vederlo, lo feci partire di nuovo. E poi un'altra volta ancora.

Non mi fermai nemmeno quando vidi che sullo schermo adesso si allargavano gocce colorate di rosso.

– Oh, mio Dio, Shanti! – Josefa era inginocchiata davanti a me. Quando sollevai gli occhi su di lei le vidi in faccia preoccupazione e sconcerto. – Che ti sta succedendo?!

Era in pigiama, con i capelli arruffati. Dovevo averla svegliata io con tutti i miei pianti disperati.

Non capii subito di cosa parlasse e m'infastidì sentire l'asciugamano che mi premette sul naso, tanto che lo scansai con un gesto secco.

– Devi fare pressione sul naso per almeno cinque minuti – mi spiegò lei, cercando di schiacciarmi ancora l'asciugamano sul viso. – Io intanto ti preparo impacchi di ghiaccio, hai capito? – Poi si fermò a fissarmi qualche istante con la fronte segnata da rughe di costernazione. – I tuoi occhi...

– Si sono rotti i capillari – intervenne Blue, comparso all'improvviso accanto a lei. – Le emorragie non sono dovute a cause naturali, quindi il ghiaccio non servirà. Posso pensarci io, Josefa.

La donna lo guardò sempre più stupita, poi prese l'asciugamano che aveva usato per tamponarmi il naso e che era ormai intriso di sangue e, quando lui tese una mano, glielo porse, pur con qualche dubbio.

– Ci penso io – ribadì Blue. – Grazie.

Josefa uscì dal bagno e, una volta soli, l'Animus si inginocchiò davanti a me prendendomi il telefono dalle mani.

– Ridammelo subito! – gli urlai, protendendomi verso di lui.

– Lo stai sporcando, Shanti – replicò Blue con quel suo tono incolore. – Prima devi arrestare le emorragie.

Dopo aver poggiato il cellulare sul pavimento mi prese le mani, voltandone i palmi in su. La spirale tatuata sulla mano destra si stava avvolgendo su se stessa in senso orario e quella sinistra stava cominciando a farlo secondo il verso antiorario.

– Shanti, stai perdendo il controllo – mi avvisò l'Animus, mentre un sottile rivolo di sangue gli scivolava giù da una narice.

Ormai avvertivo in bocca un sapore dolciastro e ferroso.

– M-mi dispiace – mormorai, concentrandomi sui tatuaggi per bloccarne il movimento e sforzarmi di invertirlo.

Il viso di Blue diventò pulito in un attimo, mentre faticai un po' di più per far tornare candido l'asciugamano.

Alla fine, dopo aver recuperato fino all'ultima goccia di sangue, mi sentii spossata.

– Adesso dammi quel telefono – ordinai all'Animus, poggiando la testa contro la parete rivestita di piastrelle azzurre.

Lui lo fece, poi mi guardò mentre fissavo le immagini sullo schermo. Anche se il volume era al minimo, si distinguevano un chiacchiericcio allegro e poi una voce maschile più chiara delle altre.

– Chi è lui? – Mi domandò, premendo leggermente la testa contro la mia per guardare il breve filmato.

– Lars... – singhiozzai. – Il mio ex caposquadra.

Nel video lo svedese sorrideva all'obiettivo, mentre alle sue spalle Alex e Sarah facevano battute stupide. Ci trovavamo a St. Julian's, nel quartiere di Paceville, pochi giorni prima di essere chiamati a Gozo.

Sotto l'insegna al neon del "Rocco Coffee Club", gli occhi chiari che ammiccavano, mi tendeva le braccia dichiarandomi platealmente che non poteva passare un altro minuto separato da me e facendo ridere gli altri. Accanto a lui Clio era silenziosa, lo sguardo fisso su un punto nel vuoto.

Quando la mia voce la chiamò, guardò verso l'obiettivo.

– Dai, Clio, mi dai il cambio, per favore? – le chiesi.

– Certo – mi rispose. Le immagini successive si inclinarono mentre le passavo il telefono, poi si stabilizzarono mostrandomi sorridente accanto a Lars.

– Finalmente! – esclamò il caposquadra, passandomi un braccio intorno al collo e avvicinandomi a sé per baciarmi. Un innocente bacio a fior di labbra, niente di più.

Il filmato finiva così.

– Non ho mai avuto la fissazione dei selfie e dei video – dissi, tirando su col naso per l'ennesima volta, mentre le lacrime non si arrestavano. – Era sempre lui a scattare foto e a girare brevi filmati come ricordo. Dicevo ogni volta che avrebbe dovuto copiarmi tutto su una scheda nuova, ma poi ce ne dimenticavamo sistematicamente entrambi. E questo è l'unico filmato girato con il mio telefono. L'unico ricordo che mi resti di lui...

Blue si alzò in piedi, restando in silenzio. Si piegò solo per prendermi sotto le ascelle e tirarmi su mentre non riuscivo a staccare gli occhi dal filmato, che era ricominciato dall'inizio. Mi guidò verso la mia camera, riprendendomi quando incespicai nei miei passi perdendo l'equilibrio.

Riuscì a farmi sedere sul letto, dove caddi con un tonfo, poi mi aiutò a togliere la giacca, anche se dovette faticare un po' perché non volevo lasciare per nessun motivo il cellulare. Infine si piegò su un ginocchio per sfilarmi gli stivaletti.

Solo in quel momento staccai gli occhi dal telefono posando su di lui uno sguardo offuscato. – Blue?

Quando alzò la testa verso di me gli porsi il cellulare, ma restò immobile, senza afferrarlo. Allora mi chinai per prendergli le mani e mettergli tra le dita il dispositivo. – Ti prego, guarda di nuovo il filmato – gli dissi, con la voce che tremava.

Lui poggiò anche l'altro ginocchio a terra e obbedì. Dopo meno di un minuto il video era terminato e gli occhi blu dell'Animus mi fissavano in silenziosa attesa.

– Solo per un po'... – sussurrai, – potresti provare a essere lui?

Lo avevo detto senza rendermi conto dell'assurda richiesta che gli avevo appena rivolto o delle conseguenze che avrebbero potuto esserci. In quel momento volevo solo riempire in modo effimero il vuoto che l'assenza di Lars aveva creato dentro di me e che Elias aveva inconsapevolmente riportato alla luce.

– Ti prego – insistetti, sull'orlo di un nuovo accesso di pianto. Avvertii un peso schiacciarmi il palmo della mano destra, ma Blue avvolse le dita intorno alle mie costringendomi a serrare il pugno.

– Chiudi gli occhi – disse, mentre il movimento appena accennato della spirale tatuata si quietava di colpo.

Lo feci, trattenendo il fiato. Quando in lontananza un cane abbaiò, sobbalzai per la tensione, rilasciando il respiro.

Sentivo il viso di Blue vicino al mio. La sua voce, quando parlò, era sempre la stessa, ma il modo in cui pronunciò ogni singola parola... l'accento straniero, l'inflessione...

Era Lars. Era davvero lui.

Stavo per riaprire gli occhi, quando l'Animus mi premette una mano sulle palpebre. – Tieni gli occhi chiusi – ribadì. – Non devi guardarmi.

Se lo avessi guardato, l'illusione di avere Lars vicino a me sarebbe svanita. La sua capacità di mimesi non era efficace fino al punto di ingannare il senso della vista.

Blue mi ripeté le stesse parole che aveva sentito nel video. Aveva un tono vivace che non gli apparteneva, allegro.

Riuscì a farmi sorridere.

Poi le sue mani mi strinsero il viso e le labbra si premettero sulle mie in un bacio delicato.

Quando si scostò da me, il mio sorriso si spense e il dolore mi sferrò un pugno nello stomaco. Riaprii gli occhi bagnati di lacrime guardando quelli dell'Animus.

– Meno di un minuto – gemetti. – Esattamente lo stesso tempo del filmato...

– Non ho abbastanza elementi per poter continuare – spiegò Blue, senza smettere tuttavia di tenermi il viso tra le mani. – Non so chi fosse, il tuo Lars.

Io mi spinsi sul bordo del letto per avvicinarmi di più al suo corpo. – Continua. – Le mie ginocchia gli strinsero i fianchi. – Lui era... qualcuno che mi amava.

Ripensai alla maniera in cui lo svedese mi abbracciava, accarezzandomi i capelli, alle sue labbra che mi solleticavano la base del collo, al modo di stringermi le cosce quando mi sollevava prima di gettarmi sul letto ridendo.

Mi chiesi come avessi fatto a reprimere quei ricordi per tanto tempo. Avevo fatto un torto a Lars e al mio cuore.

– Qualcuno che ti amava – ripeté Blue. I suoi occhi ruotarono cercando chissà cosa nella stanza, poi si fissarono di nuovo sul mio viso. – E che tu amavi.

Non c'era nulla di strano in quell'ultima affermazione, eppure qualcosa nella sua voce mi preoccupò. Malgrado le birre ingerite, ero abbastanza lucida per capire in quel momento che avevo fatto – e stavo ancora facendo – un madornale sbaglio.

Quella consapevolezza fu una secchiata d'acqua ghiacciata in faccia. Il mio pianto si placò di colpo, il battito cardiaco accelerò, così come il respiro. Tutto il mio corpo si tese nel tentativo di allontanarsi da quello dell'Animus, ma quando mi tirai indietro lui si alzò appoggiando un ginocchio sul letto, tra le mie gambe. Guardandolo mentre torreggiava su di me, dimenticai di impartirgli l'ordine che invalidava il precedente e restai paralizzata a seguire con gli occhi i suoi movimenti.

Eppure bastò che pronunciasse il mio nome nello stesso modo in cui lo pronunciava Lars per far svanire ogni mia improvvisa remora. – Shanti...

Chiusi gli occhi, smettendo di lottare contro l'istinto e lasciando che prevalesse sul buon senso.

Avvertii il respiro di Blue quando si curvò su di me. Era caldo, rapido... così umano. M'invogliò a dischiudere le labbra per accoglierlo.

Il cuore impazzì quando la sua bocca fu sulla mia.

Aveva un modo di baciare che non somigliava a quello di nessun altro e l'illusione che fosse Lars si disintegrò come un Emisfero dopo la morte dello Speculo che lo aveva generato.

Pezzo dopo pezzo fu risucchiata dal vuoto che avevo nel cuore, sostituita da qualcos'altro.

La mia lingua reagì al tocco di quella di Blue, gentile e arrogante a un tempo. Gli afferrai anch'io il viso, spingendolo contro il mio mentre la sua bocca continuava a stuzzicare la mia con piccoli, rapidi baci.

Quando caddi sulla schiena cadde anche lui su di me. Le borchie della sua cinta di cuoio mi punsero la pancia e mi lasciai sfuggire un piccolo lamento, ma non gli permisi di staccarsi.

Mentre gli passavo le mani tra i capelli smise di provocarmi e si stese al mio fianco, unendo lentamente la bocca alla mia e baciandomi con dolcezza. – Non posso stare nemmeno un minuto separato da te – disse, accarezzandomi una guancia, con lo stesso tono allegro di Lars, ma subito dopo la piega delle sue labbra tornò seria. – Sono dove tu sei, Shanti...


Non avevo capito la portata della mia sbornia finché la luce del sole non mi colpì dritta in faccia, facendomi contorcere come un vampiro sul punto di morire incenerito.

Avevo un fortissimo dolore alle tempie, quasi le avessi tenute in uno schiaccianoci. Per la birra bevuta o per tutte le lacrime versate, chissà... Magari per entrambe le cose.

Quando mi resi conto che il sole era già bello alto nel cielo mi prese un colpo: io e Blue saremmo dovuti partire per Teruel con l'autobus delle otto, ma sembrava che fosse molto più tardi.

Dando in un'imprecazione mi chiesi come mai la sveglia sul telefono non fosse suonata, ma in effetti non ricordavo di averla programmata. Allungai un braccio per prendere il cellulare sul comodino accanto al letto, dove di solito lo tenevo, e gridai quando mi accorsi dell'ostacolo che si frapponeva tra la mia mano e il mobile.

Dopo essermi strofinata gli occhi guardai Blue sdraiato accanto a me, che mi osservava con occhi immobili. Mi resi conto di essere sdraiata prona, su di lui per metà.

Gridando di nuovo saltai sulle ginocchia, facendo molleggiare il letto. – Ma che diavolo stai facendo, Blue?! Perché sei sul letto?! Tu non dormi!

Lui tirò su un poco le spalle, puntandosi su un braccio. Nel movimento, i muscoli del suo addome guizzarono. – Mi hai detto tu di starti accanto.

– E mi spieghi perché indossi solo gli slip?! – urlai, al colmo dello shock. Ricordavo abbastanza bene che c'eravamo baciati, ma quando era successo aveva ancora tutti i vestiti.

– Non li indossavo, tuttavia stamattina Josefa mi ha detto che sarebbe stato meglio se lo avessi fatto...

Gridai per la terza volta, poi provai ad articolare suono senza riuscirci. Strizzando le palpebre chiusi la bocca e mi tappai il naso con la mano, come se dovessi fare un'immersione subacquea.

Dovevo cercare di calmarmi e di schiarirmi le idee e la memoria. Non sapevo se essere più sconvolta dall'avere passato tutta la notte accanto al corpo nudo di Blue o dal fatto che Josefa ci avesse visti in quel modo.

Riaprii gli occhi tornando a respirare quando un terribile sospetto mi balenò nella mente. Mi affrettai ad abbassare lo sguardo tastandomi con le dita, ma tirai un sospiro di sollievo nell'accorgermi che, a differenza dell'Animus, ero vestita.

– Allora, vuoi dirmi perché cavolo eri completamente nudo?!

– Mi hai chiesto di spogliarmi la notte scorsa e io ho obbedito – mi rispose lui, sbattendo le ciglia azzurre.

Il sangue mi affluì al viso tutto in una volta, scaldandomi le guance e le orecchie. – Non è vero! Non posso avertelo detto!

– Gli Animus non mentono.

Aveva ragione.

Mi coprii gli occhi con le mani, sempre più scioccata. – E Josefa...?

– Sapeva che saremmo dovuti partire, ma era preoccupata per le tue condizioni. Così è venuta per controllare...

– Non ci credo che sia entrata senza bussare!

– Ma ha bussato. E io ho detto "avanti".

Mi tolsi le mani dagli occhi, uggiolando come un cagnolino. Non potevo essere stata così sconsiderata e così sfortunata!

– Perché non mi hai svegliata? – chiesi, all'apice dell'esasperazione.

Blue si raddrizzò del tutto, guardandomi con aria innocente. – Ho provato a farlo. Mi hai detto che avrei dovuto svegliarti con un bacio, però il metodo da te suggerito non è stato molto efficace: non ti sei svegliata.

– Avresti dovuto provare con uno schiaffo! – esclamai, battendo i pugni sul letto. – Lo avrei meritato!

– Non avevo ricevuto istruzioni al riguardo.

Dalla gola mi sfuggì stavolta una mezza specie di ululato. – Dio, che idiota! – gridai tra i denti mentre sbattevo la fronte contro il cuscino.

– Ho solo eseguito i tuoi ordini.

Con la testa ancora premuta sul guanciale mi girai a fissarlo. – Non tu, io! – piagnucolai. – Sono io l'idiota!

Distolsi di nuovo lo sguardo, schiacciando anche la bocca sul cuscino. – Noi non siamo andati fino in fondo, vero? – domandai, terrorizzata all'idea di sentire la risposta. – Vero, Blue?

Lui restò in silenzio per un inquietante momento di troppo, poi, quando stavo per cominciare a strapparmi i capelli, disse: – Se per "andare fino in fondo" intendi l'atto sessuale vero e proprio, no, non siamo andati fino in fondo. A un certo punto mi hai dato modo di credere che volessi farlo, ma quando ti ho chiesto conferma non mi hai risposto. Stavi già dormendo.

– Oh, sia lodato il Cielo! – gridai, alzandomi con uno scatto. Mi voltai verso l'Animus sporgendo un po' le labbra. – Ma perché non lo hai detto subito, accidenti a te! Hai esitato e io ho pensato che...

Blue aggrottò lievemente le sopracciglia, poi strinse gli occhi, come se stesse rimuginando su qualcosa. – Gli Animus non esitano: calcolano. Considerato il tuo attuale stato di tensione emotiva stavo cercando un modo consono per rassicurarti. Per essere preciso avrei voluto parlare di "penetrazione", ma "atto sessuale" mi è sembrato più delicato.

Io mi misi le mani tra i capelli, ormai il viso ridotto a una fiamma vivente. – Grazie per la premura: sei stato delicatissimo! – sbottai.

– Prego – rispose lui, senza dare mostra di aver compreso la mia ironia.

Gli ordinai di vestirsi e mi attaccai al telefono per prenotare di nuovo due posti sulla prima corsa del pomeriggio per Teruel. Poi sedetti sulla sponda del letto con la testa tra le mani, riflettendo su quanto era accaduto la notte precedente.

Avevo fatto davvero uno sbaglio enorme. Se l'accaduto fosse giunto alle orecchie della commissione che aveva indagato su di me sarei stata sanzionata e forse anche radiata. Prima ancora di tornare ufficialmente in servizio.

Le relazioni intime con gli Animus non erano assolutamente tollerate: oltre a non essere professionali, erano eticamente inaccettabili. E, a essere sincera, facevano sentire uno schifo, dopo.

Io stavo macerando in terribili sensi di colpa, come se avessi approfittato dell'ingenuità di Blue e della sua propensione a eseguire qualsiasi tipo di ordine del proprio Danzatore.

– Ehi... – lo chiamai, sollevando lo sguardo.

Lui stava finendo di infilarsi una maglia oversize con strappi decorativi ovunque. – Sì?

– Esegui i miei ordini, Animus – ingiunsi. – Dimentica qualsiasi cosa sia accaduta la notte scorsa. Non dovrai parlarne mai con nessuno, mi hai capito bene?

– Sì – rispose senza battere ciglio, ma la sua prontezza non mi fece stare meglio.

Guardai le sue guance levigate, le labbra di un singolare rosso naturale e gli occhi fissi su di me. – Blue? – lo chiamai di nuovo. – Tu stai bene, vero?

Il ragazzo sbatté le palpebre, poi mi si avvicinò restando in piedi, a un passo da me. – Una domanda insolita da porre a un Animus. Sto bene, naturalmente. Non può esserci altra risposta.

Mi alzai anch'io, ponendomi di fronte a lui e sollevando la mano destra. – Ti giuro che non ti chiederò mai più di usare la tua capacità di mimesi per i miei egoistici scopi personali. Né ti costringerò a un'interazione tanto... diretta con me.

Lui premette il palmo della mano sinistra contro il mio e le nostre dita si intrecciarono.

– Sono dove tu sei, Shanti.

Io sorrisi, anche se in modo un po' incerto. – Lo so.

Buonasera! Come state?

Se avete notato, in questo periodo sono molto produttiva... Questo può dipendere da due fattori: o sono molto stressata o sono molto ispirata XD

La verità è che ho scoperto che scrivere questa storia mi rilassa, quindi quando ho un minuto mi metto al PC, che lascio sempre sul tavolo della cucina o nei paraggi quando si mangia, e scrivo qualche pezzo.

Descrivere il rapporto tra Shanti e Blue mi diverte e m'intenerisce... E a voi che effetto fa leggere delle interazioni tra i due?

Avevate immaginato in che modo l'Animus avrebbe usato la sua capacità di mimesi? Vi aspettavate di peggio o di meglio?

Comunque temo che Shanti abbia fatto vedere a Blue troppi film d'amore e il ragazzo ha imparato bene a districarsi in certe situazioni... o no? X'D

Beh, per il momento i due hanno avuto il loro seppur effimero momento romantico, anche se Shanti se n'è subito pentita. Domani partiranno insieme per Teruel, dove li aspetta la Creatrice.

Chissà come sarà e se riusciremo a sapere qualcosa in più sul nostro Animus preferito!

Grazie per i vostri fantastici commenti: li aspetto sempre con trepidazione!

Un abbraccio affettuoso <3

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