Capitolo XVII
«Quando arrivano questi soccorsi?! Faith potrebbe morire dissanguata!» l'agitazione era alle stelle tanto che Rafton, non era in grado di orientarsi rimanendo di conseguenza fermo e tentando in tutti i modi di trovare una soluzione.
«Owen cosa possiamo fare?» aveva detto Natalie tamponando la fronte sudata della ragazza.
«Non lo so, dobbiamo aspettare e continuare a tenerla in vita!
Sono un infermiere non un medico, farò del mio meglio» e così s'era messo a lavoro.
Qualche minuto dopo, l'arrivo dell'elicottero seguito da un gran baccano, aveva fatto sospirare di sollievo l'infermiere e tutti i presenti.
«Eccolo! Dobbiamo portare subito la giovane Faith sul tetto della villa, vi prego svelti ma con cautela. Ripeto, con cautela» il commissario faceva gesto con la mano indicando la strada ai volontari.
Con molta delicatezza, avevano posto la povera ferita su una barella seguita poi da Owen e Natalie, che erano incaricati di prendersene cura durante quei pochi minuti di viaggio verso l'ospedale più vicino.
La donna si guardava intorno confusa dal rumore insistente delle eliche, cercando di capire ciò che stava gridando Owen dal lato opposto del mezzo.
«Mi scusi! Ci servirebbero un microfono con delle cuffie, ne ha un paio? Abbiamo bisogno di comunicare» cercava di farsi ascoltare dal pilota che invece di aiutarlo, lo ignorava del tutto.
«Cazzo!» stringeva i pugni aspettando al più presto nell'atterraggio che non era tardato ad arrivare.
Per fortuna il personale era piuttosto competente essendosi allarmato, giustamente, ad un codice rosso.
«Grazie a Dio» Natalie baciava la sua collana mentre guardava la giovane essere soccorsa con maestria e rapidità.
«Aspettate in sala d'attesa al secondo piano, arriverà al più presto il medico con un resoconto della situazione» a quel punto i due avevano lasciato Faith nelle mani di ottimi infermieri, sperando al più presto, di ricevere notizie positive.
I due avevano raggiunto la sala dipinta in un azzurro pastello.
Che diffondeva una certa calma e tranquillità nonostante la tensione che li turbava senza pietà.
«Speriamo che vada tutto bene, non possiamo perdere l'unica superstite» Owen beveva un caffè, non riusciva ad essere tranquillo a causa del solo pensiero di far fallire definitivamente la missione.
Riusciva a sentire perfettamente il suo cuore in gola e poteva solo immaginare cosa stesse passando quella povera ragazza in bilico fra la vita e la morte.
Infatti, le condizioni di Faith non erano delle migliori dato che aveva perso molto sangue da tre ferite piuttosto profonde: una sull'addome, una sulla coscia ed una lungo il braccio; inoltre possedeva dei tagli superficiali sulle tempie e dietro le orecchie, causati da chissà quale stramba tortura.
I minuti,non passavano ma nel frattempo a Golden Lake, le squadre di recupero erano arrivati portando con loro chi ancora si trovava sulla scena del crimine.
La zona sarebbe stata poi perlustrata in un secondo momento dalla polizia scientifica i cadaveri.
Il ritorno in centrale dei volontari era stato terribile, a causa di numerosi giornalisti che tempestavano ognuno di fastidiose domande.
L'unica soluzione era farsi strada tra tutta quella confusione e rinchiudersi una volta e per tutte, all'interno dell'edificio aspettando una resa.
«Giuro che io gli spacco la faccia!» aveva detto un uomo minacciando l'inviato di un telegiornale locale.
«Calma! Calma!» Logan continuava ad urlare tentando di temperare gli animi che erano non poco irrequieti.
«Commissario Climber, una domanda! Siamo in diretta, la prego» due individui s'erano avvicinati a lui senza preavviso puntandogli una videocamera in faccia.
«Non possiamo rilasciare interviste, grazie!»
In ospedale...
«Ma quello in tivù è Logan!» Natalie aveva notato il polverone che si stava creando al di fuori della centrale, causato appunto dall'arrivo dei diversi gruppi.
«Che caos...» aveva sospirato il ragazzo.
«Lei è Owen Rafton?» un uomo in camice bianco aveva richiamato a sé l'attenzione.
«Si sono io» aveva annuito.
«Piacere, io sono il dottore Tompton. Volevo dirle che le condizioni della signorina Faith sono piuttosto gravi.
Abbiamo aggiunto dei punti di sutura sulle ferite superficiali mentre adesso, un mio collega si sta occupando delle più gravi.
I parametri vitali sono poco promettenti, ma speriamo che possa riprendersi grazie a una trasfusione di sangue, visto che nel giro di alcuni minuti, ne ha perso molto» per un attimo il respiro s'era fermato ad entrambi.
«Per adesso, questo è tutto.
Vi aggiornerò presto, a più tardi» aveva detto infine congedandosi.
Le buone notizie si facevano aspettare e anche tanto.
Non restava altro che pregare per la salvezza di un'adolescente troppo giovane ed innocente per morire.
«Natalie, so che posso sembrare fuori luogo ma...cosa provi adesso? Se hai ne hai bisogno, sfogati pure con me... sai conoscevo tuo figlio...».
«Di certo ti chiederai per quale motivo io non stia piangendo disperata, ebbene, noi madri vediamo sempre il meglio nei nostri figli, li proteggiamo e li amiamo con tutto il nostro cuore.
Quell'uomo che si è suicidato davanti a me non è mio figlio, io quello spietato omicida non lo conosco ed io non verso mai le mie lacrime per gli sconosciuti».
Quelle parole facevano male, erano graffianti e fredde; poteva sembrare una madre insensibile, ma crudelmente giusta.
Giustificare delle azioni come un omicidio colposo e inoltre premeditato, è da persone peggiori dello stesso assassino.
È triste ammettere una cosa del genere, ma quella volta Natalie aveva scelto di parlare e non più di nascondersi per paura.
«Mio figlio non è morto oggi, bensì quel giorno in cui ha preso una decisione così spregevole»
«È difficile ammettere una cosa del genere, non è vero?» la guardava negli occhi tenendole la mano.
«Lo è eccome caro mio, e non sai quanto».
E con il passare delle ore, trascorse semplicemente a guardare un punto fisso dinanzi a sé e sperare, Natalie s'era appisolata sulla spalla di Owen, stanca dopo tutta quella pressione che stava ricevendo da giorni.
«Eccomi arrivato con i risultati» il dottore s'era fatto avanti con una cartellina tra le mani.
«Dottore mi dica» aveva iniziato a fremere, non poteva aspettare neppure un solo minuto in più.
«Grazie alla trasfusione eseguita con successo, la ragazza si riprenderà anche se molto lentamente.
È un miracolo... il suo corpo ha resistito a delle operazioni complicate.
Se volete è sveglia in camera, potete andarla a trovare» Owen s'era alzato e aveva svegliato Natalie per poi entrare nella camera di un bianco accecante.
«Faith» l'avevano chiamata.
«Sono viva, non è vero?» aveva risposto con un filo di voce.
«Certo che lo sei!» aveva sorriso l'infermiere quasi con le lacrime agli occhi.
«Guarirò?» aveva chiesto tossendo.
«Guarirai. Se hai sopportato tutto questo, la guarigione sarà una passeggiata tesoro».
«È grazie a voi se il mio cuore continua a battere, non so come ringraziarvi» aveva ricambiato quei sorrisi.
«Non devi fare nulla Faith, essere viva per noi basta».
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