⟣ Capitolo 27 ― Nella Tormenta del Serpente ⟣
Il gelo delle montagne non scomodava Mahdi seduto su uno dei tanti massi, intento a leggere il quarto papiro consegnatogli dallo Shua del Rubino D'Oro in quei giorni. Legato al suo fianco, a dei passi di distanza, c'era un cavallo anziano. Non aveva dimenticato la proposta di Mu'ezz Nadir riguardo a educarlo, insieme a Fathi, nell'equitazione. Tuttavia in quei mesi, Yasser aveva anticipato l'atto, aiutandolo a gestire il cavallo offertogli dagli Sciamani dell'Ovest.
"Perché?" Pensò il ragazzo conscio dell'incarico del nobile. Non amava la bufera di dolore e, se non fosse per le promesse, sarebbe rimasto sui monti. Piegò le gambe e infilò la pergamena nel borsellino. Dietro alla schiena era legata la Yuha: l'unico riferimento dei genitori. Le vene gli brillavano come acqua cristallina e valorizzavano l'istinto antico. Era maturato nel corso del tempo, aveva esaltato i muscoli sottili e l'agilità negli allenamenti, apprendendo le conoscenze delle erbe magiche, naturali e le creature. Persino le orecchie erano leggermente a punta senza modificare il viso ovale. Ciononostante era rimasto il solito curioso e incerto sul volere degli Dèi.
Solo i passi indiscreti di Yasser, accompagnati dal destriero, lo riportarono alla realtà.
― Yasser, pensi che capiranno ciò che sono diventato? Domani arriveranno e il pensiero di..., ― disse Mahdi con tono irrequieto, si spostò e slegò il cavallo anziano dal tronco sottile del nocciolo.
Poco dopo i due Mansur Najib seguirono il sentiero di sassi bianchi e cespugli, osservando di tanto in tanto le incisioni sacre sui pilastri di pietre o le antiche costruzioni create dalla loro discendenza. Videro il villaggio degli Sciamani dell'Ovest e le imbarcazioni ormeggiate sulla riva di uno dei tanti fiumi, i pescatori tirarono le reti e salutarono i due guerrieri.
― Sono passati in un attimo questi mesi, Mahdi. Pensavo di poter aiutarti a costruire qualcosa qui, al sicuro su questi monti. Invece, mi sbagliavo, ― sorrise Yasser.
― Potresti venire con me. Magari il mondo esterno potrebbe darti una seconda possibilità, sebbene sia peggiorato nel corso dei secoli.
Yasser mostrò una smorfia di incertezza, si toccò la barba e socchiuse gli occhi grigio luce. Poi sospirò pesantemente e spostò il mantello sulla spalla: ― Utilizzi sempre la speranza e la accosti in un argomento peggiore, Mahdi. Comunque, no, non sarei mai pronto per un simile atto. Il mio posto è qui, insieme agli Sciamani dell'Ovest. Ho perso i miei fratelli, amici, allievi e figli in quelle terre, posare un piede fuori dai monti, mi renderebbe triste.
― Però... forse la mia famiglia potrebbe riunire ciò che è stato. Potresti essere accolto e...
― No, Mahdi. Il compito di rimediare alla crepa del Rubino D'Oro con i Mansur Najib è tuo. Non mio. Io ho già compiuto ciò che è stato, il Sacro Nafan lo sa.
― Il Sacro Nafan potrebbe dirmi come rivedere mia madre? Non la vedo da sere eppure..., ― socchiuse gli occhi Mahdi, ―...inizio a sognare cose belle. Non mi capitava da un po', forse prima di venir qui.
Yasser trattenne una risata, portando l'allievo nei pressi del villaggio per i festeggiamenti di quella sera. Legarono i cavalli vicino ai recinti e gli diedero dell'acqua.
― Lo Yazata delle Sacre Acque fa ciò che desidera, ricordatelo. È esuberante con molti, ma con i suoi "figli" è esigente e curioso. Forse tua madre ha bisogno di un po' di pace.
― Capisco.
― Ora, pensiamo ad altro, domani, prima che arrivino quegli uomini, ricordiamoci di preparare ciò che ti servirà. Stasera giungerà anche la Sacra Baharack, non dovremmo essere scortesi, capito, Mahdi?
― Certamente.
Dopo quelle parole la sera iniziò a calare, finché la notte non giunse. Il villaggio era ricco di danze, fiaccole accese, cibi prelibati da condividere tra i paesani. I bambini correvano da una parte all'altra, salutando con inchini la Sacra Baharack che s'era unita ai festeggiamenti e sedeva accanto ai due Mansur Najib.
La donna, dai capelli bianchi con i riflessi verdi, sorrise e guardò le stelle: ― Sei pronto per varcare quello che ti aspetta, Mahdi?
― Sì, Sacra Baharack. Sarà difficile è solo che vorrei sapere di più. Non parlo del compito riguardo al Regno, ma... voglio conoscere la mia famiglia.
― Ed è giusto che sia così. Dopotutto il viaggio è l'essenza vera della crescita. Sai... è stato proprio il viaggio a far conoscere mia nonna al suo amato, l'ha fatta crescere, maturare e scoprire ogni cosa. Fidati del tuo istinto, fidati di ciò che sei.
Mahdi rimase stupito dalle parole della donna e ascoltò le musiche sulle antiche gesta degli Shah.
***
Il mattino seguente, di fronte all'Arco di Ametrina, Mu'ezz Nadir e Fathi del Rubino D'Oro erano arrivati come prestabilito da Mahdi. Coperti dalle vesti pesanti e portando un terzo cavallo, scesero dai loro destrieri, legandoli vicino a delle rocce. Fissarono le statue di Zalwa e Yasum, sistemandosi le kafieh dai ricami d'oro.
Fathi calciò un sassolino e posò la mano sul pomolo della scimitarra, la divisa del Regno con inciso lo scorpione era sporca di sabbia, sugli spallacci a piastre pendeva il mantello marrone.
― Siete sicuro che verrà? ― disse Fathi, stando con la guardia alta.
― Fidati di me, attendiamo.
La foschia, prodotta dalle spore dei funghi magici che tutelavano il confine roccioso, non permetteva di vedere oltre. Poi due figure si avvicinarono, superando le statue dei serpenti.
Mahdi, al contrario della Pelle di Zaisibas del mentore, indossava una qamis color ocra datagli dagli Sciamani dell'Ovest, stretta da una cintura di cuoio dove sorreggeva, dietro al bacino, la Yuha con le due punte affilate. I siwal marroni erano ben puliti e, sulle spalle, portava tre sacche colme di tutto ciò che potesse servirgli durante il viaggio.
Entrambe le fazioni si ritrovarono l'una di fronte all'altra.
Padre e figlio si stupirono della costituzione di Mahdi, così tonica e forte nella semplicità, poi posarono il loro sguardo su Yasser, il quale pronunciava delle parole in Dulmuyf.
― Vi porgo i miei saluti, ― disse Mu'ezz Nadir, osservando i due guerrieri, ― Mahdi sei... cresciuto, sembri così diverso.
Il giovane socchiuse gli occhi pregni di un briciolo d'orgoglio: ― Nobili Mu'ezz Nadir e Fathi è un piacere rivedervi. ― indicò Yasser, ― Questo è Yasser Nayf Murad, il mio mentore. È stato lui a educarmi e addestrarmi.
― È un privilegio conoscervi, Yasser Nayf Murad, ― pronunciò Mu'ezz Nadir verso l'uomo e posando la mano sul petto per il saluto.
― Onorato della vostra presenza, nobili Signori. Mahdi mi ha parlato di voi e se non sbaglio, questo è vostro figlio? ― Yasser guardò Fathi.
― Sì. Questo è Fathi zada Del Rubino D'Oro, ― Mu'ezz Nadir precisò verso il figlio, ― Mahdi è stato vigile nell'insegnamento? Ha portato degli scompensi? Vi ha offeso o è stato disubbidiente?
― No, assolutamente. È un giovane curioso, testardo e ascoltatore. Pressappoco com'ero io alla sua età, ― rise un po' Yasser.
― Sono estasiato di saperlo. Vi reca qualche disturbo la nostra partenza? Non vorrei essere maleducato, so per certo che un Mansur Najib è devoto ai suoi impegni, ― disse Mu'ezz Nadir.
― Non preoccupatevi. Tuttavia vorrei parlare con voi in privato. Se non vi crea qualche turbamento.
― Ditemi ciò che desiderate.
Mu'ezz Nadir indirizzò Fathi a preparare i cavalli e lo fece allontanare.
Yasser posò una mano sulla spalla dell'allievo, guardandolo con tenerezza: ― Applica ciò che ti ho insegnato e, un'ultima cosa, ricostruisciti una vita migliore.
― Yasser..., ― mormorò Mahdi.
L'uomo lo benedì con parole dolci nella lingua Dulmuyf, poi lo invitò ad andare verso i cavalli a metri di distanza. Solo allora Mu'ezz Nadir si mise a parlare sottovoce con lui.
Fathi e Mahdi li fissarono da lontano l'espressione stupita del nobile che annuì con serietà alle domande del Mansur Najib.
Il mentore del giovane agitò le mani come se mostrasse un pezzo della sua cultura ed esperienza.
― Tu sai di cosa stanno parlando? ― sussurrò Fathi.
― No, ma dall'espressione di Yasser, sembra una cosa molto seria, ― mormorò Mahdi.
Il ragazzo nobile fece spallucce e salì a cavallo, indicando al giovane la sua bestia.
Mahdi slegò le redini marroni dal destriero, posò le sacche sulla groppa e tentò di mettere un piede nella staffa.
― Non è stata una mia scelta! ― urlò Mu'ezz Nadir.
I due ragazzi si voltarono, non capendo il discorso e videro l'espressione truce del nobile scagliarsi come una roccia contro il mentore.
Yasser tentò di calmarlo e guardò per un breve momento Fathi e all'ultimo Mahdi. Solo dopo qualche minuto si ricomposero e si salutarono.
Mu'ezz Nadir notò che il figlio era pronto a fargli una domanda, ma lui gli mostrò un "no" con il capo per far tappare la sua bocca. Salì sul destriero e finalmente i tre partirono.
Passarono dei minuti e i viaggiatori si diressero verso le miniere; alcuni Shua volavano nel cielo nuvoloso.
― Mahdi, è stato il tuo mentore a istruirti nell'equitazione? Eppure avrei voluto che Fathi ti avesse aiutato, ― disse Mu'ezz Nadir accostandosi ai giovani.
― Sì. Yasser mi ha istruito al secondo mese d'addestramento. Anche se lo avevo avvisato sulla vostra decisione, ma... beh, ha rifiutato. Sapete i Mansur Najib sono stati i primi a portare la conoscenza dell'equitazione nelle battaglie. Mi dispiace di non aver approfittato dell'educazione di vostro figlio, ne sarei stato estasiato, ― pronunciò Mahdi guardando Fathi.
Fathi roteò gli occhi e strinse le redini, odiava quelle parole così pregne d'ammirazione e allo sguardo vigile del Mansur Najib.
― Ho detto qualcosa di errato? ― disse Mahdi a Fathi.
― No, nulla, Mansur Najib. Avete pronunciato la verità e con onestà non vi avrei educato nell'equitazione. Non sarei un degno mentore, ― disse Fathi guardando Mahdi con ira.
― Sei così pessimista nel tuo ruolo, Fathi. Hai insegnato a Rasha nell'andare a cavallo. Non vedo nulla di male di educare Mahdi, magari trovate delle cose in comune, ― pronunciò Mu'ezz Nadir.
― Padre, Rasha è mia sorella. Se l'ho aiutata a cavalcare le bestie più tranquille è perché sono suo fratello maggiore. Non vedo perché dovrei aiutare il Mansur Najib? Inoltre... non abbiamo nulla in comune. Nemmeno il pensiero.
― Mahdi ha ancora molto da imparare. Hai notato come tiene le gambe? Non le stringe abbastanza. Per ciò, potresti aiutarlo a esercitarsi in questi giorni.
― Ho detto di no, padre, ― rispose nervosamente Fathi.
― Non te lo sto chiedendo, ma ordinando, ― mormorò Mu'ezz Nadir.
Alla risposta di quella direttiva il nobile superò i due ragazzi facendo strada.
Fathi non poteva accettare quell'imposizione. Si affiancò a Mahdi, squadrandolo con ira; poi sorrise, un sorriso sarcastico come se non vedesse l'ora di torturarlo: ― Ascoltami bene, potrai essere il "figlio" delle sacre divinità, ma rimarrai un ragazzo umile. Obbedirò a mio padre, ma non ti aspettare nessun tipo di clemenza da parte mia. Intesi?
― Sì. Non vi preoccupate, credo di capirvi. Mi basta il vostro ego a confermare su ciò che siete, ― rispose Mahdi.
― Hai imparato a usare la lingua in quelle terre?
― Ho appreso non solo la lingua che mi è stata cucita dalla schiavitù. Ho compreso la meditazione, la fatica di stare a testa ingiù su un covo di serpenti e l'arte dell'alabarda, ― guardò Fathi, socchiudendo gli occhi.
― Affascinante, ma non degno di nota, ― alzò il mento.
I discorsi si conclusero finché non giunsero alla zona della miniera, dove gli esploratori, i minatori e i soldati compivano i loro doveri.
Il rumore dei picconi, le voci pesanti e il nitrito dei cavalli toglieva la pace al giovane.
I tre scesero dai destrieri consegnandoli agli stallieri dell'accampamento.
Fathi con il permesso del padre si avvicinò ai Comandanti.
Al contrario Mu'ezz Nadir e Mahdi ascoltarono gli esploratori dagli abiti grigi e dalle cinture turchesi.
― Interessante, vero? Sono gli esploratori dell'Occhio del Dio Niyoosha. Pensa che tra loro c'era Farhang Hamid, che scrisse l'Astronomia dei Re, ― disse Mu'ezz Nadir mettendosi di fianco al ragazzo.
― Mi ricordo che vivono di scienza e hanno collaborato con i Mansur Najib secoli fa. Alcuni di loro rifiutavano di sposarsi per onorare la ricerca.
― Un grande impegno. Sai..., ― sorrise il nobile, ―...un mio prozio era un esploratore, classificò alcune piante medicinali.
― Vi ha lasciato dei testi nel palazzo? Vorrei leggerli se non vi crea disturbo. Sapete, sono stato educato nell'uso delle piante magiche e no. Potrei affinare le mie qualità per aiutarvi.
― Certamente. Nella biblioteca abbiamo ancora i suoi scritti.
Mahdi ringraziò e rimase in silenzio osservando i lavori, avrebbe desiderato domandare la discussione tra Yasser e il nobile.
Mu'ezz Nadir spostò il mantello di lana, mostrando la tunica arancione stretta dalla cintura: ― Mahdi, Dhaki Shah pretende i tuoi servigi, anche se ti chiedo questo, prima di partire, desidero fermarmi qualche giorno alla mia dimora. Non potrò accompagnarti personalmente, per ciò sarà Fathi ad aiutarti nel tuo viaggio. Ho avvisato Rasha che vi recherete prima alla Punta a Foglia di Arash e poi a palazzo. Ti chiedo di essere paziente con mio figlio, ha un carattere difficile. Un carattere identico a quello di suo zio e sua madre.
― D'accordo. Posso chiedervi il motivo della vostra mancanza durante il viaggio?
L'espressione affranta del nobile si specchiò nella tenerezza del ragazzo. Chiuse gli occhi per concentrare le forze, non poteva rischiare, doveva attendere ancora un po': ― Lo Shah ha bisogno dei miei consigli. Nulla di più. Devo compilare delle carte importanti e riflettere.
― Capisco.
Mahdi lo fissò toccando il borsellino legato attorno alla vita, sentì la mano del nobile sulla sua spalla.
― Ora però, vai ai riposarti, domani partiremo per tornare al Regno, ― disse l'uomo e si allontanò verso i Comandanti.
Il guerriero rimase in silenzio e abbassò il capo, deluso e affranto dalla sensazione d'essersi illuso troppo. Udiva le voci degli esploratori rimproverarsi tra di loro, passandosi i documenti degli scavi.
― Che meraviglia quell'arma, come riesci a tenerla?
Il Mansur Najib cadde dalle nuvole del dolore e si voltò, guardando la fonte della voce chitonata di un esploratore. Molti di quegli uomini, come lui, possedevano dei gioielli e fermagli per i capelli.
― Io... è agganciata dalla fascia, signore, ― rispose Mahdi.
― Curioso, davvero curioso, ― disse l'anziano, confabulando con un collega alla sua destra della stessa età, ― come ti chiami, ragazzo?
― Mahdi, signore.
― Come mai sei così avvilito? Io e Navid, ― indicò l'esploratore dalla barba nera, ― ti abbiamo visto arrivare con i nobili del Rubino D'Oro. Però la tua espressione sembra distrutta. So io come tirarti su di morale, vieni con noi.
― Vedrai, ti piacerà, ragazzo, ― pronunciò Navid.
Così, il giovane si lasciò trascinare dal gruppo di esploratori, i quali esponevano le tesi su argomenti naturali e geologici. Era affascinato dalle battute scientifiche.
― Ed è così che gli esploratori scoprirono l'utilizzo dell'oro. Interessante, vero? ― disse Nadiv.
― Sì. Conoscevo alcune nozioni tramite il mio mentore,― Mahdi guardò Navid e per ultimo l'esploratore sconosciuto.
― Di che mentore parli? Forse noi lo conosciamo. Collaboriamo con quasi tutti gli esploratori e i tutori dei tre Regni, soprattutto con il Rubino D'Oro, ― domandò l'uomo dalla barba e i capelli bianchi.
― Non credo che lo conoscete. Il mio mentore è un Mansur Najib, non varca queste terre da secoli.
I due uomini di una certa età si stupirono.
― Allora sei tu il Mansur Najib di cui parlavano i Comandanti? ― chiese Nadiv, sistemandosi la chioma nera.
― Sì, ― sorrise Mahdi.
― Che meravigliosa notizia, sicuramente potremmo incontrarci di nuovo a Palazzo. Io e Jafar, insieme ai nostri colleghi, lavoriamo nelle biblioteche nobiliari, ― disse Navid e indicò il collega vicino a sé.
― Sarei onorato. Dunque vi chiamate così? ― domandò Mahdi all'anziano dalla voce chitonata e dalla barba bianca; era basso, magro come uno stecco, ma allo stesso tempo elegante.
― Sì, la mia povera madre mi ha dato questo nome perché amava "Mille Soli e una Notte". Comunque, ho lavorato per mesi al Palazzo del Rubino D'Oro insieme a Navid. E ora sono qui, ― disse Jafar e, spostando i capelli bianchi raccolti da una bacchetta d'avorio, sfiorò l'orecchino tondo a forma di sole.
― Dunque... ci rivedremo? ― domandò Mahdi.
― Se il Dio Niyoosha lo vorrà, ― rispose Navid.
― Probabilmente sì, ― rise Jafar.
Il ragazzo cercò di pronunciare un'altra parola, ma Mu'ezz Nadir lo chiamò. Si voltò e salutò i due uomini, i quali parlottavano, immergendosi nel mare degli studi scientifici.
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