Cap. III Sono dove tu sei - Parte I

L'antica fortezza araba dell'Aljaferia, diventata durante la Reconquista cristiana dimora dei re aragonesi, era uno dei luoghi più affascinanti di Zaragoza. Da molto tempo sede del Parlamento regionale, già da qualche anno ospitava anche quella del Ministero Internazionale dei Trasporti.

Un uomo in giacca e cravatta, con un cartellino identificativo su cui erano scritti nome e cognome, alle sette in punto era venuto a prelevare me e Blue in piazza del Pilar proprio per portarci al castello, lasciandoci poi nel patio.

Dopo essere passati sotto archi che parevano contornati da ricchi tessuti operati, avevamo percorso per qualche metro i corridoi dei portici laterali e avevamo raggiunto una stanza che si apriva sul fondo.

A quell'ora sembrava che non ci fosse anima viva. Ci sedemmo in una specie di piccola sala d'attesa su scomode sedie di resina e dopo appena qualche secondo la testa cominciò a oscillarmi sul collo. Per non addormentarmi ripensai agli ultimi avvenimenti che mi avevano condotta davanti alla porta chiusa dell'ufficio di Jorge.

Dopo le scioccanti parole di Blue, che aveva affermato di voler diventare il mio Animus, ero rimasta immobile per un po', ancora a terra con il suo corpo che mi schiacciava.

Non avevo risposto alla sua spiazzante richiesta, ma gli avevo assicurato che sarei rimasta con lui fino all'orario concordato con Jorge. A quel punto mi aveva concesso di alzarmi.

– Mi porti a casa tua? – aveva insistito. Non mi ero stupita di quella cieca ostinazione, tipica della sua specie.

La stranezza stava nel fatto che continuava a ripetere un proprio desiderio, invece di insistere per ricevere nuove istruzioni o la conferma prima di eseguire un ordine.

– No – avevo risposto, mostrandomi determinata. – Casa mia è da escludere.

Finalmente era rimasto in silenzio. Mentre ci incamminavamo senza una meta precisa, non gli avevo più rivolto la parola e lui aveva continuato a tacere. Avevamo girato per il centro storico fino ad approdare in piazza del Pilar. Là, con la Fuente de la Hispanidad illuminata da faretti colorati e la facciata della cattedrale del Salvatore coperta dalle impalcature, avevamo aspettato le sette.

Immersa nei ricordi di quando avevo visto l'Emisfero comparire all'improvviso e il Golem di Blue allontanare da me il gigantesco Speculo, avevo cercato di dissimulare il mio turbamento.

Non fargli domande, mi ero detta, sbirciando il profilo dell'Animus. Nessuna domanda.

Adesso che ci trovavamo davanti alla porta dell'ufficio del Ministero, seduti l'uno accanto all'altra, avvertivo che la tensione si era sciolta e il capo ciondolava, sempre più pesante. Non dormivo da ventiquattr'ore.

Fu un attimo e, come nella churreria, la mia coscienza si offuscò. Da quella sorta di nebbia onirica apparve un viso che vedevo quasi tutte le volte che chiudevo gli occhi: quello di Lars.

Mi sorrideva, un po' malinconico, ma, se non fosse stato per il sangue che gli imbrattava il petto, non avrebbe avuto nulla di strano. Era il Lars che ricordavo, con gli occhi luminosi e le labbra che mi promettevano il mondo solo piegandosi lievemente all'insù.

Come ogni volta che lo sognavo, mi tese una mano e, quando cercai di stringergliela, la ritrasse di colpo domandandomi: – Dimmi, Shanti... cos'è, per te, la normalità?

Alle sue spalle un'altra figura nota prese forma. I suoi occhi erano di un azzurro limpido.

Clio...


– Ma che belli che siete! – Jorge comparve all'improvviso, spandendo una nuvola di profumo. – Sembrate davvero fatti l'una per l'altro!

Strizzai le palpebre, cercando di capire perché l'immagine dell'uomo mi apparisse inclinata come su un piano obliquo. Poi raddrizzai la testa, scoprendo che era scivolata sulla spalla di Blue.

L'Animus continuava a restare immobile, guardando dritto davanti a sé, mentre io mi stropicciavo gli occhi e mi sforzavo di tornare perfettamente lucida. Scattai in piedi quando mi resi conto di ciò che la battuta di Jorge sottintendeva.

Guardai l'uomo che mi sorrideva con bonomia, poi mi girai verso Blue, inespressivo e silenzioso. Proprio come un Animus doveva essere.

– Allora sei stato tu! – esclamai, tornando a fissare Jorge con occhi feroci. – Dovevo aspettarmi che dietro l'insistenza di questo Animus ci fossero delle tue precise istruzioni!

L'uomo mi cinse le spalle con un braccio, avviandosi verso l'ufficio. – Buongiorno anche a te, Shanti!

Mentre mi spingeva dentro, Blue ci seguì con passo felpato.

Jorge ci fece accomodare di fronte alla sua scrivania, su delle poltroncine dalle sedute girevoli, verdi com'era quasi tutto in quella stanza, dalla tinta delle pareti alle tende appese alla finestra, al tappetino per il mouse del PC.

Un intenso odore di menta proveniva da sacchetti a forma di alberi sistemati un po' ovunque.

– Sono deodoranti per auto, quelli? – domandai, mentre avvertivo un improvviso prurito al naso. La miscela di quell'essenza penetrante e dell'eau de parfum di Jorge stava raggiungendo l'apice del nauseabondo.

L'uomo sorrise. – Adoro il verde.

– E i profumi... – borbottai, tossicchiando. – È possibile aprire la finestra?

Una figura si materializzò accanto a noi; sprizzava entusiasmo e ottimismo da tutti i pori. – Ma certo, cara Shanti! L'apro subito! – esclamò. Era una donna vestita in modo molto femminile, con una camicetta di seta rosa e una gonna ampia che le volteggiava sulle caviglie. I capelli corti, tagliati sulle orecchie, erano di un acceso color prugna, identico a quello della montatura degli occhiali.

– Buongiorno, Magdalena – la salutai.

Lei rispose con un sorriso mentre apriva un battente della finestra. – Ti trovo bene, tesoro – mentì spudoratamente, poi il suo sguardo si posò su Blue. – E tu sei magnifico! Proprio come ti ho lasciato ieri mattina.

– La ringrazio, signora Magdalena – rispose lui, senza alzare lo sguardo. – Anche lei.

La segretaria emise una risatina compiaciuta, poi andò a sedersi a un'altra scrivania, in fondo alla stanza.

Jorge intrecciò le mani su un faldone che aveva poggiato davanti a sé. I suoi occhi color nocciola si strinsero quasi impercettibilmente prima di spostarsi da me a Blue, per poi tornare sul mio viso.

– Dicevi, Shanti?

Io inspirai una discreta quantità d'aria in cui il mix di profumi si era fortunatamente attenuato, poi lanciai uno sguardo a Magdalena, che pareva attenta a non perdere nemmeno una parola.

– Dicevo – cominciai, prendendo a battere i talloni sul pavimento, – che la tua battuta di poco fa mi ha chiarito un po' le idee sul comportamento di quest'Animus...

L'uomo allargò gli occhi. – Quale battuta? Quale comportamento?

Presi un'altra boccata d'aria mentre tentavo di assumere una postura meno rigida. – Va bene, fa' finta che non abbia detto niente. Allora, il tuo Blue ha compiuto la sua missione, mi pare. Bisogna verbalizzare qualcosa?

Se per il momento faceva finta di non capire, lo avrei lasciato arrivare al punto da solo e poi avrei affrontato l'argomento.

– Il nostro Blue! – cinguettò la segretaria, muovendo la mano in cenno di saluto. Mi voltai verso l'Animus, trovandolo con gli occhi fissi sulle proprie ginocchia e i capelli che gli celavano in parte l'espressione seria.

Jorge aprì il faldone, poi mi passò una penna e un foglio che era stato scritto al computer. Cominciai a leggere e subito dopo lo posai di nuovo sulla scrivania. – Che cosa sarebbe, questo?

– Una semplice dichiarazione in cui dici che l'Animus ti ha trovata alle ore... be', scrivi tu che ore erano nell'apposito spazio lasciato bianco...

Blue alzò la testa di scatto. – Ore due e dodici minuti. Ante meridiem – dichiarò, mentre Jorge lo fissava soddisfatto.

– Bene. Ah, poi si legge che è stato con te fino alle sette, ora in cui l'impiegato preposto è venuto a prelevarvi in...

– Piazza del Pilar – completò l'Animus.

L'uomo si tirò con le spalle indietro, facendo un po' dondolare lo schienale della poltrona. Aveva un'aria talmente gongolante che mi si ingarbugliò la trachea per il nervosismo.

– Però, Jorge, – bofonchiai, con la voce che faticava a venir fuori, – sotto c'è scritto anche dell'altro.

Era proprio quello che avevo sospettato, ma averlo davanti agli occhi mi fece sudare freddo. – C'è scritto che m'impegno a prendere in consegna quest'Animus come sua proprietaria, a occuparmi della sua manutenzione e cura e tutto il resto...

– Congratulazioni! – applaudì l'uomo, mentre la signora Magdalena gli faceva eco dalla sua postazione. – Questo era il tuo test finale! La documentazione con cui si certifica la tua idoneità al servizio è già stata protocollata: manca solo quel foglio in cui si attesta l'esito positivo dell'ultima prova pratica! Una firma e potrai tornare a lavorare per il Ministero.

– Test finale?!

Interagire con quell'Animus per qualche ora era stato il mio test finale? Mi domandai chi fosse stato davvero messo alla prova, tra me e Blue, a questo punto. O forse eravamo stati esaminati e valutati entrambi.

Una folata di vento sollevò la tenda verde, arricciandone un angolo.

Tornare a lavorare per il Ministero...

Non sapevo se lo volessi davvero. Spostarsi continuamente da un posto all'altro, rischiare la vita per distruggere gli Speculi...

Una volta avevo amato quella vita.

Avevo amato Lars. E Clio.

Adesso non c'era più nessuno dei due. C'era solo la mia patetica esistenza, simile a una gabbietta per criceti: riuscivo a vedere oltre sbarre invisibili le vite degli altri, ma per quanto mi sforzassi non sarei riuscita mai a liberarmi per conquistarmi una vita simile. Potevo solo continuare a girare, girare e girare nella ruota della mia solitaria quotidianità e illudermi che un giorno sarei tornata a vivere, invece di limitarmi a esistere.

– Shanti? Perché non mi sembri felice della notizia? – Jorge si era appoggiato con i gomiti sulla scrivania, ai lati del faldone, e mi scrutava quasi con sospetto.

Io mi grattai la testa, poi sospirai. – A dire il vero non lo so. In questi anni non mi sono mai realmente soffermata a pensare a ciò che sarebbe successo se la commissione mi avesse valutata di nuovo idonea a lavorare per il Ministero.

La perplessità dell'uomo aumentò. – Tu sei nata Danzatrice, Shanti. Davvero non hai pensato che la commissione ti avrebbe dato ancora la possibilità di lavorare per il Ministero? Sai quanti sono i Danzatori del Sangue?

– Pochi, lo so...

– E quanti gli ambidestri, tra loro?

Distolsi lo sguardo per un attimo, fissandomi le mani, entrambe tatuate. Poi picchiettai sulle ginocchia con i pugni chiusi. – Non... lo so.

– Non lo sa nessuno. – Per parecchi secondi nella stanza si udì solo il lieve ticchettio dell'orologio a parete e i rumori che provenivano dalla strada attraverso la finestra aperta. Poi Jorge protese il busto verso di me. – Quattro anni di inattività per te sono stati anche troppi. La commissione doveva essere sicura che fossi ancora in grado di svolgere bene il tuo lavoro, ma adesso che ogni dubbio è stato fugato sono tutti impazienti che torni in servizio come messaggera!

Io mi voltai leggermente verso Blue. – Con... lui?

– Una Danzatrice senza Animus e un Animus senza proprietario! – esclamò, battendo il palmo delle mani sulla scrivania. – Non si può ignorare il fatto che il destino vi abbia fatti incontrare!

Mi mossi spazientita sulla sedia, poi posi una mano sotto il mento dell'Animus e gli alzai la testa. – Te ne sei accorto, vero? – sbottai. – È un maschio!

L'improvviso scroscio di risa proveniente dal fondo della stanza mi fece arcuare le sopracciglia in un'espressione sorpresa. Quando fissai Magdalena con un misto di stupore e rimprovero, la donna si coprì la bocca con la mano. – E che maschio! – esclamò, simulando diversi colpi di tosse.

Dopo aver sospirato riabbassai il braccio in un movimento nervoso. – Blue?

Lui spostò lo sguardo fino a incontrare il mio. – Sì.

– Va' fuori con la signora Magdalena, per favore.

La risata della donna si spense in una specie di singhiozzo, mentre Jorge mi guardava finalmente con occhi seri. Senza dire una parola la donna si alzò e, con aria mortificata, si pose al fianco dell'Animus. Lui la guardò dal basso verso l'alto, poi si rivolse a Jorge, come se aspettasse una conferma.

Solo quando l'uomo annuì con la testa Blue si alzò, lasciando che Magdalena lo prendesse con delicatezza sottobraccio e lo conducesse fuori dalla stanza.

Dopo aver sentito il rumore della porta che si chiudeva tornai al discorso che avevo cominciato pochi minuti prima. – Lo sai che cosa intendevo dire sottolineando che quell'Animus è un maschio. Gli Animus sono quasi tutte femmine e c'è una ragione se i Creatori prediligono il sesso femminile.

Lui emise una sorta di grugnito di disapprovazione. – Lo so dove vuoi arrivare, Shanti, ma...

– I maschi sono troppo potenti! – lo interruppi. La mia voce stridula mi era parsa raschiarmi dolorosamente la gola. – Sono i più difficili da controllare! E voi volete affidare un Animus maschio proprio a me?! Dopo quello che è successo a Xaghra?!

Più ricevevo conferme su quell'assurda prospettiva, più mi pareva di vivere in una realtà alternativa dove niente era come appariva.

– Un maschio e per di più un randagio! – aggiunsi. – Si può sapere che fine ha fatto il suo proprietario? Lo avete rintracciato?

Jorge aprì il faldone e ne trasse un fascio di fogli tenuti insieme da una decina di puntine di cucitrice messe un po' ovunque, in maniera disordinata. – È tutto qui. Puoi prenderlo, se vuoi... Ci rifletti un paio di giorni e poi mi dirai che ne pensi.

– Non lo voglio, quell'Animus – dichiarai, risoluta. Tuttavia afferrai con stizza il fascicolo, arrotolandolo poi per tenerlo in una mano. – È difettoso.

L'espressione di Jorge mutò di colpo e il suo corpo sobbalzò sulla poltrona, come se avessi bestemmiato. – Ehi, ehi, ehi! Aspetta un attimo, Shanti! Non puoi dire con leggerezza certe cose!

– Con leggerezza?! – mi alzai precipitosamente, mentre lui faceva lo stesso. – Quella creatura fa domande, Jorge. Ha spirito d'iniziativa...

–Anche Cortana fa domande. – Aggirò la scrivania per poggiarmi entrambe le mani sulle spalle. – Ma non si può certo dire che sia intraprendente.

Cortana? Ma che razza di termine di paragone aveva cacciato fuori?

– Cortana però non ti butta a terra se non ti comporti come vuole lei!

Dio! L'espressione di Jorge nel sentire quelle parole! Non l'avrei mai potuta dimenticare.

Sentii le sue dita stringermi prima di lasciarmi andare. Piegò la testa da una parte all'altra, facendo scricchiolare il collo, quindi mi rivolse uno sguardo tagliente. – A... terra?

Io indicai la porta con enfasi, felice di aver finalmente catturato tutta la sua attenzione. – Mi ha fatto una proiezione solo perché avevo detto che lo avrei portato a casa tua prima delle sette. Concorderai con me che è un comportamento quanto meno anomalo per un Animus!

– Ma gli Animus non aggrediscono i loro proprietari.

Sgranai gli occhi, mordendomi le labbra. Ecco l'ammissione che stavo aspettando! Non dovetti faticare per far confessare all'uomo che, ben prima di mettersi sulle mie tracce, Blue era stato già informato che sarei stata io la sua nuova proprietaria.

Sapevo com'era la procedura. Gli avevano inculcato una marea di storielle sul legame tra Animus e Danzatore del Sangue, sulla "simbiosi" che vincolava l'uno all'altro in modo indissolubile, sull'importanza di proteggere il proprio padrone e cose simili.

Eppure, il suo istinto di protezione doveva essersi andato a nascondere mentre mi atterrava con una mossa di difesa personale!

Continuavo ad affermare che avvertivo una sensazione di pericolo quando lui era nei paraggi. Che era troppo potente e troppo autonomo... E poi come diavolo aveva fatto a evocare da solo il Golem?

E il mio interlocutore, a un tratto, si lanciò in una dissertazione sull'impossibilità che un Animus si ribellasse al proprio Danzatore. Mi snocciolò tutti i principi delle arti dei Creatori come se ci trovassimo in un racconto di Isaac Asimov sulle tre inviolabili leggi della robotica.

– E Clio, allora?! – gridai, mentre lacrime rabbiose salivano a bruciarmi gli occhi. – Di lei che mi dici?

Jorge prese un bel respiro, poi scosse leggermente la testa. – Era indubbiamente difettosa. Ma ci risulta che sia stata tu a ferire mortalmente lei, non il contrario.

Se avesse scagliato un dardo per ognuna di quelle parole, mi avrebbe fatto meno male.

Restai talmente sconvolta da quanto avevo sentito che mi congelai all'istante, mentre le lacrime mi sfuggivano dalle palpebre socchiuse.

– Non volevo farti piangere, scusa. – Jorge tese una mano, ma io indietreggiai di un passo fulminandolo con lo sguardo. – Comunque, Shanti, la decisione è tua. Tieni con te l'Animus mentre rifletti sul da farsi e, se continuerai a ritenerlo difettoso e, dunque, un potenziale pericolo per la tua incolumità e per quella altrui, riportalo qui e fai la tua segnalazione. Con tutte le inevitabili conseguenze.

Le inevitabili conseguenze...

Strinsi tra le dita il fascicolo di Blue, tanto che riuscii a conficcarmi le unghie nel palmo. C'era un'unica sorte che attendeva un Animus ritenuto difettoso: l'annientamento.

In due giorni avrei dovuto decidere se fare andare Blue incontro a quel destino o diventare la sua Danzatrice.

Ma c'è un'altra possibilità, mi dissi.

Avrei potuto rifiutarmi di tornare a lavorare per il Ministero e obbligare Jorge ad assegnare l'Animus a qualche altro Danzatore. Fine della storia.

Fine.

Quella parola cominciò a risuonarmi insistentemente nelle orecchie.

Fine.

Fine.

Fine.

Fine, sì.

Eppure, come aveva detto Jorge, ero nata Danzatrice e non avrei mai potuto cancellarlo. Soprattutto non dopo che gli Speculi avevano fatto la loro comparsa proprio nella città in cui vivevo.

Mi sentii presa al laccio.

– Allora? – mi incalzò l'uomo. – Due giorni non sono tanti, Shanti.

Avvertendo la consistenza del fascicolo di Blue nella mano, la curiosità ebbe il sopravvento. – Due giorni. E poi deciderò.

Il suo sospiro di sollievo mi fece comprendere che non aveva preso in considerazione neanche per un istante che potessi rifiutare di tornare in servizio, prima che mi recassi nel suo ufficio: la mia inaspettata reazione doveva avergli procurato una certa ansia.

In fondo lo capivo. Durante gli ultimi tre anni non avevo mai espresso il desiderio di rinunciare al mio ruolo di Danzatrice. Anche se, a dirla tutta, non mi ero mai nemmeno mostrata entusiasta all'idea di lavorare di nuovo come messaggera.

Avevo vissuto quegli anni, e i colloqui con Jorge per il report mensile, come se fossi stata narcotizzata.

– Shanti? – mi chiamò l'uomo, mentre mi voltavo per andare via. – Non dimenticare il foglio con la dichiarazione da firmare!

Lo presi con una piccola smorfia. – Ci vediamo, Jorge.

Uscii dalla stanza trovando Magdalena e Blue seduti sulle sedie di resina monoblocco della sala d'attesa. Lei annuiva sorridendo mentre l'Animus sbatteva semplicemente le palpebre.

Erano davvero strani insieme.

– Bl... – provai a chiamare, ma mi corressi subito. – Animus!

Lui non si limitò a rivolgermi lo sguardo. Scattò in piedi come se gli avessi impartito un ordine. – Sì.

Gli feci cenno di avvicinarsi con la mano che stringeva il suo fascicolo e, quando mi fu di fronte, lo scrutai con sguardo duro. – Per i prossimi due giorni starai con me.

Lui alzò la mano sinistra, ricambiando il modo ostile in cui lo guardavo con un'espressione solenne. – Anata no iku tokoro doko demo issho desu.

Io deglutii, esitando qualche attimo. Cercai di trovare un segno di follia in quegli occhi di un blu troppo intenso per essere naturale, ma non ne trovai.

Sospirando, sollevai la mano destra e feci combaciare il palmo con quello dell'Animus. Era strano vedere quanto fosse più piccolo rispetto al suo. – Dokodemo... ne – risposi, pur con una certa riluttanza. – Ma solo per due giorni, ricordalo.

Quando lui piegò le dita lo feci anch'io e restammo così, immobili, finché un applauso della signora Magdalena non mi ricordò che era giunto il momento di andare.

La donna ci accompagnò fino all'uscita del palazzo, dove ci attendeva già il taxi che aveva provveduto a chiamare.

Feci in modo che Blue salisse per primo, poi mi girai per salutare la segretaria di Jorge, che mi guardava con un sorrisino incantato.

– Posso essere indiscreta, Shanti? – fece, spingendosi indietro sul naso gli occhiali dalla montatura color prugna. – Prima che cosa ti ha detto, Blue? Ha parlato in giapponese, vero?

Già con un piede sul taxi, annuii. – In ogni lingua esistono modi leggermente diversi per dirlo, ma, be'... diciamo che il succo è questo: "Sono dove tu sei".

Lei sgranò gli occhi, giungendo le mani davanti al viso. – Sembra una frase da fidanzato! – esclamò. – O da stalker, ora che ci penso...

– Non si tratta né dell'una né dell'altra – spiegai, scuotendo la testa. – È semplicemente il motto degli Animus, quando si legano al proprio Danzatore.

– Wow – commentò la donna mentre chiudevo lo sportello. Sul sedile posteriore dell'auto, la salutai agitando la mano.

Quando il taxi si mise in movimento diedi un'occhiata a Blue, immobile al mio fianco, ripensando a quanto c'eravamo detti qualche minuto prima.

"In qualsiasi luogo andrai, verrò con te".

"In qualsiasi luogo".

– Dove vi porto? – domandò il tassista all'improvviso, facendomi sussultare.

Anche se ci misi un po' troppo, alla fine gli diedi l'indirizzo. Chiudendo gli occhi, appoggiai le spalle allo schienale del sedile e provai a immaginare che cosa sarebbe successo non appena Blue avesse messo piede nel mio appartamento.

Josefa mi ucciderà...

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Buon pomeriggio! State bene?

Spero di sì, come spero che vi sia piaciuto questo nuovo capitolo di "Golem's Breath". Per il momento è tutto abbastanza tranquillo, quindi godiamoci questa pace e cerchiamo di conoscere meglio Shanti e il suo Animus "in prestito", l'ambiguo Blue.

Avete notato il modo "standard" in cui si è comportato quest'ultimo davanti agli impiegati del Ministero Internazionale dei Trasporti? Non ha fatto una piega! Sarà stata Shanti a esagerare e a preoccuparsi eccessivamente?

Piano piano riceveremo informazioni sugli Animus e sui Danzatori, ma se avete domande non esitate a farle! Così mi aiutate a ricordare i punti da chiarire nei prossimi capitoli.

E poi, vabbè, lo sapete... Non vedo l'ora di leggere i vostri commenti!

Vi aspetto per la seconda parte del capitolo: come andrà la convivenza forzata tra Shanti e Blue? E la coinquilina della ragazza, nonché proprietaria dell'appartamento, come prenderà la presenza dell'Animus in casa?

Per scoprirlo vi basterà leggere.

Alla prossima <3

P.S. Scusate la sfacciataggine, ma c'è qualcuno tra voi bravo/a a smanettare con telefono o PC che ha voglia di creare un piccolo divisore ispirato alla storia o di aiutarmi a farne uno? Io sono negata ^.^'

Un abbraccio 😊

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