Capitolo 39

Primrose

Oggi

<<Klaus! Muoviti, faremo tardi!>>

Klaus ignorò le urla del fratello e, con passo lento e annoiato, si avvicinò alla piccola e irregolare finestra che c'era nella sua stanza per poi sedervisi davanti.
Quel giorno non soffiava nemmeno un filo di vento: i grossi alberi che dominavano il bosco erano immobili, in cielo non c'era una nuvola e le primule, invece di ondeggiare come sempre, se ne stavano ferme con il capo pigramente rivolto verso il Sole.
Klaus sospirò e si sedette con la schiena appoggiata alla parete, la testa reclinata e la gambe abbandonate sul pavimento di legno e pietra; non avrebbe potuto continuare a osservare quel paesaggio per un solo secondo di più: era tutto troppo immobile, troppo tranquillo... 
Sembrava quasi che il tempo si fosse fermato e lui non riusciva a sopportarlo, non riusciva a sopportare di rimanere incastrato in quel giorno per il resto della sua vita, eppure era così, da quando Alexis se n'era andata, ogni attimo sembrava sempre uguale al precedente.
Ma bastava guardare fuori dalla finestra per accorgersi che il tempo, in realtà, era fuggito veloce portando con sé ogni parola, ogni sussurro, ogni abbraccio... 
Tutto se n'era andato e il fatto che fosse arrivata la primavera, con i suoi colori, i profumi e gli animali che escono dal letargo, decretava definitivamente la fine di ciò che era stato: la fine di Alexis, la fine dell'inverno, la fine di una famiglia e, per Klaus, la fine di tutto.

<<Klaus! For->> Calum spalancò la porta arrabbiato, ma quando vide il fratello, seduto a terra con la testa tra le mani, la richiuse dolcemente alle sue spalle e lo raggiunse.
<<Klaus>> il ragazzo portò le mani su quelle del fratello e gliele fece abbassare.
<<Perchè continui a tormentarti?>>
<<Non ci riesco>> rispose lui strizzando gli occhi e contraendo la mascella.
<<A fare cosa?>>
<<A non pensarci, a non pensare a come tutto sia cambiato... non ci riesco>> Klaus alzò lo sguardo verso il fratello che, con una smorfia triste, osservò i suoi occhi riempirsi di lacrime.
Klaus era come un secchio pieno di acqua fino all'orlo: riusciva a resistere e a trattenere tutto dentro di sé, eppure c'era comunque un filo di acqua che correva lungo i bordi, pronto ad uscire alla minima scossa, pronto a rovesciarsi in un secondo.
<<Alexis tornerà, devi solo aspettare>> le parole di Calum non furono molto convincenti soprattutto perchè, nel pronunciarle, il ragazzo non riuscì a trattenersi dal lanciare un'occhiata malinconica al piccolo scacciapensieri attaccato al letto del fratello; Alexis lo aveva realizzato per lui anni prima, intrecciando fili di cuoio, foglie di quercia e piume di falco, e Calum non aveva potuto fare a meno di regalarlo a Klaus quando la ragazza era stata portata ad Icy Oak.
<<Certo, tornerà>> borbottò Klaus  chiudendo gli occhi per qualche secondo.

Avrebbe potuto continuare a ripeterlo all'infinito, ma ormai si era arreso all'idea che non avrebbe più rivisto Alexis.
Gli aveva promesso che si sarebbero visti alla prima Luna piena, ma, a questo punto, Klaus non ne era più sicuro: aveva guardato la Luna brillare nella notte buia, era uscito di casa, aveva raggiunto il bosco, si era guardato attorno nella speranza di scorgere una chioma rossa, di stringere la ragazza tra le braccia...
Ma niente di tutto ciò era successo: aveva passato la notte da solo, nel bosco, osservando le ombre scure degli alberi e i raggi chiari della Luna e, solo per quella volta, si era concesso di scoppiare, di lasciar andare tutto ciò che lo distruggeva divorandolo dall'interno.
La mattina dopo, si era risvegliato con il viso graffiato dalla corteccia dell'albero contro il quale aveva dormito, il silenzio che avvolgeva il bosco e il vuoto che aveva dentro che pesava quanto un macigno.
Ma Alexis non  c'era.

<<Klaus! Calum!>> 
La porta si aprì di nuovo e Amelia fece la sua entrata correndo verso i fratelli con il coniglietto di legno stretto tra le mani: da quando Alexis se n'era andata, lo teneva con sé in ogni momento, come se potesse confortarla per l'assenza della sorella.
<<Che cosa state facendo?>> la bambina guardò curiosa i loro volti tristi.
<<Niente, parlavamo>> Calum le sorrise e la abbracciò.
<<Di che cosa?>> gli chiese la bimba dandogli un piccolo bacio sulla guancia e stringendo le mani attorno alle sue spalle.
<<Oh... di... del tempo>> rispose lui corrugando la fronte.
<<Perchè?>>
<<Per-per...>> il ragazzo guardò il fratello in cerca di aiuto e Klaus, scuotendo la testa con un piccolo sorriso sul volto, si alzò di scatto prendendo in braccio la sorella e facendola volteggiare per la stanza.

<<Perchè volevamo buttarti nel lago, ma solo c'è il sole! Vero, Cal?>> disse Klaus stringendo a sé la bambina che, dopo aver lanciato un grido per il gesto improvviso del fratello, scoppiò a ridere.
Un'ombra tornò ad oscurare il volto del ragazzo quando il profumo di Amelia, identico a quello che faceva con Alexis, lo avvolse facendolo tornare indietro di mesi, ma, presto, Calum si avvicinò loro e fece il solletico alla bambina facendoli ridere entrambi.
<<Ce la lanceremo di sicuro! E poi che ne dici di rotolarla nella sabbia?>> domandò poi con un sorriso sghembo.
Klaus alzò lo sguardò incrociando quello sorridente del fratello e non potè trattenersi dal sorridergli riconoscente.

*****

I due fratelli passeggiavano lungo le vie affollate del villaggio e lanciavano attenti sguardi alle botteghe in cerca delle pietanze e degli utensili che Evie li aveva mandati a comprare.
Klaus camminava a testa bassa guardando i granelli di terra che si spostavano al loro passaggio e, di tanto in tanto, alzava il capo per osservare quella strada piena di colori.
La via centrale di Primrose era come la piazza del mercato di qualsiasi altro villaggio: erano state costruite due lunghe mura di pietra lungo le quali si susseguivano tavole di legno ricoperte da ogni genere di prodotto: martelli e attrezzi vari, utensili da carpentiere, telai, tessuti, frutta, verdura, polli e galline che, chiusi nei recinti, saltellavano da un lato all'altro aspettando che qualcuno li liberasse; per finire, ciascuna delle bancarelle era ricoperta da tendaggi di ogni foggia e colore che facevano risplendere una strada qualsiasi di oro, rosso, verde, blu... 
Klaus ci era stato poche volte prima di allora e ne rimaneva sempre affascinato.

<<Sai...>> Calum, che si era allontanato per osservare un grosso gallo, gli si avvicinò per riuscire a parlargli senza dover urlare: quel giorno il mercato era particolarmente rumoroso.
<<Vengo qui spesso quando non dobbiamo allenarci, questo posto è incredibile: pieno di colori, di odori... e poi è allegro, non ti annoi mai! Dovremmo venirci più volte, non credi?>> chiese infine alzando un sopracciglio e guardando il fratello.
<<Calum, non serve tutto questo, davvero... sono venuto solo perchè a Evie servivano delle cose>>
<<Oh, andiamo>> esclamò il ragazzo scoppiando a ridere <<Credi davvero che a nostra madre serva un martello da fabbro? Insomma, non dico che non lo possa usare, ma non vedo cosa potrebbe farsene>>
Klaus osservò dubbioso il fratello, ma poi, arrendendosi all'evidenza dei fatti, sbuffò sconsolato.
<<Come ho fatto a non pensarci?>>
<<E' che ormai non pensi più a niente, ma non può continuare così, Klaus...>> Calum abbassò lo sguardo lungo il proprio braccio e, con una mano, cominciò a giocherellare con il filo di cuoio che portava attorno al polso.
<<Dovresti farti una risata, dovresti smetterla di piangerti addosso>>
<<Cosa?>> Klaus lo guardò ad occhi spalancati.
<<Guardati! Passi tutto il giorno a pensare e ripensare al fatto che lei se ne sia andata, dacci un taglio! Tu non sei questo, questo non è il ragazzo di cui mia sorella si è innamorata>> gridò Calum puntandogli contro un dito e fermandosi davanti a un grosso recinto pieno di anatre e galline.

Klaus rimase a guardare il fratello senza parole, poi, lentamente, abbassò lo sguardo e lo fece scorrere lungo il proprio corpo: Calum aveva ragione.
Che cosa era diventato?
Credeva che quella sera nel bosco fosse stata un'eccezione, un momento di debolezza, ma lui era così ogni singolo giorno: era un guscio ammaccato che cercava di riempire il vuoto con i sospiri, le lacrime, i momenti di incontenibile rabbia... 
Aveva perso ogni speranza abbandonandosi ad una vita priva di obiettivi, aveva cominciato a progettare una vita lontano da tutti, una vita di cui non avrebbe fatto parte nessuno, nemmeno Alexis; si era avvolto in un mantello di bugie, lamentele e false speranze, si era graffiato con i suoi stessi artigli e ora... 
Ora che Calum glielo aveva fatto notare, aveva capito che del vero se stesso non era rimasto che un corpo solido, ma provato dalla sofferenza e lui non era quello, né voleva esserlo.

<<Klaus>> Calum si avvicinò al recinto appoggiandovisi con le mani.
<<Hai ragione, ho sbagliato... ho sbagliato tutto, è solo che non so cosa fare: è come se ogni strada fosse sbarrata da un enorme muro>>
<<E allora c'è solo una cosa da fare>> gli rispose il fratello.
<<Cosa?>>
<<Cominciare a scavare>>

Detto questo, Calum afferrò un piccolo ramoscello e, dopo averlo tirato in fondo al recinto facendo spaventare gli animali, spalancò il cancelletto di legno per poi cominciare a correre lontano da lì seguito da decine e decine di galline, oche e polli.
Klaus, con la bocca spalancata, quando si accorse di tutti gli sguardi che si erano puntati su di lui, scattò veloce in direzione del fratello e continuò ad accelerare finché si ritrovò a correre al suo fianco.
E in quel momento, circondato dai colori della primavera e dei vivaci tendaggi, dal profumo delle primule e della frutta, dal brusio del mercato che sembrava diventare sempre più lontano e ovattato, da buffi volativi intenti a chiocciare e a zampettare veloci sbattendo le ali, per la prima volta dopo tanto tempo, Klaus si sentì veramente libero e più leggero.
E voltandosi verso il fratello, con le guance rosse e il fiatone, non potè fare a meno di ridire nel vederlo litigare con un gallo che gli era letteralmente saltato in braccio.

E la corsa continuò, lontano dal mercato, verso casa e poi in direzione del bosco; con i capelli scompigliati dal vento, il respiro corto, le guance arrossate e le ali ai piedi.

Improvvisamente sembrava tutto più facile.

*****

A Primrose, una nuova giornata era volta al termine.
Il cielo era un incredibile miscuglio di colori: azzurro che sfumava fino a diventare blu, nuvole color indaco che riempivano la parte più bassa del cielo, nastri arancioni e gialli che si avvolgevano su se stessi per poi creare strani motivi geometrici in quel cielo terso e magico.
Guardando le cime degli alberi dalla grossa panchina posta al limitare del bosco, sembrava che le loro cime fossero avvolte da soffici e spumose palle di neve colorata e illuminata dal delicato bagliore della luce del Sole.
I bambini e i guerrieri, così come gli artigiani e i contadini, erano già tornati tutti a casa e il silenzio regnava sovrano, quasi come se ci fosse una cupola che separasse Primrose dal resto del mondo: era tutto calmo, fin troppo.

Il baccano del mercato era ormai un ricordo, ma la scena dei due ragazzi che correvano per la via centrale del villaggio sorridenti e circondati da decine di animali sarebbe rimasta nelle loro menti per sempre: testimonianza di come, anche nei periodi più bui, basti poco per trovare un minimo di luce.

<<Non sei da solo, questo lo sai, vero?>> domandò Calum rompendo il silenzio e continuando a guardare verso il bosco.
<<Sì, lo so e ti ringrazio>>
Il più piccolo dei due sospirò e, portandosi le gambe al petto, fece un piccolo sorriso malinconico.
<<Manca anche a me, lo sai?>>
<<Posso solo immaginarlo>>
<<Puoi anche sentirlo, ne sono certo>>
Klaus, intento ad annodare un lungo filo d'erba, rivolse lo sguardo al fratello e lo vide giocherellare nervoso con il suo braccialetto.
<<Cal>> lo richiamò lasciando perdere ciò che stava facendo <<Lo so che forse sono stato un disastro come fratello, in questi mesi... ma... se hai bisogno di qualcosa, puoi dirmelo, non importa di cosa si tratti: a me puoi dire tutto>>
<<Un anno fa, ho regalato ad Alexis un braccialetto>> cominciò a dire il ragazzo senza mai staccare lo sguardo dal proprio polso.
<<Una striscia di cuoio con una scritta marchiata a fuoco all'interno... l'ho comprato proprio qui al mercato e poi l'ho marchiato nella bottega di Badar, c'era scritto "vim robori da": significa "dai forza alla forza"... è una frase che avevo trovato nel suo libro di incantesimi, so che non avrei dovuto leggerlo, ma sai che non riesco a trattenermi>>
<<Sì, lo so>> sospirò il fratello sorridendo; ricordava benissimo di tutte le volte che, da piccoli, la curiosità incontrollabile di Calum li aveva fatti finire in qualche angolo remoto del villaggio con il corpo totalmente ricoperto di fango e qualche manciata di funghi velenosi tra le mani.
 <<Ma perchè mi stai dicendo questo?>>

<<Perchè Alexis non ha mai tolto quel braccialetto>> rispose incerto Calum.
<<E allora?>> chiese Klaus corrugando la fronte e senza capire dove volesse andare a parare il fratello.
<<E allora credo che dovresti guardare questo>>
Calum alzò il braccio e mise il polso davanti agli occhi del più grande: una striscia di cuoio chiaro lo avvolgeva e, su di essa, incise con calligrafia incerta, spiccavano le parole: vim robori da.

<<Come è possibile?>> domandò Klaus accarezzando quella striscia sottile e sentendo i battiti del suo cuore accelerare sempre di più.
Non poteva essere quello che pensava, doveva essere una copia, per forza.
<<Non lo so, mi sono svegliato ieri e questo era sul mio polso>>
<<Ma Alexis... lei è ad Icy Oak, non c'è più... >> il ragazzo si alzò dalla panchina cominciando a camminare nervoso avanti e indietro; le sue dita si infilarono tra le ciocche scure dei capelli e gli occhi argentati corsero al fratello in cerca di una risposta.
<<E se invece non se ne fosse mai andata?>> chiese Calum deglutendo.
<<E come?>>
<<Non serve essere accanto a qualcuno per esserci davvero... io credo che lei non ci abbia mai abbandonati davvero, forse ha trovato solo ora il modo di dimostrarcelo>>
<<Ma non capisco! Perchè quel braccialetto?>> non era esattamente la domanda che Klaus avrebbe voluto fare, ma, inconsciamente, era quella di cui voleva sapere la risposta più di ogni altra cosa.
Se Alexis lo aveva fatto davvero, se aveva davvero mandato un messaggio o un segno, perchè quello stupido braccialetto? Perchè non aveva mandato qualcosa che potesse far capire se stesse bene oppure no, se avesse bisogno di aiuto? Perchè non mandare a lui un qualsiasi messaggio?

<<Vuole che io dia forza alla forza>> rispose Calum con un piccolo sorriso.
<<Io...  non capisco, non... è viva, giusto? Ti ha mandato quel braccialetto quindi è viva... devo andare da lei, devo andare ad Icy Oak->>
<<Klaus>> provò a interromperlo il fratello.
<<Devo andare a prenderla>>

<<No, devi restare qua... il messaggio...  credo voglia dire un'altra cosa, anzi, ne sono certo>>
<<E cosa?>> Klaus si rimise a sedere sconvolto e nervoso.

<<Vuole che mi occupi di te: sa di averti fatto soffrire più di quanto abbia fatto soffrire noi, vuole che tu stia bene.
Vuole che io ti dia forza e che tu sia pronto>>

<<Pronto per cosa?>>

<<Per quando tornerà>> concluse Calum rivolgendo uno sguardo al cielo.

Perchè lui lo aveva sempre saputo, a differenza degli altri, lui non aveva mai dubitato del fatto che lei sarebbe tornata e Alexis lo sapeva.
Per quello aveva scelto lui, per quello gli aveva mandato quel messaggio.


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