Capitolo 36
La notte non era mai stata così fredda e buia.
La stanza di Jake, illuminata solo da qualche candela, era circondata dalle tenebre; era difficile distinguere le ombre dalla luce: in entrambi i casi, si trattava di fioche strisce tremolanti che si rincorrevano sui muri strisciando come serpenti; Jake riusciva quasi a vederli, a vedere i loro occhietti e le loro lingue sibilanti, i colori ammalianti e la coda pronta a strangolare e uccidere.
In quella camera buia e fredda, si sentiva soffocare.
Era seduto davanti alla finestra spalancata: la sua pelle chiara era illuminata dalla luce argentea della Luna e sembrava risplendere come se fosse ricoperta di tante piccole gocce di rugiada; i capelli biondi erano spettinati dal vento e gli occhi, i suoi fantastici occhi rossi, erano nascosti sotto le palpebre, abbassate e tremolanti.
Quel giorno, c'era la Luna piena.
Era passato ormai un po' di tempo dal suo scontro con Alexis e le cose, stranamente, non erano andate come si sarebbe aspettato.
Dopo la discussione che aveva avuto con la ragazza, aveva pensato di averla persa, persa per sempre, anche se, pensandoci, non si può perdere qualcosa che non si è mai avuto e Alexis non era mai stata sua, nemmeno quando lo aveva baciato, nemmeno quando si erano baciati, nemmeno quando lui aveva desiderato con tutto se stesso che potesse essere così.
Jake non voleva pensare che la loro storia fosse finita così, perchè, per quanto lasciarsi con quel bacio sarebbe stato il modo più bello per dirsi addio, lui non poteva sopportare che tutto finisse proprio lì, proprio quel giorno: il giorno in cui l'aveva tradita.
Voleva una storia da poter raccontare, una storia che facesse ridere, ma anche piangere, una storia piena di alti e bassi... e non gli importava se quella storia l'avrebbe raccontata solo a Balder in una triste e spenta giornata d' inverno, non gli importava se avrebbe dovuto usare il sangue per scriverla, voleva quel racconto nella storia della sua vita.
Voleva lei e i suoi colori nel suo libro in bianco e nero.
Ma forse non era destino.
Alexis gli sorrideva ogni giorno, gli faceva domande sulla magia e sugli incantesimi, lo faceva ridere, a volte le loro mani si sfioravano durante l'allenamento, eppure non gli era mai sembrata così lontana.
Ogni sorriso era una maschera, ogni parola un sussurro di cortesia, ogni sfioramento trasformava gli occhi verdi di Alexis in due pozze scure senza fondo e faceva tremare, anche se impercettibilmente, le sue mani.
E il peggio, in tutto questo, era che Jake non sapeva davvero dire cosa fosse peggio.
Non sapeva dire se avrebbe preferito le urla al silenzio.
Non sapeva dire se avrebbe preferito la rabbia alla finta gentilezza.
Non sapeva niente.
Perchè questa era la verità: quando c'era Alexis lui non capiva mai come comportarsi.
Il ragazzo, stanco e frustrato, ignorando il fatto che suo padre avrebbe potuto scoprirlo, sfregò le mani tra loro per poi orientare i palmi verso l'interno della stanza.
<<Incende!>> disse.
Con una lentezza straziante e contro ogni legge naturale, il fuoco cominciò ad alzarsi dalla soglia della porta; si arrampicava strisciando lungo le pareti, avvolgendosi sui candelabri, divorando il legno...
Jake sentì il calore avvolgerlo rapidamente e, senza mai aprire gli occhi, prese un profondo respiro.
I profumi provenienti dall'esterno si mischiarono agli odori della sua stanza.
Riusciva a vedere la sua storia, sua e di Alexis; ne sentiva il profumo.
Fuoco e bosco.
Legno bruciato e terra bagnata.
Caldo come il fuoco e freddo come la neve.
Rosso e verde.
E in quella stanza avvolta dalle fiamme, Jake attese in silenzio, i ricordi di una vita passata nel fuoco dell'Inferno a invadergli la mente.
Nove anni prima
Icy Oak
<<Lasciami! Balder, lasciami andare!>>
Il vecchio mago teneva stretto a sé un bambino di dieci anni; il piccolo si dimenava tra le braccia dell'uomo: i suoi capelli biondi scompigliati gli ricadevano sulla fronte e gli occhi erano puntati su di una porta di legno in fondo al corridoio; i piedi scivolavano sul pavimento lucido e le gambe continuavano a tirare calci al povero Balder che, stringendo i denti e rifiutandosi di usare la magia su quel bambino, cercava di non lasciarselo scappare.
<<Jake, per favore>> lo pregò stringendogli una mano.
<<Lasciami andare! Devo andare da mia madre, lasciami!>> il bambino continuava a dimenarsi, le guance erano rosse per lo sforzo, ma le braccia del mago non lo lasciavano andare.
<<Tuo padre ti dirà tutto, te lo giuro, ma vieni con me ora>> Balder provò ad indietreggiare, ma il bambino, alto quasi quanto lui, tirava sempre più forte nella direzione opposta.
<<Devo vedere mia madre! De->> il piccolo mago si interruppe quando la porta si spalancò con un tonfo e suo padre ne uscì a capo chino e con le mani strette a pugno.
L'uomo, non accorgendosi di essere osservato, si scagliò contro una piccola porta di legno scuro e la prese a pugni gridando disperato.
Balder sussultò e il bambino riprese a dimenarsi attirando l'attenzione del padre che, guardandosi una mano che aveva cominciato a sanguinare, fece un passo indietro, indeciso sul da farsi.
<<J-jake>> sussurrò piano alzando lo sguardo verso Balder.
<<Voglio andare dalla mamma! Balder non mi lascia stare, voglio vederla!>>
Quando l'uomo sentì quelle parole, uno strano lampo illuminò i suoi occhi, le mani tornarono lungo i fianchi e strinsero la tunica in una presa ferrea; Lars cominciò ad avvicinarsi lentamente, improvvisamente e stranamente calmo, per poi fermarsi davanti al bambino; le sue guance erano bagnate e una mano sanguinava, sul suo viso si era dipinto un perfido sorriso.
<<Lascialo, Balder!>> disse tranquillamente fissando i suoi occhi verdi in quelli scarlatti del figlio.
<<Lars... >>
<<Ti ho detto di lasciarlo!>> con un gesto della mano, l'uomo scagliò lontano il vecchio mago che, sorpreso, non riuscì a difendersi e andò sbattere contro il muro perdendo i sensi.
<<Papà>> esclamò sorpreso il bambino.
<<Che cos'è che vuoi tu?>> gli chiese il padre abbassandosi alla sua altezza.
<<Voglio vedere la mamma>>
<<Vuoi vedere Ayleth?>> domandò di nuovo facendolo annuire spaventato.
<<E allora guardala! Vieni e guardala tua madre!>> Lars afferrò con forza Jake, si alzò e lo trascinò fino alla stanza in cui giaceva la moglie per poi spingerlo fino a farlo cadere sul corpo morto della madre.
Jake, cercando di ignorare lo strano comportamento del padre, si alzò piano facendo cigolare il letto e guardò la madre.
<<Mamma>> sussurrò.
Quello che vide lo fece impallidire.
Il bambino spalancò gli occhi e si allontanò di scatto dalla madre con il cuore che batteva a mille e uno strano senso di nausea che gli faceva contorcere lo stomaco.
La pelle della donna era pallida e aveva strani riflessi grigiastri, i capelli erano sporchi e secchi, le mani gonfie e gli occhi guardavano verso l'alto, orribilmente spalancati, come se gridassero aiuto.
Jake cominciò a tremare e i suoi occhi diventarono lucidi così in fretta, che il padre non riuscì nemmeno a godersi il momento.
<<M-mamma>> si riavvicinò lentamente, la sfiorò con un dito, ma lei non si mosse.
-Non può essere- pensò; sapeva che stava male, ma suo padre gli diceva sempre che stava migliorando, che non vedeva l'ora di rivederlo, di guardarlo fare magie, di preparargli la cena...
Le poggiò una mano sul cuore e sentì il silenzio desolato di un corpo che ormai appartiene alla morte.
Chiuse gli occhi stringendoli così forte da farsi male: non voleva piangere, non voleva, ma alcune lacrime sfuggirono comunque al suo controllo bagnandogli le guance con una tale delicatezza che, per un momento, il bambino pensò che la madre si fosse svegliata e gli stesse facendo una carezza.
Ma quando riaprì gli occhi, lei era ancora lì: ferma, fredda e con gli occhi spalancati.
Con le gambe tremanti e la testa stranamente leggera, il bambino si allontanò dal letto della madre singhiozzando.
<<E' morta, hai visto?>> Lars ruppe il silenzio sedendosi ai piedi del letto e indicando la donna con un gesto del capo.
<<P-papà>> il bambino arretrò ancora di un passo e si avvolse le spalle con le braccia.
Sapeva che in quel momento avrebbe dovuto essere forte, ma tutto ciò che voleva era un abbraccio e suo padre non sembrava intenzionato a dargliene uno.
<<Oh, non piangere... andrà bene d'ora in poi... perchè le ho fatto una promessa: mi prenderò io cura di te, mi prenderò io cura di un assassino!>> il padre si alzò improvvisamente gridando e puntando il dito contro il piccolo mago.
<<C-cosa?>>
<<Tu l'hai uccisa! Hai fatto quello stupido incantesimo per re Bradley! E' colpa tua se è morta!>> Jake era piccolo e incredibilmente confuso, ma sapeva che cos'era successo, sapeva che l'incantesimo aveva danneggiato molte persone... sapeva anche che non era stata colpa sua.
Arrabbiato, il piccolo si asciugò le lacrime e guardò il padre furibondo.
<<Anche tu lo hai fatto! Mi hai detto che sarebbe servito ad aiutare un sacco di persone, che saremmo stati tutti bene! E invece la mamma è morta>>
<<Stai dicendo che è colpa mia?>> gli chiese il padre spalancando la bocca e avvicinandosi di un passo al figlio.
<<Io->>
<<Razza di ingrato che non sei altro!>> senza nemmeno dargli la possibilità di difendersi, Lars saltò addosso al bambino e, dopo averlo afferrato, lo scagliò contro il muro facendogli battere la testa.
<<Dopo tutto quello che ho fatto per te, hai il coraggio di incolparmi?>> il mago fece alzare il figlio per poi colpirlo con un pugno in pieno viso.
Jake emise un gemito di sofferenza e strinse con le mani il naso che aveva cominciato a sanguinare colando sul labbro; il dolore al naso, però, fu presto rimpiazzato da quello alle costole provocato da un calcio da parte del padre.
Il bambino poggiò le mani sullo stomaco e annaspò in cerca d'aria: gli sembrava di soffocare, il sangue che colava dal naso gli finiva in bocca lasciando un amaro sapore metallico e gli impediva di respirare.
<<Lars!>> Balder arrivò di corsa e, con un incantesimo, attaccò Lars alla parete impedendogli qualsiasi movimento.
<<Lasciami andare Balder!>>
<<Metti ancora le mani su quel bambino e giuro che chiederò a Roland di tagliartele e sono sicuro che lo farebbe con piacere!>> ribadì furioso il mago lanciando un'occhiata preoccupata al bambino.
<<Ha ucciso mia moglie! Ha ucciso Ayleth!>> la rabbia e la forza con cui l'uomo pronunciò quelle parole fecero venire i brividi a Jake che, rannicchiato in un angolo della stanza, osservava la scena preoccupato e terribilmente spaventato.
<<No! Tu l'hai uccisa, tu hai fatto l'incantesimo! Hai condannato tua moglie alla morte e tuo figlio ad una vita piena di ombre e sofferenza.
Tu sei l'unico colpevole di tutto questo>>
<<Ma re->> provò a ribattere Lars.
<<Bradley ha dato un ordine, tu avresti potuto non eseguirlo>>
<<Sarei morto>>
<<E guarda chi è morto così, invece!>> proruppe il bambino gridando, attirando su di sé lo sguardo dispiaciuto di Balder e quello sorpreso di Lars, per poi correre a fatica fuori dalla stanza.
Qualche metro più lontano da quella stanza maledetta, con le urla dei due uomini in sottofondo, Jake si lasciò cadere sfinito sul pavimento.
E rimase lì, rimase lì almeno un'ora prima che le grida cessassero e Balder lo trovasse.
Rimase lì, fermo a guardare il sangue brillante che ricopriva le sue mani, con le parole di suo padre in mente e la convinzione di aver davvero ucciso sua madre: forse, quello non era il suo sangue, forse era quello di Ayleth.
Jake alzò una mano tremante e, con una lentezza straziante, la portò al cuore, la poggiò sulla sua veste bianca, rimase ad ascoltare il battito irregolare, poi, con il suo stesso sangue, tracciò un cerchio sul suo petto e abbassò lo sguardo su quella macchia.
Rosso su bianco.
La morte dopo la vita.
Un buco, uno spazio vuoto, una ferita che non sarebbe mai guarita.
Cinque anni prima
Icy Oak
<<E bravo il nostro Jake! Anche questa volta hai scavato a fondo>> re Bradley diede una pacca sulla spalla al ragazzo.
Jake, con sguardo vacuo, osservava l'uomo e la donna che erano distesi a terra, o meglio, i resti fatti di cenere scura, di quelli che una volta erano un contadino e sua moglie.
La luce della Luna illuminava quello spettacolo tremendo, quell'inganno di cui solo le stelle conoscevano il segreto, quella tela di Penelope che ogni sera si disfaceva trasformandosi in uno scempio per essere poi mascherata da sorrisi e bugie durante il giorno.
Con un sussurro, Jake alzò le mani e, presto, le ceneri formarono un vortice scuro, simile a un ombra, che prese a danzare sopra le loro teste per poi sparire di colpo lasciandosi dietro solo minuscoli granelli di polvere e odore di carne bruciata.
Ogni notte, Bradley interrogava uomini che potessero sapere qualcosa della prescelta.
Ogni notte, Jake leggeva le loro menti, facendosi spazio tra i dolci ricordi della loro famiglia, aprendosi varchi nell'intenso amore nei confronti delle loro compagne, cercando i loro segreti più oscuri, spesso, non trovando altro che parole sussurrate ai figli al chiaro di Luna.
Ogni notte, Lars dava fuoco a persone innocenti trasformandole in cenere.
Ogni notte, il giovane mago faceva sparire ogni traccia di quel terribile teatrino, con le mani strette a pugno, la voglia di vendicarsi per tutte quelle persone e la consapevolezza di non poter far niente senza l'aiuto di qualcuno.
Ogni notte, una parte di quel ragazzo buono e dolce se ne andava, lasciando un guscio ricoperto di cicatrici e pieno di rabbia.
<<Ora vi lascio! Buona notte, signori>> Bradley abbandonò la stanza con un sorriso sul volto.
Come ogni sera, non aveva scoperto nulla di nuovo, ma provava piacere nel vedere quella gente soffrire, nel far provare ad altri ciò che lo divorava dall'interno... e non avrebbe mai smesso.
<<Ottimo lavoro, ragazzo. Se continuiamo così, presto saremo come dei re>> Lars si mise di fronte al figlio sorridendo.
<<Non dici niente? Dovresti ringraziarmi per questa vita straordinaria che ti ho dato>>
<<O forse... >> rispose il ragazzo senza nemmeno guardarlo e voltandogli le spalle << dovrei ucciderti per avermi condannato e reso complice di questo circolo infernale>>
<<Un giorno capirai e mi sarai debitore>>
Jake sentì il padre allontanarsi, passi sempre più lontani, una porta che sbatteva...
Quando il castello fu immerso dal silenzio, il giovane mago si mise a correre, sempre più veloce, verso la Sala delle Armi.
Aprì la porta, lentamente, spostò una pesante tenda di velluto per lasciar entrare la luce della Luna e si avvicinò ad una parete a cui erano appese decine e decine di spade.
<<Non ti sarò mai debitore>> sussurrò accarezzando la lama di un grosso spadone con un'elsa d'argento decorata con foglie di quercia e sottili rami, poi, la staccò dal muro e si voltò verso un'ombra che era comparsa all'improvviso: si trattava di un incantesimo, era l'ombra di un guerriero con cui Jake combatteva tutte le sere da anni, era rapido, furbo, sapeva sempre da quale parte colpire e in che momento; batterlo era impossibile.
Così, come ogni sera, lo scontro cominciò.
In quella stanza buia, si sentiva solo il rumore delle spade che si scontravano, i tonfi che Jake provocava ogni volta che cadeva, l'odore del sudore e del sangue, la rabbia.
Era un caotico insieme di scontri, affondi, fendenti...
Uno dopo l'altro, senza mai fermarsi.
Una lotta impossibile, proprio come quella contro Lars e Bradley.
Una battaglia che non poteva essere vinta, mai.
Oggi
Icy Oak
<<Exstingue!>>
Jake sorrise sentendo la voce del padre.
Le fiamme erano quasi arrivate a lui, erano quasi arrivate alla finestra; poteva sentire il caldo bruciare la sua pelle, le gocce di sudore scorrere lungo la schiena e si sentiva incredibilmente bene in quel suo inferno personale.
E se il padre credeva di poter spegnere quelle fiamme, allora era più stupido di quanto pensasse.
<<Jake! Che diavolo fai? Smettila>>
Sentendo le urla del padre, Jake si alzò, lentamente, e si voltò verso la porta sorridendo.
Il fuoco proiettava scure ombre sul suo volto chiaro e gli occhi sembravano ardere come la stanza in cui si trovava.
In quel momento, baciato dalle fiamme e dalla luce della Luna piena, sembrava la perfetta unione tra un demone e un angelo: le labbra pallide baciate dalla Luna, gli occhi ardenti di passione, i capelli macchiati da ombre scure e illuminati da riflessi argentati...
<<Spegni questo fuoco! >>
<<Perchè?>> chiese lui <<Ti importa qualcosa di me?>> disse sorridendo beffardo.
Lars, dalla soglia della porta, lo guardava terrorizzato, con la stessa espressione di chi vorrebbe salvarti solo per ucciderti con le sue mani.
<<Smettila, subito!>>
Jake sospirò e avanzò tra le fiamme verso il padre.
Le lunghe lingue rosse e arancioni lo avvolgevano senza però bruciarlo, sentiva il caldo scottare sulla pelle e penetrare tra le ossa, ma era un dolore sopportabile, niente in confronto a quello che aveva dentro.
Quando fu davanti a Lars, il fuoco si spense lasciando la stanza incredibilmente intatta, come se non fosse successo niente.
<<C-come?>> l'uomo lo guardava ad occhi spalancati.
<<Sono un mago e, anche se darsi fuoco sarebbe una morte decisamente catastrofica e coraggiosa, non avrei camminato in mezzo alle fiamme senza una barriera. Ci sono ancora persone a cui servo vivo>>
<<Ma->>
<<Lo so, tu non sei una di quelle>> il ragazzo si appoggiò con nonchalance alla colonna di legno che, fino a qualche secondo prima, stava bruciando.
<<E-e la stanza?>>
<<Sono bravo a far sparire le prove, ricordi?>> chiese lui sussurrando e sbattendo la porta in faccia al padre.
Quella vita doveva essere un capitolo chiuso.
Uno di quelli in bianco e nero in cui Alexis non sarebbe mai dovuta entrare.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top