Capitolo 28
<<E' incredibile>> Jake socchiuse gli occhi per riparare le sue iridi color sangue dalla polvere che gli volteggiava attorno.
Alexis si trovava dal lato opposto del tappeto rispetto a lui e, con un fiero sorriso sulle labbra, ondeggiava le mani per far danzare i cumuli di terra e pulviscolo che si stavano sollevando dal tappeto; i suoi capelli ondeggiavano mossi dal vento da lei creato e la magia le scorreva nelle vene come se fosse la sua linfa vitale.
Era ormai da qualche minuto che Alexis aveva cominciato l'incantesimo e, ancora una volta, aveva lasciato Jake a bocca aperta; quella magia avrebbe dovuto semplicemente staccare le strisce di fango secco per poi disintegrarle, ma, quando la ragazza aveva iniziato a ripetere le parole che il giovane mago le aveva spiegato, le più minuscole particelle di sporcizia erano salite allontanandosi sempre di più dal tappeto e si erano riunite in gruppi a seconda che si trattasse di carbone, polvere o fango, per poi cominciare a volteggiare in aria seguendo i gesti di Alexis.
La ragazza, divertita dalla reazione di Jake e sorpresa di avere un tale potere in lei, non potè fare a meno di sorridere e, pronunciando le ultime parole dell'incantesimo, fece unire le varie particelle in tre grandi masse scure che, lentamente, cominciarono a diventare sempre più limpide fino a scomparire completamente.
Jake guardava meravigliato il tappetto rosso splendente e, ancor più meravigliato, la forza della natura che aveva davanti: i capelli rossi spettinati, le guance arrossate e, forse per la prima volta, un'enorme vero sorriso stampato sul viso.
Delle mille meraviglie del mondo, lei era la più bella.
<<Hai visto? Mi avevi detto che si sarebbero semplicemente alzate per poi sparire!>> Jake scosse la testa per allontanare i suoi pensieri e sorrise alla ragazza.
<<A quanto pare mi sbagliavo... direi che sei pronta per fare un altro passo avanti>>
<<Dopo un solo incantesimo di questo livello? Non eri tu quello che parlava di "disintegrare la materia e farla scomparire"?>> Alexis lo guardava incredula, non riusciva a credere di essere stata talmente brava da poter fare un altro passo avanti.
<<Direi che te la sei cavata più che bene... non c'è niente di cui preoccuparsi, faremo con calma>>
<<Ma che bello spettacolino!>> il sorriso di Alexis le scivolò lentamente via dal viso, mentre quello di Jake morì nell'esatto momento in cui la voce di suo padre raggiunse le loro orecchie.
Quando si voltò, Jake lo vide: sorridente, beffardo, con il polso senza braccialetto in bella vista...
<<C'è qualcosa che non va, padre?>> il tono aspro del ragazzo non scalfì nemmeno un po' la sicurezza di Lars.
<<In effetti... credo proprio di sì>> l'uomo lanciò un'occhiata velenosa ai due ragazzi e poi al lungo tappeto perfettamente pulito.
<<Per caso ti interessi alla pulizia del castello, ora?>> disse il ragazzo guardando il padre.
<<Preferirei che mio figlio evitasse di mettersi a fare il servo di una stupida strega di Gold Feather>> in quel momento, dopo la giornata appena passata, dopo tutti i ricordi appena rivissuti, quella frase sembrò priva di significato anche a Lars che, però, non lo dette a vedere e rimase imbronciato.
<<Come immagino tu abbia visto, dato che ci spiavi, io non ho fatto niente>>
<<Oh, dannazione! Possibile che non lo capisci? State sprecando tempo, dovete dedicarvi all'incantesimo che vuole re Bradley>>
<<Veramente...>> Alexis si fece avanti e lo guardò infastidita <<Era ciò che stavamo facendo fino a qualche secondo fa... mi stavo allenando>> Lars fece un passo verso di lei e afferrò una delle sue ciocche rosse fuoco guardandola con disgusto.
<<Guardati... sei una selvaggia... sei fatta per combattere o per lavorare in qualche miniera, eppure... eccoti qua: ad impedire ad uno dei più grandi re di Icy Oak di vincere una battaglia durata secoli... sei una prescelta che ha dovuto imparare la magia dalle basi e che è stata posseduta dai suoi stessi poteri...>> fece un giro attorno a lei scrutandola malvagiamente e tornò poi a guardarla in faccia.
<<Tu dovresti lavorare giorno e notte su quel maledetto incantesimo, non hai bisogno di allenamento, ormai è chiaro che sei in grado di usare la magia, bisogna procedere, ma tu rallenti il processo costringendo mio figlio a pulire pavimenti e leggerti favole in biblioteca!>>
<<Ora basta!>> un lampo serpeggiò tra Lars e Alexis e i due si voltarono sconvolti verso Jake che, con gli occhi rossi incendiati di rabbia e lucenti come rubini, si avvicinò lanciando sguardi di fuoco al padre.
<<La devi smettere con questa storia! Alexis sta facendo ciò che Bradley vuole che faccia: sta imparando ogni genere di incantesimo ad una velocità impressionante e non ha mai provato a scappare o ad usare la sua magia contro di noi>>
<<Oh, andiamo... se voi vi impe->>
<<Non ho finito>> Jake fece un passo verso suo padre con gli occhi fissi nei suoi: così verdi eppure così diversi da quelli della giovane strega; se gli occhi di Alexis erano un bosco vivo e magico, quelli del padre erano del colore del muschio dopo la pioggia e ricordavano un antro buio e freddo, coperto solo da erbe marce e velenose.
<<Tu devi stare lontano da lei e da tutto ciò che riguardi il suo allenamento; il giorno che re Bradley chiederà ad Alexis di compiere quell'incantesimo... beh, lei sarà pronta... non immischiarti in questa faccenda e non fare niente di stupido o non ne uscirai indenne, hai capito?>>
Lars, per un secondo, rimase spiazzato dalle parole del figlio, sembrava quasi che sapesse cosa aveva in mente, ma era impossibile: quando Jake era ancora un bambino, Lars lo aveva costretto a fabbricargli un gioiello che gli impedisse di leggergli la mente.
L'uomo cercò di scacciare quel pensiero, ma non riuscì a trattenersi dal lanciare un'occhiata al polso su cui avrebbe dovuto esserci il gioiello e che, invece, era vuoto.
<<Balder>> il sussurro velenoso di Lars raggiunse le orecchie di Jake che, consapevole del ragionamento che la mente di suo padre aveva appena compiuto, sorrise beffardo.
<<Non puoi averlo fatto davvero! Non per lei!>> Jake sbuffò sentendo le parole del mago e lo guardò annoiato.
<<Non ho fatto niente... anche se... credo che dovresti andare a recuperare ciò che hai perso... nel castello potrebbero succedere cose strane>>
Lars aprì la bocca per ribattere, ma la richiuse subito e, dopo aver maledetto i due ragazzi in un'antica lingua locale, se ne andò infuriato, pronto a scaricare la sua rabbia sul povero Balder.
<<Che cosa mi sono persa?>> la giovane strega guardava la scena senza capire e si chiedeva che cosa avesse voluto dire Jake con le parole rivolte al padre.
<<Niente di che>> Jake fece segno ad Alexis di incamminarsi verso la sua stanza e, controllato un'ultima volta che fosse tutto a posto, la seguì.
La sera era ormai calata su Icy Oak; la strada che conduceva alla piazza era debolmente illuminata dalla luce fioca della Luna e Alexis non riuscì a trattenere un sorriso nel vedere la sagoma scura di Lars farsi largo nella nebbia.
Le stelle sembravano scomparse, ma, di tanto in tanto, qualche freddo bagliore riusciva a superare la spessa coltre di nubi.
La neve copriva ancora tetti e case e, per quanto Alexis odiasse ammetterlo, dava ad Icy Oak l'aspetto di un villaggio delle favole: il castello sembrava poggiare su di una enorme e spumeggiante nube bianca, mentre le case del paese fluttuavano sopra a piccole nuvolette ondeggianti; le stalattiti di ghiaccio gocciolavano pigramente e conferivano alle case un'apparenza gotica.
Jake camminava a testa china ripensando a ciò che aveva visto nella mente del padre, mentre Alexis, accanto a lui, osservava attenta le ciocche bionde che gli ricadevano sulla fronte e gli occhi rossi socchiusi.
C'era una cosa che aveva bisogno di chiedergli, ma era sicura che avrebbe opposto resistenza e che per convincerlo avrebbe dovuto mentire; odiava non potergli dire la verità, ma, in un certo senso, nonostante Jake fosse sempre stato dalla sua parte, c'era qualcosa che glielo impediva: era più di una semplice sensazione, era qualcosa che, chissà come, sentiva scorrere nelle vene; la sentiva bruciarle la pelle quando compiva qualche incantesimo, la sentiva spingere quasi come se volesse uscire ed impedirle di rivelargli ciò che aveva in mente...
<<J-Jake>> il tono incerto della ragazza attirò subito l'attenzione del giovane mago.
<<Sì?>>
<<Volevo chiederti un favore... non sei obbligato a dire di sì, era solo un'idea, ma->>
<<Alexis>> la strega, ancora intenta a farneticare tra sé e sé, lo guardò speranzosa con i suoi grandi occhi verdi.
<<Dimmi cosa ti serve, è inutile girarci intorno>> sotto lo sguardo attento di Jake, Alexis si sentì una stupida e cercò di ritrovare la sua determinazione da guerriera.
<<In biblioteca, questa mattina, ho letto una cosa... vorrei parlarne con Balder e, dato che non posso andare in giro da sola, mi piacerebbe che mi accompagnassi da lui domattina>> il ragazzo corrugò labbra e sopracciglia in un espressione pensierosa, poi, ad occhi socchiusi, si rivolse alla ragazza.
<<Di cosa si tratta?>> Alexis sospirò, sapeva benissimo che Jake avrebbe voluto saperlo, chiunque avrebbe fatto quella domanda, eppure... non aveva mai smesso di sperare il contrario.
<<E' una favola>> la ragazza si voltò verso la finestra per non far vedere a Jake la sua espressione: con tutto ciò che avrebbe potuto rispondere, aveva davvero detto favola?
<<Una favola?>>
<<S-sì... di... di Gold Feather... un'antica favola che raccontavano ai prescelti>>
<<Oh>> Alexis guardò Jake sorridendo, convinta di aver superato il problema, ma...
<<Non puoi chiedere a me ciò che vuoi sapere?>> il mago ovviamente non era così stupido.
<<Ma Balder è di Gold Feather... e la favola veniva raccontata solo ai prescelti, lui stesso ha detto che aveva saputo dell'incantesimo di distruzione da uno dei prescelti, quindi... potrebbe sapere anche la favola>>
Per alcuni minuti, nel corridoio risuonarono solo i passi dei ragazzi che si fermarono non appena raggiunsero la camera di Alexis; la ragazza si appoggiò alla grossa maniglia in ferro battuto della porta e guardò Jake con i nervi a fior di pelle.
<<Quindi... tu vuoi andare da Balder per farti raccontare una favola?>>
<<Beh... sì>> il ragazzo sospirò e, dopo averci pensato per qualche secondo, alzò le spalle.
<<D'accordo, andremo da Balder>>
<<Veramente...>>
<<Cosa?>>
<<Tu dovresti solo accompagnarmi>> in quel momento, Alexis si sentì l'essere più spregevole sulla faccia della Terra, perfino più meschina di Lars e Bradley messi insieme; aveva giurato a Jake di dirgli sempre tutto ciò che le passava per la mente e, invece, voleva mentirgli ancora una volta.
<<Non vuoi che io senta>>
<<No, io v->> Jake la interruppe e, nel suo sguardo, Alexis vide tutta la delusione che provava in quel momento.
<<Non era una domanda... è così, tu non mi vuoi lì con voi>> la ragazza si staccò dalla porta e fece un passo verso di lui nell'esatto momento in cui lui ne fece uno indietro.
<<Jake>> il ragazzo alzò una mano e la mise tra di loro, quasi come a voler delineare una linea di separazione.
<<Ti accompagnerò da Balder, ma non domani... dobbiamo far calmare le acque, per la storia di Lars e del tappeto... tra qualche settimana, forse... buona notte, Alexis>> senza nemmeno guardarla, Jake le voltò le spalle e si incamminò verso la sua camera.
*****
La stanza era totalmente immersa nel buio; le finestre erano coperte da pesanti tende di velluto nero e le candele erano spente.
Il grande letto di legno di quercia si confondeva con il pavimento scuro e con le pareti di mattoni e, in quella silenziosa oscurità, l'unica cosa che poteva essere udita era il battito irregolare di un cuore infiammato dalla rabbia e dalla delusione.
In un angolo della stanza, seduto con la schiena contro il muro, c'era Jake: i gomiti appoggiati alle ginocchia e la testa tra le mani.
Quella giornata, cominciata nel migliore dei modi, si era conclusa come la più bella ed elaborata delle tragedie.
Tanto per cominciare, ciò che aveva letto nella mente di suo padre non gli era per niente piaciuto; i suoi pensieri erano foschi e confusi e, a causa della magia residua del braccialetto, gli resistevano, ma quel poco che era riuscito a cogliere non era positivo per Alexis: la ragazza avrebbe dovuto guardarsi le spalle.
Jake si alzò lentamente e cominciò a camminare nervosamente per la stanza, non aveva bisogno della luce: conosceva l'esatta posizione di ogni mobile e avrebbe potuto mettersi a correre nel buio senza rischiare di farsi male..
In quel momento, però, avrebbe preferito non poterlo fare, avrebbe preferito sbattere contro lo spigolo del tavolo o scontrarsi con l'armadio... avrebbe preferito cadere e farsi male per poter smettere di sentire quel dolore che veniva da dentro, dal profondo del suo cuore.
Voleva solo dimenticare l'ennesima ferita che Alexis gli aveva inferto, dimenticare quella sensazione di inadeguatezza che sentiva farsi spazio dentro di lui ogni volta che si guardavano e si rendeva conto che, lo sguardo che lui riservava alla ragazza, lei non lo avrebbe mai rivolto a lui.
Si lasciò cadere sul letto e i suoi occhi scintillarono come quelli di un gatto prima di chiudersi; il suo respiro era pesante e irregolare e le mani erano strette a pugno.
Perché non riusciva ad odiarla?
Si sentiva diviso in due, come il personaggio di una vecchia favola per bambini: una parte, odiava Alexis con tutto il cuore, sapeva che non avrebbe mai ricambiato e desiderava soltanto considerarla un errore passeggero, ma l'altra, ed era quella che prevaleva, l'amava alla follia, era disposta a perdonare e non aveva intenzione di lasciarla andare.
Jake era sicuro che, l'indomani, alla vista della ragazza, avrebbe dimenticato ogni cosa e sarebbe tornato il solito stupido innamorato, indipendentemente dai sentimenti di Alexis, indipendentemente da quanto avrebbe sofferto.
-Che idiota- pensò Jake -forse... ha davvero ragione mio padre-
Gli occhi felini del ragazzo si aprirono di scatto e, consapevole del pensiero appena elaborato, Jake balzò in piedi in preda all'ira.
Come poteva anche solo pensare una cosa del genere? Come poteva dare ragione a quell'essere spregevole?
Accecato dalla rabbia e dalla frustrazione, il ragazzo si fermò di fronte al tavolo pieno di libri e cianfrusaglie varie e, con un rapido gesto del braccio, le scagliò a terra; alcune ampolle di vetro si frantumarono e una in particolare si scontrò contro il muro accanto sparando una miriade di schegge verso il ragazzo che, troppo preso per accorgersene, fu colpito proprio dal pezzo più grande che si conficcò nel suo braccio.
Jake si sedette sul pavimento tra l'inchiostro rovesciato e i pezzi di vetro e, con sguardo perso, rimase ad osservare la sua ferita grondante di sangue: il grosso frammento di vetro era incastrato nell' avambraccio, qualche centimetro sopra al polso, e grondava copiosamente; il sangue iniziò a macchiargli i vestiti e a cadere a terra mischiandosi con l'inchiostro.
Le ore successive, Jake le passò lì, seduto nel sangue e nell'inchiostro, tra frammenti di vetro che gli ricordavano i pezzi del suo cuore e con gli occhi fissi sul suo polso grondante: rosso e rosso, fuoco e sangue.
Ed ogni sua parte, per quanto frammentata potesse essere, era consapevole di una cosa: non avrebbe usato la magia per curare quella ferita, l'avrebbe semplicemente osservata fargli male e, quando avesse smesso, avrebbe estratto il pezzo di vetro così da sentire i suoi bordi taglienti graffiargli la carne.
Avrebbe assaporato ogni singolo secondo di quel dolore.
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