⟣ Capitolo 10 ― Una crepa tra le rocce ⟣
Un intenso profumo di mirra e fiori aleggiava nei corridoi sfarzosi del palazzo.
Veloce com'era abituato, Mahdi si stava dirigendo in una stanza. Non badò agli stendardi reali della Luce D'Avorio o l'essenza di Golab nelle sale. C'era troppa confusione in quelle settimane. Si avvicinò, scivolando di poco, alla porta della Sala dei Fili; bussò e udì la voce pesante del Principe Shayan dargli il permesso di entrare.
Bauli di ogni genere erano colmi di abiti, kefieh, turbanti e cinture preziose.
― Mi avete fatto chiamare, mio Signore? ― la voce di Mahdi era serena, mentre il Principe Shayan sceglieva una kefiah dai ricami turchesi.
― Sì, quando Rahim e la nobile Rasha entreranno nella Sala delle Cerimonie, voglio che ti rechi fuori dal palazzo e dai una mano al Servo Rosso Omid per la distribuzione dei fiori. Non devono esserci errori. Chiaro?!
Mahdi annuì innumerevoli volte guardando i capelli castani, solitamente legati con dei nastri turchesi, sciolti.
― Se vedrò solo uno di voi rovinare il matrimonio di mio fratello, provvederò a non farvi mangiare per due giorni. ― della musica fuori dal palazzo echeggiava, Shayan si specchiò su un disco di metallo, la tunica turchese ricamata dalle fantasie viola gli risaltava il fisico muscoloso. Comprendeva la sensazione provata dai fratelli; aveva partecipato a due matrimoni e perciò capiva l'entusiasmo dei cittadini. ― Ah, prima che mi dimentico, comunica alle serve di preparare le mie figlie. Devono essere impeccabili e bellissime. Non voglio vederle trasandate.
― Va bene, mio Signore. Riguardo a questo, vostra moglie ha chiesto alle serve, le quali mi hanno domandato se preferivate vederle prima della cerimonia.
― No. Mi recherò da loro dopo la cerimonia, so bene che desiderano vedermi, sono stato via in questi giorni. Ora, va', ― agitò la mano, ― prima che perda la pazienza. Fra un po' dovrà arrivare Taher.
Mahdi annuì e uscì dalla stanza, dirigendosi verso le serve per avvisarle degli ordini.
Dopo una decina di minuti, Taher entrò nella stanza dove Shayan si stava preparando. I due fratelli si guardarono e risero, indicandosi gli abiti preziosi.
― Più invecchi, più diventi elegante come nostro padre. Questi vestiti sono dei paesi del Nord? Chi te li ha donati? ― Taher osservò la fascia blu che cingeva il bacino del fratello.
― Un nobile del Regno di Talib Zeyd. Stavamo parlando sul futuro delle nostre figlie, così, mi ha regalato quest'abito.
― Ha un buon gusto, non c'è che dire. Anche in fatto di donne scegli sempre le concubine che vorrei possedere io.
― Sento una leggera invidia, Taher. Ce l'hai ancora con me perché desideravi la concubina dai capelli rossi? Se ti fa piacere posso donartela dopo il matrimonio di nostro fratello, ― rise un po'.
― Accettare gli scarti del futuro Shah? Perché no, la bellezza non va mai rifiutata. Cambiando discorso... nostro padre ha intenzione di donare degli scudi a Dhaki Shah Dell'Ombra Scarlatta. Crede che sia un buon modo per rafforzare l'amicizia e le sue difese. Inoltre, qualche giorno fa, mi è giunta voce che un'altra Ghul ha distrutto la torre a est ai confini dei nostri Regni.
― Un'altra Ghul? ― Shayan rimase per dei secondi scioccato.
Erano passate delle settimane dalla sconfitta della Ghul degli Incubi e le acque s'erano calmate, anche se l'indagine continuava fra le mura del palazzo.
― Sì. C'è una cosa che hanno notato, qualcosa legato alla Ghul morta nella città.
― Cioè?
― Una specie di macchia abbastanza particolare. Emana una luce marrone ed è vischiosa al tatto.
― Ed è stata presa in considerazione dai mōbadh?
― Certamente, hanno disegnato sul papiro la sagoma della macchia. L'hanno confrontata con la voglia di Laleh Shahbanu, il colore è molto simile... ― Taher prese da un baule aperto una stoffa verde con dei fiori blu ricamati. Shayan socchiuse gli occhi.
― Dobbiamo stare attenti, Taher. Questo numero di creature oscure non mi piace. Non voglio che la nostra famiglia navighi nella sofferenza. Se succedesse qualcosa a te o agli altri... non riuscirei a...
― Sono le stesse parole che ha detto nostro padre. Assomigli a lui e non immagini quanto, ― Taher sorrise, osservando con orgoglio il fratello maggiore.
― Assomiglio a lui eppure non gli ho donato un erede maschio, ― Shayan sospirò con amarezza.
― Shayan... ne abbiamo già parlato, se fosse possibile far diventare di sangue Ehsan tuo figlio, non avrei respinto...
― Non dire sciocchezze, Taher. Hai sentito nostro padre, se nel caso non nascesse un maschio e morissi, tutto questo passerà a te. Sei l'unico che possegga un briciolo di speranza e, devo essere sincero, sarei onorato. Tu sei mio fratello. ― Shayan si voltò verso Taher e posò la mano sulla sua spalla, ― Sei parte di me e lo stesso vale per Majid e Rahim. ― Taher non disse nulla, posò la mano su quella del fratello e sorrise. Poi qualcosa distrasse i due, un suono di corni echeggiò fuori dal palazzo, ― Dobbiamo andare. Il matrimonio inizierà a breve.
I fratelli presero il necessario e uscirono dalla stanza, ordinando ai Servi Rossi di sistemare le ultime cose.
***
Passata un'ora e conclusi gli ultimi ordini prima di andare da Omid, Mahdi si era recato nella Sala delle Cerimonie.
I Servi Rossi erano alle estremità delle pareti di quarzo e alcuni di loro osservavano gli stendardi appesi sul soffitto.
File di nobili con abiti eleganti e sfarzosi attendevano impazienti l'inizio della cerimonia; i soldati erano vicini alle colonne di marmo e controllavano gli ospiti, lo Shah e Principi.
― Mahdi, ― sussurrò un Servo Rosso verso il giovane che era appena rientrato dalle stalle.
― Cosa c'è?
― Omid è arrivato nelle stalle, se devi andare da lui, come mi hai detto, vai. Non farlo aspettare.
― Va bene, va bene, ma volevo vedere prima gli sposi e poi recarmi da lui, ― Mahdi sbuffò.
Le porte d'argento con incastonati degli smeraldi si aprirono. Rahim che era di fronte al Sofreh Aghd e al mōbed osservò con meraviglia l'entrata della sposa, accompagnata dalle parenti. Lo Shah e i fratelli dello sposo guardarono curiosi la fanciulla. Mu'ezz Nadir e Fathi Del Rubino D'Oro parlottavano con degli zii, ma si zittirono quando Rasha si posizionò accanto al Principe, il quale indossava una tunica turchese con i ricami rossicci, la fascia blu richiamava i colori dei pantaloni a sbuffo; i capelli corti, nascosti dalla kefiah, profumavano di rose.
Mahdi che era insieme agli altri Servi Rossi, cercò di vedere l'abito rosso e il velo arancione impreziosito dalle frange d'oro: ― Caspita... è stupenda, ― sussurrò, guardò i bracciali e le collane che adornavano il fisico di Rasha.
L'influenza di quel fascino colpì Rahim che non la smetteva di fissarla e di mordersi le labbra.
Il mōbed fece accomodare gli sposi su dei cuscini lilla e iniziò la lunga preghiera alle divinità e al Dio Niyoosha, mentre le parenti di Rasha ponevano sopra ai capi degli sposi il Tureh Ghand: un tessuto dai ricami d'oro.
Rahim strinse i pugni e Rasha se ne accorse, gli occhi verde oliva continuarono a guardarlo con dolcezza, finché una mano impreziosita d'anelli prese la sua. Il Principe si rilassò e scrutò il Tureh Ghand colmo di oggetti come ago e filo, un termeh, una boccetta di miele e il Avestā.
Mahdi sentiva un fremito di felicità, aveva visto parecchi matrimoni, ma quello gli sarebbe rimasto impresso nel cuore.
― Mahdi, devi andare, ― sussurrò il Servo Rosso che l'aveva avvisato tempo prima.
Mahdi annuì e senza far rumore, uscì da una delle due porte secondarie dedicata ai servi. Accelerò il passo nei lunghi corridoi, scese delle scale e si ritrovò fuori. Superò di lato un recinto, lì trovò Omid intento a sistemare delle corde per i cavalli.
I palazzi erano decorati con fiori e stendardi, dei bambini ridevano mentre si rincorrevano tra di loro.
― Omid, ti stavo cercando. Devi avvisare i Servi Blu che le ceste arrivate dai Mercanti del Sole devono essere distribuite in tutta la città. Il Principe Shayan mi ha ordinato di darti una mano, ― disse Mahdi guardando l'uomo con una macchia marrone sulla guancia.
― Va bene, nessun problema.
I due si recarono ai carri dov'erano le ceste colme di fiori e dopo un po' avvisarono i Servi Blu. Si divisero in gruppi e iniziarono a distribuire i mazzetti di fiori ai cittadini. L'aria che si respirava profumava di acqua alle rose, accompagnata dalla melodia dei musicisti di strada.
Per terminare le consegne era stata necessaria un'ora. Mahdi notò le via affollarsi di gente, tutti erano pronti per l'uscita degli sposi. Omid lo ringraziò e tornò ai suoi impegni nelle Stalle Reali.
Dei carri, accompagnati dal rullare dei tamburi, tagliarono la strada a Mahdi, che si accorse solo alzando lo sguardo degli sposi seduti in uno di essi. Dei paggi sorreggevano un velo rosso per far ombra alla coppia. I soldati che rappresentavano i due Regni si riversarono per le vie della città, spostando la gente.
Il popolo chiacchierava, sorrideva e di tanto in tanto veniva fuori qualche supposizione su cosa si stessero sussurrando Rahim e Rasha. Una pioggia di fiori si abbatté sui nobili.
Il volteggiare dei petali nell'aria e il dolce frastuono tutt'attorno erano, per Mahdi, fonte di pace, ma quell'ultima venne subito infranta da una risata e dal tocco indesiderato di due dita nere sulla pelle. Gli bastò poco per riconoscere la donna che aveva visto la notte dell'assassinio della Ghul.
L'abito nero, dai ricami blu, copriva il corpo seducente e il colletto faceva intravedere il seno, il velo trasparente le nascondeva gli occhi e i capelli; la gente sembrava non vederla.
― Non mi sono mai piaciute le feste così sfarzose. C'è sempre qualcosa che mi disgusta, ― sussurrò Tinfi guardandolo.
― Tu sei...
― Silenzio, mio buon guerriero, non vorrai farti notare da questa insignificante plebaglia? ― la donna gli girò il viso. Mahdi tentò di togliere quelle dita, ma sembrava che una forza superiore lo bloccasse. ― Sei molto bello e devo dirlo, mi ci è voluto un po' per capire cosa sei, mio piccolo Mansur Najib. Ironico di come ho dovuto ammazzare alcuni bibliotecari per capire la tua fonte magica, i papiri sacri sono difficili da reperire. ― posò la mano libera sul petto del giovane, avvicinandosi al suo corpo ― Gli "Antichi Uomini" sono morti secoli fa e si dice che abbiano danzato nelle tempeste di sabbia insieme agli Ahura. Dicono gli antichi testi che giacere con loro è pari a una benedizione spirituale. Ironico come possono essere riconosciuti, possiedono una goccia blu polvere nell'occhio destro. Come la tua.
― Di cosa stai parlando? ― Mahdi sputò le parole con ira, mentre stringeva un pugno.
― Sto parlando di te, sciocco. ― la creatura sfiorò le ciocche e poi le labbra, ― Fatichi a realizzare cosa sei, a percepire la verità. Sappi, però, che nemmeno il più piccolo dei granelli di sabbia può sfuggire al suo destino e, prima o poi, la tua natura sarebbe venuta a galla. Non puoi più scappare dalla realtà, Mahdi.
― Come sai il mio nome?
― Lo conosco perché posso vederlo nella tua mente, sentire i tuoi respiri che si infrangono contro i miei. ― la donna si spostò dando le spalle al corteo reale, posò le braccia nude sulle spalle del ragazzo e piegò leggermente il volto, ― Posso donarti tutto, Mansur Najib. Posso essere tua, devi solo dirmi la verità.
― La verità... ― sussurrò Mahdi e socchiuse gli occhi come se fosse in uno stato d'incoscienza.
― Sì. Dove tieni la lama sacra? Non può essere così lontana, così distante dal suo padrone. Dimmelo, Mahdi. Sei così buono, così... ingenuo.
― Io... so...
Tinfi si avvicinò al viso del ragazzo e gli baciò una guancia.
Mahdi chiuse gli occhi e si abbandonò alla lussuria magica di lei. Sorrise mentre il controllo su se stesso veniva meno e strusciò il naso sul suo, cadendo in preda del piacere e del desiderio.
― Dimmi dov'è... Mahdi. Dimmi dove si trova e farai di me ciò che vuoi, ― sussurrò seducentemente la creatura.
Un'eco di gioia rimbombò intorno a loro, la giovane baciò il ragazzo con desiderio, con la stessa avidità di un assetato d'acqua nelle giornate più torride.
Delle voci le risuonavano tutt'a un tratto nella mente, mentre Mahdi prendeva la mandibola di Tinfi e la magia custodita nel corpo del ragazzo si sprigionava.
Gli occhi del servo, da neri che erano, divennero blu polvere e sulla pelle le vene risplendettero come gemme.
― Il piccolo Mansur Najib si è svegliato. Conservi un grande potere eppure non te ne rendi conto ― rise la donna prima d'essere spinta lontana dal corpo del ragazzo.
Gli occhi verde pera della donna sembravano quelli di un predatore, qualcosa attirò la sua attenzione, un luccichio nel borsello del ragazzo, legato come sempre attorno alla vita, la fece sorridere.
Mahdi afferrò il cilindro e lo mutò tra le mani, mostrando le due punte ben affilate.
― La sacra lama. Era lì, per tutto questo tempo. Per questo non sei conscio del potere che scorre nelle tue vene, perché quell'energia guida i tuoi antichi istinti. Sei proprio un Mansur Najib, ― rise Tinfi. Mahdi cercò di fermarla, ma si sgretolò e la polvere nera scivolò tra le persone, andando a finire su un tetto piatto di una dimora. Dopo dei secondi riprese la sua forma umana e iniziò a sussurrare parole antiche, incomprensibili. ― Credo che dobbiamo mettere un po' di sostanza a questa festa, non trovi, Mansur Najib? ― lei schioccò le dita e delle scintille nere si posarono sul tetto, una polvere materializzò magicamente una Ghul.
La bestia immonda ruggì attirando l'attenzione di tutti, le persone iniziarono a urlare e a spingersi, mentre la famiglia Reale e i nobili guardavano con terrore la creatura.
I Comandanti ordinarono ai soldati di prepararsi a combattere, gli arcieri puntarono le frecce verso la bestia e scoccarono.
La Ghul balzò sui tetti piatti dei palazzi.
Mahdi cercò di spostarsi per raggiungerlo, ma le persone correvano da una parte all'altra e gli impedirono di avanzare.
Tinfi piroettò muovendo il velo nero e scomparve nella nuvola di fumo. La confusione all'interno delle vie e i pianti disperati della gente gli straziavano l'udito.
La Ghul sputò dell'acido arancione e sciolse le armature dei soldati, i quali urlarono.
I nobili uomini si gettarono nella mischia armati di spade e lo stesso fece Shayan, assieme ai suoi soldati.
Taher guardò i parenti e insieme al padre richiamò i soldati per dirigere i suoi cari nel palazzo.
Fathi si allontanò dal padre, noncurante dei suoi richiami; non avrebbe mai abbandonato la battaglia, né lasciato il Principe Shayan da solo, così estrasse la scimitarra e si unì alla ressa.
I cavalli dei soldati impennavano alla vista della Ghul. Nessuna la fermava, graffiava gli scudi, sbranava i passanti e estirpava le loro teste dal corpo in un fiotto di sangue e bava.
La polvere si posò dappertutto, rovinando le decorazioni floreali.
Rasha, ancora vicina a suo marito, non poté fare a meno di notare il caos. Cercò il fratello, lo trovò e gridò il suo nome, mentre alcune facciate dei palazzi cadevano e formavano cumuli di macerie.
La Ghul alta tre metri e dalla fisionomia di un felino si stava dirigendo verso i nobili. Quando li raggiunse, Shayan e Fathi che erano dall'altra parte della via la osservarono.
Nella confusione di quel momento Fakhri Shahbanu Della Luce D'Avorio perse la presa di suo figlio Majid, mentre i soldati la portavano lontano: ― Majid!
Il bambino si sentì destabilizzato dalla situazione. La Ghul notò lo spostamento dello Shah per andare dal figlio, ma i soldati lo fermarono per proteggerlo.
La belva, compreso il pericolo, tornò a muoversi sicura tra i soldati, anche se, a un certo punto, la pioggia di frecce la distrasse. Mu'ezz Nadir che era a pochi passi da Rahim e Rasha cercò di spostarli per cogliere al volo l'occasione. La disattenzione durò poco e la belva, alzandosi, sputò quell'acido arancione verso loro.
Mu'ezz Nadir spostò gli sposi appena in tempo e i tre scivolarono per terra in mezzo ai parenti.
Rahim estrasse la spada e spinse la sposa verso il padre: ― Andate via!
Il nobile prese la mano della figlia, Shayan e Fathi corsero verso Rahim per aiutarlo.
― No! Rahim! No! ― urlò Rasha.
A quella scena il servo corse verso la famiglia Reale, ma i soldati e la gente lo fermarono; c'era troppa confusione, troppi pianti nel cuore della capitale.
La Ghul cercò di attaccare Rahim, ma lui si spostò appena in tempo verso gli addobbi della cerimonia.
La Ghul vide un'altra preda, si spostò e ignorò Fathi e Shayan che erano arrivati da Rahim.
Mahdi riuscì a superare il primo gruppo di gente e soldati, osservò la belva che mirava allo Shah, il quale tentò di raggiungere Majid immerso nella folla.
Solo quando lo Shah si liberò dalla presa dei soldati corse verso Majid.
La Ghul ruggì e corse verso il padre e il figlio.
― Majid! Majid! ― urlò Munir Shah.
Il bambino allargò le braccia verso il padre per riavere quell'affetto protettivo, gli occhi nocciola erano bagnati dalle lacrime e i ricci castano scuro sfioravano le orecchie.
La Ghul balzò e atterrò in mezzo a loro e, prima che i due si toccassero, piroettò e, con la coda, colpì violentemente il bambino, ferendolo sul petto e facendolo volare.
Majid sbatté la nuca su un carro e, agitando i cavalli, rotolò. I soldati non riuscirono a raggiungerlo, la confusione era tale da impedirgli qualsiasi movimento.
Lo Shah si ritrovò a pochi passi dalla Ghul ed estrasse la spada, urlò a pieni polmoni e attaccò, la belva lo colpì con una zampata facendolo rotolare insieme ai suoi parenti. Sembrava che il destino si fosse accanito contro la famiglia Reale.
Mahdi aveva visto il volo del Principe Majid; scansò la gente e quando lo raggiunse, strinse il cilindro con una mano.
― Majid! Majid! ― gridò Mahdi.
Macchie di sangue si allargavano sul corpo del piccolo, mentre il petto iniziava ad alzarsi e abbassarsi più lentamente e i rantoli provenienti dalla sua bocca si facevano sempre meno udibili. Poi nessuna risposta. Mahdi lo abbracciò e scosse per farlo reagire, ma e quegli occhi dolci e colmi di sogni non si aprirono.
― Majid, ti prego... non puoi far questo, non puoi. Avevi detto che avresti viaggiato, avevi detto che... ― singhiozzò, ― avresti scoperto nuovi animali, scoperto nuove piante... non puoi farlo. Non... ― sussurrò e posò l'orecchio sul petto del piccolo.
Gli occhi color blu polvere si spalancarono, le labbra secche tremarono e si bagnarono a causa delle lacrime lucenti che scendevano come fili d'argento sulle gote. Non c'era vita nel corpicino del Principe. Quel fanciullo che l'aveva visto crescere, ridere e giocare nel Giardino Reale era morto. Lo strinse come se fosse stato figlio suo, gli stropicciò i capelli e sussurrò qualcosa nell'antica lingua.
Il ruggito della Ghul sembrava l'urlo della sua vittoria, i soldati cercarono di scoccare altre frecce, ma vennero attaccati e uccisi dalle zanne e dalla poderosa coda. La via principale a poco a poco si svuotò.
Il Servo Rosso posò il corpicino del bambino sul terreno e sfiorò con la fronte la sua, pregando. Si alzò e strinse il cilindro con ira; le spalle si irrigidirono e dei lampi azzurri cominciarono a saettargli attorno.
La Ghul percepì l'energia del ragazzo e si voltò, i peli verdi si drizzarono, così come la criniera sporca di tutto il sangue innocente che aveva versato.
"Mansur Najib, tu urli, lo sento."
Mahdi abbassò il capo ma non lo sguardo tinto d'ira.
I nobili lo scrutarono con incredulità, pure i soldati si fermarono prima di scoccare delle frecce. Allo stupore, la sposa lo riconobbe.
― Mahdi! Mahdi! ― urlò Rasha tentando di fermare lo scontro, il padre la bloccò in un abbraccio.
La Ghul ruggì piegandosi per prepararsi a balzare di fronte a lui.
Il Servo Rosso prese il cilindro e, modellandolo con la magia, lo allungò in una letale alabarda.
La belva scalpitò e attaccò.
Mahdi strinse l'arma e si spostò di lato correndo come un danzatore. Una zampata cercò di sfiorargli il viso, ma lui piegò la schiena all'indietro e facendo roteare l'arma la trafisse nella scapola destra.
Uno spruzzo di sangue bagnò il terreno e l'abito del giovane. Un cauto spostamento gli evitò il morso della bestia e una rovesciata all'indietro gli risparmiò una zampata. Si piegò di lato; strinse il manico dell'alabarda e ferì per la seconda volta la Ghul, che iniziò a sputare sangue per via della nuova ferita sul collo. Mahdi si alzò, avanzò e roteò l'arma.
La creatura balzò in avanti e Mahdi mise l'arma dietro alla schiena, seguendo ciò che il suo antico istinto gli suggeriva. Piegò il busto e di nuovo la colpì.
Una nuvola di sabbia e detriti ricadde sui due sfidanti.
I soldati non capivano se aiutare il giovane o attendere la sconfitta della bestia.
Le frustate della coda sul terreno vennero osservate dal Servo Rosso che saltellava per evitarle, agile, come se compisse quei gesti da una vita.
A Mahdi bastò un passo falso della creatura per roteare l'alabarda, compiere un salto laterale e infierire ancora sulla Ghul, pronunciando parole incomprensibili. Sollevò la lama e, con tutta la forza in corpo, le tagliò di netto una zampa che rotolò vicino a dei bauli.
Un fiume di sangue e bava sporcò la zona di combattimento, la puzza dei liquidi ricordava lo sterco dei cavalli.
Il giovane evitò un'altra zampata della Ghul e roteando sul posto, tagliò di netto anche l'altra zampa, facendo cadere il demone sul terreno.
Gli occhi della creatura puntarono il servo, ma prima che potesse fare qualcosa, Mahdi alzò la lama e gli bastò poco per tagliare di netto anche la testa, facendola rotolare e bagnare in un lago di sangue.
Il Servo Rosso, che si era piegato a causa del gesto, si alzò e osservò il cadavere della belva.
I nobili sconvolti stettero in silenzio, guardarono il ragazzo avvicinarsi a Majid e prenderlo.
Lo Shah ordinò ai soldati di spostarsi e di vedere il bambino. Quando notò la pelle cadaverica e il sangue sulla tunica capì che non c'era niente da fare. Gli occhi azzurri si bagnarono di lacrime e infilò la spada nel fodero d'oro. Non avrebbe mai superato quella perdita.
Shayan si avvicinò al padre, liberandosi dalla preoccupazione dei soldati e mettendo via l'arma. Non credeva ai suoi occhi, suo fratello era morto.
― Majid... ― sussurrò lo Shah.
Mahdi chinò il capo e delicatamente consegnò il corpo del piccolo al fratello maggiore. Le urla disperate dello Shah non tardarono ad arrivare, si gettò sul corpo esanime del bambino e strinse a sé quello ancora vivo.
Rahim e Taher arrivarono poco dopo, guardarono il fratellino e piansero. Il secondogenito si inginocchiò e strinse della sabbia, mentre il terzogenito cercava di consolarlo.
Mu'ezz Nadir controllò che i suoi figli stessero bene e si avvicinò allo Shah. Fathi lo accompagnò senza perderlo di vista.
Mahdi posò la testa sul bastone di ferro e d'argento, mentre le lacrime scendevano sulle guance.
― Lo Sciamano dell'Ovest non si sbagliava. Tu sei un Mansur Najib, ― sussurrò Mu'ezz Nadir.
Mahdi posò una mano sul petto come segno di rispetto e abbassò lo sguardo.
La lama dell'alabarda sembrava una goccia rovesciata a doppia lama, il vapore che copriva il metallo si dissipava a contatto con l'aria.
Taher sollevò lo sguardo bagnato dalle lacrime e notò l'azzurro polvere del metallo; delle incisioni antiche erano di un bianco perla.
Lo Shah digrignò i denti per la rabbia e indicò il ragazzo, ordinando di prenderlo e di imprigionarlo.
Mu'ezz Nadir vide i soldati fiondarsi contro Mahdi e sentì il clangore delle spade farsi sempre più forte.
*
Golab - profumo di fiori
Sofreh Aghd - Tavolo adornato di oggetti. Sacro.
Mōbed ― Sacerdote
Avestā - Libro Sacro
Arghoul - Assomiglia ad un clarinetto. Composto da due canne, legate fra loro, munite di ancia, delle quali una produce una sola nota facendo quindi da basso continuo, mentre l'altra, dotata di sette fori, permette di produrre la melodia.
Doholla - tamburo a calice simile alla Darbuka ma di dimensioni maggiori.
Ahura - Sono l'opposto dei Deave (demoni). Divinità minori.
*
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top