Chapter 8.
|Angst| |violence|
Lucy si era buttata sul letto, le gambe penzoloni da un lato e lo sguardo puntato verso il soffitto. Prese un respiro profondo, cercando di immaginare qualcosa di morbido sotto la schiena. Cercò di ripescare il ricordo di quando era bambina, con i peluche stretti tra le braccia come se la sua vita dipendesse da questi. Espirò rumorosamente e poi mise il broncio, lei stessa incerta su cosa volere o meno, su cosa pensare realmente o cosa lasciare perdere.
Voleva che Natsu fosse lì, e voleva appoggiarsi a lui nuovamente, stringerlo a sé e trarre conforto dal calore che il suo corpo emanava. Non avrebbe mai pensato che tenere qualcuno fra le braccia potesse essere così bello, che avrebbe provato così tante emozioni da arrivare a sentire la mancanza fisica di quel contatto. Erano passati anni dall'ultima volta in cui qualcuno l'aveva abbracciata e forse era ironico e crudele assieme, ma Lucy ricordava perfettamente che fosse stato il padre di Natsu. Lei era volata giù dalla finestra del secondo piano mentre giocava, il vento nei capelli che per un attimo l'aveva fatta sentire libera, euforica e impaurita al tempo stesso. E poi l'uomo l'aveva afferrata, arrestando di colpo la sua corsa, e Lucy aveva pensato che forse quella poteva essere la cosa più vicina a una giostra che avrebbe mai potuto sperimentare. Era già pronta a ringraziare l'attento signore, ma quando si voltò le parole le morirono in bocca, quasi come se un colpo di vento le avesse portate via.
L'uomo era divenuto una statua d'oro brillante, con i raggi del sole – ricordava fosse una normale giornata primaverile – che riflettevano e mandando bagliori in ogni dove. Lucy aveva urlato, esattamente come aveva fatto quella sera, e in un attimo aveva visto la servitù accorrere, i loro volti passare dal preoccupato, all'incredulità e al terrore. Quel giorno, molti membri della servitù avevano lasciato i propri servigi, attestando che non si sentivano più sicuri tra quelle mura. Col tempo, anche altri li avevano seguiti, fino alla più recente che, da quel che Lucy sapeva, aveva rivelato il giorno del suo compleanno per poi far arrivare le solite proteste e minacce fuori dai grandi cancelli.
Lucy non aveva mai prestato troppa attenzione ai civili che la volevano fuori da Shizuoka. Dove poteva andare? Muoversi in casa era per lei altamente pericoloso, e all'esterno, dove ci sarebbero state molte più persone, sarebbe stato peggio. Ricordava la sera quando Natsu era entrato scortato dalle sue guardie per la porta principale, gli scarmigliati capelli color ciliegio in fiore e le guance rosee, se per lo sforzo di scavalcare i cancelli o per altro, Lucy non avrebbe saputo dirlo. E quando lui si era presentato come la sua anima gemella e come una persona che non si arrendeva a un rifiuto, Lucy si era sentita cadere nel vuoto. Era stato istintivo per lei pensare che da quel momento in poi, ci sarebbe stata un'altra persona da proteggere, a cui avrebbe dovuto prestare attenzione per evitare di toccarlo. Si sentiva responsabile per chiunque non appena entravano in contatto con lei, e a maggior ragione da quando era avvenuto quello spiacevole evento.
Il trauma l'aveva accompagnata per anni, ma fortunatamente, dopo quell'unico e singolare incidente, non era successo più nulla. Aveva avuto paura quando Natsu l'aveva afferrata per un polso per evitare che cadesse, ed era rimasta scioccata nel sapere che quello che lei aveva tramutato in oro anni prima, era in realtà il padre di lui. Aveva voluto proteggerlo, mandarlo via cercando di ferirlo, ma non c'era riuscita. Quando l'aveva visto rannicchiato verso il tavolino del soggiorno, si era sentita al tempo stesso inquieta e sollevata. E quando lui l'aveva abbracciata, lei aveva sentito i brividi correrle lungo la schiena mentre serrava gli occhi per paura, attendendo con il cuore in gola che il calore venisse bruscamente interrotto. Ma non era successo e Natsu aveva avuto ragione. Lucy aveva pianto. Perché finalmente poteva toccarlo. Perché poteva smettere di preoccuparsi troppo ogni volta che lui si avvicinava. Perché finalmente si sentiva un po' più leggera.
Aveva annegato preoccupazioni e dispiacere assieme e si era lasciata cullare nelle braccia forti e calde di Natsu, sperando che per un attimo il tempo potesse fermarsi, e illudendosi, forse per la prima volta dopo molto tempo, di poter essere una ragazza normale. E poi, quasi fosse il più folle degli incubi che voleva vietarle ogni sorta di felicità, c'era stato l'incidente della ciliegia. Lucy aveva toccato solo lo stelo con la punta delle dita e poi aveva messo in bocca il frutto, ma ne era uscito come una pesante pallina d'oro vivo, i bagliori del metallo che sembravano volersi prendere gioco di lei.
E Virgo era lì con lei quando tutto era successo, gli occhi sgranati e attraversati da una scintilla di paura; solo successivamente Lucy aveva compreso che era per la realizzazione della brutta notizia che ciò poteva portare: se lei non fosse più stata in grado di mangiare o bere, probabilmente sarebbe morta. E quando aveva visto la giovane cameriera portare le mani al telefono che teneva riposto in una delle piccole tasche della divisa, Lucy era saltata giù dal letto, ben capendo le intenzioni di Virgo. Non stava per chiamare il medico di famiglia che da anni si occupava della condizione di Lucy, bensì Natsu. L'aveva implorata di non avvisare il ragazzo della situazione, cercando con tutta se stessa di evitare quello che sarebbe potuto diventare un disastro. Sapeva che Natsu ne avrebbe sofferto e lei non voleva recargli più dolore di quanto non gliene avesse già causato.
In compenso, aveva preso una decisione su cui, anni prima, non avrebbe mai potuto far affidamento: voleva trovare una cura a quella maledizione. Non solo per se stessa, per poter finalmente vivere una vita comune, uscire, farsi degli amici e riprendere sotto mano il sogno di diventare scrittrice che aveva dovuto abbandonare sin da subito. Ora voleva vivere anche per Natsu, per non condannarlo ad avere un'anima gemella che avrebbe potuto limitarlo nella vita di tutti i giorni, e soprattutto, perché voleva ridargli il genitore che anni prima, involontariamente, gli aveva portato via.
Forse sarebbe stata una missione difficile da portare a termine, ma Lucy sentiva di avere una determinazione particolare, qualcosa che negli anni passati non aveva mai avuto. L'influenza di Natsu iniziava a far effetto su di lei, ma non ne era per nulla infastidita, non quando le aveva dato il coraggio di riprendersi in mano la propria vita. Forse non ci sarebbe riuscita, oppure sì, non lo sapeva. Quello che era certo, era che non voleva che la maledizione prendesse maggiormente il controllo sulla sua vita, non ora che voleva iniziare a vivere veramente. Qualunque cosa fosse successa, non avrebbe permesso che le portassero via altri anni preziosi, e su questo ci avrebbe messo la mano sul fuoco.
**
Natsu era giunto alla conclusione che il conflitto con Gray sarebbe stato inevitabile. Passeggiando per le strade deserte e assicurandosi che non ci fosse nessuno, camminava a passo quasi spedito. Sospirò, lasciando che i pensieri, una volta tanto, gli annebbiassero la mente.
Aveva abbracciato Lucy e per quanto fosse stato bello – soprattutto la parte in cui lei iniziava a fidarsi completamente di lui – ora stava tornando a casa con i vestiti appesantiti dallo strato d'oro che li ricopriva. Non aveva lasciato che Lucy gli offrisse un passaggio perché in città era l'unica a possedere una limousine con le cromature in oro, oltre il fatto che, comunque, arrivato a casa Gray avrebbe capito lo stesso. Persino uscendo dalla villa, Loki, il capo delle guardie a difesa della casa, gli aveva offerto di accompagnarlo, ma anche qui aveva rifiutato. Forse era stata una cattiva idea agire di impulso: non c'era solo Gray a poterlo vedere, ma chiunque passasse da quelle strade in momenti da lui definiti "meno opportuni".
Natsu sapeva cosa facevano a chi era sospettato di frequentare la villa maledetta: sarebbe stato allontanato dalla società, esattamente come avevano fatto con Lucy, cercando di vandalizzare ogni luogo in cui si sarebbe recato, rischiando di uccidere anche lui nel processo. Ma non solo: tutte le persone a lui care sarebbero entrate automaticamente nel mirino dell'opinione pubblica, venendo giudicati assieme a lui. Non doveva farsi scoprire mentre indossava i vestiti reduci dai suoi incontri con Lucy o qualcuno avrebbe capito, e il primo a pagarne le conseguenze assieme a lui sarebbe stato suo fratello.
Sospirò per l'ennesima volta, svoltando l'angolo che lo avrebbe condotto sotto al condominio dove abitava. Era vicino, ma non troppo, alla zona un po' meno affollata di Shizuoka. Era come se casa sua fosse la linea di mezzo che separava il rumore della città, dalla tranquillità della campagna. Guardò il telefono, notando come ormai fossero le otto di sera. Scorse la barra delle notifiche, notando le decine di chiamate perse da parte di Gray. Sbuffò, maledicendo il lato impaziente del suo amico/rivale. L'aria era fresca quella sera, portando con sé un po' di odore d'estate, quella consapevolezza che la notte era vicina e che non era fatta per addormentarsi. C'era sempre un tono mistico nell'arrivo dell'estate, come se un qualcosa dicesse che senza gli intralci dell'inverno e le giornate indecise della primavera, avrebbe potuto fare qualsiasi cosa con la massima libertà.
Aguzzò la vista, notando una figura poggiata al portone di casa. Gray aveva i capelli corvini spettinati, la tuta e la borsa da palestra e un'aria a metà tra l'irritato e l'impaziente. Natsu buttò gli occhi al cielo, certo che quel ragazzo probabilmente non sarebbe cambiato mai. Negli anni passati, i professori avevano tentato varie volte di metterli assieme durante i compiti, stabilendo che in quel modo avrebbero potuto limitare i loro lati violenti e decidere di collaborare. Non era mai andata come da previsto, quanto più perché Natsu stesso tendeva ad infiammarsi troppo velocemente allo sguardo impassibile dell'altro e al suo tono annoiato, mentre Gray si rifiutava di prendere consiglio anche per le cose più stupide, quali sottolineare una parola importante. E ora, in tre* anni di scuole superiori, erano al loro millesimo tentativo che, contro ogni probabilità annunciata dai professori, sarebbe stato l'ennesimo buco nell'acqua.
Buttò fuori l'aria in eccesso e si avvicinò ulteriormente, attirando l'attenzione dell'amico. Per quanto Gray fosse stanco e con uno sguardo a metà tra l'annoiato e l'apatico, non appena lo vide sgranò gli occhi. Divenne bianco come un cencio, la bocca che si apriva per dire qualcosa, ma non ne uscì nulla se non lievi sbuffi d'aria. Natsu sospirò. << Non c'è bisogno che ti agiti tanto >> borbottò.
<< Uno di questi giorni mi farai venire un infarto >> grugnì Gray, il tono acido e minatorio. Lo colpì sulla testa all'improvviso e Natsu sentì il dolore esplodergli sulla pelle ed espandersi a zone limitrofe. << Che diamine ti è saltato in testa? >>
<< Che vuoi dire? >>
<< I tuoi vestiti >> lo indicò. << L'hai toccata di nuovo, vero? >> Il tono accusatorio di Gray non fece nulla se non fargli esplodere qualche neurone nei retrocessi del cervello. Non poteva essere più ovvio di così. Eppure, dentro Natsu si insinuò anche la rabbia. Non solo gli sembrava che tutti lo stessero trattando da stupido, come se fosse incapace di decidere per la propria vita e felicità, ma stavano cercando di proteggerlo da un pericolo che non esisteva.
<< Gray, avevo ragione io, non c'è nulla di cui preoccuparsi >> commentò. Era stanco, ma gli occhi rotearono all'indietro, esprimendo tutto il suo fastidio.
Gray lo osservò guardingo, gli occhi increspati, quasi fosse dubbioso su molte cose. << Forse credi sia tutto un gioco, ma non siamo in un romanzo fantasy dove i protagonisti hanno l'happy ending forzato. >>
Natsu si poggiò al muro, il corpo che sembrava non poter reggere ulteriormente il peso dato dai vestiti ricoperti dallo strato dorato. Si sentiva stanco, non solo fisicamente, ma anche mentalmente. Era assurdo che Gray non lo capisse, che non provasse nemmeno per un secondo a fermarsi un attimo e ragionare su tutta quella storia che agli occhi di Natsu sembrava ovvia. Forse potevano non trovarsi in un libro o qualsivoglia attrazione, ma ciò non implicava che i miracoli – o qualcosa che ci andasse pericolosamente vicino – non esistessero. << Non capisco quali problemi ti stai facendo, Gray. >>
E poi il ragazzo davanti a lui gettò il borsone da palestra a terra, la polvere che veniva sollevata come un turbine di vento improvviso. Gli occhi di Gray brillarono di un'accesa luce di rabbia e malessere, ma c'era qualcos'altro dietro, qualcosa che suonava come preoccupazione, ansia. Non fece in tempo a muoversi, capire cosa stava succedendo, che Gray gli piantò un pugno sul viso. Natsu sentì la testa girarsi dall'altro lato per la forza dell'impatto, qualcosa scricchiolare in maniera inquietante, quasi fossero foglie d'autunno calpestate dalle suole delle scarpe. Il sangue gli esplose in bocca come un uragano improvviso e lui si ritrovò a sputare rosso l'attimo dopo, il terreno che si colorava di gocce scure. Si ripulì il mento con la camicia, osservando con un certo disinteresse la manica dorata che si striava di sangue. E poi sentì una presa sul fronte che lo tirava in avanti e poi indietro, la schiena che cozzava con forza con il muro adiacente. Il fiato si spezzò in gola e lui tossì nuovamente, osservando le goccioline di sangue che si facevano strada verso la felpa scura di Gray.
Proprio gli occhi di quest'ultimo erano iniettati di rabbia cieca e furiosa, le mani che stringevano con forza la camicia di Natsu, spiegazzando un tessuto che doveva essere più duro del previsto a causa dello strato dorato che lo ricopriva. A Gray non sembrava importare, tanto meno ci faceva caso: sembrava intenzionato a colpirlo nuovamente. Natsu lo precedette. Strinse il pugno fino a farsi sbiancare le nocche, colpendo il suo amico/rivale sulla guancia con forza, ma quello non si scompose. La presa su di lui divenne più forte e Natsu si chiese se Gray non avesse perso completamente la testa. << Cosa non capisci, idiota? >> urlò il corvino, la voce che diveniva scura e profonda come un tuono << Stiamo cercando di proteggerti, tutti quanti, ma proprio non ci arrivi. Quella ragazza, Lucy, è pericolosa. >>
<< Ti ho già detto che posso toccarla. Non mi tramuterò in una statua d'oro! >> Gridò anche lui di rimando, ignorando completamente il fatto che si trovavano ancora per strada, e che, nel caso qualcuno li avesse sentiti, avrebbe capito all'istante qual era il problema.
<< Pensi davvero che sia quello l'unico problema? >> Gray lo disse con una mezza risata, un tono così violentemente sarcastico che fece correre dei brividi lungo la schiena di Natsu. << Quella villa è costantemente vandalizzata: colpi di pistola, vernici spray, sommosse, violenza. Credi che la verità non verrà mai a galla? Credi davvero di poterti avventurare fin lì, senza che qualcuno ti veda? Prima o poi succederà, Natsu, e la gente di questa città cercherà di rovinarti la vita. Stiamo solo cercando di proteggerti da un mondo che farebbe volentieri a pezzi un diciottenne, se lo ritenesse necessario. >>
Lo sapeva, pensò immediatamente Natsu dopo quelle parole. Sapeva che era pericoloso farsi vedere, ma era anche a conoscenza del fatto che Lucy gli aveva proposto molteplici volte di farsi accompagnare da una delle sue guardie. Nessuno di loro, per quanto le azioni fossero nel bene, aveva mai provato a capire cosa provava lui ad andare da Lucy. Nessuno voleva sul serio conoscerla, eccezion fatta per Lisanna. Non si erano mai posti il problema di pensare su cosa invece aveva ragionato lui: a come non farsi vedere, passare da scorciatoie, oppure creare scenette per infiltrarsi nei giardini della rinominata villa maledetta. E poi c'era Lucy: lei, che rischiava la sua vita ogni giorno solo stando tra le mura di casa.
Un moto di rabbia prese il sopravvento e la mano di Natsu scattò in alto, le dita che fremevano e stringevano con forza il tessuto della felpa dell'altro, spingendolo indietro. << Credi davvero che non ci abbia mai pensato? Mi credi davvero così stupido, Gray? >>
<< Evidentemente non ci hai ragionato abbastanza, o non torneresti ancora in quella stramaledetta villa! >>
<< Come pensi che potrei lasciare Lucy a gestire tutta quella pressione da sola? >> urlò, le dita che affondavano maggiormente nella felpa. Il suo gomito si scontrò con il petto dell'altro e Natsu lo vide tossire, il fiato che si fermava in gola. Approfittò della situazione e ribaltò la situazione, ma questa volta lo trascinò all'interno del palazzo. Gray cercò di fare resistenza, ma Natsu era controllato dalla rabbia, ignorando completamente le proteste e i tentativi di fermarsi dell'altro. Fortunatamente non c'era nessuno nei paraggi, ma decise comunque di andare verso l'ascensore. Aprì le porte, sperando vivamente che non ci fosse nessuno che lo aspettava, o all'interno. Il ding familiare gli trapanò i timpani, ma cercò di ignorarlo il più possibile. Quando vi spinse dentro Gray e premette il tastino rosso del blocco, l'ascensore traballò pericolosamente, costringendolo ad aggrapparsi con forza alle pareti. Non staccò gli occhi da Gray, esaminandolo con lo sguardo iniettato di rabbia: la vita di Lucy non valeva nulla per lui? Solo perché non si conosceva una persona, non stava a significare che la vita valeva meno di quella di un conoscente. << Come potrei voltarle le spalle anche io, quando il mondo intero l'ha già fatto? >>
<< Se lei ci tenesse realmente a te, non ti avrebbe concesso di tornare >> sputò quello. Aveva la schiena poggiata contro la parete dell'ascensore, esattamente davanti lo specchio.
Natsu vide il proprio riflesso e quasi non si riconobbe. Aveva i capelli sparati in aria, occhi sgranati e rossi, profondi cerchi scuri dati dalla stanchezza. La camicia ricoperta d'oro sembrava splendere di luce propria sotto i fari nella cabina dell'ascensore. Era spiegazzata e su una manica aveva tracce di sangue. Un rivolo si faceva strada dal labbro spaccato sino al mento, colando sul colletto della camicia e creando una nuova scia. Era un disastro. Eppure, al suono di quella frase, le vene rischiarono di scoppiargli per la furia. << Lo sai anche tu che ha cercato di cacciarmi, all'inizio. >>
<< All'inizio, infatti. E dopo? Perché non ha continuato a farlo? Ti sta sfruttando, e non gliene importa nulla di ciò che potrebbe accaderti. Perché non riesci a capire che io e gli altri stiamo solo cercando di proteggerti? >>
<< Perché non ne ho bisogno, dannazione! >> La voce gli uscì come un ringhio basso e intriso di frustrazione. Rischiò di graffiarsi la gola a causa della forza dell'impeto, ma cercò di controllarsi. Per quanto fossero in un luogo isolato, dall'esterno potevano comunque sentirli e mandare la sicurezza per forzare le porte dell'ascensore. << Smettila di parlare di lei come se la conoscessi. >>
Strinse i pugni fino a farsi sbiancare le nocche, mentre la rabbia gli cresceva nel petto come la pericolosità della marea. Prese un respiro profondo, cercando di calmarsi, ma non ebbe il risultato sperato. Vedere il viso ugualmente frustrato di Gray, gli fece salire il sangue alla testa. Si morse l'interno guancia e prese lo slancio, il pugno che andava a collidere con lo specchio alle spalle dell'amico/rivale. Si sentì un fragore, qualcosa che andava a pezzi e qualcuno che tratteneva il fiato. Natsu non sentiva più nulla: avrebbe dovuto provare dolore, ma non c'era niente. Gray stava urlando, il volto infervorato e preoccupato al tempo stesso, ma il suo sembrava essere un eco lontano e indistinto. Natsu non voleva rimanere lì a scoprirlo, né sorbirsi il momento in cui tutto sarebbe tornato a gravargli sulle spalle come un peso indicibile. Vide qualche goccia di sangue colare sul pavimento, notando solo allora le sue nocche scorticate, i pezzi di vetro incastrati nella pelle come se fossero una grottesca imitazione di qualche gioiello particolare. Si sentiva il petto stringere, il cuore sconquassato dal dolore e il fiato che si incastrava in gola, non dandogli alcuna possibilità di respirare correttamente. Vide Gray allungare una mano verso di lui, ma gliela schiaffeggiò con violenza. E prima ancora di poter processare il tutto, si era già liberato da quella pressione ed era fuori, le gambe che correvano ignorando l'acido che gli corrodeva le vene come un veleno, e lasciandosi alle spalle l'eco della voce di Gray che lo chiamava.
* Il sistema scolastico giapponese (per chi non lo sapesse) è diverso dal nostro. Le elementari vanno dai 6 ai 12 anni, per un totale di 6 anni. Le medie, dai 12 ai 15 anni, e quindi 3 anni come da noi. Le superiori, invece, vanno dai 15 ai 18 anni, quindi 3 anni anche qui.
*Angolinoooooooo
Scusatemi tanto, sono in ritardo anche questa volta! E giusto per mantenere il tema, ho anche pubblicato a orari indicibili XD Spero troviate la notifica dell'aggiornamento domani mattina e di rallegrarvi un pochino
Tuttavia, questo capitolo non è dei migliori: non solo è corto rispetto agli altri, ma è stato scritto in un periodo abbastanza no per me, e per riflesso, ho proiettato tutto sui personaggi di questa storia. Chiedo venia :'(
Al tempo stesso, per come avevo impostato le cose nel capitolo precedente, alcune scene erano inevitabili, soprattutto il litigio tra Natsu e Gray, ormai inevitabile.
Spero di aver fatto intendere bene il punto sia dell'uno che dell'altro. Non sono molto brava a scrivere di dispute :(
Detto ciò, mi dileguo! Fatemi sapere cosa ne pensate!
Un bacio,
Gaia*
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