⟣ Capitolo 11 ― Affidare al Benevolo ⟣
Le urla disumane, nelle stanze delle torture, facevano tremare il ragazzo incatenato da più di tre giorni dalla morte del Principe Maijd. Durante la prigionia gli avevano strappato via la sua arma, la quale rotola a più e più volte da lui ma che venne messa sempre in un cofanetto dei soldati .
― Dio Niyoosha, non ho fatto niente, non ho fatto niente, ― balbettò il Servo Rosso ricordando l'accaduto.
Il potere che l'aveva sorpreso per la seconda volta era svanito quando era stato portato nelle prigioni. Le parole di Tinfi gli rimbombavano nella testa, soprattutto: istinto antico.
Un soldato distribuì i pasti e gettò un pezzo di pane nella cella del giovane.
Il Servo Rosso strisciò nudo, afferrò il cibo, poi osservò la piccola fessura dove filtrava un raggio di sole; le pareti rossicce erano coperte dalle ragnatele e delle catene penzolavano dal soffitto. Si pulì il viso sporco e tornò nell'angolo a masticare il pane, ignorando gli ematomi scuri sul fisico.
I soldati l'avevano picchiato durante la sua cattura. Per sua fortuna non gli venne tagliata la lingua o la mano come gli altri prigionieri nelle celle accanto, poiché lo Shah lo voleva vivo.
Non era una novità che molti detenuti, in base alla condanna, venissero evirati, mutilati o peggio, dato loro da bere acidi magici così corrosivi da bucare lo stomaco e con esso la pelle.
Solo il gocciolio di sangue marcio sulle catene, i lamenti dei mutilati e lo strisciare dei condannati a morte erano i suoni della disperazione.
― Per me, lo Shah è stato troppo clemente, ― disse un soldato vicino alla cella del giovane.
― Clemente? Forse... ma non puoi negare che ha battuto una Ghul tutto da solo, ― mormorò un soldato barbuto.
Mahdi udì la chiacchierata; lo Shah era furioso con lui per aver portato il Principe in braccio e non aver fatto nulla per salvarlo.
"Cosa ho fatto di male per aver vendicato il Principe? Quell'energia mi ha guidato. La sentivo come se fosse la voce calda di mia madre." Pensò Mahdi e, dopo aver terminato il pasto, posò il capo sulle braccia. "Allora perché è successo? Perché prima non si è rivelata? Sto forse impazzendo?" Chiuse gli occhi per riposare, ma le urla dei prigionieri continuavano a tenerlo sveglio.
***
La notizia di Mahdi scorreva come un fiume nei corridoi del palazzo, tra i nobili c'era sorpresa, per i servi c'erano dubbi.
Fathi zāda Del Rubino D'Oro entrò nella stanza del padre, tenendo una tavoletta d'argilla, sul volto mostrava un'espressione fiera. Gli abiti dai colori caldi, tipici della sua terra natia, gli snellivano il fisico muscoloso e la scimitarra era legata come sempre sulla cintura di cuoio.
― Padre, il prezzo del ragazzo è abbastanza basso, ma dipenderà se i Principi vorranno venderlo. Sono molto affezionati.
― Quando sarà il giudizio? ― Mu'ezz Nadir alzò il viso per osservare il figlio alla sua sinistra.
― Oggi, come accordato. Siete sicuro che sia una buona idea? Portarlo ai Monti Alabastro...
― È l'unico modo. Voglio quel ragazzo― Perché vi crucciate tanto? Posso comprendere l'importanza ma...
― Mi cruccio perché ho visto ciò che è. ― Mu'ezz Nadir si spostò verso un tavolo colmo di papiri, lì prese il dipinto della donna che Mahdi aveva visto poco tempo prima. ― Reclama un'udienza allo Shah e che le divinità ci assistano.
Il figlio annuì e uscì a passi svelti, lasciando solo il nobile. Mu'ezz Nadir pronunciò qualcosa nel dialetto Zaka, frasi di preoccupazione verso i suoi avi e della donna raffigurata sul pezzo di papiro; posò l'immagine sul petto e i ricordi di suo fratello gli penetrarono nella mente come scaglie di pietra.
Dovettero passare delle ore prima che Mu'ezz Nadir e suo figlio potessero giungere nella sala del trono. Il mosaico dell'upupa d'avorio dalle piume lavanda e nere luccicava grazie alla luce prodotta dalla lampade a olio; i soldati tenevano la guardia alta e i figli dello Shah erano seduti sui cuscini d'avorio alla destra del trono. Le mogli del sovrano non erano presenti, erano troppo sconvolte per partecipare all'incontro.
Munir Shah Della Luce D'Avorio era seduto sul trono adornato di pietre preziose, le mani ingioiellate dagli anelli e dai bracciali coprivano il viso. Delle lacrime scavavano dei solchi nella pelle rugosa.
Il Principe Shayan cercò più volte di consolarlo, ma inutilmente.
Il nobile avrebbe desiderato riportare allo Shah il figlio deceduto, i pensieri della sua sofferenza si mischiarono a quelli del sovrano. Un figlio non poteva essere sostituito dalle parole o dai doni dei nobili, un figlio era un pezzo d'anima che non doveva essere dimenticato.
― Se avete preteso un'udienza per dei futili motivi, vi prego, andatevene, ― sussurrò Munir Shah.
― Mio Signore, non vi recherei mai un'offesa così profonda in un momento nefasto. La sofferenza che vi affligge equivale al mio, pur sapendo ciò... vorrei domandarvi del Servo Rosso. È possibile chiamarlo in vostra presenza? Ho bisogno di parlare con lui.
― L'ho fatto chiamare pochi minuti fa per interrogarlo dai miei Comandanti. Sarà qui a breve. Sempre se riuscirà a pronunciare una sola parola.
Il nobile si morse le labbra e attese, lo Shah si massaggiò la fronte sotto gli occhi vigili dei tre figli. Fathi era vicino al padre e schiudeva le labbra, osservando le lacrime rigare il viso del Principe Rahim.
Dei passi veloci echeggiarono nella sala e tre figure passarono svelte, trascinando con mala voglia il corpo esausto e malconcio del Servo Rosso. I soldati gli avevano dato dei pantaloni logori per coprire la sua nudità, Fathi guardò le catene arrugginite sulle giunture del ragazzo, il quale venne fatto inginocchiare.
Mu'ezz Nadir domandò allo Shah di avvicinarsi al servo e quello glielo concesse; il naso si arricciò per la puzza del ragazzo e senza aver il timore di sporcarsi gli prese il mento. Gli occhi saettarono su quelli distrutti di Mahdi, la macchia blu polvere sull'occhio destro era lì, fissa come una piccola pozza d'acqua. Lasciò la presa e guardò i Reali. Mahdi scivolò di lato e per poco non cadde sul pavimento lucido.
― Posso confermarlo, sua Eccellenza. Questo ragazzo è un Mansur Najib. Diretto discendente dell'Antica Fawziya. Nell'occhio destro ha un'eterocromia parziale. Una macchia, o meglio, una goccia blu polvere, ― disse Mu'ezz Nadir ai presenti.
― I Mansur Najib sono diventati una leggenda, quegli uomini sono morti da molto tempo, siete sicuro di ciò che dite? Quel Servo Rosso è stato con i miei figli per anni eppure non ha mostrato un minimo di potere o magia, com'è possibile? ― Munir Shah indicò il servo.
― Lo so perfettamente, vostra Eccellenza. Per questo devo porre delle domande al Servo Rosso, se me lo permettete.
A quella richiesta il sovrano non disapprovò, Mu'ezz Nadir si sistemò le maniche lunghe del bisht arancione dai ricami lilla, i soldati tennero fermo il giovane.
― Non ti voglio far del male, servo. Dimmi solo una cosa, l'arma che avevi con te, nel giorno della morte del Principe Majid, era un piccolo oggetto? Se sì, l'hai bagnata con il tuo sangue? ― Mu'ezz Nadir mormorò con tono serio.
Mahdi tossì e sputando un po' di saliva, guardò il nobile con gli occhi colmi di lacrime, i soldati cercarono di sostenere il suo peso.
― Sì. Era solo un cilindro inutile datomi dalla mia povera madre. L'ho sempre tenuto con me, poiché nessun mercante vedeva la sua utilità, nessuno... ― Mahdi guardò gli occhi stanchi dell'uomo, ― Ho cercato di nasconderlo, ho cercato di non dir nulla. Avevo paura, ― singhiozzò.
― Paura di cosa, servo?
― La notte che uscii per ordine del Principe Rahim, volevo vendere quell'oggetto, ma incontrai... ― singhiozzò mentre le lacrime scendevano sulle guance, ― ...lo Sciamano dell'Ovest. Mi fermò, mi chiese se ero uno di loro, i Mansur Najib. Credevo che fossero solo delle leggende, la mia famiglia non badava ai "Grandi Uomini". Cercai di tornare a palazzo, non volevo ascoltarlo, ― singhiozzò. Taher, Rahim e Shayan lo osservarono con attenzione, ― ma la Ghul degli Incubi ci attaccò. Uccise lo Sciamano e poi... cercò di ammazzare me. Scappai. Avevo paura.
Un velo di silenzio li avvolse per dei secondi. Mahdi tremava e avvertiva gli occhi neri del nobile puntare su di lui; quella sensazione la conosceva bene. Non avrebbe mai potuto dimenticare il disgusto con cui lo aveva guardato dal momento in cui Majid era morto. Sarebbe sempre rimasto marchiato a fuoco nel suo spirito.
― Cos'è successo, Servo Rosso? ― disse Mu'ezz Nadir.
― La bestia mi ferii e pensai d'essere spacciato, tastai la ferita e strisciai come un verme verso il cilindro che era per terra, lo sfiorai e lo sporcai con il mio sangue. Poi... avvertì un senso di benessere e mutai quell'oggetto in un'arma. Non sapevo come avevo fatto. Non sapevo. Dovete credermi! Era come se sapessi ogni cosa! Ve lo giuro sul Dio Niyoosha! Così... ― singhiozzò, ― colpii la Ghul e la uccisi. ― gli occhi neri del servo fissarono i Reali, ― Quella Ghul che avete trovato tempo fa, l'ho uccisa io. Non ho detto nulla per timore. Poi c'era quella donna... la donna che ha evocato la seconda Ghul. Vi chiedo perdono se ho fatto un atto impuro. Non lo sapevo.
― Quale donna? Di cosa stai parlando? ― sussurrò Mu'ezz Nadir.
La domanda non trovò una risposta, poiché Taher schiuse le labbra, posò una mano su un ginocchio, ora tutto tornava nelle continue osservazioni dei suoi studi: ― Eri tu la stella che avevamo visto dall'Osservatorio.
― Di Cosa stai parlando, Taher? ― chiese Shayan al fratello.
― Io e gli astronomi avevamo osservato tempo fa le costellazioni della Tigre Rosata. Ed era comparsa una nuova stella vicino a quella indicata dagli aneddoti dei papiri del Seme di Nafan Yazata. La stella era vicina alla costellazione dell'Ariete e al pianeta dei "Grandi Uomini". Avevo collegato le parole del nobile Mu'ezz Nadir allo Sciamano dell'Ovest. Non credevo che... oh, Mahdi, quella stella eri tu. Si diceva nei sacri testi che quando un Mansur Najib fosse apparso per scacciare l'oscurità, una stella si sarebbe accesa nel cielo vicino al nostro pianeta. Eri tu, ― Taher si alzò e sorrise per la gioia.
― Le vostre parole non mentono, Principe Taher. ― disse Mu'ezz Nadir, ― Quei sacri segni si rivelano solo quando il Mansur Najib bagna con il suo sangue la propria arma. Ci sono stati casi che alcuni Mansur Najib non hanno rivelato mai i loro poteri perché non avevano l'occasione di impregnare l'oggetto con il loro sangue e poi il Yahu, il cilindro forgiato da un materiale antico e sacro, tornerà sempre dal suo padrone. ― Mu'ezz Nadir sorrise guardando il Principe Taher, ― Vostre Maestà, avete un Mansur Najib nel vostro Regno. Conoscete perfettamente la leggenda Nafan Yazata?
― Sì, sebbene ci siano molte varianti nei Regni, ― mormorò Rahim.
― Le leggende si uniscono nei Regni ma la verità la conoscono in pochi. In tempi antichi, dopo che il Dio Niyoosha fu creato da "Colui che ha memoria", egli generò un numero abbondate di figli: gli Amesha Spenta, i quali a loro volta procrearono altri sottoposti. Tuttavia il Dio Nyoosha generò anche i Yazata. Esseri benevoli legati alla natura o alle virtù. Uno di questi fu Nafan Yazata. Egli fu creato dalle lacrime del Dio e dalle scaglie del serpente roccioso di soladite: Zaisibas. Dopo la creazione degli umani, da parte di Abudab, Nafan Yazata si invaghì di una donna umana, Fawziya. Si diceva che non fosse troppo graziosa; forse non era nemmeno equiparabile alla bellezza delle nobili o delle principesse, ma Nafan Yazata se ne innamorò lo stesso, rapito dal suo carattere. Così... le donò una goccia d'acqua del fiume Ab-I-Hayat che l'aiutò a sopravvivere per dei secoli. Il fiume nelle quale deriva il serpente Zaisibas, animale sacro di Nafan Yazata. La fanciulla lo ringraziò e ricambiò il suo amore, ma... ― sospirò il nobile chiudendo gli occhi, ― un folle mercante, delle terre del Regno di Talib Zeyd, la rapì e la sposò. La donna rifiutò più volte di giacere con l'uomo, ma la sua intimità fu violata lo stesso, all'insaputa di Nafan Yazata. Quando la divinità seppe del matrimonio e della gravidanza della donna, egli la punì. La sua angoscia era immensa, così grande che il serpente Zaisibas divorò interi villaggi e inondò le città per consolare il suo protetto.
― Cosa consisteva la punizione? ― mormorò il Principe Shayan.
― Se Fawziya avesse partorito un maschio, lei e le donne del suo sangue sarebbero morte di parto facendo sopravvivere quel bambino. Al contrario se fosse nata una femmina sarebbero sopravvissute con la bambina. Fawziya ebbe molte figlie, ma all'arrivo del ottavo figlio morì. Dopo un po' di anni dalla morte di Fawziya, le figlie spiegarono al Sacro Nafan Yazata ogni cosa. Ed egli non potendo spezzare la punizione e, pentendosi su ciò, aiutò i figli di Fawziya. Quegli stessi figli, ricchi dell'essenza sacra delle gocce ereditate dalla madre, divennero dei guerrieri di Nafan Yazata, i Mansur Najib. Le donne non ebbero nessuna magia ma potevano generare altri come loro. I Mansur Najib combattevano contro le creature immonde, proteggendo gli umani e onorando il loro creatore. Poi vennero sterminati da una terribile guerra tra clan e dalle continue menzogne dei vari popoli, ― raccontò Mu'ezz Nadir.
Sentire quelle parole fece strabuzzare gli occhi al Servo Rosso. Conosceva solo una briciola della leggenda, una minuscola parte che i genitori erano soliti raccontargli da bambino prima del tramonto nelle oasi de Lacrime di Apatite.
La famiglia Reale guardò Mu'ezz Nadir che posò una mano sulla spalla del figlio, lo Shah si toccò la barba bianca e riccia.
― Non è vero! Mentite! Mia madre non è morta di parto, mia madre è morta per colpa degli Hadi Dell'Ombra. Era viva quando avevo cinque anni! ― urlò Mahdi verso Mu'ezz Nadir.
I soldati vedendo la ribellione lo percossero per un breve istante per farlo calmare, i piedi nudi vibrarono sul pavimento e delle leggere scintille guizzarono sulla superficie. Mu'ezz Nadir calmò i soldati e cercò lo sguardo del giovane accartocciato.
― Quella che ti ha allevato, prima che quei prevaricatori sterminassero la tua gente, non era la tua vera madre. Sei stato adottato da quella famiglia... e ora capisco il motivo, ― Mu'ezz nadir sorrise guardandolo.
― Non è possibile! Ero un bambino! Mia madre è sempre stata fedele a mio padre! Sempre! Nelle antiche tribù e nel nostro clan avevamo una legge scritta dallo stesso Armaiti, un Amesha Spenta, "fedeltà e morte della carne tradita"! ― urlò Mahdi percependo le lacrime rigargli il volto ovale.
― Ah, le Legge di Armaiti. Oh, ragazzo la conosco più di quanto pensi e conferma la mia ipotesi. Non è forse la stessa legge che non permette il tradimento e punisce con l'amputazione di una gamba? Non è forse così? I tuoi genitori non si sono traditi, ti hanno offerto un rifugio, ― mormorò l'uomo.
Mahdi restò di nuovo in silenzio, si ricordava dei viaggi nelle oasi da parte dell'uomo. Conosceva le leggi della sua tribù, non poteva credere. Fathi si avvicinò al padre e gli disse qualcosa nel loro dialetto, lo Shah sembrava impaziente. Poi Mahdi guardò il nobile e con nervosismo pronunciò qualcosa nel dialetto Dinki, caratterizzato dal tono aperto e veloce; Mu'ezz Nadir rispose alle imprecazione, facendolo zittire.
― Dobbiamo prendere una decisione. Se è colpa sua per aver attirato le Ghul, non può rimanere nel Regno. Per questo... saranno due le decisioni, la morte o l'espulsione dai confini della capitale, ― sentenziò lo Shah.
― Padre. No, Mahdi fuori dai nostri... ― balbettò Rahim.
― Avete sentito, padre? Il nobile Mu'zz Nadir ha detto che portano luce nell'oscurità. Gli uomini di quella discendenza sconfiggevano le creature maligne, ― disse Taher.
― Non mi interessa, figli miei! Non rischierò di perdere i miei cari! Ho perso un figlio! Non intendo perderne altri! ― pronunciò lo Shah.
Un susseguirsi di voci riempì la sala.
L'unico che taceva era Shayan, non s'era ripreso dalla perdita di Maijd, molto spesso, quando era in vita, lo accomodava sulle ginocchia, sussurrandogli leggende e facendolo ridere. Quella perdita lo aveva sconvolto.
― Datelo a me, ― mormorò Mu'ezz Nadir. Tutti tacquero e Fathi lo fissò con stupore. Nessuno ci credeva alla proposta, nemmeno Mahdi. ― Posso portarlo ai confini dei Monti Alabastro. Lì vive Baharack la Custode delle Sacre Acque. Tutti i Mansur Najib sono stati addestrati da lei. So come condurlo e per far ciò voglio comprarlo.
Lo Shah ordinò di alzare il ragazzo, Mahdi cercò di non scivolare e guardò il nobile a pochi passi da lui. Sul petto e sulle ginocchia portava i segni delle botte, si sentiva umiliato in mezzo alla nobiltà.
― Come volete. Sarà vostro per due monete d'argento. Fate ciò che volete, potete anche ucciderlo. A me non interessa, ― disse il sovrano.
Dareh Vezīr annotò il pagamento e di ricevere le due monete da parte del nobile. Taher e Rahim rimasero basiti dallo scambio di monete e documenti, Shayan restò indifferente.
Mahdi trattenne la rabbia e cercò di asciugarsi le lacrime, abbassò lo sguardo.
Ciò nonostante Mu'ezz Nadir sorrise sotto gli occhi stupiti del figlio che non vedeva quell'espressione serena da mesi.
― Voglio essere chiaro con te. Non tollererò una sola disubbidienza o tradimento, Servo Rosso. ― Mahdi annuì e sentì la vergogna scivolare via da lui. Mu'ezz Nadir posò le mani sull'addome e piegò il viso. ― Se fuggirai e ucciderai per sottrarti ai miei ordini, ti darò la caccia in tutti i Regni. Un Mansur Najib può essere ucciso, ricordatelo. ― Mu'ezz Nadir alzò un dito ― Se invece sarai docile e ubbidirai alle mie richieste, dopo che usciremo dal confine di questo Regno, ti concederò la libertà. Se cercherai lo stesso di ingannarmi con la libertà, ti assassinerò.
― Ho compreso, mio Signore, lo giuro sul Dio Niyoosha, ― sussurrò Mahdi.
A quel giuramento sacro nessuno protestò. Lo Shah fece portar via il ragazzo per concludere l'interrogatorio da parte dei Comandanti.
*
Amesha Spenta - "I Benefici Immortali". Sono sei/sette in tutto.
Armaiti - Un Amesha Spenta. Riferito alla "Devozione".
Ab-I-Hayat - L'Acqua dell'immortalità. Dava eterna giovinezza e immortalità a chi la beveva.
Abudab - Il primo umano uscì dalla scapola del toro primitivo (Abudab) nel momento in cui fu ucciso.
*
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