Un giorno come un altro
In una modesta ma vuota camera da letto in un piccolo appartamento di un complesso di condomini di periferia di Milano si sveglia un uomo in preda ai dolori del collo.
-AHI! Maledette vertebre!- disse l'uomo cercando di tenere bassa la voce per non svegliare il figlio che si trovava nella stanza accanto.
Così comincia la solita routine, imprecare per un dolore sistematicamente diverso da quello del giorno prima, vestirsi, lavarsi la faccia che ogni giorno sembra sempre più stanca, preparare la colazione e andare a svegliare suo figlio che simpaticamente lo aveva soprannominato "cinghiale".
Con passo felpato camminò lungo il corridoio fino alla porta della stanza del figlio.
Aprì lentamente la porta della camera e come un leone che si accinge ad addentare una gazzella si avvicina lentamente nel buio della stanza appoggiando un dito sul interruttore della luce e con l'altra mano afferra le coperte e all'unisono accese la luce, tolse le coperte e caccio un urlo degno di un guerriero vichingo.
Ma, con enorme stupore e molta confusione, vide che il letto è vuoto.
Allora sorpreso della cosa decise di tornare in cucina, ma non appena si voltò un orribile volto rosso, brutto, sporco e sfigurato gli apparse davanti ringhiando.
L'uomo vedendo il volto di quello che sembra un demone sobbalzò dalla pura finendo sul letto del figlio e appiccicandosi al muro.
In quel momento dal "demone" venne fuori una grassa risata fanciullesca.
-PFFFFFFFHAHAHA... HA!-
Allora il "demone" si levò la maschera mostrando il raggiante sorriso di un bambino con dei capelli rossicci arruffati, occhi verdi rigonfi dalle lacrime per le troppe risate e bocca nella spalancata si poteva vedere benissimo la mancanza di due incisivi sulla destra e di un premolare sulla sinistra.
-Mi hai fatto pendere un colpo.- disse l'uomo con voce soffocata mentre metteva la mano sopra il cuore.
-Ma tu mi hai fatto questo scherzo già cinque volte questa settimana.- Rispose il bambino
-Touché.- Replicò l'uomo.
-Michele.- Disse sempre l'uomo.
-Non ti avevo detto qualche mese fa di buttare via quella maschera?- Chiese il padre con un tono scrupoloso.
-Si.- Risponde il figlio abbassando lo sguardo.
Dopo qualche secondo di silenzio Michele continuò
-Per favore non voglio buttarla.-
Il padre strappo dalle mani di Michele la maschera e con non poco sforzo la ruppe per poi buttarla nel cestino vicino alla scrivania di Michele.
Dopo una trentina di secondi abbondanti di puro silenzio il padre ordinò a Michele di prepararsi e di fare colazione. Michele ubbidì e non disse una parola ma per cinque minuti buoni camminò pestando i piedi per far notare il fatto che era arrabbiato.
Dopo la colazione entrambi uscirono dall'appartamento, ed usciti anche dal condominio, si diressero verso la macchina.
Ma poco prima di salire l'uomo improvvisamente si bloccò come fosse una statua e cadette a terra in preda di forti convulsioni.
Fortunatamente Michele conosce tutti i numeri d'emergenza e chiamò un ambulanza. E prima che l'uomo perdesse conoscenza sentì come un sibilio molto lontano.
E poi buio.
L' ambulanza arrivò poco dopo e videro un bambino pietrificato dalla paura e un uomo che sembrava in preda ad un attacco epilettico.
I tre paramedici che guidano la vettura scesero per cercare di immobilizzare l'uomo e metterlo sulla barella. Ma non fu per niente facile. Infatti l'uomo si dimenava sbraitando cose senza senso e nel tentare di immobilizzarlo sembrava che avesse la forza di tre persone nonostante il suo corpo sia chiaramente fuori forma.
I paramedici furono costretti a sedare l'uomo per poterlo trasportare in ambulanza nella quale salì ovviamente anche Michele seppur ancora scosso profondamente dalla cosa.
UN MESE DOPO
L'uomo si svegliò spalancando gli occhi e subito notò di essere tutto sudato. Con molta fatica provò a muovere la testa e notò di essere in una stanza bianca, sdraiato su un letto e accanto a questo letto dei macchinari della quale lui ignorasse lo scopo. Voleva provare ad alzarsi ma a momenti era anche troppo debole per pensare.
Riusciva a sentire chiaramente rumore di passi, di strani "bip", ma soprattutto il rumore di una persona che corre in lontananza.
Quella persona che stava correndo entrò di prepotenza nella stanza con un accenno di fiatone.
L'uomo non poteva vedere chi era, dato che era steso sul letto. Ma questo problema non si pose dato che la persona si mise di fianco a lui. E una donna giovane con la pelle leggermente scura, quasi come fosse tornata da una vacanza al mare, dei capelli abbastanza arricciati, in tutto ciò indossa una mascherina chirurgica ed un camice bianco abbottonato. Questo è quello che può vedere l'uomo dalla posizione in cui era messo.
-Finalmente si è svegliato. Come si sente?- chiese la donna.
-Come se fossi stato sventrato come un pesce.- risponde fiaccamente l'uomo.
-Il suo senso dell'umorismo non è dei migliori.- controbatte la donna
-Scusa se mi sono appena svegliato e non so dove sono.- dopo quest'ultima affermazione la donna cominciò a parlare in modo più professionale e nel mentre annota il tutto in quella che sembra una cartella clinica.
-Non risultano apparenti problemi al linguaggio.- Poi continuò
-Si ricorda qualcosa riguardo a prima che si addormentasse?-
-Ricordo solo che stavo che stavo- si fermò un secondo e poi ripartì -Portando mio figlio alla macchina?-
-Esatto.- disse la donna per poi sentenziare -Non ci sono problemi alla memoria apparenti.-
Poi fu l'uomo a fare delle domande -Ma lei chi è? E poi cos'è successo.-
La donna si fece seria e rispose fermamente
-Lei è morto signor Acquelio. Ora lei è all'inferno.-
Aquelio a quelle parole sentì un' ansia crescere dentro di lui. Una emozione così negativa non la provava da mesi. Alche riguardò la donna che stava chiaramente trattenendo una risata di livelli epici. Ma dopo qualche secondo non riuscì più a trattenersi e si piegò in due sganasciandosi a crepa pelle.
-Veramente divertente.- commentò sarcastico con voce flebile, anche sé, un accenno di sorriso si formo sul suo volto nonostante si sentisse un schifo.
La donna ritorno in posizione eretta e con una mano si asciugo le lacrime che gli si erano formate per il troppo ridere.
Dopo questo la donna si presentò.
-Sono la sua attuale dottoressa ed è un miracolo che lei sia sveglio.- poi cambiò argomento
-Ora lei si sentirà uno schifo ma non si preoccupi, dopo un mese di coma entro tre o quattro mesi si riprenderà. Beh senza contare la fiso terapia ovviamente-
Aquelio provò a parlare ma la dottoressa gli levò le parole di bocca
-Vuole contattare la sua famiglia vero?-
Aquelio rispose con flebile -Si grazie.-
Alche la dottoressa se ne andò lasciando Aquelio da solo con i sui pensieri. In quel momento aveva dei sentimenti molto contrastanti, è felicissimo per essere vivo e poter vedere crescere suo figlio. Ma d'altro canto sua moglie gli mancava così tanto e seppur abbia perso la fede con la sua scomparsa una piccola parte di lui sperava di ritrovarla in qualche sorta di aldilà.
I suoi pensieri vennero interrotti dal ritorno della dottoressa. Ella alzò con un telecomando la zona del letto in cui si poggia la testa facendo sì che Aquelio potesse vederla.
Una donna non troppo alta, dalla corporatura robusta, porta dei capelli a caschetto, non ricci come prima gli sembrava di aver visto, tinti di un bel verde fluo, il volto è tondeggiante con delle belle guance paffute, i suoi occhi sono di un color ambrato schermati da dei fini occhiali rotondi con una montatura color oro, la dottoressa indossa un lungo camice bianco che arriva fino alle ginocchia ed essendo tutto abbottonato Aquelio non riuscì a vedere il resto dei vestiti.
Invece il fisico notò essere bello robusto, di una persona che va regolarmente in palestra. E parlando di busto Aquelio non poté fare a meno di notare che al petto porta quella che sembra una quarta.
E per finire la carnagione, per quel poco che riusciva a scorgere dal volto e dalle mani, sembrava essere di un colorito olivastro.
Finita "l'ispezione" Aquelio notò che in mano teneva il suo cellulare e il carica batterie.
La dottoressa lo collegò alla presa al muro e lo mise sul comodino di fianco al letto.
-Grazie.- disse Aquelio che cominciava a riprendersi un poco.
-Di niente.- rispose la donna.
-Per favore potrebbe dirmi che cosa mi è successo?- domandò preoccupato Aquelio temendo di avere una sorta di malattia terminale.
-Non lo sappiamo. E' questo il punto.- Questa frase di certo non aiutava a tranquillizzarsi. La dottoressa continuo dicendo
-L'unica cosa che sappiamo è che lei ha avuto una sorta di attacco epilettico e che poi essere stato narcotizzato è rimasto in coma per un mese. Le abbiamo fatto tutti i test possibili ed inimmaginabili, ma non abbiamo trovato nulla che non andasse in lei. I suoi genitori e i suoi amici hanno fatto una colletta per fargli fare dei test all'estero ma non venne fuori assolutamente niente.- Poi la dottoressa cambiò argomento -Sa che lei è molto fortunato?-
-No. Perché?- Domandò curioso Aquelio.
-Perché durante i suoi spostamenti me sono successe di tutti i color. Incidenti, avarie e chi più ne ha più ne metta. Sembrava che qualcuno lassù la volesse morto a tutti i costi. Però lei ne è sempre uscito illeso.-
-Più che fortuna sembra che abbia avuto una sfiga tremenda.- Commentò sarcastico.
-Comunque mi dispiace ma devo proprio andare.- Così la dottoressa si incamminò verso la porta, ma poco prima di uscire si girò e disse -Dato che si è svegliato ora avrà un compagno di stanza- il tutto facendo un occhiolino molto sospetto.
Aquelio rimase solo nella stanza con un ansia che cresceva sempre di più. Che cosa gli era successo? Come sta suo figlio? Come stanno i suoi genitori? Il Milan aveva vinto contro la Napoli?
Tre di queste domande potevano trovare risposta se solo quel cavolo di cellulare si caricasse in fretta. Fortunatamente i suoi pensieri logoranti vennero interrotti dal bussare di qualcuno sulla porta della stanza.
-Avanti- disse flebilmente Aquelio, anche se dubitava fortemente che lo avessero sentito.
La porta si aprì facendo entrare un letto identico al suo, trasportato da due infermieri, sopra di esso si trova una persona molto anziana della quale si poteva vedere solo il busto e la testa.
Una faccia molto raggrinzita ma nonostante tutte quelle rughe riusciva a sfoggiare un sorriso smagliante. Ormai la sua testa era quasi totalmente priva di capelli se non per un ciuffo che va da destra a sinistra che copre in modo buffo la pelata. Gli occhi sono gonfi e rende difficile identificare il colore. Per Aquelio quello è un vecchio come un altro ma tutto cambiò quando quel vecchio cominciò a parlare.
-Ehi giovinotto. Come mai da queste parti?- la sua voce di un rauco quasi fastidioso è semplicemente inconfondibile.
-Don Clericiancie? E' lei?- Chiese Aquelio quasi stupito.
-Non bisognerebbe rispondere ad una domanda con un altra domanda ma sì. Sono proprio io. E tu sei?-
-Aquelio Agnosti-
A suono di quel nome il volto del Don si illuminò con un sonoro -Ahhhhhhhhhh- per poi continuare
-Tu sei quello che aveva disegnato delle tette col pennarello indelebile al Cristo messo in croce.-
-No Don. Io avevo sostituito le ostie le ostie con le caramelle gommose.- rispose Aquelio con sorriso divertito ma allo stesso tempo nostalgico di quei tempi ormai andati.
-Ha ha ha ha! Ora ricordo- ma la risata del Don si trasformò subito in una tosse pesante. Il Don con un gesto fulmineo si mise davanti alla bocca un fazzoletto di stoffa color lilla che tirò da sotto le coperte. Ma come terminò di tossire il bel color lilla del fazzoletto si tinse quasi completamente di rosso.
-Cancro ai polmoni. Giusto?- chiese Aquelio con una faccia che se prima era allegra ora sembra quella di uno che abbia appena preso un pugno in faccia.
-Si. Esatto. Come fai a saperlo? Sei diventato un dottore? Non eri un concessionario?- chiese il Don cercando di cambiare argomento, poiché aveva capito che quello non doveva essere un argomento felice per un suo ex parrocchiale.
-Ho sentito quella tosse per tre anni prima che lei se ne andasse.-
Un aria pesantemente silenziosa calò in quella minuscola stanza d'ospedale, rotto solo dal camminare di qualche infermiere nel corridoio.
Aquelio che cercava di reprimere quei sentimenti per così tanto tempo riaffiorarono tutti in un colpo facendoli scendere qualche timida lacrima che lui non aveva la forza per asciugarle.
-Non temere Aquelio. Quando lascerò questo corpo, andrò da lei in paradiso e le dirò che tu gli vuoi ancora bene.- Disse il Don cercando di consolare l'uomo. Purtroppo senza riuscirci. Aquelio fece scena muta.
Il povero Don temette di aver ferito Aquelio. E non sapendo cosa dire. Disse una frase che ormai per lui era diventata un abitudine, come la gente dice -Buongiorno- oppure -Per favore-. Una frase entrata nella sua quotidianità che è ormai fin troppo abituato a ripetere, indipendentemente dal contesto.
-Sia fatta la sua volontà-
Come terminò la frase Aquelio venne travolto da un fiume in piena di emozioni : tristezza, dolore, solitudine ma soprattutto un imponete rabbia che cominciava ad insinuarsi per tutto il corpo. Strinse le coperte con i pugni, digrignò i denti così forte da poterne udire lo scricchiolio, il sangue li ribolle come non aveva mai fatto prima e come una pentola a pressione che non viene aperta esplose.
-Come cazzo puoi dire una cosa del genere?- il Don provò a rispondere ma non riuscì a proferire nessuna parola. Aquelio non gli diede il tempo.
-Sia fatta la sua volontà?! Come cazzo puoi dire una cosa del genere? Specialmente tu, un uomo di chiesa. Come può il tuo "Dio misericordioso" Far venire a delle brave persone un male che li distrugge da dentro in modo implacabile? E non osare raccontarmi la storiella del "Piano di Dio" perché quella è solo una stronzata che vi siete inventati voi per limitarvi a dare una pacca sulla spalla a chi soffre.-
Aquelio senza accorgersene si era alzato dal letto e si avvicinò in modo minaccioso al Don. Quest'ultimo si paralizzò spaventato spaventato come se avesse visto il demonio. In quell'istante poteva giurare che gli occhi di Aquelio erano diventati rossi come il sangue.
Alla fine Aquelio uscì dalla stanza dicendo a gran voce
-Non voglio stare qui ad ascoltare altre stronzate dette a mo' di frasi fatte!-
Detto questo uscì dalla stanza e cominciò a camminare per il corridoio. Continuò a camminare scalzo e senza meta, l'unica cosa che voleva era farsi passare quell'incazzatura. Non passò molto prima di incontrare un dottore che con uno sguardo leggermente attonito temeva di aver a che fare con un paziente con la demenza. Così il dottore sbuffò in un modo che solo chi aveva fatto 11 ore di operazione chirurgica filate poteva capire. Il dottore si avvicinò ad Aquelio e gli chiese nel modo più gentile che poteva
-Mi scusi signore come mai sta camminando scalzo in mezzo alla corsia?-
Anche Aquelio sbuffò e provò a rispondere a tono al dottore, seppur al momento gli risulta alquanto difficile.
-Mi perdoni dottore. Ma il mio compagno di stanza mi ha fatto un po' inca... ehm volevo dire arrabbiare. E sono uscito per sbollentarmi.-
Il dottore annuì e continuò dicendo
-Posso comprendere. Se vuole posso offrirle un caffè al bar ma dopo deve tornare nella sua stanza.-
-Potrei avere un tè per favore?- Domandò Aquelio ormai calmato.
-Certo.- Rispose il dottore facendo cenno ad Aquelio di seguirlo.
Entrarono nel bar del ospedale dove al bancone risiede un uomo basso, calvo, grasso con delle prominenti occhiaie che farebbero paura persino ad un panda e con un aria davvero stanca diede ad ambedue un pigro buon giorno.
-Ciao Gio'. Per favore fa un caffe per me e un tè per il signore.- Disse il dottore.
Il barista si limitò ad annuire e poi si girò per preparare il tutto.
Aquelio approfittò del tempo morto per guardarsi attorno per vedere se riusciva a vedere un giornale abbandonato su qualche tavolo. Lo trovò su un tavolo tutto ricoperto di briciole e pieno di macchie di caffè. Decise che forse sarebbe stato meglio leggere le notizie sul suo cellulare più tardi ma riuscì comunque in mezzo alle macchie il titolo della prima pagina.
Scomparso ennesimo leader di una setta religiosa, con questa sono 68 nelle ultime 2 settimane.
Tornò al bancone dove bevette il suo tè per poi tornare nella sua stanza.
Il prete dorme russando rumorosamente così Aquelio si coricò e prese il suo cellulare, che nel frattempo si era ricaricato, così cominciò a chiamare chi di dovere, suo figlio, i suoi genitori, i colleghi di lavoro ed i sui amici più stretti. Una lista che può sembrare lunga ma... alla concessionaria ci sono solo una mezza dozzina di persone e i sui amici erano letteralmente due, tra l'altro neanche così "amici" come uno immagina di solito, è più una relazione di conoscenza che si limita ad andare al concerto di qualche cover band degli anni 80. Anche se dopo aver saputo dalla dottoressa che hanno aiutato economicamente per degli esami all'estero, cominciò a rivalutarli completamente.
Finite le chiamate Aquelio semplicemente cercò di dormire, cosa non resa facile dal prete che russa. Quando quest'ultimo si svegliò Aquelio gli chiese scusa per il modo in qui lo aveva trattato qualche ora prima. Essendo un uomo che crede nel perdono non esitò neanche un attimo ad accettare quelle scuse, ed inoltre aggiunse
-Anche tu devi perdonarmi se ti ho fatto riaffiorare ricordi spiacevoli.-
-No non devi scusarti. Sono io che ho fatto tutto da solo. Mi dispiace.-
Ribadì Aquelio autocommiserandosi.
Dopo questi avvenimenti la giornata passò tranquillamente.
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