INTERMEZZO: L'Assasymphonie (Salieri - II)
Un'osteria malfamata. Il Fanciullo è andato a ubriacarsi in una maledetta osteria malfamata nei bassifondi squallidi di Vienna.
Salieri si incoraggia ad addentrarsi tra quei tavoli lerci, sgombri, un fazzoletto appallottolato alle narici, ripugnato dal fetore mefitico di vino e birra schiumosa, di salsicce affumicate e sbobba grumosa d'avena, grasso e burro. Tedeschi, genia infima sul piano culinario. Le prelibatezze italiane se le sognano. Un garzone sonnecchia, il mento sul manico della ramazza con cui stava scopando fino a poco fa. L'oste, al bancone, lucida i boccali. Un uomo tarchiato, dal grugno burbero, le maniche rimboccate impataccate di chissà quali frattaglie untuose.
Quando Salieri lo interroga sulla presenza di un certo giovane e scapestrato musicista, l'omaccione gli segnala con il mento un tavolo addossato al muro, defilato.
«Ditegli che mi deve pagare.» brontola, sistemando la sequela di boccali sugli scaffali.
Perché Salieri non è sorpreso d'udirlo?
Al verde. Il Fanciullo Osceno non si smentisce mai.
Mozart e il suo compare di bagordi, un vecchierello canuto e rugoso, ronfano riversi in avanti sul tavolo in un macello di bottiglie e calici. Che ci fa con un vecchio?
Salieri si schiarisce la voce. «Herr Mozart?»
La Creatura russa lievemente, la guancia spiaccicata sulle braccia incrociate a mo' di cuscino. S'è sfilato la giacca e rimosso l'impiccio della parrucca, l'inselvatichita criniera bionda sciorinata sulle spalle, pozzanghere di grasso e rimasugli di punch impiastricciano il legno. Il vecchio gli pesa sulla schiena, sbilanciato, in cenci e buchi.
S'è sollazzato con un mendicante?! Salieri storce la bocca, indignato.
«Herr Mozart!»
Il ragazzo si sveglia di soprassalto, frastornato. I calici vuoti tremolano, il vecchio è spinto di lato. Si stropiccia le palpebre, ancora obnubilato dal sonno.
«Signore!» squittisce appena lo riconosce, estasiato. «Maestro Salieri!» Batte le mani, osservando poi lo stato pietoso in cui è stato rinvenuto, le bottiglie, i bicchieri, i miasmi pestilenziali d'alcol che lo ammorbano. «Non vi facevo avventuriero delle piacevolezze notturne...» Ammicca, quasi custode di un segreto tra di loro.
Salieri si è avventurato in questo girone solo per quietare la lacrimosa intercessione di sua cognata, altrimenti questi tuguri, raduno di facinorosi, non sarebbero mai stati degnati nemmeno della sua ombra.
«Sono qui per ricondurvi a casa, Mozart.» pone in chiaro fermamente.
Il Fanciullo, era prevedibile, se ne lava le mani.
«Venite! Ammirate.» Scrolla il vecchio accattone dall'indolenza, abbracciandolo con fervore. «Quest'uomo suonava il mio Don Giovanni! Ed è cieco!» Gli solleva le palpebre cispose. Sclera glauca, vitrea. «Vero che sei talentoso, bastardo sdentato?»
Il ratto di fogna assente vigorosamente.
«Lo sono!»
Mozart ride sguaiatamente, perforante i timpani. «Eccezionale!»
Salieri non sta ridendo. È una statua di frigida serietà. Ovviamente il Fanciullo doveva accampare una qualche stramberia delle sue per fargli perdere tempo.
«Che c'è da ridere?»
La spensieratezza si spegne sul volto della Creatura. «Ah, vero, voi non ridete...»
Uno scalcagnato cieco che oltraggia la musica paradisiaca, seppur zampillata da quell'individuo insano, eccentrico, bambinesco?! È un oltraggio mosso al mondo dell'Arte, che finemente Salieri ha studiato e approfondito. La musica è sacra.
L'Arte è sacra.
E il Fanciullo, che, malgrado la sua indole insopportabile, i modi volgari, sboccati, passionali - le passioni sgozzano la ragione! - e venati di stravaganza, Salieri considera, purtroppo o per fortuna, una tra i più grandi artisti di tutti i tempi, capace di tradurre in musica emozioni inesprimibili, dovrebbe rammentarlo.
Dovrebbe saperlo.
È un seguace dell'Arte o no?
«Cos'avrei da ridere quando un imbianchino imbratta un Raffaello? O quando un cantastorie qualunque storpia i versi dell'Alighieri?» sibila Salieri, deponendo il bastone lungo il tavolo e congiungendo le dita, severo. «L'immaturità altrui va derisa, non esaltata, Wolfgang.»
Il Fanciullo lo fissa stralunato, sganasciandosi poi in grasse, laide, risate.
«Mio padre vi avrebbe adottato seduta stante a sentirvi.»
Leopold Mozart diseredante il figlio su cui aveva tanto investito?
«Coltivo i miei dubbi: sono italiano.»
Mozart rintraccia un rimasuglio di punch in un calice. Se lo scola tutt'ad un fiato.
«Pensate che Dante non ridesse?»
Penso che la tua risatina irritante potrebbe causare un deliquio a qualcuno.
«L'Arte è una dottrina seria, Wolfgang.»
L'altro si pulisce la bocca nella manica, ruttando. Salieri reprime il suo disgusto. Incivile. Dio deve avere deragliato per aver scelto questo... questo essere quale suo altare alla musica. Ara, per non deviare dalle strofe auliche di Ofelia.
Il ragazzo non n'è minimamente turbato. «Siete venuto qui a celebrare?»
«Celebrare cosa, di grazia?»
Mozart leva un calice. Il vecchio decrepito, e sicuramente ritardato, lo emula. Brindano, un bacio cristallino di coppe, ingollando il ristagno di punch.
«La mia disfatta.»
Salieri si corruccia. L'ottimismo solare della Creatura? Si è dissolto?
«Mozart...»
Il piatto del calice sbatte sul legno, il consesso di vetro vibra. «Nessuno domanda più la mia persona ai concerti, nessuno suona più le mie arie. Mi hanno accantonato come un vecchio stivale consunto.» Preleva una bottiglia, ne annusa l'interno, assetato di altra vendemmia in cui affogare i suoi dispiaceri. Appuratane la rimanenza, si sorbisce quelle tre gocce superstiti. «Tutti segnali di una disfatta in grande stile, non ritenete?»
«Ritengo che l'alcol vi stia mandando in pappa il cervello.»
Ride. Salieri è certo che quella risata lo rintronerà un giorno di questi. Trillo del demonio! «Questa scatola vuota? È già deteriorata da molto, amico mio.»
«Vi hanno assunto a Santo Stefano.»
«Assistente Kapellmeister del maestro Hofmann.» specifica il Fanciullo. «Una mera onorificenza non pagata. Non avrò voce in capitolo finché il vecchio non tirerà le cuoia.» Si tracanna un'altra bottiglia, una botta e via. Ma quanto beve? È un'otre. Salieri non gradirebbe essere il suo fegato. «Quei 2000 fiorini annui di compendio li vedrò col cannocchiale se il posto non si rende vacante a breve.»
«L'adagio e il rondò che avete scritto per la Kirchgeßner?»
Una pianista cieca, promessa della glassarmonica, virtuosa e conosciuta da Mozart durante una tappa della sua tournée, a Vienna.
Il più giovane collega sbuffa. «Andati. Hanno avuto i loro scampoli di carta e...» Discosta lo sguardo, sorseggiando un goccio di punch con lentezza.
«E?» lo incalza Salieri, già al corrente della risposta. «Wolfgang, che fine hanno fatto i soldi del pagamento?»
«Be'...» farfuglia vago. «Ci ho sfamato i miei bambini...»
E i tuoi appetiti cupidi, razza di balordo impertinente.
«Non solo, deduco.»
Il Fanciullo leva la bottiglia. Più che loquace, chi ha orecchie per intendere intenda. Salieri lo folgora. Scialacquare gli introiti in baccanali? Idiota.
«Oh, non guardatemi così!» piagnucola la Creatura, incrociando le braccia, capriccioso. «Sembrate mio padre. Ho bussato a tutti i palazzi di Vienna. Tutti! Nessuno che fosse interessato a uno stralcio della mia musica, nessuno vi dico! Mi hanno scacciato a calci, aizzato contro i loro segugi, gettato secchiate d'acqua addosso. Da idolo sono diventato una seccatura. La mia musica è fuori moda, tramontata. Adieu!» Mima un gesto di congedo, seccato. «Il Don Giovanni? L'avete sentito anche voi il benamato imperatore Giuseppe, che Dio lo conservi in gloria: il Don Giovanni non è pane per i denti dei miei viennesi! Per forza!» Ruba un'altra bottiglia, brindando con il barbone sdentato. «Si ingozzano di merda!» I tratti raggrinziti del vecchio si sformano in una risata laida. «Merda sberla sperda la cerva, crick crack.» Salieri è basito e ripugnato al contempo. Che cavolo sta decantando? «Così Fan Tutte? Ricezione tiepida! Acqua cheta! Rimasta in cartellone per quattro sere e poi ritirata perché Sua Maestà aveva deciso bellamente di ricongiungersi a quell'Entità Superiore che giudicava origine di superstizione e tetra ignoranza! Quattro sere!» tuona il Fanciullo, avventandosi in avanti, appropriandosi dell'ennesima consolazione liquida e trincandosela in un solo sorso. «Pensate che 200 fiorini siano bastati a risollevarmi?!» Crolla sulla sedia, rassegnato. «Stendiamo un velo pietoso sull'insuccesso della Clemenza di Tito.»
Salieri si augura che tutto questo soliloquio insulso sia frutto dell'ubriacatura. In vino veritas, pontificano i progenitori latini. In quanto a verità il Fanciullo Osceno ha centrato il bersaglio: la Clemenza di Tito, ambientazione italiana, soggetto ispirato da Metastasio, opera seria, è stata un fiasco, un insuccesso clamoroso.
Colpevoli le tre settimane di sbrigativa composizione? Mozart ha impiegato di meno - una notte appena! - per scrivere in fretta e furia l'Ouverture del Don Giovanni e il risultato, parere di Salieri, è stato più che eccelso. Divino, la fattura non poteva che essere impregnata di particelle di divino. A detta sua, la Clemenza di Tito è straordinaria, a discapito delle opinioni sedimentate a corte.
Ammette d'averci infilato lo zampino nelle doglie dolorose di quest'opera. L'impresario del Teatro degli Stati di Praga, il suo connazionale Domenico Guardasoni, l'aveva contattato per ben cinque volte di fila, nella speranza che accettasse di dedicarsi a un'opera in onore dell'incoronazione dell'Imperatore Leopoldo, fratello del defunto Giuseppe, che si sarebbe svolta a Praga.
Aveva declinato l'offerta dietro il pretesto che poteva spendersi solo per il teatro della corte viennese, consigliando Mozart quale alternativa.
A sua discolpa, Salieri non immaginava che il Fanciullo fosse già, nel frattempo, oberato di lavoro e assillato dai creditori. Non fino al punto da porre a repentaglio la propria salute, quanto meno. Lo detesta - a voler sputare il rospo, quando non scimmiotta nessuno o si svergogna in ridicole figure e risatine insopportabili, può passare anche per... tollerabile - ma non fino al punto da sferrargli mazzate di grazia.
Di quello se ne sta già occupando Dio.
È la tua subdola meschinità che lo sta avvelenando, Signore.
Una porcheria italiana, il cinico commento dell'Imperatrice Maria Luisa di Borbone.
Porcherie artistiche, scempi, saranno quelle con cui si assordano i sornioni di corte e il pollaio frivolo che le chiocciola intorno. Mozart... Mozart è...
... un antidoto ai mali.
E, paradossalmente, per Antonio Salieri, un ascesso infetto, un male.
Mai quanto l'Onnipotente e il suo smacco: un genio nelle membra di un fannullone.
«Penso che dovreste limitare i vostri eccessi.»
«Eccessi?» sghignazza Mozart, battendo una pacca solidale sulla schiena incurvata del vecchio. «Eccessi, sentito? Dovrei limitarmi secondo lui!» Ride e trinca, trinca a dismisura. Con tutta la scorta d'alcol accumulato in corpo dovrebbe fumigare dalle narici. Una fucina produrrebbe meno calore. «Bacco è l'unico signore che non m'imponga di riverire la terra su cui cammina.»
Bacco è il dio delle orge e tu ne sembri appena scampato a una.
«Ma, ahinoi, non è il nume tutelare della fortuna.»
«Sfortuna, vorrete dire!»
Ah, sul Fanciullo Osceno si sta accanendo terribilmente. Salieri ignorava che mirasse a prede tanto prelibate.
«Vi suggerisco, da amico, di non provocarla ulteriormente.»
«Come se voi la conosceste da vicino!» Strepita in risolini striduli, acuti, un eccesso effervescente, il vecchio con lui. Un sibilo tra gengive rincagnate e chiostre di denti cariati dall'età. Mozart, di colpo, si calma, giocherellando con il collo della bottiglia, le gambe allungate sgarbatamente sul tavolo. «Siete Kapellmeister, Salieri, ricoprite una posizione di prestigio a corte. Non venitemi a predicarmi la paternale.»
Il sangue confluisce al volto, avvampa d'imbarazzo e offesa. Il Fanciullo si fa scherno di lui? Insolente, sbruffona, piccola, spudorata larva!
«Alludete a qualcosa in particolare con queste parole?»
La Creatura perde d'un tratto la sua spavalderia. «N-No... cioè-io... n-non... non...» Risolino nervoso. «Era p-per... p-per dire che... i-intendevo...»
Salieri inarca un sopracciglio. «Sì?»
«... intendevo ammettere che so-sono un cretino!» balbetta, ricomponendosi, sedendosi composto e sorridendo a stemperare la tensione palpabile. «Un bastardello cretinello storno forno corno di stormo torvo d'un tordo sordo!» Cosa? S'incupisce. «A-Aveva ragione m-mio padre... sosteneva che parlassi a sproposito...»
Salieri propenderebbe per lucchetto applicato a quella sua boccaccia incauta.
«Piuttosto vi siete avvinazzato a sproposito, Wolfgang. Vostra moglie non vi redarguisce?»
«È a Baden, a curarsi, coi bambini.»
«Capisco.» Solo a potersi beare dell'ebrezza di Bacco. «Be', marcire in questa bettola non beneficerà alla vostra fama.»
«Perché?» Ne pare genuinamente sorpreso. «Lei è già marcia da parecchio.»
Oh, la commiserazione no! Che ne ricava?
Che guadagno ne ricavi, tu, Dio?
«Wolfgang, per piacere.» lo ragguaglia Salieri. «Vostra cognata e suo marito sono in pensiero per voi.»
Il Fanciullo si illumina, balzando sulla sedia. Il mendicante trasecola.
«Aloysia? Si preoccupa di me, ora?» Un sorriso beffardo si materializza in viso. Suo obbiettivo: l'ingresso. «Ah, no, la impietosisco. Certo. Sono una piaga.» Alza il tono, enfatico. Crede forse che la parente lo attenda là fuori, in pensiero? «Rovino la vita a chiunque mi graviti attorno, non è così?!»
Salieri è sceso quaggiù solo per raccattarlo. I melodrammi patetici li allestisca in momento più congeniale, per piacere.
«Mozart.»
«Nessuno mi ama come sono, tranne Stanzi.» È andato. Una volta sciorinato il piagnisteo non c'è modo di riavvolgere il nastro. «Mio padre, Colloredo, Aloysia, la corte... piaccio solo se li assecondo, se divento il loro burattino!»
«Mozart, vi prego.»
«Ho qualcosa da dichiarare a quegli scapricciati dal cervello di una grandezza di una noce!» annuncia roboante. Si drizza in piedi sulla seduta, sbottonandosi e calandosi le brache. «Che possono benissimo succhiarmi l'uc-»
Salieri lo abbranca per il braccio prima che possa compromettersi definitivamente, scagliandolo sulle assi luride, scivolose di liquami e avanzi. Si controlla intorno.
Nessuno li ha visti, la reputazione del Fanciullo è ancora integra.
Con immenso rammarico di Salieri.
«Mozart!» Lo scuote, la testa del più giovane ciondolante, sguardo vacuo, offuscato dalla sbronza. «In nome del vostro bene vi esorto a calmarvi!»
«Oh.» ridacchia la Creatura, in ginocchio nel putridume, ristabilendosi in piedi con movimenti goffi, impacciati. Si appiglia al tavolo, vacillando in avanti. Il mendicante menomato della vista gli ha sgraffignato tre bottiglie. Salieri è a corto di parole. «E-Era uno scherzo, una ba-bazzecola...» Arpiona il primo calice nella sua orbita e se lo scola a dirotto, senza alcun ritegno. Rivoli ambrati di punch colano lungo il mento.
Deprimente.
Dio aveva l'imbarazzo della scelta e ha regalato la sua genialità a un beone.
«Vi accompagno a casa.» decreta Salieri, sfilandogli il calice di mano. «Basta così.»
Il Fanciullo assottiglia gli occhi, stordito, sostenendosi maldestamente al tavolo con un braccio. L'ha compreso o è troppo brillo per computare due più due?
«Casa?» chiosa, inclinando il capo, la lingua sgusciante. «Sgasa svasa pervasa rasa.» canticchia, storpiando, saltellando sul posto, un moccioso viziato, un cocco che si lagna in uno dei suoi ghiribizzi. «Tabula rasa, rasa come la mia zucca!»
Il senno gli è naufragato negli effluvi torbidi del vino. Oh, sì.
Salieri lo bracca per il polso, sospingendolo verso l'uscita. Dio, devo svilirmi a tanto? A recuperare il tuo araldo che s'è smarrito nei suoi lazzi blasfemi?
L'oste, un energumeno panciuto, sbarra loro la strada.
«Altolà!» Addita al posto disertato da Mozart, al ciarpame di calici e vini sbottigliati, al vecchio che se l'è svignata. «Quelle bottiglie chi me le paga?»
Salieri sta per aprire bocca e borsellino, quando il Fanciullo interviene in uno dei suoi interventi epocali.
«Io!» esclama, più ebbro di un randagio. «E lo sai tramite quale banconota?» Pernacchia, lo innaffia di saliva, coronando lo sberleffo con un sonoro marameo marameo. «Pernacchia racchia gracchia la pacchia sulla macchia! Mac mac!»
L'oste, infuriato, sta per assestargli una sberla coi fiocchi.
«Tu, piccolo-»
Salieri s'infila giusto in tempo. «Mozart, non intorbidiamo le acque.» Fruga nel borsello, renumerando il titolare con un fiorino. «Tenete buon uomo, a nome mio.»
Mozart - ma è davvero brillo? - è esterrefatto. S'inginocchia a strapazzargli la mano di baci devoti. «Oh signore, voi siete un angelo.»
Un angelo castigatore. Salieri è imperturbabile, lo fulmina sul posto.
«In carrozza.» ordina perentorio. Non si ripeterà. «Ora.»
Aperta la portiera della carrozza, il Fanciullo si spaparanza direttamente sul sedile, sfilandosi le scarpe. Ha recuperato parrucca e giacca prima di andarsene. Si raggomitola, un micetto acciambellato a pisolare sulle imbottiture sontuose, le ginocchia premute contro il petto, la giacca a ripararsi dai raggi molesti, filtranti dallo sportello addetto alla circolazione dell'aria durante i lunghi tragitti.
Salieri si accomoda frontalmente. Uno schiocco vigoroso di redini fustigato dal cocchiere e la pariglia s'impenna, imbandalzita e nitrente, per i chiassi e i vicoli della Vienna popolare. A ogni sobbalzo o dosso, l'impatto attutito dagli ingegnosi sistemi di molleggi, Mozart geme, rannicchiandosi nel suo bozzolo.
Bella batosta la bevuta sregolata, eh?
«Il vino comincia a far avvertire il suo effetto?» Salieri rompe il ghiaccio.
Un viaggio in silenzio sarebbe paradisiaco, ma sa bene che la Creatura e il silenzio non si conciliano. Il ragazzo si contorce, cambia posizione, raddrizzandosi più civilmente come si confà a un musicista, le palpebre appesantite dalla sonnolenza.
«Non sono mai stato bravo a smaltire i postumi della sbornia...» bofonchia, indolenzito, sgranchendosi le braccia.
«Si nota.» Ti stai danneggiando il fegato, mi dispiace per il suo stato. «Un lenzuolo vanta un colorito più salutare di voi.»
Mozart oscilla sul filo dell'incoscienza, la testa balzellante in avanti. «Mmh...»
«Dovreste riguardarvi, mio giovane amico. La musica non può fare a meno del vostro estro.»
Io non posso farlo. Dio... chi lo sa?
Il Fanciullo si raccoglie la parrucca in grembo, soffocando uno sbadiglio nel palmo della mano, rannicchiandosi in prossimità del finestrino, la fronte pigiata contro la lastra di vetro gelida, appannata da aloni del suo fiato. D'improvviso un accenno di sole sguscia nell'etere, fendendo la nuvolaglia e la bruma argentea di Vienna, incendiandogli la capigliatura scompigliata in un nimbo d'oro liquefatto. E accentuando il pallone cadaverico, mortuario, che gli ha affilato i lineamenti. Il naso pronunciato, le iridi scolorite, opache, le occhiaie marcate.
È stanco, intuisce Salieri. È stremato.
Dio lo sta spompando. Ricompensi così i tuoi diletti, Despota Celeste?
«Credo che mi stia uccidendo.» borbotta Mozart con un tono affaticato.
Salieri corruga la fronte. «Chi?»
Dio?
«La musica.»
La musica? La devozione maniacale alla musica caso mai! A me mi sta uccidendo la tua esistenza, sono intrappolato in un inferno a causa tua, pensa un po'. Proprio sulle scene viennesi doveva piombare? Proprio i parquet lustrati di Schönbrunn doveva calcare? Proprio con Antonio Salieri doveva intessere una relazione di stima e rivalità a fasi alterne? Non sottovalutiamo il ruolo chiave dell'alcol nel declino fisico del Fanciullo. Avrà prosciugato le cantine di quante taverne?
Beve e scrive, beve e scrive, componendo a ritmi folli. Compone bevendo. Punch, vino, caffè, intrugli medicamentosi senza dubbio, qualunque combinazione da dissoluto gli proporrà il suo cervello ormai allo sbaraglio, una spugna imbevuta d'alcol.
Il fegato ringrazia sicuramente. I reni purganti l'organismo pure.
Dio, tu l'hai reso così e la tua arroganza ci impedisce di salvarlo e ripulirlo dai suoi vizi degenerati. Non che Salieri ci tenga al Fanciullo.
Per la sopravvivenza della musica sarebbe ideale che scomparisse dai paraggi.
«Cosa sono queste congetture infantili?» lo redarguisce paternamente. «Wolfgang, per favore!»
La Creatura chiude gli occhi cerchiati, tradenti una nottataccia trascorsa in bianco. Sospira, esitante, un po' imbarazzato.
«N-Non dormo bene.» Deglutisce, si piega la giacca sgualcita sul gomito. «Di notte... ecco... appena chiudo gli occhi lui profana il m-mio riposo...»
Salieri storce il naso. Chi procura incubi al fabbricante di sogni? «Lui?»
«Un misterioso cliente incappucciato. H-Ha bussato alla mia porta u-una sera, sul tardi... credo fosse mezzanotte. Mi ha incaricato di scrivere un... no, nulla, lasciate perdere.» Si massaggia la radice del naso, incassando la testa nelle spalle. «Avete ragione voi: si tratta solo di sciocche congetture infantili.»
Sciocche congetture influenti sulla natura delle sue opere, su quegli agganci con i cieli. Lo stato di uno condiziona l'altro. Salieri è curioso, d'una curiosità morbosa, devastante. La bellezza diminuirà? È la tua mano, Dio? Stai sbrogliando la matassa da te aggrovigliata? Buona fortuna, Signore.
«Se può aiutarvi a sentirvi meglio, il mio orecchio è a vostra disposizione.»
Le sclere del Fanciullo sono iniettate di sangue, un guazzabuglio di capillari rotti. «Il suo ordine prevede un Requiem da completare a data indeterminata. Un R-Requiem!» Abbassa la voce, scrutandosi intorno, timoroso. Rabbrividisce come un cerbiatto nel mirino dei cacciatori. «Una messa per i d-defunti!»
Salieri sa benissimo di cosa si tratta.
«Mi ha sborsato cinquecento ducati. C-Cinquecento ducati!» sottolinea roboante Mozart, incredulo. «Ve lo immaginate? Ha concluso di-dicendo c-che sarebbe t-tornato a visionare come p-procede la composizione, m-ma... in verità... i-io...»
Si addenta l'unghia del pollice destro, massacrandosela, titubante.
«Apritevi.» lo esorta Salieri, carico di falsa gentilezza. «Siamo o non siamo amici?»
Il Fanciullo si slancia in avanti, come punto.
«Certo!» giura e lo intende con tutta la coscienziosità che la sbronza non gli ha annacquato. «Voi siete un amico leale e l'unico collega che io stimi veramente!»
Un amico. Salieri sogghigna di nascosto. Un amico non ti odia.
«Mi adulate, Wolfgang...»
«Giurin giurello accoppa il fringuello. Sono sincero, signor Antonio.»
«E quel Requiem? Ve ne state occupando?»
La Creatura ride nervosa, un risolino sgradevole, stonato. «È-È buffo, p-perché... non ci riesco.»
Lo stato dell'opera è determinato da quello dell'autore. Come predetto. Salieri imbastisce un'espressione attonita.
«Voi? Proprio voi in crisi ispirativa?»
«N-No!» Il ragazzo si sbriga a rimediare. «Come vi ho detto: le idee fioriscono! È solo che...»
Che Salieri non ha tempo da sprecare in ciance. Gli urge sapere. «La vaghezza non sgraverà il macigno dal vostro cuore più in fretta.»
«Mi terrorizza!» confessa Mozart, torcendosi la stoffa trasandata della giacca, gli alamari scuciti germoglianti lungo gli orli. «L'ho detto. Un... u-un peso mi opprime quando mi accingo a lavorarci sopra, un'angoscia inspiegabile m-mi soffoca, come un giogo, un nefasto presentimento. Il tempo vola, presto il committente si ripresenterà e la commissione non è ancora ultimata.» Gesticola, inquieto. «Sta lì, sulla scrivania, incompiuta... e mi si accappona la pelle. Non so perché. È-È viscerale, è... a-abominevole.» Si caccia il viso tra le mani. «E quell'uomo senza volto mi tormenta anche quelle sparute volte in cui dormo... avvolto nella nebbia, un'ombra colossale, incombente, in nero funereo, il viso... una voragine.»
Paragoni fantasiosi. «Una voragine?»
«N-Non ha un viso.» dice il Fanciullo, sgranando gli occhi, fissando un orizzonte imprecisato. Sta rivivendo il suo incubo. Un invasato. «È un buco nero, oscuro. Un pozzo senza fondo. Altre volte assume le sembianze di mio padre. Insiste, l'orologio ticchetta, le campane rintoccano, lui insiste, mi vessa! Avete finito? Avete finito il Requiem? Non ancora! Non ancora! Più tempo! Non m-me lo concede mai. È che... non riesco ad avere requie!» Si pesta i palmi sulle ginocchia e si reclina in avanti, estenuato, un burattino rammolito a cui hanno reciso i fili che lo dirigevano. Una stanchezza divenuta fisicamente visibile, zavorra che non riesce a sganciare. «Il Requiem, la Clemenza, il Rondò, la Fantasia, l'opera in fase di elaborazione... ma devo consegnarli e li consegnerò, p-potete starne certo. Riceverò un lauto stipendio. Non ho mai lasciato nulla in sospeso.»
Uomini in lugubre nero e gorghi sfiguranti volti. Salieri metabolizza tutto in un attimo, costernato. Dio, lo stai martoriando. L'Onnipotente non può essere davvero spietato fino a tal punto. Pur di non arretrare nella disfatta preferisce seviziare l'errore da lui stesso partorito. Tramite vaneggiamenti, deliri, orridi incubi notturni.
«Siete certo di non aver bevuto altro oltre al vino?»
Mozart si scompone dal ridere e Salieri rimpiange immediatamente d'aver osato quella battuta. Meglio se lo lasciava a sbollire nel suo brodo di miseria. Lo sta riaccompagnando a casa solo per piacere verso Frau Lange, si riappunta.
Mica perché mosso da volgare e patetica commiserazione.
«Il mio amico Beaumarchais aveva un rimedio formidabile volto a estirpare i cattivi pensieri: quando ti assalgono stappa un bella annata di vino.»
Il Fanciullo, di vino sotto le forme più svariate, ne ha stappato parecchio. Troppo. Si trascina a sedersi dritto, movimenti lenti, quasi meccanici, mentre ticchetta con l'indice sui finestrini della carrozza. Le palpebre calanti, di cemento, che si chiudono involontariamente, incapace di concentrarsi.
«Beaumarchais...» sbadiglia, adescato da Morfeo, ammaliato da un abisso di oblio e pace irresistibile. «Girava voce che fosse un a-assassino...»
«Era un tipo allegro.» concorda Salieri, rievocando l'autore della controversa trilogia di Figaro. Mozart ne ha superate delle belle nell'impresa di cavare all'Imperatore la concessione di allestire le scandalose peripezie dello scaltro servitore tuttofare. Le Nozze di Figaro. Un musicista politicamente impegnato attira pochi clienti nella torma aristocratica, dovrebbe saperlo. O se ne frega? «Se ha commesso qualche crimine efferato è stato solo tramite la sua penna tagliente.»
Il ragazzo sta crollando, riposante la fronte contro la portiera. Non si sforza neanche di occultare un vistoso sbadiglio, livido, macero di sudore. Febbre in agguato.
«Genio e delitto sono... tra loro... incompatibili... non è così?» biascica prima di abbandonarsi definitivamente al sonno.
Incompatibili.
Salieri gli sorride affabilmente. «Sagge parole, amico mio.»
Mozart non l'ascolta più. S'è appisolato, mugolando frasi spezzettate, sconnesse, monconi di parole confuse e incomprensibili, rilassato.
«Papà...»
Starà sognando il suo defunto padre, spera Salieri. Non è in vena di fare le veci di nessuna figura paterna divenuta vacante nella vita del Fanciullo. Per carità! Ritrovarsi questo insano squinternato dalla risata pungente come figlio! Supplizio degno delle bolge infernali!
Ogni ragazzo ha bisogno di un padre che lo consigli, che lo schermi dalla malvagità del mondo, però, ora che ci rimugina sopra. E Mozart è... è solo un ragazzo. Osceno e irriguardoso, certo, fuori da ogni norma di contegno, ma solo un ragazzo... così giovane...
Ripigliati, Antonio! Lui è lo stendardo garrente la tua mediocrità all'umanità intera!
Il trasandato, ubriaco, messaggero della voce di Dio tra i mortali.
Che figura.
Suo malgrado, Salieri accetta di doversi sobbarcare l'umiliazione cocente di trasportare il Fanciullo Osceno tra le coltri. Un ingrato compito delegato al suo forzuto cocchiere. Scesi al numero civico 8 di Rauhensteingasse, percorso un cortile interno fatiscente tra panni e biancheria stesa e cavalli impastoiati, salgono le rampe scricchiolanti fino al primo piano, la chiave di casa presa dalle tasche del Fanciullo dormiente, floscio tra le braccia del cocchiere come un bimbo.
Scardinata la serratura, si addentrano nella umile e disabile dimora.
Una modesta dimora?
Una stamberga zeppa di rifiuti. Una discarica!
Più che altro a causa del disordine assoggettante la teoria di stanze: il letto matrimoniale sfatto, gli indumenti sparsi a casaccio, torri di piatti sporchi impilati ovunque, sui mobili, sul clavicembalo, pure sui tappeti. Bottiglie mezze vuote, un ristagno di punch in un calice, gli avanzi sbriciolati di una torta su un piattino scolorito, rovinato dall'usura. Altre bottiglie accatastate in un angolo davanti al camino carente di legna. Tazze di caffè, una quantità spropositata di tazze di caffè. Un nastro sinuoso di fumo si arricciola dalle ceneri smorte.
Una casa allo sbando. È evidente l'assenza di una donna.
L'intelaiatura di una finestra in salotto è rotta, assi sbarrano gli aliti di freddo. Gli spartiti stanno ammucchiati davanti al leggio dello strumento musicale, disseminanti il tavolo, la penna dimenticata a tracciare un arzigogolato ghirigoro d'inchiostro, il calamaio socchiuso.
Nella camera da letto l'attenzione di Salieri è catalizzata da un lettino in miniatura e da una culla ai suoi piedi, i materassini e i piumoni rimossi, probabilmente arrotolati e insaccati tra i bagagli nel retro di una carrozza.
Dev'essere lì che dormono i bambini. Un soldatino in stagno giace sul reticolato sottostante, in attesa del suo padroncino. Nella culla, una profusione di pizzi e merletti e fiocchi azzurri, un sonaglio in argento dev'essere cascato dalle manine del neonato ospitante. Decide di astenersi dal trovar loro più degna collocazione. Ci penseranno i piccoli una volta rincasati dal soggiorno a Baden.
Non riesce a metabolizzare come un puerile, vanesio sciocchino quale Mozart abbia dei figli. Due figli. Che tipo di educazione può fornire, se a stento riesce a tenersi alla larga dai creditori? Quale sostegno? Quale garanzia di futuro, di sbocchi scolastici? Il più grande dovrebbe aver compiuto sette anni. Va già a scuola o è stato istruito al desco domestico, non diversamente dal genitore? E la sua educazione musicale?
Questo... Fanciullo Osceno non penserà mica di tramandare il suo genio?
Dio ce ne scampi. Se a Dio gliene frega qualcosa.
Nota
Non chiedetemi perché, di preciso, Salieri rifiutò ben cinque volte di lavorare alla Clemenza di Tito. Meravigliatemi con me, piuttosto, di come Wolfie l'abbia composta in diciotto cavolo di giorni.
Ogni volta che pensate alla procrastinazione come a una brutta bestia, ricordatevi che Wolfie ha composto l'Ouverture del Don Giovanni la notte precedente alla prima rappresentazione, con Stanzi che gli leggeva per tenerlo sveglio e gli versava il caffè in continuazione (or so she told us in her memories lol).
Se lui ha procrastinato, cos'abbiamo da lamentarci noi comuni mortali?💀
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